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SASSARI: INCARCERATI I CARCERIERI




-Ogni carcere è costruito con i mattoni dell'infamia
ed è chiuso con le sbarre per paura che Cristo
veda come gli uomini straziano i loro fratelli.-
Oscar Wilde

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Sassari, calci e pugni ai reclusi durante un 
trasferimento. Corleone in Sardegna

Pestaggi in cella, 80 arresti
Per le violenze ai detenuti in manette direttori e 
agenti penitenziari

Cagliari
Pestaggi in cella alla Brubaker. Solo che non è un 
film, ma la cruda realtà. Reali sono, infatti, le 
costole incrinate, le fratture, le escoriazioni, le 
violenze e le umiliazioni, i calci e i pugni alla 
schiena, alle gambe e ai testicoli che sono stati 
inflitti ad alcuni detenuti del carcere sassarese di 
San Sebastiano ad opera di alcune decine di guardie 
carcerarie appartenenti ai Gom, gruppi operativi 
mobili (circostanza, questa, smentita dal 
Provveditorato regionale degli istituti di pena della 
Sardegna, anch'esso arrestato). Per un’altra vicenda 
(la morte di un detenuto) ieri è stato anche rimosso 
il comandante della polizia penitenziaria del carcere 
Badu ’e Carros di Nuoro, Antonio Deidda. 
I gravi fatti di Sassari sono accaduti tra il 28 marzo 
e il 3 aprile. Ieri sono stati emessi i primi ordini 
di custodia cautelare, ben ottanta, nei confronti di 
direttori e agenti di polizia penitenziaria delle 
carceri della Sardegna. Tra loro vi sono il 
provveditore regionale degli Istituti penitenziari 
Giuseppe Della Vecchia e la direttrice della prigione 
di San Sebastiano, Maria Cristina Di Marzio. Le 
ipotesi di reato sono violenza privata, lesioni e 
abuso d’ufficio. 
L’inchiesta è partita dalla denuncia, fatta da 
familiari e reclusi, del pestaggio avvenuto durante il 
trasferimento di un gruppo di detenuti, che alcuni 
giorni prima aveva inscenato una manifestazione di 
protesta. Sulla vicenda è stata aperta anche 
un’inchiesta dal ministero della Giustizia, con 
l’invio di un ispettore che ha interrogato agenti e 
detenuti, disponendo per alcuni di questi ultimi una 
serie di controlli medici; inchiesta che è sfociata 
nel trasferimento della direttrice del carcere Di 
Marzio e del comandante della polizia penitenziaria, 
Ettore Tomassi (finito a Benevento). 
Gli accertamenti della Procura della Repubblica di 
Sassari si sono poi estesi a quasi tutti gli istituti 
di pena dell’isola e, in particolare, alle traduzioni 
e trasferimenti di detenuti. I provvedimenti emessi 
dal gip, su richiesta della Procura, sono 
complessivamente 82. Le persone arrestate sono 22 e 60 
(in gran parte agenti di polizia penitenziaria) quelle 
alle quali sono stati concessi gli arresti 
domiciliari. Un agente che doveva essere arrestato è 
stato colto da malore (si teme un infarto) ed è stato 
ricoverato in ospedale. Tra gli arrestati vi è lo 
stesso Tomassi, accusato di avere dato ordini 
illeciti. 
I fatti. Nella notte tra il 28 e il 29 marzo, in 
concomitanza con lo sciopero nazionale dei direttori 
degli istituti di pena, scoppia la protesta dei 
detenuti: urla, “concerti” di pentole e stoviglie, 
slogan; alcuni reclusi danno fuoco a lenzuola e 
materassi. La protesta dura appena un’ora, poi tutto 
torna sotto controllo. Ma il 3 aprile scattano le 
contromisure. Viene chiamato un apposito gruppo di 
agenti per eseguire il trasferimento dei «più 
facinorosi»: un centinaio di uomini fa irruzione nelle 
celle, trascina i detenuti sui cellulari e li porta a 
Macomer e Oristano. 
E’ durante il trasferimento che avvengono gli episodi 
di violenza. I familiari hanno raccontato che «i 
detenuti sono stati costretti a denudarsi, ammanettati 
dietro la schiena, trascinati nei corridoi, colpiti 
brutalmente con calci e pugni alla schiena, alle gambe 
e ai testicoli, sollevati - sempre nudi e ammanettati -
 e “lanciati” da un agente all’altro». 
L’amministrazione penitenziaria minimizza e parla di 
«normale operazione di trasferimento, c’è stato 
qualche strattonamento, niente di più». Ma 
evidentemente questa versione dei fatti non ha 
convinto né gli ispettori del ministero, né la 
magistratura. Soprattutto ha fatto insospettire un 
provvedimento di sospensione dei colloqui con i 
familiari: «Vogliono impedirci di vedere in quale 
stato li hanno ridotti», è stata la denuncia dei 
parenti dei reclusi. 
Ora nel carcere di San Sebastiano è emergenza per la 
carenza di personale acuitasi con l’arresto degli 80 
agenti, mentre i due dirigenti sono già stati 
sostituiti. In Sardegna sono subito arrivati il 
sottosegretario alla Giustizia Corleone e il 
vicedirettore del Dap (dipartimento 
dell’amministrazione penitenziaria) Mancuso, mentre il 
ministro della Giustizia Fassino, che oggi riferirà 
sulla vicenda in Parlamento, ha espresso «turbamento e 
preoccupazione». 
Rosy Marano

(Liberazione, 4 maggio 2000)



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Ma non è un caso isolato
(Giuliano Pisapia)

I fatti avvenuti nel carcere di S. Sebastiano a 
Sassari, che hanno portato all’emissione di decine di 
provvedimenti di custodia cautelare, sono di una 
estrema gravità: non è ammissibile, in uno Stato 
democratico, che accadano episodi che non solo ledono 
i diritti fondamentali dell’uomo ma che gettano anche 
discredito sulle migliaia di ufficiali e agenti di 
polizia penitenziaria che, pur tra mille difficoltà, 
svolgono quotidianamente il proprio delicato lavoro 
nel rispetto dei diritti e della dignità dei detenuti. 
Non è certo questa la sede per entrare nel merito 
delle accuse rivolte ad oltre ottanta agenti e 
funzionari arrestati: anche per loro, infatti, deve 
valere - come per ciascun cittadino - la presunzione 
di non colpevolezza fino a quando non vi sia una 
sentenza definitiva di condanna. La gravità degli 
episodi avvenuti a Sassari non può tuttavia non 
suscitare, in chi crede realmente nello Stato di 
diritto, il turbamento e la preoccupazione manifestate 
anche dal ministro della Giustizia, Pietro Fassino, e 
rende quindi necessario il rapido accertamento delle 
singole responsabilità. 
E’ indubbio infatti che sono stati commessi gravi atti 
di violenza nei confronti dei detenuti, costretti a 
spogliarsi, ammanettati, sollevati in aria e lanciati 
da un agente all’altro, colpiti con pugni e schiaffi 
alla schiena, alle gambe e ai testicoli. Circostanze 
confermate da persone al di sopra di ogni sospetto e 
che trovano conferma nel fatto che, in quelle lunghe 
ore, è stato addirittura impedito, in aperta 
violazione di legge, l’accesso al carcere del 
magistrato di sorveglianza, che ha proprio il compito 
istituzionale di verificare il rispetto 
dell’incolumità e della dignità di chi è detenuto e di 
chi lavora all’interno degli istituti penitenziari. 
Quanto avvenuto a Sassari non è però - purtroppo - un 
episodio isolato, ma segue altri gravi casi di 
violenza di cui sono stati protagonisti i Gom (gruppi 
operativi mobili della polizia penitenziaria). Basti 
ricordare gli analoghi episodi avvenuti in altri 
istituti penitenziari negli ultimi due anni, che molto 
probabilmente sono solo la punta di un iceberg, se si 
considera che, spesso, per paura di ritorsioni, i 
detenuti non denunciano gli abusi e le violenze 
subite. 
Episodi che sono l’inevitabile conseguenza di 
un’inversione di tendenza nel modo di concepire i 
rapporti tra istituzioni, società e carcere, che ha 
avuto inizio con l’allontanamento di Alessandro 
Margara dalla direzione del Dap (dipartimento 
dell’amministrazione penitenziaria). Si è tornati a un 
periodo, quale quello precedente l’entrata in vigore 
della legge Gozzini, in cui si privilegiava l’aspetto 
puramente repressivo, a scapito di quello rieducativo: 
basti pensare al fatto che una delle prime spese 
sostenute (per centinaia di milioni) dalla nuova 
direzione del dipartimento è stata l’acquisto di 
elmetti per gli agenti e non ben più necessaria e 
urgente assunzione di educatori, psicologi e 
assistenti sociali. 
Chi da tempo fa presente tale situazione non ha mai 
avuto alcuna risposta, pur in presenza di 
circostanziate denunce fatte nelle sedi istituzionali. 
Dal novembre 1998, dopo aver constatato personalmente 
episodi di brutalità compiuti dai Gom durante una 
“perquisizione” nel carcere di Opera (celle devastate, 
effetti personali dei detenuti danneggiati e 
distrutti) attendo, nonostante i ripetuti solleciti, 
una risposta a ben tre interrogazioni parlamentari 
sulla natura e sui compiti dei Gom, i cui abusi 
determinano paura e disagio fra gli stessi agenti di 
polizia penitenziaria. 
Di fronte a tale situazione e al conseguente clima di 
tensione causato da episodi di questo tipo, non è più 
procrastinabile lo scioglimento di tale struttura 
speciale, che ha dimostrato di essere l’espressione di 
un inaccettabile modo di concepire il rapporto tra 
carcere e società. Solo in tal modo sarà possibile 
riprendere quel cammino riformatore, riportare la 
necessaria serenità all’interno delle carceri, sia fra 
i detenuti che tra gli appartenenti alla polizia 
penitenziaria.

Giuliano Pisapia

(Liberazione, 4 maggio 2000)


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Messaggio da Sassari del 19 aprile


------- Forwarded message follows -------
From:           	"Robert" <ihb@sigmasrl.it>
To:             	<Undisclosed-Recipient:;>
Subject:        	Sulla repressione nel carcere di S.Sebastiano,
Sassari Date sent:      	Wed, 19 Apr 2000 14:26:07 +0200

inviato da Sa Cunfederatzione de sos comunistas Sardos
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Ogni carcere è costruito con i mattoni dell'infamia
ed è chiuso con le sbarre per paura che Cristo
veda come gli uomini straziano i loro fratelli.
Oscar Wilde

Nonostante siano passate due settimane ancora non è chiaro quanto
sia successo lunedì 3 aprile nel carcere di S. Sebastiano posto
nel cuore della città di Sassari in Sardegna. Sappiamo bene però
che il carcere è delitto, privazione , violenza e lunedì in Via
Roma 51, a Sassari il carcere ha mostrato il suo vero volto in
tutta la sua brutalità, facendo rimbombare ulteriormente le parole
del nuovo comandante della polizia penitenziaria, Ettore Tomassi
che all'indomani della sua nomina, ossia il giorno del pestaggio
si sarebbe presentato alla popolazione carceraria con le seguenti
parole :"Io sono il vostro dio, in 15 giorni diventerete come
agnellini. Sappiate che il lager è un paradiso, qui inizia
l'inferno". Questi i fatti: In occasione di una protesta interna
al carcere, esplosa spontaneamente a causa delle insostenibili
condizioni di vita all'interno dello stesso, aggravate dal fatto
che, essendo in atto la sostituzione o uno sciopero della
direttrice, sarebbero stati sospesi per alcuni giorni " servizi
aggiuntivi" come il "supplemento spesa" allo spaccio (ossia la
possibilità di poter comprare allo spaccio del carcere alimenti
oltre quelli passati dalla mensa), e il ricovero ospedaliero
(giudicate se questi servizi siano aggiuntivi o innegabili!), in
più sono stati chiusi i rubinetti dell'acqua, altra cosa forse
superflua... Non è da tralasciare la situazione di un presunto
sovraffollamento di detenuti per cui si volevano effettuare dei
trasferimenti in altre carceri dell'isola. A tutto questo i
prigionieri hanno reagito iniziando, la notte del 3 aprile, a
sbattere utensili vari alle sbarre ed a urlare per denunciare il
loro malessere pubblicamente. L'amministrazione, per tutta
risposta, avrebbe fatto intervenire le squadre speciali : G.O.M.
(gruppi operativi mobili della polizia penitenziaria, una
struttura d'intervento rapido, come tutte le polizie, ma non hanno
compiti punitivi. Giustificabili con situazioni di difficoltà e
criminali impegnativi da gestire), per ristabilire l'ordine
costituito. Questo chiaramente secondo le istituzioni. Avendo la
situazione destato eccessivo clamore Diliberto prontamente è
intervenuto e dopo aver promesso indagini e inchieste, ha sentito
il dovere di soffermarsi sul lavoro dei secondini, sottolineando
che, riportiamo esattamente le sue parole, :"la polizia
penitenziaria svolge un lavoro difficile e molto delicato, che
deve essere realizzato in strutture adeguate e moderne, ma a S.
Sebastiano sono costretti a lavorare in condizioni allucinanti".
Ecco perché si sta pensando di vendere l'area appetibile e
centrale a privati a patto che questi diano allo stato chiavi in
mano, un nuovo carcere, cioè lo stato vuole costruire un nuovo
carcere efficiente e moderno a costo zero. Questo, per loro è
l'unico problema e l'unica soluzione. A volte, aggiungiamo noi,
lavorare con difficoltà, causa stress, quindi è giusto che le
guardie si sfoghino sulle vite umane da loro custodite,
legalizzando a loro piacimento pestaggi, soprusi e torture, tanto
sono detenuti che sono lì per espiare delle colpe, non persone ma
solo dei carcerati. Quello che è successo il 3 aprile è stato un
massacro, una spedizione punitiva in piena regola, con testimoni
screditati ed inutili in quanto semplici prigionieri. Ecco la
lampante funzione repressiva, e non rieducativa o di recupero del
carcere, in tutta la sua massima espressione. L'art. 27 della
costituzione italiana che  recita :"Le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato", è stato tranquillamente calpestato,
ancora una volta, in nome della democrazia e dell'ordine pubblico.
Bilancio (provvisorio e non ufficiale!), 70detenuti pestati a
sangue perquisiti da cima a fondo (intestino compreso), e
trasferiti in altre strutture, per alcuni nessun colloquio nessuna
visita.. Forse perché si vuole impedire di vedere i segni del
massacro, o si vuol tentare di occultare le prove e curare senza
troppi clamori fratture, ecchimosi, perdita improvvisa di diversi
denti in una settimana circa. Troppi segni gli aguzzini hanno
sbadatamente lasciato sui corpi dei ribelli.. prima sono entrati
nelle celle, devastandole, rompendo armadietti, brande e gettando
dalle finestre indumenti, cibo, riserve d'acqua e quant'altro, poi
li hanno assaliti. Si sa che uno è in coma, uno ha entrambi i
polsi fratturati, molti non sono stati neppure ancora visitati,
tutti, compresa la sezione femminile. hanno comunque preso calci e
pugni alla schiena, alle gambe e ai testicoli . Solo alcuni
parenti delle vittime hanno voluto parlare, con gli occhi
insanguinati dalla rabbia per come hanno trovato i loro
congiunti," il viso quasi intatto, solo un po' sofferto. il corpo
dilaniato, dolori ovunque impossibilitati ad assumere posizioni
"normali"", (troppe fratture non previste forse?) e così
via....più che un racconto un bollettino di guerra.


La risposta non tarda ad arrivare: venerdì 14 aprile i familiari
dei prigionieri riuniti in un comitato spontaneo hanno organizzato
una fiaccolata di solidarietà, la partecipazione è stata di circa
150 persone tutti in silenzio hanno sfilato nelle vie intorno al
carcere, senza simboli né bandiere. I detenuti hanno risposto
accendendo le loro fiaccole (accendini) con le braccia che
cercavano di raggiungere i manifestanti in un abbraccio soffocato
ed impossibile. L'atmosfera si è scaldata nel momento in cui i
cuori si sono incontrati al di là della sbarre, al di là delle
celle e delle mura apparentemente invalicabili. Ma il resto della
città non ha capito o non ha voluto capire. Una richiesta di
solidarietà per un fatto così aberrante a cui non si è risposto
pienamente forse perché sono detenuti e dopo tutto se sono dentro
sono colpevoli e se lo meritano.... La maggioranza silenziosa,
quindi, continuerà a tacere acconsentendo a mattanze legali ed
impunite, continuerà a fingere di non sentire le urla che troppe
volte hanno squarciato quelle mura per uscire fuori, ma
l'importante è, che il carcere sia fuori dalla città, così che i
prigionieri non possano turbare ulteriormente la "povera vita dei
cittadini onesti" troppo occupati a pensare esclusivamente a se
stessi. All'appuntamento non sono mancati purtroppo i soliti
avvoltoi venuti a chiudere la loro campagna elettorale cavalcando
gli eventi ed elargendo promesse; a loro va tutto il nostro
disprezzo. Non sono mancati neppure simpatici casi di
auto-combustione spontanea (cioè la spontanea messa al rogo di
auto) di alcune guardie e generosi pacchi regalo dal contenuto
ESPLOSIVO lasciati qua e là nelle carceri sarde..

- Esprimiamo la nostra solidarietà ai prigionieri e ai familiari -
Ribadiamo il nostro profondo disprezzo nei confronti di coloro che
gestiscono, ad ogni livello le strutture carcerarie - nonché il
rifiuto di riconoscere lo stato italiano borghese, imperialista e
nel caso della Sardegna straniero e colonialista

Saluti rivoluzionari
Con tenerezza e forza
Sa Cunfederatzione de sos comunistas Sardos


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