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Joseph Crescenzi Rovera ci ha lasciato



Inviamo comunicato stampa dell'Opera Nomadi sulla tragica scomparsa del
bambino Sinto ad Aprilia.
Distinti Saluti ed auguri di buone feste.





Opera Nomadi

Ente Morale (D. P. R. 26/03/70 n. 347)
Sezione del Lazio
operanomadilazio@supereva.it
http://operanomadilazio.supereva.it

Via di Porta Labicana, 59 -00185 Roma
tel. 06/44700166 - 44701860
fax 06/44701859


Joseph Crescenzi Rovera ci ha lasciato.

Joseph Crescenzi, quel piccolo Sinto biondo di un anno e mezzo dai grandi
occhi azzurri, non è più. Solo l'altro ieri giocava con le cuginette a
Latina. Il nonno ha tentato con tutte le sue forze di salvarlo dalle
fiamme, riportando lui stesso ustioni medicate in ospedale. Estratto il
bambino dalla roulotte, hanno tentato di rianimarlo ma tutto è stato
inutile.
Sistemato da qualche anno a Campo di Carne, il nonno giostraio Giancarlo
Rovera aveva raccolto intorno a sé parte dei figli. Gianni ed Emanuele, ora
diciottenni, erano insieme dall'età di 16 anni. Erano fieri di questo loro
figlio che cresceva così bene. Tutti i Sinti di Latina e dintorni sono
sconvolti. Lo è pure l'Opera Nomadi legata alla famiglia Crescenzi Rovera
da profonda amicizia.
Joseph non festeggerà con i suoi cari il suo secondo Natale.
Joseph è solo l'ultima vittima sacrificale causata dalle condizioni
disumane in cui il popolo dei Rom, Sinti e Camminanti è relegato a vivere
in cosiddetti campi nomadi sprovvisti di dignità e di un minimo di
sicurezza in cui, molto spesso sono approdati per sfuggire alle pulizie
etniche nei nuovi Stati Nazionali Puri dell'est europeo da cui sono fuggiti
in massa negli ultimi 10 anni.
In questi campi (a parte qualche villaggio attrezzato che a paragone degli
altri sembra quasi un'isola felice!), bambine e bambini rischiano
quotidianamente la vita per il freddo, gli incendi, le malattie e
soprattutto rischiano il loro futuro sempre più incerto e buio.
I cosiddetti campi nomadi nati come risposta ad un'emergenza sono purtroppo
diventati un'escrescenza stabile di questa opulenta società.
Un luogo dove emarginazione, devianza, rischio della propria vita e un
futuro senza speranza sono all'ordine del giorno.
Qui a Roma sei bambini sono morti in un anno alla Muratella; altri sei
bambini Rom morirono al Casilino 700 prima della sua chiusura e assistiamo
impotenti ad uno stillicidio continuo di morti quotidiane.
Dopo la morte a Bologna di Amanda e Alex, i due bambini Rom che tanta
commozione suscitarono in tutto il paese, abbiamo continuato a contare, in
tutta Italia, le morti per fuoco dei figli dei ghetti. Negli ultimi anni
ammontano a più di quaranta i bambini morti per la precarietà dell'habitat.
Joseph era un bambino italiano ed è morto come tanti altri bambini Rom e
Sinti dell'est europeo.
A parte alcuni gruppi ancora seminomadi (che sono oramai una minoranza nel
nostro paese) nel Centro-Sud la grande maggioranza dei Rom italiani vive in
casa ed ha abbandonato il seminomadismo per via della scomparsa
dall'economia italiana dell'allevamento dei cavalli e dell'artigianato dei
metalli, che per 600 anni avevano costituito la sopravvivenza materiale e
la conseguente cultura di vita.
Nel Centro-Nord migliaia di <Sinti ex-Giostrai> vivono ammassati in enormi
campi di roulotte, mentre essi desiderano vivere in piccoli gruppi
familiari; i Comuni non permettono loro di autocostruire questi piccoli
Villaggi, che garantirebbero invece un buon livello di vita comunitaria.
Grave è ancora invece la sorte dei Rom originari della Romania e della
Jugoslavia, i quali a migliaia sono fuggiti dai <Campi> per affittare
vecchie case ma ancora troppi vivono in queste strutture con servizi
promiscui.
L'esigenza di avere servizi privati per ogni nucleo familiare e' molto
sentita, infatti l'uso di strutture in comune causa problemi derivanti sia
da un senso del pudore tradizionalmente radicato, sia da un senso della
cura e dell'igiene che sicuramente non si ha verso servizi che non sono di
proprietà o di uso esclusivo.
Alcuni Comuni hanno assegnato <Case popolari> a qualche famiglia di Rom
Jugoslavi, ma si tratta ancora di casi isolati.

Molto più numerosi i Comuni che hanno adottato la linea dei <Villaggi di
prefabbricati> che almeno hanno eliminato la promiscuità, ma i Rom dei
Balcani vogliono casa perché abituati da 50 anni nei loro Paesi a vivere in
appartamenti del governo o in piccole abitazioni autocostruite.

Una casa dignitosa, come quelle di recente date dal Comune ai Rom baraccati
di Cosenza, è questa l'unica speranza affinché i tanti Joseph, Amanda,
Alex, Manuela, Salem, Silvana, EnricoŠ non siano morti invano.



Roma, 21/12/2001
Opera Nomadi Sezione Lazio