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Alcune riflessioni sul nostro futuro prossimo



Alcune riflessioni a caldo, sulla base dei dati disponibili all'inizio di questa lunga notte, per altri insonni (e sperando che questi dati, e quindi le mie considerazioni, vadano per aria nel corso della notte - ma non credendolo seriamente).
 
1.
La vittoria della destra restituisce agli Usa quella "seconda gamba" che, con quella inglese, aveva sempre avuto in Europa. E' paradossale che il primo passo in questa direzione, rispetto ad anni di maggiore autonomia, sia stato fatto dall'ex leader dell'ex Pci, in tempo di guerra. Ma chi dice "dunque non cambia nulla fra D'Alema e Berlusconi" si ferma alla superficie. La storia imprenditoriale e politica di Berlusconi ne fa l'espressione e l'ostaggio di un capitale finanziario d'assalto, molto imbricato con la finanza illegale, ricattabile e privo di ogni velleità di autonomia politica: non è la forma tipica del capitale europeo (i cui organi infatti sono molto preoccupati), e neppure del capitale italiano dal dopoguerra, somiglia piuttosto al capitalismo rapace egemone in Russia, in Turchia, nel Sud-est asiatico, per certi aspetti anche in Giappone. L'Italia di Berlusconi non avrà neppure bisogno dei veli "umanitari" per farsi strumento della proiezione di potenza americana nel Mediterraneo e all'Est, e in particolare nel Medio oriente. Per la sinistra italiana diventerà ancora più vitale recuperare un rapporto vivo e continuativo, non puramente solidaristico, con le forze che in queste aree contestano l'ordine esistente e ne sono vittime: dai palestinesi ai kurdi, dalle masse popolari arabe alla società civile all'opposizione nell'Est europeo e nei Balcani.
 
2.
Hanno ragione i "berluscones" a definire storica questa vittoria. L'Italia ha conosciuto nella sua storia tre regimi: quello monarchico, quello fascista, quello democristiano, e quattro momenti di rottura dei regimi: il Biennio rosso degli anni '20, la Resistenza e il primo dopoguerra, il decennio '68-'77, il dopo-Muro. Il suo sistema politico non ha mai conosciuto l'alternanza "tranquilla" della Germania, dell'Inghilterra, della Francia: ad ogni rottura più o meno radicale ha fatto seguito il consolidarsi di un regime. Temo che anche oggi si profili un lungo e solido regime di centro-destra, con l'occupazione capillare e l'uso degli apparati dello Stato. Non basteranno cinque nè dieci anni per delineare una rivincita "mitterandiana" - anche perchè l'Italia non è la Francia (è paradossale: fino a una quindicina d'anni fa la sinistra francese veniva a imparare in Italia...). Stiamo davvero assistendo a una svolta storica, anche perchè è la prima volta nel dopoguerra, in Italia e in Europa (con la piccola eccezione austriaca), che il blocco politico dominante include forze legate più o meno direttamente alla destra storica europea, quindi a una visione totalitaria del potere e del rapporto Stato-società (nella versione statalista di An o in quella "etnica" della Lega), negatrice comunque di ogni dialettica sociale. Quando ci provò Tambroni, nel '60, a portare gli ex-fascisti al governo, l'Italia insorse e il tentativo fu battuto: ma era un'altra Italia...
 
3.
Cosa cementa questo nuovo blocco di potere, e cosa gli attribuisce un consenso sociale così vasto? Francamente sono disorientato: non me l'aspettavo, credevo che un riflesso conservatore (di rifiuto dell'avventura, di ricerca di stabilità) avrebbe premiato il centrosinistra. Mi torna in mente Gramsci, con le sue analisi sul "sovversivismo" delle classi dirigenti italiane e sulla "rivoluzione passiva", la radicale trasformazione dall'alto delle coscienze e degli equilibri sociali. (E ai tempi di Gramsci non c'erano le televisioni...). Sono stati irresponsabili coloro che hanno smontato e distrutto i luoghi in cui per mezzo secolo si era consolidata la sinistra italiana. Devastati e resi irriconoscibili partiti, sindacati, camere del lavoro e case del popolo, cooperative, comitati di quartiere, aggregazioni professionali democratiche, rotti gli argini della memoria storica, contrapposte l'una all'altra le generazioni della sinistra, avvitata nello scontro intestino..., si è creato un vuoto pauroso, non riempito dalle trincee dell'opposizione sociale. In questo vuoto è entrata a cuneo la nuova destra, usando a piene mani l'armamentario populista. Senza modelli collettivi di riferimento, senza potersi più riconoscere come classi, come "comunità desideranti" o come soggetti di vertenze e conquiste, senza identità forti, i soggetti sociali si ritrovano individui. E all'atomizzazione sociale risponde perfettamente la figura dello Stato forte e dell'uomo forte (e ricco, potente, comunicativo...). Quando questo giochetto è riuscito (pensiamo all'Argentina peronista), il nuovo potere ha accresciuto il consenso usando gli apparati del governo (quelli del consenso, e quelli della repressione), ed ha riplasmato a sua immagine la società. Se è così, ci attende una lunga e durissima risalita...
 
4.
In questa situazione, mi angoscia il pensiero delle prime vittime. Saranno i soggetti più deboli. Qualche amico s'illude e illude sul fatto che un governo di destra non potrà fare peggio del governo uscente, o addirittura sulla maggiore spregiudicatezza (in positivo) di un governo di destra. Al peggio non c'è mai fine. Questa coalizione ha avuto come cemento di massa il razzismo, l'egoismo sociale, il privatismo. Non potrà che tenere fede ai suoi impegni: si scaglierà contro gli immigrati e i profughi, moltiplicherà le montature già viste in campagna elettorale per creare feticci e bersagli fantasmatici d'odio, tenderà a criminalizzare i popoli in lotta (e i loro rappresentanti in Italia) così come i centri sociali, il sindacalismo militante, le esperienze più avanzate d'impegno sociale, colpirà l'insieme dei detenuti politici e non... Ognuna di queste esperienze o luoghi sociali diventa davvero, da domani, una trincea. Il primo banco di prova di chi si considera di sinistra è questo: dovremo stringerci intorno agli immigrati (a partire da quei centomila che gli apparati di polizia non vedono l'ora di trasformare in clandestini, negando il rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno), ai profughi ( a partire da quelli provenienti da paesi omogenei ai nuovi boiardi, come la Turchia o i microstati balcanici), ai detenuti (a partire dai detenuti politici, i più esposti al cambio di vento politico), ai rappresentanti dei popoli in lotta per esistere (a partire da quelli già criminalizzati in altre parti dell'Occidente, come i kurdi), ai centri sociali (a partire da quelli già colpiti dalla repressione).
 
5.
Nell'Italia berlusconiana non ci saranno più rendite di posizione, tranquilli tran-tran "di nicchia", e sarà ancora più irresponsabile chi antepone le differenze nella sinistra al dovere della solidarietà e alla necessità dell'unità. Anche chi s'è cullato nelle garanzie del governo amico, o quantomeno non-nemico, o comunque nella copertura da parte di questo o quell'ente locale, partito o personalità politica... se non si sveglia sarà svegliato da amare docce fredde. Nella nuova Italia resterà in piedi solo chi saprà uscire dal suo particolare, unire le forze in reti e vertenze nazionali, ottenere risultati almeno parziali dal basso. Come avveniva nei decenni della Dc (ciò che si definiva allora, impropriamente, "governare dall'opposizione"). Per farlo, la sinistra (tutta la sinistra, dalla più moderata alla più radicale) dovrà cambiare pelle. Chi non saprà farlo, chi s'illuderà di resistere nel suo fortino assediato, sarà stritolato dalla repressione. Per costruire un blocco sociale alternativo, dovremo rispolverare e attualizzare parole come libertà, uguaglianza dei diritti e diritto alla differenza, autogestione, condivisione... Forse Bertinotti ha ragione quando, a commento del primo risultato elettorale, dice che a un sistema politico tutto orientato a destra corrisponderà una società civile più attiva e in movimento; o forse proietta il desiderio nella realtà. Dipenderà da noi tutti.