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R: Dopo Napoli: il movimento non sia ricerca dell'evento e dello scontro



Carissimi Renata, Alessandro, Lea ed Emanuele,
premesso che negli ultimi trent'anni e passa ho partecipato a molte
manifestazioni di piazza, alcune delle quali hanno avuto un esito simile e
perfino più tragico di quello di Napoli, e che conto di essere a Genova per il
G8 di luglio perché lo ritengo comunque molto importante, vi chiedo se non sia
ora di pensare, cercare o inventare anche nuove forme di "manifestare" che
evitino il rischio di essere variamente strumentalizzate, con il risultato
finale esattamente opposto a quello voluto, e che nel contempo consentano a
molte più persone, molti più cittadini, di partecipare, manifestare e alzare la
voce. Siamo tutti alfabetizzati e quindi capaci di leggere e scrivere, di
mettere una firma e di spedire una lettera. Perché non proviamo a "manifestare"
pacificamente e inequivocabilmente, semplicemente scrivendo o sottoscrivendo un
messaggio ed inviandolo per posta a chi di dovere?
Io credo che tutto il lavoro fatto per portare fisicamente in piazza ventimila
persone e lo stesso impegno profuso dai ventimila partecipanti (almeno mezza
giornata), impiegati invece a scrivere, a sottoscrivere ed a far sottoscrivere
un forte e chiaro messaggio, avrebbe potuto far sentire, inequivocabilmente e
senza violenze, quindi senza possibili strumentalizzazioni, non solo da Napoli
ma da tutta Italia, la voce di centinaia di migliaia di persone e forse molte di
più.
Non credete che centinaia di migliaia di lettere o più (nel 1950 i "Partigiani
della pace" raccolsero sei milioni di firme) potrebbero ottenere molto di più,
senza alcuna violenza  e con meno rischi di strumentalizzazioni ?
Sono molto d'accordo con quanto scrivete, ma credo che non andremo lontano se
non riusciremo a coinvolgere e far esprimere un sacco di altre persone oltre a
quelle che sono oggi particolarmente impegnate in questo pur indispensabile
movimento, tantissime persone che è illusorio pensare di riuscire a portare
fisicamente in piazza proprio perché, oltre ai mille impedimenti materiali (età,
tempo, costi, salute, ecc.) non vogliono rischiare le manganellate e tantomeno
le strumentalizzazioni.
E' anche vero che le "cause" ed i momenti in cui sarebbe necessario intervenire
sono tantissimi e di conseguenza dovremmo essere tutti i giorni in piazza per
qualcosa e magari contemporaneamente in più piazze, ovvero dovremmo scrivere
tutti i giorni un messaggio e spedire tutti i giorni almeno una lettera. Per
questo da qualche anno propongo di cominciare con una iniziativa più generale,
anche se non solo di principi, non sporadica e capace di coinvolgere un grande
numero di cittadini, non solo in Italia: è il "Patto tra i Cittadini del Mondo
per la pace, i diritti umani ed uno sviluppo equo e sostenibile". Lo trovate su
http://www.peacelink.it  (
http://www.peacelink.it/tematich/pace/pattopax.html ).

Naturalmente condivido e sottoscrivo pienamente il vostro documento.

Ciao,
Gianni Zampieri, cdm.


-----Messaggio Originale-----
Da: "nonluoghi" <nonluoghi@crosswinds.net>
A: <pck-diritti@peacelink.it>
Data invio: venerdì 30 marzo 2001 1.56
Oggetto: Dopo Napoli: il movimento non sia ricerca dell'evento e dello scontro


> Un documento scritto a Napoli dopo il NoGlobal.
>
> Dopo Napoli: il movimento non sia ricerca dell'evento e dello scontro
> Le prospettive dopo le botte in piazza al Global Forum e in attesa del
> G8 di Genova
>

Zac ........

>  Come
>  perseguire allora una disobbedienza civile che sia tale, evitando la
> criminalizzazione televisiva? Da quali comportamenti partire? Quali
> strategie, meno rozze, far emergere?

Zac ......

>     Dobbiamo cominciare da subito a provare a percorrere una strada
> intermedia, radicale ma nuova, realmente alternativa e realmente
> critica, dicendoci, fra l'altro, che qui siamo nella parte ricca del
> mondo: e che la giustizia che si cerca non è nell'aumentare i diritti e
> i consumi ma nel ridurre questi ultimi e nel definire i doveri.
>  E, soprattutto, dicendoci che bisogna evitare a tutti i costi di voler
> essere
>  avanguardia "anti-global" occidentale rispetto ai popoli del sud del
> mondo. Il nostro compito è un altro: cercare da qui, dall'interno, di
> stravolgere la nostra società opulenta che produce iniquità intorno a
> sé, ma un forte consenso al suo interno.
>  Come destrutturarla?
>
>     Non sappiamo dire quanto sia reale il vento di Seattle, non sappiamo
> dire se non sia anche questa un'invenzione mass-mediatica, ma una cosa
> ci sembra chiara. Quanto è successo a Seattle ci ha sorpreso per la
> capacità di alcuni gruppi (all'interno di una maggioranza simile alla
> nostra) di saper offrire esempi nuovi di resistenza passiva, esempi
> davvero creativi di come è possibile fermare un vertice che decide del
> collasso economico di una parte del mondo e non semplicemente di come è
> possibile sfogarsi con la polizia. Come fare riflessione e assemblea,
> anche attraverso le nuove tecnologie, provando a gettare le basi di un
> nuovo mondo. Le riedizioni europee ci sono sembrate antiquate, perché,
> da una parte, in mano ai soliti gruppi contestativi che non vanno al di
> là dello sterile scontro o di analisi
>  volgari e semplificate; dall'altra, in mano alle pacifiche grosse Ong
> che troppo
>  flirtano con i nostri governi e che continuano a parlare di voler
> proporre un mondo nuovo, quando già in termini di cooperazione
> internazionale e di gestione dell'esistente sociale all'interno dei
> nostri Stati hanno le loro pecche e colpe filo-governative, sempre e
> comunque "all'interno delle logiche del mercato".
>  Crediamo che provare a percorrere quella via di mezzo sia l'unico modo
> per fare davvero movimento in Europa, l'unico modo per appropriarsi di
> quegli aspetti minoritari e positivi di Seattle. Il linguaggio di questa
> protesta dobbiamo ancora inventarlo, in Italia molto più che altrove.
>
>     Altrimenti saremmo costretti a ricadere nel solito aut aut:
> opposizione violenta o accondiscendenza moderata, cosa che già fanno i
> gruppi esistenti, i loro ideologi e la loro stampa di riferimento.
>
>     Quale movimento? Al di là della barbarie della polizia e degli
> errori degli
>  organizzatori? La maggior parte della gente che era in piazza a Napoli
> ha lasciato  intravedere la possibilità di un movimento nuovo, che non
> si riconosce in una lotta  alla globalizzazione che passi attraverso lo
> scontro e la ricerca della violenza.
>  Saremo capaci di costruire qualcosa di diverso, non solo in vista del
> prossimo
>  grande appuntamento: il contro-G8 di Genova in luglio?
>
>
>                              Renata Pepicelli, AlessandroLeogrande
>                                      Lea Nocera, Emanuele Valenti
>                                                            (Napoli)
>
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