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Newroz: in Turchia cooperare per la pace e' possibile. (Bologna, 7-8 IV)



NEWROZ: UN NUOVO INIZIO
IN TURCHIA COOPERARE PER LA PACE E' POSSIBILE

A tutti gli organismi e le persone interessate

Care amiche, cari amici,

anche a partire dall'esperienza viva ed entusiasmante condivisa da più
di quaranta osservatori italiani con due milioni di kurdi in Turchia per
il Newroz del 21 marzo, sentiamo il bisogno di un momento di incontro e
riflessione.
Per "un nuovo inizio", che è appunto il significato del Newroz.

Quella giornata di manifestazioni quasi ovunque legali, con la
repressione che l'ha seguita, dimostra che è ancora tutto aperto in
Turchia il bivio fra pace e guerra, fra democrazia e militarismo, fra
convivenza e discriminazione.

Per troppo tempo gran parte dell'arcipelago italiano della solidarietà,
ricco di esperienze dai Balcani alla Palestina al Centroamerica, ha
delegato alla diplomazia ufficiale l'esito di questo drammatico
confronto in un paese candidato all'ingresso in Europa.

Il tessuto di municipalità e società civile protagonista del Newroz ha
più che mai bisogno di presenza non episodica, di solidarietà e
cooperazione permanente.
Rafforzare questo tessuto, contrastare la repressione e aprire spazi ai
diritti negati, oggi è possibile. Dunque è necessario.
Vogliamo partire dall'esperienza di questa ed altre delegazioni, e dalle
preziose esperienze di cooperazione avviate da alcuni enti locali ed
associazioni italiane, per dare risposte all'angosciosa domanda
formulata da migliaia di labbra ed occhi agli osservatori italiani a
Diyarbakir: "Ma l'Europa, l'Italia che fa? voi, che fate?"

Per questo, approfittando della coincidenza con il seminario dell'Ics
del 7 aprile sul Kossovo,
vi invitiamo a Bologna:
sabato 7 aprile alle ore 21,
nella sala di Contropiani in via Ranzani 4,
per un incontro pubblico con la delegazione italiana al Newroz di
Diyarbakir e Van
e con le sue memorie parlate, registrate, scritte, fotografate, filmate
domenica 8 aprile dalle ore 10.30 alle 17.30
nell'Auditorium sindacale in via Milazzo 16 (pressi stazione Fs)
per un seminario su "Kurdistan e Turchia dopo il Newroz: quale
cooperazione per la pace"
con l'intervento di esponenti del partito Hadep e della Mezzaluna Rossa
kurda (Heyva Sor).

Per chi ne abbia bisogno, il pernottamento è garantito al coperto con
sacco a pelo;
stiamo comunque cercando soluzioni alberghiere a prezzo contenuto.
Vi preghiamo di preavvertire della vostra presenza una delle
associazioni promotrici.

Vi aspettiamo!



Arci - Ufficio internazionale

Associazione Azad - Libertà per il popolo kurdo

Associazione per la pace

Contropiani - Bologna

Ics (Consorzio italiano di solidarietà)

Uiki-onlus (Ufficio d'informazione del Kurdistan in Italia)

Segue scheda informativa :

=====

KURDISTAN: COOPERARE PER LA PACE
Scheda informativa

1. La scelta territoriale

Oggi il Kurdistan turco, cioè la parte geograficamente e
demograficamente maggiore del territorio a popolazione, lingua e cultura
kurda, è divenuto decisivo anche dal punto di vista politico. Se in
Siria i kurdi subiscono una deprivazione totale, in Iran una repressione
appena attenuata dalle recenti timide aperture del regime, e nel
Nord-Iraq sperimentano con difficoltà e tensioni interne ed esterne una
limitata autogestione, è in Turchia che hanno vissuto la negazione più
radicale e quindi la più complessa e ambiziosa rivoluzione culturale,
fino a porre la questione kurda sullo scenario mondiale.
Non a caso oggi, a differenza del Kurdistan siriano e iraniano, nella
società civile kurdo-turca si sono affermati una pluralità di soggetti
che, sistematicamente repressi ma vitali, reclamano relazioni
internazionali di solidarietà e di cooperazione.
Inoltre il “caso Ocalan” e il processo di adesione della Turchia all’UE
hanno investito di grandi responsabilità le forze della pace e della
cooperazione italiane ed europee, che devono contrapporre alla
“realpolitik” europea una propria autonoma relazione dal basso per la
pace, la democrazia e i diritti umani.

Diverso è il caso del Kurdistan irakeno, dove a fronte di una precaria
statualità kurda intervengono agenzie internazionali e Ong, e anche
dall’Italia sono aperti positivi progetti di cooperazione. La
ricostruzione in corso è però messa in discussione dal permanente
conflitto interkurdo, dalle pesanti interferenze militari dei regimi
circostanti e dall’embargo, alimentando l’esodo massiccio della
popolazione verso l’Europa. Qui dunque la priorità appare quella di
fermare i conflitti e premere per il dialogo interkurdo e la fine di
ogni ingerenza esterna.
In Turchia si tratta invece di rompere il muro che vieta ai soggetti
della solidarietà internazionale di aprire sedi, organizzare incontri,
inviare fondi e aiuti umanitari, e che subordina al controllo statale
ogni relazione con l’estero della società civile e degli enti locali.

Di qui la scelta di coordinare e concentrare lo sforzo di cooperazione
nel Kurdistan turco, e in particolare:
- nella vasta concentrazione di milioni di profughi che, in condizioni
di disperata emarginazione, fanno ormai di Istanbul la più grande
metropoli kurda;
- nella fascia centrale che dal capoluogo Diyarbakir, attraverso Batman
e Siirt, giunge a Van e a Dogubeyazit sulle pendici del monte Ararat:
tutte città amministrate dal partito di opposizione democratica Hadep, e
caratterizzate da un forte e unitario protagonismo della società civile
e da una relativa visibilità e libertà di movimento.

Non a caso sono le due aree che hanno visto, dal “Treno della Pace” del
’97 all’ultimo Newroz, la maggiore presenza di delegazioni italiane, un
embrione di cooperazione decentrata e un intreccio di relazioni, anche
con la presenza di alcuni sindaci nelle iniziative pacifiste in Italia.

2. Gli interlocutori

Nel Kurdistan turco, e in particolare nelle due aree individuate, è
attiva una pluralità di soggetti.

a) Il partito di opposizione filokurdo Hadep, presente in tutta la
Turchia anche se escluso dal parlamento grazie alla soglia del 10%, e le
39 municipalità, anche metropolitane (Diyarbakir, Van), che esso
amministra dalla primavera del ’99 attuando, in condizioni di tragica
emergenza socioabitativa e di strozzatura finanziaria, un grande
esperimento di “autogestione amministrativa”.
b) L’Associazione per i diritti umani (IHD), ben nota anche grazie alla
figura carismatica di Akin Birdal, forte di ventimila membri (e di
decine di sedi, chiuse però una dopo l’altra dallo Stato ad eccezione
delle sedi di Ankara e Istanbul).
c) La Mezzaluna Rossa kurda (Heyva Sor), illegale ma molto attiva in
Turchia dalle sue sedi in Europa, attenta in particolare alle condizioni
delle donne, dei minori, delle vittime della guerra e dell’esodo.
d) L’Associazione Profughi (Goc-Der), cresciuta in pochi anni, a partire
da Istanbul, nelle baraccopoli affollate da quattro milioni di profughi
interni, ed ora protagonista del movimento per il ritorno e la
ricostruzione dei villaggi distrutti.
e) Il Centro di cultura della Mespopotamia (MKM, si legge Mekemé), con
sede centrale a Istanbul e attività a livello nazionale, cuore pulsante
della rinascita culturale kurda, attivo in campo letterario, teatrale,
musicale, cinematografico, storico-linguistico, con una forte capacità
di autoproduzione culturale. Altri organismi attivi sul terreno
culturale (e soggetti, come il MKM, a forte repressione) sono l’Istituto
di cultura kurda di Istanbul e il quotidiano “Yeni Gundem” (Nuovo
Diario), pubblicato a Istanbul e vietato nelle province kurde.
f) Le associazioni delle famiglie dei prigionieri (Thay-Der, Tuad-Der,
Tayyad), interlocutrici indispensabili di ogni ipotesi di “adozione” e
di relazione con gli oltre diecimila prigionieri politici (al 90% kurdi)
e di aiuto ai loro familiari.
g) Le associazioni delle donne, che a partire dalle mobilitazioni per la
memoria dei “Kayiplar” (desaparecidos) hanno costruito un vasto
movimento denominato “Madri per la Pace” ed hanno acquisito un grande
protagonismo, anche con l’autonoma organizzazione delle donne in seno al
partito Hadep in ogni città.
h) Il KESK (Confederazione del pubblico impiego), e al suo interno in
particolare l’Egitim-Sen (Sindacato insegnanti), in una situazione di
negazione del diritto di sciopero nel pubblico impiego e di repressione
generalizzata (trasferimenti coatti da un capo all’altro del paese,
incarcerazione di insegnanti che usino la lingua kurda etc.), hanno un
grande radicamento e ultimamente hanno un rapporto unitario con gli
altri sindacati turchi.
i) Le organizzazioni e fondazioni degli avvocati e giuristi (Tohav ed
altre), attive specialmente a Istanbul e Diyarbakir, sul terreno dei
diritti umani e giuridici, della democratizzazione legislativa, e in
particolare della denuncia e assistenza medico-psicologica nei casi di
tortura.
j) Gli organismi degli obiettori di coscienza, considerati in Turchia
disertori ma sempre più popolari fra i giovani.
E’ importante notare che tutte queste organizzazioni e molte altre, a
partire dalla Convenzione di Diyarbakir (settembre ’99), si sono
strutturate unitariamente, a Diyarbakir, a Van e via via nelle altre
città, in coalizioni locali denominate “Demokrasi Platformu”
(Piattaforma per la democrazia).

3. Le esperienze e i progetti attuali

Gran parte delle organizzazioni citate hanno già avanzato proposte e
progetti di cooperazione internazionale. In particolare:
- le amministrazioni guidate dal Hadep hanno curato la redazione di
“schede dei bisogni” città per città, si sono collegate con la FMCU
(Federazione mondiale Città unite), hanno partecipato ai convegni
europei dell’AICCRE (specialmente sui gemellaggi), e in Italia sono
destinatarie di progetti di cooperazione decentrata da parte degli enti
locali di Genova (sanità per i profughi a Diyarbakir), Ancona (Casa
delle donne a Dogubeyazit), Alessandria (risanamento ambientale
nell’area di Van) e della Sardegna (minibus per i profughi e le famiglie
dei prigionieri a Diyarbakir). Il Comune di Perugia ha deliberato il
gemellaggio con Diyarbakir. Hanno anche in corso progetti di
cooperazione con enti locali tedeschi. In Italia per coordinare le
attività di cooperazione decentrata è nato un organismo, il CISCASE, che
collega diversi enti locali ed associazioni con base presso la Provincia
di Ancona.
- L’IHD, strettamente collegata con la Fédération Internationale des
Droits de l’Homme (di cui Birdal è vicepresidente), è anche stimata
dagli ambienti della cooperazione europea, i cui interventi destinati
all’IHD nel campo dei diritti umani sono stati però bloccati dallo Stato
turco. Ha progetti già pronti, con priorità per l’aiuto ai profughi
interni e alle vittime della tortura, ed è il canale più attendibile per
le liste di prigionieri politici con cui entrare in corrispondenza.
- Il MKM ha già ricevuto aiuti informali dall’Italia, utili per le sue
attività specialmente in campo teatrale e cinematografico. Ha prodotto
libri di favole per bambini in kurdo, per la cui stampa chiede aiuti,
così come per terminare i lavori del nuovo lungometraggio di fiction
“Fotograf” (La fotografia). Può essere il terminale di una catena di
“gemellaggi culturali” con centri sociali e culturali, scuole,
accademie.
- Heyva Sor ha elaborato progetti di aiuto alle vittime della guerra e
della repressione (orfani e “bambini di strada”, vedove e donne sole,
parenti di detenuti), e organizza l’aiuto ai profughi kurdo-turchi
rifugiatisi a migliaia oltre confine ed ora residenti nel campo di
Mahmura, nel Kurdistan irakeno. Assiste feriti e invalidi anche
nell’esilio europeo.
- Il Goc-Der ha realizzato, con un aiuto da Alessandria, una ricerca
sulla situazione dei profughi a Istanbul, ed ha indicato alcune famiglie
alle quali indirizzare aiuti dotto forma di “adozione a distanza”. Se la
situazione evolve positivamente, può elaborare progetti di ritorno e
ricostruzione dei villaggi (oggi di fatto vietata), anche attraverso il
ricorso a campi internazionali di lavoro.
- Il Kesk è anch’esso il tramite per l’adozione a distanza di
sindacalisti imprigionati e per l’aiuto alle loro famiglie.
- La Tohav ed altre associazioni di giuristi hanno elaborato progetti
per l’aiuto legale e medico-psicologico alle vittime della repressione e
della tortura, ma anche per l’elaborazione di dati sulla legislazione e
le prassi giuridiche, e per la formazione di operatori in Turchia e
all’estero (borse di studio).
- La Thay-Der e le altre associazioni di parenti dei detenuti possono,
insieme all’IHD, essere il canale per il lancio di una campagna di
“adozione a distanza” dei prigionieri e delle loro famiglie.
- Le “Madri per la Pace” e le altre organizzazioni delle donne, oltre al
progetto di “Casa delle donne” a Dogubeyazit e ai numerosi incontri
internazionali, potrebbero promuovere, per finanziare le loro attività e
aiutare le donne in difficoltà,  attività artigianali destinate al
circuito del commercio solidale all’estero.

4. I campi di impegno

- Informazione:
attraverso l’attivazione di uno o più siti Internet e di canali
informativi, è necessario creare una situazione in cui chiunque, dal
singolo all’Ong, dal centro sociale al sindacato e all’ente locale,
possa sapere “cosa fare, dove, come, con chi” nella cooperazione con il
popolo kurdo.

- Presenza sul campo:
la delegazione per il Newroz 2001, forte di 44 italiani e preceduta da
tre delegazioni di osservatori sulla questione carceraria a Istanbul, ha
riattivato una tensione alla presenza che deve moltiplicarsi, anche
nella forma della canalizzazione di un “turismo solidale” individuale e
di gruppo nelle regioni kurde e dietro le quinte delle metropoli turche.

- Rottura del blocco della cooperazione:
anche attivando le centrali delle autonomie locali (Anpi, Upi,
Conferensa stato-regioni, Aiccre, Lega delle autonomie locali), e
coinvolgendo le Ong più sensibili, è necessario sbloccare la
cooperazione italiana ed europea, ferma per ragioni geopolitiche nelle
regioni kurdo-turche e sui diritti umani in Turchia, e superare gli
ostcoli frapposti dalle autorità turche all’invio di fondi e
all’implementazione di progetti.

- Scelte di priorità:
per un intervento di cooperazione diretta da parte della società civile,
in positivo intreccio con la cooperazione decentrata degli enti locali,
si individuano tre filoni principali.

a) L’esodo e le sue vittime: i profughi sia interni (interventi nelle
baraccopoli, ritorno e ricostruzione), sia esterni (un osservatorio
nazionale che coordini la tutela del diritto di asilo e l’accoglienza
civile dei profughi in Italia);
b) La guerra interna e le sue vittime: interventi e progetti per l’aiuto
alle vittime della tortura (specialmente alle donne vittime di tortura
sessuale), assistenza in loco e in Europa ai feriti e agli invalidi,
creazione di punti di riferimento per vedove, orfani e bambini di
strada, “adozione a distanza” dei prigionieri politici e delle loro
famiglie;
c) Il consolidamento della società civile, attraverso l’aiuto diretto e
indiretto a tutti gli organismi citati, e forme di gemellaggio associate
a progetti di aiuto alle loro attività (non solo le municipalità ma gli
organismi delle donne, i sindacati, il MKM, gli organismi culturali, le
fondazioni di giuristi…).