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Haider, l'Italia guida la fronda filoaustriaca nella Ue?



Ciao, ecco il testo dell'editoriale in rete da oggi nella nostra rivista
www.nonluoghi.it (oppure .org) sulle manovre del ministro degli esteri
italiano per il rientro delle sanzioni diplomatiche Ue contro il governo
austriaco.
Il gruppo Nonluoghi

Nella Ue scricchiola il fronte anti-Haider. E l'Italia guida la fronda...
Il ministro degli esteri Dini al vertice europeo: "Ridiscutere le sanzioni
diplomatiche"

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   Nel breve volgere di un paio di mesi il partito liberalnazionale
austriaco di Jörg Haider è cambiato. Non è più xenofobo o financo razzista,
come veniva accusato di essere; non zoppica più un po' troppo verso destra
col rischio di mettere un piede fuori sentiero nelle malsane e nostalgiche
paludi del nazionalsocialismo di ieri e di oggi; non è più, insomma, una
minaccia alle basi democratiche e interetniche su cui si fonda la pur
fragile costruzione europea. No, il partito di Haider (ripetiamo di Haider
perché suo resta, nonostante la messinscena dell'abbandono della presidenza)
non deve più preoccuparci o al limite sono cavoli degli austriaci. Il che
vuol dire, in soldoni (sì proprio, anche, in soldoni...) che va ridiscussa
al più presto questa imbarazzante storia delle sanzioni diplomatiche dei 14
paesi Ue contro l'Austria.
   Parola di Haider o di un suo qualche seguace? No, nuova posizione di sei
dei 14 Paesi europei che un paio di mesi fa facevano fronte compatto nella
condanna dell'ingresso dei nazionalisti, xenofobi e invasati etnocentrici
modello 2000 (nel programma ufficiale del partito di Haider è tutto un
rincorrersi di patria e di valori austriaci fra nostalgie nazionalromantiche
e fervori "cristiani"... Tutto è relativo, no? O uno oggi deve dire che
vuole le camere a gas per essere considerato leggermente pericoloso?).
Stando alle cronache sulla riunione informale dei ministri degli esteri
europei, conclusasi ieri in Portogallo, l'Italia - o meglio, il suo
ineffabile ministro degli esteri, Lamberto Dini - sarebbe un capofila della
"rivolta" filoaustriaca. A perorare la causa di Vienna è stata con un
forcing estenuante la ministra degli esteri austriaca, la signora Benita
Ferrero-Waldner, che si muove da anni con eleganza nei salotti bene della
diplomazia europea (era ministro anche quando il suo partito, i Popolari
austriaci, un ennesimo caso continentale di governite acuta e perniciosa,
erano alleati dei socialisti per poi come nulla fosse passare ad Haider);
dunque, la gentile signora sa farsi ascoltare.
   Che succederà, quindi, dopo questo evidente allentamento della pressione
su Vienna (la signora Waldner ieri ha cantato vittoria in conferenza stampa
e nei corridoi di un'imbarazzata presidenza di turno portoghese che è tra
gli strenui difensori delle sanzioni), come si muoveranno i sei paesi
"guastatori", Italia compresa? Probabilmente cercheranno di allargare i
consensi, all'interno delle rispettive nazioni (per legittimare una linea di
apertura all'Austria) e nel confronto con gli altri (se Francia,
Inghilterra, Belgio e Portogallo tengono duro, la Germania per esempio
sembra più possibilista). A mettere i bastoni fra le ruote ai revisionisti
di primavera potrebbe essere il calendario della turnazione alla presidenza
Ue: dopo Lisbona, Parigi, altro avversario di Vienna.
   Ma in Italia, che cosa farà Dini? Riuscirà a convincere Amato e gli altri
della compagnia governativa ad abbracciare la causa della signora Benita? Di
questi tempi tutto è possibile, anche questo. Vedremo se già oggi nella
raccogliticcia coalizione di governo qualcuno avrà un sussulto di dignità (o
almeno un riflesso condizionato) e saprà dire: fermi tutti, con queste cose
non si scherza. Stiamo a vedere. Se così non fosse, se davvero l'Italia
rischiasse di diventare il portabandiera degli alleati europei del
quantomeno equivoco governo austriaco, è auspicabile che il sussulto venga
dalla società, fuori del Palazzo ma per far piegare la testa al Palazzo.
   Le ragioni di due mesi fa sono ancora tutte lì, a parte risibili
maquillages di pura facciata (cariche formali e altre scemenze spacciate per
trasformazioni). Ora, se il civile consesso europeo ritiene inopportuno
legittimare chi assume posizioni quantomeno ideologiche (ma dalle idee alla
prassi il passo spesso è breve, il sindaco leghista di Treviso - Veneto,
Italia - insegna) considerate fuori dello spettro dei valori democratici,
non può fare altro che porre agli austriaci il problema ricordando loro che
le regole del gioco - almeno in teoria - sono queste. Tra l'altro, sappiamo
quanto facilmente quese ideologie possano abbattersi sui bilanci pubblici
producendo discriminazione e povertà.
   Ciò non toglie, d'altra parte, che chi è senza peccato scagli la prima
pietra.
Tuttavia, che ogni paese ha i suoi scheletri nell'armadio (ma anche e sempre
di più in soggiorno e nel terrazzo di casa) in termini di esclusione sociale
e di razzismo, non giustifica l'accettare una loro istituzionalizzazione
strisciante.
   E poi, criticare l'Austria non significa elargire assoluzioni in casa
propria...
   Molti cervelli fini, poi, hanno fatto notare che l'Austria ha avuto
questo governo dopo regolari elezioni. A costoro andrebbe fatto notare che
la maggioranza degli elettori austriaci non ha espresso le sue preferenze
per i partiti di governo; inoltre, gli stessi elettori del partito popolare
Övp del premier Schüssel, erano andati alle urne con la unica prospettiva
che la loro formazione optasse per l'opposizione in caso di mancato accordo
con i socialisti. E nel nome di questa democrazia dovremmo starcene zitti se
un partito che ha un quinto dei voti viene sdoganato da un partito più
"presentabile" al solo scopo di regalare al leader di quest'ultimo
l'ebbrezza della cancelleria nazionale?
   Ma se anche fosse, se anche Haider fosse eletto dal 99% degli austriaci a
noi, altri europei, non resta il dovere di denunciare e fare pressioni con i
mezzi nonviolenti che abbiamo a disposizione? Non abbiamo il dovere di
mostrare con gesti e parole a quel popolo quanto controproducente sia, in
fin dei conti, la scelta di una simile scorciatoia foriera di incongnite e
di degrado dei rapporti con i paesi amici? Di fondo, insomma, resta il nodo
dei valori: la xenofobia/intolleranza - e su quella di Haider mi pare non ci
possano essere dubbi - fa parte del nostro patrimonio ideale comune e
codificato? No.
   Oltrepassa i confini di quella che eticamente percepiamo come
inaccettabile forma di violenza sul genere umano? Sì. Bene, allora
ingegnamoci nei riguardi di chi può rappresentare una minaccia al paradigma:
facciamo pressioni, certo, ma tenendo aperto il dialogo.
  Nel nostro caso, per esempio, solo una minoranza di austriaci ha votato
Haider e probabilmente dietro questo governo oggi non c'è una maggioranza di
cittadini (cosa che peraltro accade in genere nelle cosiddette democrazie) e
forse neanche di elettori. Bene, noi dovremmo sforzarci di aprire nuovi
canali di dialogo soprattutto con l'altra Austria, quella che non ci sta,
per evitare che il paese finisca con il ripiegarsi su stesso e su un
isolamento che alimenterebbe le spirali dell'intolleranza, le dinamiche
deteriori della nazione e i rischi di conflitti sociali interni e esterni.
Utili anche i tentativi di dialogo con le parti sane e oneste dell'area di
governo, quando questi dialoghi non diventano vetrine propagandistiche, come
nel caso della raffica di inviti a cena per Haider giunti in queste
settimane anche dall'Italia (Nordest in testa). Ma, se da una parte si
dialoga, dall'altra ferma deve rimanere la condanna sui principi violati.
Insomma, se la smania di potere di Schüssel ha sdoganato Haider e ciò non è
bene, qualcuno insista nel tentativo di spiegarlo al granitico cancelliere.
Dopo di che, l'Austria vada dove crede.
Ma per favore non pretenda che gli altri la seguino o l'assecondino.
(z. s.)
P. S.
E se poi, in questo bel clima, il cancelliere tedesco Schröder avesse
qualche altra perplessità sui postfascisti al governo in Italia, certa
sinistra italica potrebbe evitare patetiche alzate di scudi nel nome della
superiore civiltà della nazione che tutti ci unisce. Oppure qualche dubbio
sull'intolleranza della destra italiana (anche qui, relativa, modello
2000...) non c'è l'ha proprio più nessuno?
Roba da stranieri, come gli spaghetti e il mandolino?