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Headlines 2002/4



A: <a.marescotti@peacelink.it> "Alessandro Marescotti"
Da: sjs.headlines@sjcuria.org

HEADLINES -- Notizie dall'apostolato sociale della Compagnia di Gesù -- 2002/4
...per scambiare notizie, condividere la spiritualità e favorire il lavoro 
in rete...
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* Lettera aperta a George W. Bush
* Venezuela: dallo scontro dei treni al programma minimo
* India: gli indigeni protestano, "Non siamo bersagli!"
* Zimbabwe: il compromesso può salvare una nazione
* Spagna: una nuova rivista per noi tutti
* Madagascar: l'impasse presidenziale
* Summit di Johannesburg: a Monterrey nessun antipasto
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* Lettera aperta a George W. Bush

Egregio Signor Presidente
Le scrivo per chiederle di cessare immediatamente i bombardamenti 
sull'Afganistan, interrompere la preparazione di nuove guerre, tagliare in 
modo drastico il bilancio del Pentagono, sospendere le sanzioni contro 
l'Iraq, porre fine al sostegno militare a Israele, cancellare il debito del 
Terzo Mondo, smantellare tutte le nostre armi di distruzione di massa, 
abbandonare i progetti per lo "scudo spaziale", accettare la Corte penale 
internazionale e chiudere i nostri campi d'addestramento per terroristi, a 
partire dalla "Scuola delle Americhe" di Fort Benning.
Ho letto che Lei è cristiano. Credo che Gesù parlasse seriamente quando ci 
ha comandato di amare i nostri nemici. Se Lei intende seguire Gesù e 
venerare il Dio della pace, eserciti una leadership morale giusta, 
rinunciando a questa guerra e guidandoci lungo un nuovo cammino di disarmo, 
giustizia per i poveri e guarigione dell'umanità. Lei non può servire al 
contempo il Dio della pace e i falsi dei della guerra. Voglio che sappia 
che in tutto il Paese milioni di noi continueranno a opporsi alle Sue 
politiche e alle Sue guerre; dedicheremo le nostre vite alla realizzazione 
di una resistenza non violenta e d'amore alle azioni di guerra degli Stati 
Uniti. Continueremo a pregare per la pace, marciare per la pace, 
manifestare per la pace, parlare chiaro a favore della pace, lavorare per 
la pace, proporre la pace e resistere alla Sua decisa opposizione alla 
pace. Viaggio per tutto il Paese parlando continuamente a decine di 
migliaia di studenti e fedeli, ogni anno, e riscontro un sostegno molto 
limitato alla Sua guerra. Che il Dio della pace ci benedica tutti. Suo, 
John Dear, S.J.
[HL20401]
John Dear SJ è stato cappellano di cinquecento agenti di polizia, pompieri 
e addetti ai soccorsi al World Trade Center e di oltre 1500 parenti delle 
vittime del disastro. <JohnDearSJ@msn.com>
<www.fatherjohndear.org>
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* Venezuela: dallo scontro dei treni al programma minimo, di Arturo Sosa SJ

Fra i 4 e il 14 aprile, la società venezuelana ha vissuto una scossa 
politica di dimensioni paragonabili allo scontro di due treni ad alta 
velocità. Scrivo queste righe a poche ore dal reinsediamento di Hugo Chávez 
alla Presidenza della Repubblica, quarantotto ore dopo la sua 
defenestrazione. Ciascuno dei poli minoritari oggi presenti nella storia 
venezuelana, "chavismo" e "antichavismo", si è convinto di essere la 
maggioranza, si è sentito in grado di annientare il polo contrario e non ha 
esitato ad accelerare la macchina per provocare ciò che abbiamo vissuto. 
Sono state le Forze armate, com'era prevedibile, a far pendere la bilancia 
da un lato o dall'altro. Lo scontro fra i treni ha provocato un gran numero 
di vittime tra morti, feriti e aggrediti, e ha messo in mostra l'esistenza 
di una società alla cui enorme frattura sociale si somma il mancato 
riconoscimento fra settori sociali.
In questo momento ci sono più domande che risposte. Dal punto di vista 
politico, il superamento della situazione richiede di recuperare 
legittimità democratica e questo cammino di recupero è associato al 
recupero della verità. Una proposta politica e un governo consolideranno la 
propria legittimità nella misura in cui riusciranno a invertire il processo 
d'impoverimento, contribuendo a formare una società produttiva, socialmente 
giusta, politicamente democratica. Il passo compiuto dal Presidente Chávez, 
di convocare un dialogo nazionale deve concretarsi in un processo di 
negoziazione politica per stabilire la strategia che permetta di avanzare 
verso un orizzonte condiviso anche dalla "opposizione" politica. Un primo 
passo potrebbe essere un piano minimo di breve (2002) e medio (2006) 
termine che stabilisca, con l'approvazione della maggioranza della società, 
le aree di attenzione prioritaria: sicurezza personale; programmi sociali 
immediati per la creazione di posti di lavoro e nuove abitazioni; 
attenzione ai settori più colpiti da una povertà estrema e un processo 
sistematico per offrire un'educazione di qualità a cui abbiano accesso 
tutti i settori sociali. Proporsi di sradicare la povertà non è "idealismo 
ingenuo": con le risorse del Paese e politiche pubbliche mantenute per 
trent'anni è possibile. La scossa che ha ricevuto la società venezuelana in 
questi giorni d'aprile 2002 può tramutarsi nella decisione collettiva di 
guardare allo stesso orizzonte. Rendiamolo possibile. [HL20402]
L'autore è Provinciale del Venezuela <asosa@etheron.net>. Il testo completo 
è disponibile in spagnolo a <www.sjweb.info/sjs/articles/sosa.htm>
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* India: gli indigeni protestano, "Non siamo bersagli!"

Il 23 marzo 2002, circa cinquemila indigeni appartenenti a sette tribù 
dello stato di Jharkhand si radunarono sull'altopiano di Netarhat, dove si 
prefigura un progetto pilota per esercitazioni d'artiglieria e un campo 
militare permanente. L'esercito indiano utilizza dal 1964 un poligono di 
tiro di 104 Kmq per collaudare armi e svolgere esercitazioni. Ogni volta, 
gli abitanti sono costretti ad abbandonare le proprie case, le coltivazioni 
e gli animali, e trascorrere notti sotto gli alberi o all'aperto, in cambio 
di poche rupie di risarcimento, fino al termine delle operazioni. Le 
manovre sono annunciate con sette giorni d'anticipo, ma solo pochi villaggi 
ricevono il comunicato a causa dell'impraticabilità delle strade e della 
mancanza di comunicazioni. Fino a oggi, 42 persone sono state ferite e 25 
uccise, sono stati distrutti alberi e le proprietà danneggiate. Dieci anni 
fa il governo diramò due comunicati ufficiali che informavano i 245 
villaggi dello stato di Jharkhand delle periodiche esercitazioni. Emerse 
allora un movimento di popolazioni indigene -- movimento strettamente non 
violento, fondato sulla tradizione gandhiana del Satyagraha e sostenuto dai 
gesuiti di IBSA (Issue-Based Social Apostolate) -- per proteggere la 
propria terra, l'acqua, la foresta e la cultura. Se non avessero protestato 
contro questo progetto inumano, circa 235 mila persone avrebbero ormai 
perso il loro antico habitat e alcune tribù sarebbero state cancellate. 
Quest'anno segna il decimo anniversario della prima protesta, quando circa 
95 mila persone marciarono per più di settanta chilometri e impedirono 
pacificamente all'esercito di accedere all'area. IBSA: Cyprian Ekka SJ, 
Savarimuthu I. SJ <alert@koel.indiax.com> e Dharamsheel Kujur SJ 
<sheelksj@yahoo.co.in> [HL20403]
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* Zimbabwe: il compromesso può salvare una nazione

Le elezioni presidenziali di marzo hanno riconfermato Robert Mugabe, al 
potere dal 1980, nel ruolo di leader del Paese, ma con uno scarso margine. 
Secondo P. Fidelis Mukonori SJ, nuovo Provinciale dello Zimbabwe, "il forte 
mandato elettorale a due partiti politici ha indicato la necessità di 
lavorare insieme per il bene della nazione. La maturità politica richiede 
un compromesso politico, che è segno di forza e non di debolezza". Dichiara 
inoltre che è del tutto assente nei media un'informazione equilibrata sulla 
situazione dello Zimbabwe. La violenza della campagna elettorale sta 
diminuendo da entrambe le parti. Molti osservatori internazionali 
considerano il voto libero ed equo. "La legittimità è importante, ma anche 
il rafforzamento della fiducia", dichiara P. Mukonori. Il Presidente non è 
riconosciuto da molti Paesi occidentali e subisce forti pressioni 
diplomatiche perché formi un governo d'unità nazionale. Intanto il partito 
d'opposizione, il Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC), ha 
bisogno di stabilità e credibilità agli occhi della comunità 
internazionale. Il Paese deve affrontare una grave siccità, la gente ha 
bisogno di cibo e medicinali per arrivare al prossimo raccolto. La 
creazione di posti di lavoro, la modernizzazione dell'agricoltura e 
costruzione di abitazioni nelle aree urbane sono urgenti, mentre resta 
irrisolta la questione della ridistribuzione delle terre agricole 
monopolizzate dalla minoranza bianca e dei relativi indennizzi. Le 
difficoltà dello Zimbabwe sono aggravate da tre anni di sanzioni di fatto e 
dalla mancanza d'investimenti stranieri. La principale organizzazione 
sindacale (ZCTU) minaccia proteste. I gesuiti, dopo avere fatto appello ai 
giovani perché durante la campagna elettorale evitassero le violenze e 
resistessero alle manipolazioni politiche, invitano ora tutti ad adottare 
un atteggiamento maturo in uno spirito di riconciliazione. Silveira House, 
fondata nel 1964 come centro non governativo per lo sviluppo, cerca di dare 
forza alle persone con corsi di formazione civica e politica, costruzione 
della pace e risoluzione dei conflitti. Come luogo in cui si sono formati 
molti leader politici e sindacali, Silveira House può esercitare una certa 
influenza per ristabilire il dialogo tra governo e sindacati. [HL20404]
Provinciale dello Zimbabwe: Fidelis Mukonori SJ <jesuit@mango.zw>
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* Spagna: una nuova rivista per noi tutti

Le due ONG per lo sviluppo della Compagnia di Gesù in Spagna, Alboan ed 
Entreculturas-Fe y Alegría, stanno per lanciare "SOMOS, Rivista di Sviluppo 
ed Educazione popolare". "SOMOS (Siamo) suggerisce un invito all'azione 
collettiva, presente e futura, qui come altrove. Suona accogliente e 
propositivo, dà voce a chi non l'ha", si legge nell'editoriale del primo 
numero che uscirà in maggio. "Il riferimento all'educazione popolare rende 
merito alla nostra tradizione di lavoro in America Latina, a fianco di 
organizzazioni popolari impegnate per il cambiamento sociale attraverso 
l'educazione". All'origine dell'iniziativa sta la necessità di una maggiore 
diffusione della riflessione critica sull'educazione come strumento di 
trasformazione sociale e motore di sviluppo. Promuove la riflessione su 
questi temi a partire dal lavoro d'Università, centri studi, ONG e 
associazioni spagnole e latino-americane. Ogni numerò si occuperà a fondo 
di un tema, in forma globale e multidisciplinare, presentando uno scambio 
d'idee e d'esperienze di lavoro tra Spagna e America Latina. Usciranno tre 
numeri l'anno e sono ben accette le collaborazioni. [HL20405]
Coordinatori della rivista: Cristina Manzanedo 
<c.manzanedo@entreculturas.org> e Patxi Alvarez <p.alvarez@alboan.org>
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* Madagascar: l'impasse presidenziale

La situazione in Madagascar si fa ogni giorno più preoccupante. La crisi 
politica che oppone Marc Ravalomanana, autoproclamatosi presidente il 22 
febbraio, e Didier Ratsiraka, Capo dello Stato uscente, non trova soluzione 
dal 16 dicembre, quando è sorta la controversia al primo turno delle 
elezioni presidenziali. Ora scarseggiano il cibo e il carburante, i cui 
prezzi sono aumentati enormemente. Da quattro mesi il Paese scivola verso 
l'anarchia, diviso tra le province costiere e la capitale, fedeli ai due 
diversi leader, nessuno dei quali ha un potere reale. La divisione riflette 
una frattura tra fazioni politiche, ma anche tra regioni. La resistenza più 
forte a Ravalomanana è nelle province, dove la maggioranza dei governatori 
appoggia Ratsiraka. Coloro che cercano una mediazione e una soluzione 
pacifica sono coscienti del rischio di una guerra civile o della 
"somalizzazione" del Madagascar, cioè della disintegrazione dello Stato. Il 
Consiglio Cristiano delle Chiese (FFKM) è un'organizzazione ecumenica 
impegnata nel processo democratico e Rémy Ralibera SJ ne è il Segretario 
generale. "Le Chiese non si schierano con un leader o l'altro, ma chiedono 
trasparenza e verità. Non possono restare indifferenti alla violenza e 
all'ingiustizia", commenta Michel Peltereau-Villeneuve SJ, cappellano delle 
comunità malgasce di Francia. "Come ex potenza coloniale, la Francia ha 
sempre sostenuto Ratsiraka", dichiara, "in altre parole ha sostenuto 
l'illegalità". La comunità internazionale, e specialmente la Francia, 
devono immediatamente alzare la voce ed esercitare la loro influenza in 
maniera imparziale e costruttiva. [HL20406]
Coordinatore dell'apostolato sociale: Pierre André Ranaivoarson SJ 
<naivosj@simicro.mg>
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* Summit di Johannesburg: a Monterrey nessun antipasto

Il summit di Monterrey ha rappresentato un'opportunità unica per i leader 
mondiali di creare un nuovo spirito di democrazia, responsabilità e 
giustizia nella riflessione globale sullo sviluppo. In marzo, la Conferenza 
dell'ONU su Finanza e Sviluppo ha riunito per la prima volta Fondo 
Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del 
Commercio, impresa privata e ONG, ponendo una domanda storica: qual è la 
giusta relazione tra politica ed economia nel determinare il futuro di più 
di metà del mondo, cioè i poveri? Si è trattato di una possibilità per 
immaginare nuove strategie di finanziamento allo sviluppo capaci di dare 
sostanza al Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (WSSD) di 
Johannesburg alla fine di agosto. I risultati sono stati deludenti. A 
Monterrey non si sono intraprese azioni decisive verso l'obiettivo di 
dimezzare la povertà mondiale entro il 2015; si è fatta resistenza a 
progredire verso la cancellazione del debito e si è mostrato solo un 
pallido interesse verso la tassa sulle transazioni finanziarie 
internazionali (la cosiddetta Tobin Tax). Ci si è piegati allo status quo 
nei rapporti internazionali di potere, sorvolando sulla necessità di 
meccanismi più rappresentativi per una "governance" mondiale. Alla fine la 
commissione esecutiva delle ONG ha rifiutato di approvare il "Consenso di 
Monterrey", che continua a porre l'accento sul commercio e gli investimenti 
esteri come motore della crescita in grado di eliminare la povertà -- 
nonostante sia del tutto evidente che questa strategia sia a scapito dei 
poveri. Tuttavia Monterrey non è l'ultima parola. Le organizzazioni della 
società civile continueranno a battersi nel dibattito di Johannesburg. Per 
le due precedenti introduzioni al WSSD, vedi HL di febbraio e marzo. [HL20407]
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