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Napoli e Alessandria, febbr. 2001: Diritti umani in Turchia
TURCHIA : Diritti umani - Repressione
Carceri - Dighe - Leyla Zana - Film
1) Napoli
2) Alessandria
3) Relazione della seconda delegazione italiana "Carceri" in Turchia
(Olivieri, Rossi Crisci)
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1) Napoli
Le associazioni “AZAD” e “UN PONTE PER…”
con il patrocinio del Comune di Napoli - Assessorato all’educazione e
alle relazioni internazionali
promuovono un’iniziativa per la pace e la
democrazia in Turchia
DOMENICA 18 FEBBRAIO ORE 10.30
CINEMA MODERNISSIMO
Napoli, via Cisterna dell’Olio n.59
Proiezione del film :
VIAGGIO VERSO IL SOLE
della regista turca YESIM USTAOGLU, premiato al Festival di Berlino 1999
con l’Orso d’Argento.
Presentazione del RAPPORTO DELLA DELEGAZIONE ITALIANA A ISTANBUL,
guidata dal Giudice Alessandro Margara, sulle condizioni di detenzione
nelle carceri turche e sulle violazioni dei diritti umani in Turchia.
Presentazione dell’APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI LEYLA ZANA,
giornalista e deputata kurda all’Assemblea nazionale turca.
Presentazione della CAMPAGNA INTERNAZIONALE CONTRO LA DIGA DI ILISU
e proiezione di un video sulla città di HASANKEYF.
Intervengono:
Sen. G. Russo Spena
Irfhan Dundar, avvocato
Hevi Dilara, rappresentante UIKI Roma
Sirio Conte, Assopace
INGRESSO
LIBERO
ADERISCONO: Assopace - Partito della Rifondazione Comunista - Giovani
Comunisti - Sinistra Giovanile - Ass. Cult. Il Vagabondo - Campagna
“Occhio alla SACE” - Coop. ‘O Pappece -
Per info. contatti e adesioni:
Ass. Un Ponte per…, via Battistello Caracciolo n.24, Napoli - tel.
081.5648517
e-mail: napoli@unponteper.it - oppure 0339.2100216 (Massimo)
Si ringrazia il Gruppo STELLA FILM
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2) Alessandria
I DIRITTI UMANI NEGATI
In Turchia
la condizione delle carceri e la strage compiuta dall’esercito nel mese
di dicembre nei principali istituti penitenziari turchi
Incontro con i componenti delle delegazioni italiane di verifica in
Turchia :
CLAUDIO LOMBARDI
CGIL Firenze
ALESSANDRO MARGARA
Giudice Tribunale Sorveglianza Firenze
ANTONIO OLIVIERI
Comitato Verso il Kurdistan
e con :
PATRIZIA CARRERA
Amnesty International
23 FEBBRAIO 2001 ORE 21
CAMERA DEL LAVORO - VIA CAVOUR 27 - ALESSANDRIA
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3) Relazione della seconda delegazione italiana "Carceri" in Turchia
(Olivieri, Rossi Crisci)
Segue qui il testo della relazione, per chi non l'avesse ancora ricevuto
sul sezcondo numero del bollettino di Azad : "KURDISTAN/INIZIATIVE".
Si ricorda che il 22 febbraio partirà per la Turchia una seconda
delegazione, europea e con folta presenza italiana, composta in gran
parte di giuristi, sempre sul tema della situazione "carceri" e del
massacro di dicembre e delle sue conseguenze.
Si ricorda anche che il 14 febbraio si terrà a Parma un incontro con la
presenza di Akin Birdal (IHD):
KURDI: IL DIRITTO DI ESISTERE, con : AKIN BIRDAL
Mercoledì 14 febbraio 2001 ore 21.00 - Auditorium Banca Monte Parma -
Bruno Longhi 9 - Parma
AKIN BIRDAL - Vicepresidente della Federazione Internazionale dei
Diritti dell’Uomo
Responsabile Associazione per i diritti umani della Turchia (IHD)
DINO FRISULLO - giornalista e scrittore
Coordina : EMILIO ROSSI - Presidente CIAC
Per informazioni: Laboratorio cultura Pace - Tel. 0521.210715 - CIAC
Tel. 0521.503440
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Relazione della delegazione italiana ad Istanbul (26-28 gennaio 2001)
Oggetto della delegazione :
repressione nelle carceri, affidi di sostegno alle vittime del carcere.
Componenti della Delegazione :
Simonetta Crisci (avvocato)
Antonio Olivieri (sindacalista ed esponente del Comitato Verso il
Kurdistan di Alessandria)
Emilio Rossi (coordinatore del volontariato di Parma)
Incontri:
GOC-DER, Associazione Profughi, Istanbul (26 gennaio)
TUAD-DER, Associazione familiari dei detenuti (27 gennaio)
IHD, Associazione per i Diritti umani (27 gennaio)
HADEP, Partito per la Democrazia del Popolo (27 gennaio)
MKM, Centro Culturale della Mesopotamia (28 gennaio)
Inoltre :
Partecipazione al Congresso del TUAD-DER (28 gennaio)
Partecipazione al Congresso del KESK, sindacato del pubblico impiego (28
gennaio)
GOC-DER, Associazione Profughi, Istanbul (26 gennaio)
Il GOC-DER è un'Associazione che cerca di fornire aiuti alle migliaia di
profughi che vivono in condizioni di miseria nelle periferia di
Istanbul. Ci riferisce l'esponente del GOC-DER, S.G.:
A Istanbul vivono 2 - 3 milioni di kurdi: circa un milione sono profughi
dal Kurdistan a causa della distruzione dei villaggi ad opera
dell'esercito turco. Il Governo ha cominciato a permettere il rientro
nei villaggi: per ora lo hanno permesso per cinque villaggi. Ad esempio
a Dersim. Però non permettono a tutti di ritornare. Tante famiglie
vorrebbero ritornare ai villaggi ma hanno paura o trovano che il terreno
è stato occupato dai guardiani dei villaggi, che sono protetti dal
Governo.
Il Governo ha anche provato a ricostruire qualche villaggio, grande, di
baracche prefabbricate, ma sono villaggi dove nessun profugo vorrebbe
ritornare: non c'è posto per le greggi e sono lontani dai campi
coltivati; inoltre, è previsto che siano sorvegliati da un centinaio di
soldati. In realtà questi villaggi il Governo li ha fatti solo per i
guardiani dei villaggi, che in questa sporca guerra sono quelli che
prendono armi dall'esercito e collaborano con loro.
S.G. ci parla poi dei villaggi che il Governo sta realizzando per tenere
meglio sotto controllo la popolazione kurda (si tratta di qualcosa di
analogo a quanto fatto da Israele con i palestinesi: dei veri e propri
"Bantustan" protetti). Il progetto denominato Kˆy-kent, che ha già
portato, presso Van, nel comune di «atak, alla costruzione di "Konalga"
(un agglomerato di 8 villaggi e 400 case), e ad iniziare altre
costruzioni di due villaggi, uno vicino a Diyarbakir, nel comune di
Kulp, "Islamkˆy" (300 case), e nel comune di Sirnak, ” Basàgac" (104
case). Continua S.G. :
Attenzione: il Governo turco ha chiesto (e forse già ottenuto)
all'Unione Europea 110 milioni di euro dicendo che sarebbero serviti per
i villaggi dei kurdi. In realtà li utilizza per fare le case per i
guardiani!
Goc-Der aveva proposto di ricostruire i villaggi vicino a quelli
bruciati, con centri culturali, spazi liberi, cercando la
collaborazione al progetto degli ordini professionali. Il Governo turco
ha rubato questo progetto di Goc-Der ed è riuscito ad ottenere le firme
di 36 parlamentari europei. Ma il progetto è diventato una cosa molto
diversa. Proprio perché queste cose non si sanno, è successo che il
progetto presentato dal Governo turco ha avuto addirittura il sostegno
anche di Amnesty International".
Nel 2000 il GOC-DER ha realizzato una dettagliata ricerca sulla
situazione dei profughi, attuata tramite la distribuzione capillare di
questionari e la rielaborazione dei dati raccolti (una operazione di
valore scientifico tanto più ammirevole se si pensa che è stata condotta
da chi opera in prima linea sul fronte di gravi disagi e repressioni).
Tale ricerca è stata recentemente tradotta in italiano e finanziata con
il contributo dello SPI-CGIL, della Provincia di Alessandria e del
Comitato Verso il Kurdistan, di cui fa parte Antonio Olivieri, un membro
della delegazione.
Ce ne parla l'esponente del GOC-DER :
"Quanto alla ricerca: finora abbiamo classificato 1.630 famiglie. Sono
ancora da classificare più di cento famiglie. Le famiglie classificate
equivalgono a circa 18.000 persone. Prevediamo che la stessa sarà
completata per la fine di marzo. Abbiamo un sociologo che la sta
elaborando..
Noi utilizzeremo la ricerca anche in Turchia: la finalità è far sì che
le famiglie possano ritornare ai loro villaggi. Con questo lavoro noi
dobbiamo trasmettere al mondo una situazione precisa e scientifica, che
faccia percepire la dimensione del problema dei profughi. E' la prima
volta che in Turchia viene fatta una ricerca di questo tipo. Vogliamo
che il problema venga finalmente sollevato in Turchia.
TUAD-DER, Associazione familiari dei detenuti (27 gennaio)
E' una delle numerose associazioni in cui sono organizzati i familiari
dei prigionieri politici; il discorso cade subito sulle "adozioni a
distanza" (o "affidi") che il Comitato Verso il Kurdistan ha promosso da
molto tempo: cittadini italiani che versano ogni mese una quota che va a
sostegno di un carcerato, o della sua famiglia (rimasta sovente priva
di ogni introito economico). Le associazioni dei familiari dei detenuti
sono un interlocutore fondamentale per lo sviluppo di questa forma di
solidarietà.
Ci dice l'Avv. Mehmet Erbil :
"Ad Istanbul il problema carceri è più grave, perché vi sono sei grandi
carceri in cui sono trattenuti circa 2000 detenuti politici. Questi
hanno undicimila parenti, dei quali circa ottomila sono in contatto con
noi. Le famiglie dei detenuti vivono qui un ulteriore problema, nel
senso che sono famiglie di profughi. Vi ringrazio tanto per la vostra
sensibilità, le famiglie dei detenuti vivono in condizioni gravi e con
il vostro aiuto noi ci sentiamo molto più protetti. E' importante per
noi vedere alcune persone da un altro posto del mondo così interessate
ai nostri problemi. "
Continua un altro membro di TUAD-DER:
"Vi possiamo inviare tutte le informazioni che volete sulle famiglie da
adottare: quando e come è avvenuto il processo, le accuse, anche un
video sulle famiglie. Possiamo anche inviarvi un video sulla situazione
complessiva della salute dei detenuti. Noi disponiamo già di un rapporto
circa gli aspetti legati alla salute nelle carceri, però questo rapporto
risale a cinque mesi fa, cercheremo di aggiornarlo con nuove
informazioni e speriamo di concluderlo per poterlo consegnare alla
prossima delegazione di giuristi che verrà qui in Turchia il 22
febbraio.
Nella nostra associazione ogni membro da' un suo piccolo contributo
mensile. Nel nostro progetto c'è anche l'obiettivo del miglioramento
delle condizioni dentro le carceri: per questo scriviamo ai magistrati
e i nostri avvocati vanno a incontrarsi con i direttori delle carceri.
".
Inevitabilmente il discorso si incentra sulla situazione delle carceri,
che sono state teatro, il 19 dicembre, del massacro denominato
"Operazione Ritorno alla Vita", con cui il governo ha tentato di
stroncare lo sciopero della fame di protesta contro l'introduzione del
nuovo sistema carcerario: le celle di isolamento "di tipo F" :
"I detenuti che erano militanti dei gruppi di sinistra sono stati
portati nelle carceri di tipo F. I medici militari hanno fatto loro
l'alimentazione forzata, ma non appena si erano un poco ristabiliti, i
detenuti hanno ripreso di nuovo a fare il digiuno della morte. C'è una
discussione “etica” tra i dottori e anche in Turchia: se è più giusto
lasciarli morire o se è più giusto somministrare loro cibo con la
forza.
Non sono in grado di dire il numero esatto, ma dirò che circa
1.500/2.000 detenuti sono stati trasferiti alle carceri di tipo F. Le
famiglie con cui noi siamo in contatto hanno scarsissime notizie. Dopo
l'operazione del 19 dicembre non vengono più date notizie: né per le
carceri vecchie né per quelle nuove. Solo in qualche caso danno il
permesso a qualche famiglia o a qualche avvocato di entrare. Sappiamo
solo che c'è una tortura sistematica nei confronti dei detenuti in
carcere. Tra questi 2000 detenuti politici nelle carceri di Istanbul ci
sono anche donne, meno di prima perché in parte hanno avuto l'amnistia.
Nel carcere di Bajran Pasa ci sono circa centoventi donne, a Gebze
trenta o quaranta. Ce ne sono anche nelle carceri di Usak, di Sivas e
di Miydat. In totale si può parlare di circa cinquecento donne
detenute".
E ci dice una donna di TUAD-DER:
” Non c'è una associazione specifica per le donne detenute ma c'è una
associazione culturale che si chiama “Associazione della donna del
Tigri”. Non si tratta di avvocati. Ma si interessano dei problemi delle
donne.
E ci racconta la sua vicenda personale :
"Il mio era un villaggio di quasi 300 case, vicino a Mardin, cioè vicino
al confine con la Siria. Circa 80 case erano kurde, 200 case erano di
suriani, di religione cristiana. Dopo il colpo di stato dell'80 prima
hanno costretto i suriani ad abbandonare le loro case, poi hanno
cacciato anche noi. I suriani erano scappati in vari paesi d'Europa,
dove avevano parenti; per indurli ad andarsene, avevano violentato le
ragazze suriani; così, ad esempio, il guardiano del nostro villaggio
aveva quattro mogli, di cui tre erano ragazze suriani rimaste gravide.
Poi è stata la volta dei kurdi. La mia famiglia è di circa venti
persone, io ho cinque figli, il più grande ha 24 anni. Nel villaggio
avevamo tutto: alberi da frutto, pecore, animali da cortile. Ho dovuto
abbandonare il villaggio e tutto quanto vent'anni fa".
IHD, Associazione per i Diritti umani (27 gennaio)
L'associazione (che è quella il cui presidente Akin Birdal era stato
ferito in modo gravissimo in un attentato degli squadroni della morte) è
in questo periodo oggetto di una durissima repressione: tutte le sedi
sono state chiuse tranne quelle di Diyarbakir e Istanbul; la
responsabile della sede di Istanbul che ci parla, Eren Keskin, è stata
recentemente incarcerata, e riceve frequenti denunce. Ci parla della
vicenda delle prigioni "di tipo F" :
"La Turchia non è governata dal Presidente della Turchia o dal Primo
Ministro ma dai militari. La gestione dei diritti umani è nelle mani dei
militari. Il sistema delle celle d'isolamento non è una cosa nuova nella
storia di questa repubblica; anche se non era legittima veniva attuata
nelle carceri turche: le persone venivano punite in questo modo per un
mese, un anno, tre anniÖ Ora però c'è una legge apposita e con la legge
viene deciso il trasferimento dei detenuti in queste celle. La decisione
era già stata presa circa tre anni fa dal consiglio governativo dei
militari. Abbiamo provato moltissime volte a parlare con il ministro
della giustizia turco ma non ci ha mai preso in considerazione. Prima
dell'operazione del 19 dicembre avevamo ottenuto una buona attenzione
da parte dell'opinione pubblica su questi problemi, attraverso
manifestazioni di piazza quasi giornaliere.
Così è cominciato il digiuno della morte che oggi è arrivato al
centesimo giorno.
Con la pressione che avevamo creato, il ministro della giustizia turco
ha dovuto ritardare l'attuazione di questo sistema di celle
d'isolamento. Era iniziata una fase importante: stavamo per trovare un
accordo. I detenuti avevano chiesto che il ministro della giustizia
firmasse un'intesa su questi punti.
Il progetto sul quale entrambe le parti convenivano era quello del “9 +
9”: cioè due celle, ognuna delle quali poteva contenere nove persone,
che avevano in comune un cortile/giardino e una biblioteca in cui le
persone potevano incontrarsi. Il governo però non ha firmato questo
accordo. E così dieci giorni dopo ha dato il via all'operazione .
L'assalto è avvenuto il 19 dicembre ed è cominciato alle 4,30 in venti
carceri contemporaneamente. Hanno usato lo stesso metodo. Dopo aver
fatto grandi buchi nel soffitto e nelle pareti delle celle, hanno
lanciato all'interno quattro tipi di bombe: una era al gas nervino,
molto pericolosa, perché distrugge l'attività cerebrale; ed hanno usato
anche armi da fuoco.
In questa operazione sono morte 32 persone: 30 detenuti e due soldati.
Uno dei soldati è morto soffocato dal fumo, l'altro è stato ucciso dai
suoi colleghi. Tre detenuti si sono suicidati, 27 detenuti sono stati
uccisi dai soldati: o con le armi o bruciati. Dopo questa operazione, i
carcerati sono stati deportati nelle celle di tipo F e durante il
trasferimento sono stati torturati. Anche all'ingresso di queste nuove
carceri sono stati picchiati. La maggior parte di questi detenuti
trasferiti alle carceri di tipo F sono feriti o ammalati e stanno
conducendo il digiuno fino alla morte.
Noi avvocati abbiamo incontrato moltissimi ostacoli, soprattutto le
avvocate: quando vanno in queste carceri subiscono dal personale
perquisizioni tali da rasentare la violenza sessuale. Il diritto di
difesa del detenuto è stato distrutto. Nelle carceri ci sono soltanto
cinque posti per gli avvocati e bisogna cedere il posto al più presto;
molte volte non riusciamo neanche a parlare con il detenuto che dobbiamo
difendere.
Bisogna considerare qual è lo scopo di questo sistema carcerario: il
primo scopo è quello di distruggere il detenuto, il secondo è
distruggere la sua organizzazione, il terzo, ancora più pericoloso, ha
come obiettivo quello di distruggere il diritto della difesa da parte
degli avvocati.
I detenuti hanno perso peso, alcuni hanno perso anche la memoria.
Ora nelle carceri ci sono molti dottori militari, mandati dal governo.
Non si conosce la situazione in modo più preciso perché solo alcuni
detenuti hanno avvocati.
2000 di essi sono destinati alle carceri di tipo F, e siccome le
carceri di questo tipo non sono ancora state completate, il
trasferimento è avvenuto solo in parte e alcuni rimangono ancora nelle
celle delle carceri precedenti: celle fatte per 80 persone, ma nelle
quali ne vengono stipate anche 300, e che hanno le pareti e il
soffitto con i buchi fatti nell'operazione del 19 dicembre; e in più
sono al freddo. In tal modo hanno voluto distruggere il processo di
democratizzazione della società. In quel periodo hanno anche attaccato
diverse sedi dell'Associazione per i diritti umani ".
"Oggi, secondo noi, l'Europa accetta questa politica. E perciò il
processo di democratizzazione della Turchia non sarà un obiettivo a
breve. Lo si può capire anche dall'attacco fatto a questa sede
dell'Associazione per i diritti umani: i poliziotti sono entrati, hanno
perquisito tutto, hanno portato via i computer, ora stanno processando
i dirigenti di questa associazione.
Come ogni anno avevamo organizzato la settimana per i diritti umani che
doveva concludersi con una dichiarazione alla stampa, che però ci è
stata vietata. C'erano tante persone quel giorno perché era il 61*
giorno del digiuno della morte. Nonostante noi avessimo accettato di
non fare la conferenza stampa, la polizia è entrata nella sede ed ha
arrestato 23 persone. E' stato chiesto che il processo contro di noi
venisse continuato nel Tribunale speciale. Ci sono state rivolte tre
accuse: resistenza ai poliziotti; violazione della legge delle
associazioni; sostegno al terrorismo, che è l'accusa più preoccupante.
Faccio notare che la nostra non era affatto una manifestazione
illegittima perché ne avevamo avuto l'autorizzazione; ciò nonostante, i
poliziotti sono entrati nella sede senza che noi opponessimo alcuna
resistenza ed hanno asportato quello che hanno voluto.
Vogliono interrompere la nostra lotta, perseguono una politica verso la
messa fuorilegge di questa associazione. Ma noi crediamo in quello che
stiamo facendo e continueremo il nostro lavoro".
HADEP, Partito per la Democrazia del Popolo, filo-kurdo (27
gennaio)
Incontro con l'avv. Dogan Erbas, segretario di Hadep di Istanbul
"Premetto che non ci piaceva nemmeno il precedente sistema carcerario:
con celle uniche per 70/80 persone. Le due ipotesi sulle carceri sono
state oggetto di discussione. Noi abbiamo proposto un sistema
carcerario basato su piccole stanze in ciascuna delle quali potessero
coabitare da 5 ad 8 persone. Nella nostra proposta c'è un argomento
importante che sostenevamo: un giardino/cortile, alcune aree, che
potevano essere usate in comune.
Noi non siamo a favore delle carceri di tipo F perché rappresentano un
sistema di sicurezza che limita la vita sociale nelle carceri, limita
il diritto di difesa dell'avvocato,si basa sull'isolamento totale
dell'individuo.
Ci sono stati diversi gruppi di sinistra che volevano la semplice
continuazione del vecchio sistema carcerario. Noi non eravamo
d'accordo e abbiamo proposto un modello serio in cui i detenuti
potessero vivere insieme, condividere una vita sociale, e, nel
contempo, avevamo proposto un modello conforme alle leggi
internazionali. In questa fase, è stato molto importante il ruolo di
intellettuali, scrittori, che tentavano di trovare una mediazione
onorevole. Il governo ha la responsabilità di non aver puntato a questo.
Compito del governo era risolvere la situazione senza alcun spargimento
di sangue. Ciò che non è avvenuto.
Ribadiamo che questo sistema di carceri di tipo F è un sistema
antidemocratico e sbagliato.
La Turchia non sta attraversando una buona fase, ma noi non siamo
pessimisti, siamo concreti. La Turchia è un paese molto difficile, non
si trasforma facilmente a causa di tanti motivi: religiosi, politici,
sociali ecc. Nemmeno ci attendevamo la democratizzazione del paese
tutt'a un tratto. Ma dagli ultimi due anni c'è stato un miglioramento,
per due motivi: il motivo più importante è l'interruzione della guerra
che è durata 15 anni, l'altro motivo è condizionato dal primo.
Cessata la guerra è iniziata una nuova fase in Turchia: per la prima
volta in tutto il
Paese abbiamo discusso di riforme e per la prima volta abbiamo
cominciato a discutere di temi che sono quelli fondamentali per
risolvere democraticamente il problema kurdo. Per esempio: una
televisione in lingua kurda, revisione della costituzione affinché in
essa venga riconosciuta l'identità kurda. Il capo della magistratura
turca così come addirittura il capo dei servizi segreti turchi hanno
proposto di usare liberamente la lingua kurda. I generali hanno
protestato per questo, loro sono contrari a queste libertà. Sono cose
molto importanti. In quel periodo inoltre è diminuita la pressione sul
nostro partito e nella Turchia si è diffusa una speranza.
All'interno dello stato turco è in atto uno scontro molto duro tra il
governo e l'esercito.
Un'altra cosa interessante è che l'esigenza di democratizzazione in
Turchia non nasce dal basso ma dall'alto.
Voglio anche dire che questa pacificazione è stata voluta soltanto da
una parte. La guerra non è finita con un accordo firmato da due
contendenti. Una parte ha dichiarato di voler cessare la guerra, perché
ha visto che la continuazione del conflitto non risolveva ed anzi
rendeva più difficile la soluzione del problema.
Visto che voi conoscete il caso di Ocalan, posso dirvi che Ocalan
avvia una nuova storia in questo paese così difficile. Viene criticato
da tutti, da destra e da sinistra. Con il tempo probabilmente capiranno
la portata della proposta di Ocalan e l'importanza per questa terra. Il
problema più importante della Turchia, ovvero il problema kurdo, può
essere risolto soltanto con la proposta di Ocalan. Questa proposta
dice: se mi create la possibilità adatta con le leggi rinnovate, io sono
pronto a lasciare le armi. E stiamo parlando di un esercito di almeno
10.000 persone. Possiamo condividere o meno le idee del PKK ma si tratta
di una forza popolare, è un movimento che con la sua parola può
cambiare tutto il destino di un paese.
Numerosissime volte hanno annunciato il progetto di pacificazione. In
questo clima, tutto il nostro partito, dai vertici alla base, è molto
preoccupato che l'altra parte stia preparandosi invece ad una guerra da
esportare in Iraq. Siamo molto preoccupati dell'atteggiamento
dell'esercito. Ancor più tragico è che ci sono forze kurde in Iraq che
invitano la Turchia a una guerra. Tutto ciò ci preoccupa molto. Ma noi
non vogliamo perdere la nostra fiducia perché vogliamo che la pace un
giorno fiorisca su questa terra e che turchi e kurdi possano vivere
insieme pacificamente con le loro identità ".
MKM, Centro Culturale della Mesopotamia (28 gennaio)
E' una delle due sedi del Centro culturale della Mesopotamia in
Istanbul. Nell'altra - apprendiamo - stanno attualmente svolgendosi le
lezioni di lingua kurda ai bambini, una lingua che non potranno parlare
all'esterno.
Il Centro è un grande appartamento, di cui due sale hanno la porta
sigillata: la sala della cultura cinematografica e la sala della cultura
musicale. Di recente hanno avuto la visita della polizia che ha posto i
sigilli a questi due locali.
Partecipazione al Congresso del TUAD-DER (28 gennaio)
2* Congresso ordinario. Abbiamo i biglietti d'invito personali ricevuti
da Tuad per partecipare al congresso e portare il saluto. All'esterno
della sala troviamo un nutrito schieramento di polizia: ci
perquisiscono, ci controllano i documenti, ci vietano di fotografare e
di registrare e di parlare. Vogliono anche la lista dei nostri nomi.
L'avv. Mehmet Erbil fa il suo discorso di dimissioni da presidente :
"E' un momento difficile a causa di coloro che non vogliono la pace. Non
abbiamo avuto quello che speravamo sul piano dei diritti umani. Il
governo ha fatto un passo avanti e tre passi indietro. Ci sono delle
forze che provocano; noi non ci battiamo solo per l'ingresso in Europa
ma soprattutto per i diritti della persona, i diritti delle minoranze
che sono imprescindibili. Noi siamo per una federazione di popoli anche
negli stati del Medio Oriente seppure questo discorso può apparire oggi
quasi utopistico".
Partecipazione al Congresso del KESK,
sindacato del pubblico impiego (28 gennaio)
Raggiungiamo il Kesk mentre è in corso il congresso, affollatissimo.
Riusciamo a parlare un poco e la conversazione inerisce soltanto gli
affidi in corso con Alessandria. Da parte di Kesk si assicura la
preparazione e l'invio ad Alessandria, in tempi brevi, della lettera di
rendicontazione.
L'incontro con il KESK, che è stato il primo interlocutore con cui il
Comitato Verso il Kurdistan ha sviluppato il proprio progetto di affidi
verso i detenuti e le loro famiglie (poi estesosi alla collaborazione
con altre associazioni, tra cui Goc-Der, l'IHD e le associazioni dei
familiari dei detenuti, Tuad) ci riconduce al tema di come rendere
operativa la solidarietà di fronte alla repressione. Concludiamo perciò
la relazione di questa nostra delegazione con una invito a coloro che
volessero offrire il proprio contributo in tale direzione:
Per aderire al "progetto Affidi" del Comitato di Alessandria occorre
effettuare il 1* versamento e spedire la relativa ricevuta, unitamente
al tagliando di adesione, al seguente indirizzo :
Comitato Verso il Kurdistan - c/o CGIL - via Cavour 27 -15100
Alessandria.
Il versamento deve essere effettuato con le seguenti modalità:
Bonifico bancario sul conto intestato :
FILCEA CGIL, cod. ABI 1025 - CAB 10400 - n. 1000402675
presso l'Istituto Bancario S. Paolo di Torino - sede di Alessandria,
specificando come causale : "AFFIDAMENTO"
Per aderire all'analogo progetto denominato "Oltre il Bosforo, oltre le
sbarre" (promosso da: Amnesty International, Antigone, ARCI, Azad, FNSI,
ICS, Magistratura Democratica, Pax Christi), ci si può rivolgere
all'Associazione Azad, c/o Villaggio globale, Lungotevere Testaccio 1
Roma, tel-fax 06.57305132, e-mail : ass.azad@libero.it