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Un uomo, un voto. 15
UN UOMO, UN VOTO
Notiziario promosso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo per l'
immediato riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni amministrative a
tutti gli stranieri regolarmente residenti in Italia
n. 15 del 9 ottobre 2000
* A TUTTI
Un insensato ed ignobile status quo di apartheid elettorale nega in Italia
ad oltre un milione di persone un diritto fondamentale già riconosciuto in
molti altri paesi europei e sancito da convenzioni internazionali. A tutti
chiediamo di fare qualcosa. Un uomo, un voto.
* PROPOSTA DI LETTERA DA INVIARE A GOVERNANTI E PARLAMENTARI
Egregi signori,
a) la Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio 1992 sulla partecipazione
degli stranieri alla vita pubblica a livello locale prevede al capitolo C il
diritto di voto (elettorato attivo e passivo, ovvero la facoltà di eleggere
e di essere eletto) nelle elezioni locali per ogni straniero residente;
b) in altri paesi europei tale diritto è garantito da vari decenni;
c) dal 1996 anche in Italia vi sono già degli stranieri residenti che
godono, come è giusto, del diritto di voto per le elezioni amministrative:
tutti quelli provenienti da paesi della Comunità Europea (e tale
riconoscimento del diritto di voto non ha richiesto alcuna modifica
costituzionale);
d) la bozza definitiva di quella che poi divenne la legge 40/98 prevedeva il
diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutti gli stranieri
residenti, e solo nell'ultima fase immediatamente antecedente l'approvazione
della legge tale ragionevole e doverosa norma fu proditoriamente e
vergognosamente cassata;
e) non vi è dubbio che non occorre affatto modificare la Costituzione per
riconoscere finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a
tutti gli stranieri legalmente residenti;
f) è sufficiente una legge ordinaria.
Vi chiediamo pertanto di adoperarvi affinché cessi questa sorta di apartheid
elettorale, affinché a tutte le persone legalmente residenti in Italia sia
finalmente riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni amministrative.
"Un uomo, un voto" è stato lo storico motto del movimento antirazzista
sudafricano che Nelson Mandela ha guidato alla vittoria, per il suo popolo e
per l'umanità intera; facciamolo valere anche in Italia.
Cessi l'apartheid elettorale, sia riconosciuto finalmente il diritto di voto
nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti in Italia.
In attesa di un cenno di riscontro,
distinti saluti
Firma
Luogo e data
* MATERIALI: DA UNA LETTERA A TIZIANO TISSINO
[Il testo seguente è estratto da una lettera inviata mesi fa a Tiziano
Tissino, dei Beati i costruttori di pace e della Rete di Lilliput, ed è
frutto della sua richiesta e della sollecitazione ricavata dal suo
notevolissimo documento preparatorio su conflitti e migrazioni per l'
incontro nazionale della rete di Lilliput svoltosi nei giorni scorsi. Il
testo integrale della nostra lettera è disponibile nel sito della Rete di
Lilliput]
Tiziano carissimo,
ho riletto con attenzione il documento preparatorio che mi hai inviato e mi
sono confermato nell'opinione che esso sia molto buono, utile e stimolante.
E lo sto anche segnalando e facendo girare tra alcuni amici.
Così come mi avevi chiesto, ti mando qualche considerazione ulteriore che
forse può essere utile per sviluppare o articolare la riflessione su punti
specifici.
In questa lettera mi limito ai temi connessi a) alla lotta contro i poteri
criminali; e b) alla solidarietà con le sorelle e i fratelli migranti (...).
1. Globalizzazione e poteri criminali
E' una questione alla quale io attribuisco grande importanza, poiché a me
sembra evidente come della globalizzazione i principali beneficiari siano
proprio i poteri criminali uno dei cui maggiori problemi è come reinvestire
le ricchezze acquisite con le varie attività illecite. La globalizzazione
viene loro incontro con un triplice aiuto: a) favorendo il riciclaggio dei
proventi illeciti in investimenti nell'economia legale; b) scardinando gli
assetti giuridici e politici fondati sul diritto e la democrazia; c)
avvantaggiando tutte le concrezioni di potere politico-economico-militare (o
di "signoria territoriale") ordinate all'accumulazione del capitale ed all'
esercizio della violenza in danno dei lavoratori e delle popolazioni.
Sic stantibus rebus, impegno per la pace e la dignità umana, opposizione
alla globalizzazione neoliberista, e lotta contro i poteri criminali,
vengono in sostanza a coincidere necessariamente (pur mantenendo ovviamente
specifiche caratteristiche e peculiari articolazioni).
Ad integrazione di questo ragionamento:
1.1. Allego uno stralcio della sintesi del mio intervento alla
conferenza-dibattito su "La sfida della solidarietà internazionale nell'
epoca della globalizzazione", svoltasi a Celleno (VT) il 15 luglio 2000 [la
sintesi dell'intero intervento è in qualche mailing list di Peacelink, mi
pare in quella sulla "Cooperazione"]:
. in quanto la globalizzazione travolge gli istituti politici e giuridici
democratici (la legalità, l'universalità dei diritti, gli impegni di
solidarietà e i diritti di libertà), istituti fondati sugli stati nazionali
e sulle istituzioni internazionali da essi promosse; ed in quanto l'
ideologia del mercato come unico regolatore della società, della produzione
e della riproduzione sociale, devasta la dignità umana, riducendo l'intera
umanità a duplice esercito di forza-lavoro e consumatori, interamente
asserviti al fine della massimizzazione del profitto attraverso un
saccheggio sempre più violento e sistematico ed irreversibile delle risorse
della biosfera; ne consegue che in tale contesto i poteri criminali assumono
una effettuale atroce e nichilistica egemonia planetaria.
Infatti i poteri criminali si trovano hic et nunc ad essere culturalmente ed
operativamente la punta di lancia del modello di sviluppo e del progetto di
ridisegnazione sociale e fin antropologica surdeterminati da e sussunti al
dominio materiale del capitale finanziario transnazionale (e dei suoi
apparati economici, manageriali e scientifici, politici e
militari -asservendo esso fin gli stati ai suoi propri fini-) ed al dominio
ideologico del cosiddetto "pensiero unico" (quell'ideologia
totalitaria -veicolata da un potere mass-mediale sempre più decisivo e
pervasivo- che nega di essere ideologia dichiarando la fine delle ideologie,
e che si pretende dogmatica verità oggettiva, cogente ed irrefutabile, che
legittima la persecuzione e l'eliminazione di chi ad essa oppone un diverso
sentire e pensare ed agire).
Conquistati i mercati più redditizi (non solo l'economia illegale, ma
attraverso il reinvestimento di quote rilevanti del profitto dedotto dalle
attività illegali più redditive invadendo porzioni crescenti dell'economia
legale, forti anche dell'uso nelle relazioni e transazioni economiche dell'
esercizio della violenza sottratto al monopolio statale -o dai poteri
statuali ricevuto ed assunto in una sorta di scellerato "subappalto"),
lanciati ormai alla conquista della stessa gestione diretta del potere
politico di interi stati (si pensi ad esempio ai molti paesi dell'est
europeo, in cui le mafie si stanno o sono già saldamente insediate al potere
non solo economico, ma politico e militare; si pensi ai "narcoregimi" ed
alle "democrature" che governano vaste aree del pianeta), i poteri criminali
non sono una patologia del capitalismo finanziario mondializzato, bensì il
suo cuore pulsante ed il suo braccio armato che sta aggredendo e divorando
la democrazia, la civiltà giuridica, la civiltà tout court.
1.2. Allego anche uno stralcio di una mia recensione a Jean Ziegler, Les
seigneurs du crime, Seuil, Paris 1999 [il testo integrale è nella scheda su
Ziegler nella mailing lista "mafia" di Peacelink]:
Ziegler caratterizza i gruppi criminali organizzati come capaci di combinare
tre modelli organizzativi: a) "un cartello criminale è innanzitutto una
organizzazione economica, finanziaria, di tipo capitalistico, strutturata
secondo gli stessi parametri di massimizzazione del profitto, di controllo
verticale e di produttività come qualunque normale e legale società
multinazionale industriale, commerciale o bancaria"; b) "Contemporaneamente
è una gerarchia militare. La violenza è alla base di ogni organizzazione
criminale. Una violenza spesso estrema, interamente sussunta alla volontà di
accumulazione di ricchezza, di dominazione del territorio e di conquista dei
mercati"; c) "Il terzo modello organizzativo cui fa ricorso il cartello
criminale è la parentela, il clan, la struttura etnica".
Tra le molteplici ragioni dell'enorme crescita dei poteri criminali Ziegler
ne sottolinea due: la prima: "la banalizzazione dell'atto criminale nel
nostro secolo"; la seconda: "la sua scarsa visibilità".
Ziegler analizza anche molto bene come e perché la globalizzazione favorisca
i poteri criminali; e come "il crimine organizzato privatizza lo Stato".
(.) In un denso capitolo dedicato ad illustrare come la globalizzazione
neoliberista favorisca i poteri criminali, Ziegler alle pp. 40-42 riporta
questo esperimento condotto nel 1996 da un redattore economico della rivista
"Facts" di Zurigo.
Il giornalista scelse a caso dieci tra i più prestigiosi studi legali
zurighesi, e facendosi passare per un uomo d'affari ceco, rappresentante di
un'impresa di Praga, chiese telefonicamente un incontro in giornata
raccontando che si trattava di vendere dell'osmio (materia altamente
tossica) da un'impresa russa ad una ceca senza che le autorità russe ne
venissero a conoscenza essendo colà proibita la commercializzazione dell'
osmio.
Nove studi legali su dieci ricevettero immediatamente il falso trafficante,
nessuno verificò seriamente le sue generalità, e poiché non disponeva di
documenti sull'origine dell'osmio, gli avvocati dovettero concluderne che si
trattava di materiale rubato. Nessuno batté ciglio; in maggioranza proposero
la creazione di una società off shore nelle isole Caiman; uno propose il
Liechtenstein, un altro propose di far transitare il denaro sul conto
bancario del suo stesso studio legale, un altro consigliò Panama; tutti si
fecero pagare l'abituale tariffa per l'ora di consultazione (alcuni
proposero diversi importi e modalità di pagamento per contribuire alla
realizzazione dell'operazione): il giornalista e falso trafficante ne
dedusse che per tutti loro si trattava di un affare del tutto ordinario.
(.) [Ziegler] muove da una considerazione ineludibile: le società
democratiche del nostro continente sono minacciate di distruzione da parte
dei poteri criminali; scrive l'autore: "i cartelli criminali costituiscono
lo stadio supremo e l'essenza stessa del modo di produzione capitalistico.
Beneficiano enormemente delle deficienze immunitarie della società
capitalistica contemporanea. La globalizzazione dei mercati finanziari
indebolisce lo Stato di diritto, la sua sovranità, la sua capacità di
risposta. L'ideologia neoliberale che legittima -peggio: che "naturalizza"-
il dominio globale del mercato, diffama la legge, debilita la volontà
collettiva e priva gli uomini della libertà di disporre del proprio destino"
.
1.3. Segnalo infine come particolarmente rilevante un saggio di Umberto
Santino, La mafia finanziaria, che apparso alla metà degli anni '80 mi
sembra ancora oggi una delle migliori messe a punto della questione. Il
saggio è apparso originariamente sulla rivista palermitana "Segno" nel
fascicolo n. 69-70 del 1986, ed è stato ripubblicato in Umberto Santino, La
borghesia mafiosa, Csd quaderni, Palermo 1994, alle pp.179-241; su Umberto
Santino cfr. la mia ricerca bibliografica ragionata nella mailing lista
"mafia" di Peacelink, nella stessa mailing list trovi anche una scheda sul
Centro Impastato di Palermo, che Umberto Santino dirige (la e-mail è:
csdgi@tin.it).
2. Una campagna contro la schiavitù in Italia
Mi sembra della massima urgenza contrastare qui e adesso la schiavitù di cui
sono vittima in Italia soprattutto donne e bambini immigrati; la chiave di
volta è offrire a tutte le persone vittime di schiavitù l'immediata
liberazione da parte dello Stato, il diritto di restare in Italia se
richiesto, piena accoglienza, una adeguata assistenza anche economica ed
abitativa per un periodo di tempo sufficientemente ampio, difesa da
eventuali rappresaglie per loro qui e per i loro parenti nei paesi di
provenienza. Questo intervento per liberare ed assistere le persone che in
Italia subiscono schiavitù lo Stato italiano lo deve compiere non come
regalo, ma come risarcimento per l'orrore che queste persone nel nostro
paese hanno patito; e non per mero umanitarismo ma per rispetto e vigenza
della legalità e dei diritti umani costituzionalmente garantiti per tutti.
Peraltro la Legge 40/98 lo prevede esplicitamente all'art. 16 (ora art. 18
del T. U. [D. Lgs. 286/98]).
A fianco a questo intervento primario e decisivo (cioè liberare,
accogliere, assistere e difendere le vittime), si deve realizzare un altro
intervento fondamentale, ovvero la lotta contro il racket schiavista ed i
suoi complici, lotta che va condotta non facendo ambiguamente perno sulla
legge relativa allo sfruttamento della prostituzione (che è inadeguata
rispetto al fenomeno che qui stiamo considerando, che è di vera e propria
schiavitù), bensì facendo perno sugli articoli 600-602 del Codice Penale
relativi appunto alla schiavitù. E tra i complici degli schiavisti ci sono
anche quegli operatori delle forze dell'ordine e della pubblica
amministrazione che vessano vieppiù le vittime invece di soccorrerle, ci
sono quelle ambasciate e quei consolati collaborazionisti con gli
schiavisti, ci sono anche i cosiddetti "clienti" acquirenti sia di beni
prodotti da persone schiavizzate, sia di prestazioni di servizi rese in
condizioni di schiavitù.
Ad integrazione di questo ragionamento:
2.1. ti rinvio alle varie cose scritte e diffuse dal "Centro di ricerca per
la pace" di Viterbo particolarmente dal 1998 in qua, ed in particolare al
notiziario della "Campagna contro la schiavitù in Italia" (gli ultimi due
fascicoli stanno nella mailing list "diritti umani" di Peacelink credo alle
date 31 luglio e 6 agosto -segnalo le date perché per errore anche il
notiziario "nei labirinti del silenzio" dell'8 agosto è stato titolato sulla
mailing list come "notiziario conto la schiavitù" cosicché si può ritenerlo
essere lo stesso testo del bollettino di due giorni prima, mentre si tratta
di due testi diversi). Se ti dovessero interessare posso inviarti per e-mail
anche i 12 fascicoli dello scorso anno.
2.2. ovviamente ti segnalo anche l'ottimo lavoro in questo ambito di don
Oreste Benzi e della Comunità Papa Giovanni XXIII.
3. La proposta di un servizio di trasporto pubblico per tutti i migranti che
vogliono entrare in Italia
Ho molto apprezzato quel passaggio, che ritengo fondamentale, del documento
preparatorio in cui si chiarisce come in relazione ai fenomeni migratori la
politica migliore (oltre che l'unica moralmente sostenibile) è quella di
consentire a tutti di entrare nel territorio italiano in condizioni legali.
Come sai, in queste ultime settimane sto particolarmente insistendo sulla
necessità che lo Stato si impegni a realizzare un servizio di trasporto
pubblico per i migranti che vogliono entrare i Italia, con il quale
intervento a) si salverebbero molte vite umane; b) si cancellerebbe ipso
facto un mercato illegale su cui oggi le mafie lucrano immense ricchezze.
Mi limito a rinviare ad alcuni testi, che già conosci, in cui argomento, sia
pur di scorcio, in merito: le due lettere aperte al Ministro dei Trasporti,
quella al Ministro della Solidarietà Sociale, quella all'Acnur, quella ai
capigruppo parlamentari [credo che i testi siano tutti in alcune delle
mailing list di Peacelink].
Vorrei aggiungere qui tre considerazioni per così dire di metodo:
3.1. è importante riuscire comunque almeno a porre la proposta nel dibattito
pubblico, poiché essa quantomeno apre uno spazio di riflessione non
subalterno ai deliri dei pistoleros che purtroppo affollano i banchi del
Parlamento;
3.2. essendo palese la ragionevolezza di tale proposta è necessario
cominciare a lavorare altresì sulla sua possibile traduzione legislativa ed
amministrativa: io vedrei bene puntare anche su un ruolo attivo degli enti
locali, valorizzando alcune fonti di diritto cogenti già in essere, e
puntando a costruire una sperimentazione e possibilmente una diffusa prassi
umanitaria delle istituzioni democratiche di base che abbia anche l'effetto
di costituire un esempio ed un pungolo per l'organo legislativo;
3.3. dovremo dar per scontato che in una prima fase i sostenitori del nostro
ragionamento si troveranno, ci troveremo, ad essere irrisi come utopisti e
peggio, ma già il vecchio Gandhi spiegava che questo è un passaggio
inevitabile per chi propone ragionevoli idee nonviolente (peraltro, in
questo caso, si tratta di una proposta non solo ragionevole, ma precisamente
necessaria e senza alternative: a meno che l'alternativa già scelta da
governo e parlamento sia esplicitamente quella di continuare a sterminare
senza pietà i migranti, in barba a quanto sancito dalla Costituzione della
Repubblica Italiana).
4. Diritto di voto per le elezioni amministrative
E' questione decisiva; da anni la ritengo di importanza fondamentale, ancor
più perché purtroppo oggi vari enti locali sono spesso autentiche palestre
di razzismo.
4.1. Non la faccio lunga perché posso limitarmi a rinviare al bollettino "Un
uomo, un voto" diffuso il primo agosto e recuperabile su una mailing list
(non ricordo quale) di Peacelink.
4.2. Segnalo inoltre la proposta di legge d'iniziativa popolare della rete
antirazzista su cui mi pare un paio d'anni fa si raccolsero le firme (senza
esito positivo, purtroppo).
4.3. Tra quello che gli enti locali potrebbero fare subito in questa
direzione, sia come esperienza concreta sia come pressione sul Parlamento, c
'è l'istituzione ovunque di consiglieri stranieri aggiunti, sull'esempio del
Comune di Nonantola (alla metà degli anni '90 riuscii a farla deliberare
anche dal Consiglio Provinciale di Viterbo, ma il Co.Re.Co. del Lazio ci
bocciò, con motivazioni invero palesemente pretestuose, quella delibera).
Una proposta in tal senso formulai di nuovo mesi addietro in un documento
inviato a vari interlocutori, senza esito; quel testo conto di ridiffondere
nel nuovo fascicolo del notiziario "Un uomo, un voto" che dovrei mettere in
rete a giorni; qui di seguito ne allego comunque un ampio stralcio:
"Alle coalizioni, le liste ed i partiti che ritengono di caratterizzarsi in
senso non razzista, formuliamo una richiesta precisa: che nel loro programma
elettorale [per le elezioni amministrative] inseriscano l'impegno ad
istituire la figura dei consiglieri stranieri aggiunti, come primo concreto
passo verso il riconoscimento del diritto di voto per tutti i residenti
nelle elezioni amministrative.
a) La proposta dei consiglieri stranieri aggiunti
Consiste nell'istituire e successivamente procedere all'elezione di
consiglieri stranieri aggiunti eletti direttamente dagli stranieri
regolarmente residenti nel territorio amministrato ai quali è tuttora
assurdamente negato il diritto di voto anche nelle elezioni amministrative,
nonostante in altri paesi europei esso sia acquisito da decenni, e
nonostante la Convenzione di Strasburgo sulla partecipazione degli stranieri
alla vita pubblica a livello locale del 5/2/1992 lo preveda esplicitamente
al suo Capitolo C -mai ratificato dal Parlamento italiano- (in Italia solo
gli stranieri residenti provenienti da paesi della comunità europea hanno il
diritto di voto amministrativo dal 1996).
Tali consiglieri stranieri aggiunti hanno il diritto di partecipare a tutti
i lavori dei consigli (circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali)
in cui sono stati eletti: partecipano ai lavori delle commissioni e dei
consigli, prendono la parola sulle proposte di delibera, sono titolari del
diritto di presentare interrogazioni, interpellanze, proposte di
deliberazione, e svolgono altresì ogni altro atto proprio del consigliere
eletto, ad eccezione del voto finale sulle proposte di deliberazione.
Tale esperienza è già in corso in Italia a partire dal Comune di Nonantola
(MO) dal 1994.
Noi proponiamo l'istituzione dei consiglieri stranieri aggiunti in tutti gli
enti locali come atto di rafforzamento delle istituzioni democratiche di
base, di progresso civile in sé, ed anche come azione propositiva e
sollecitatrice nei confronti del Parlamento affinché al più presto anche l'
Italia, come gli altri paesi europei che la hanno da tempo preceduta,
riconosca il diritto di voto per le elezioni amministrative a tutte le
persone legalmente residenti nel territorio amministrato dall'ente locale
per cui si vota.
b) L'obiettivo legislativo: il riconoscimento del pieno diritto di voto per
tutti i residenti stranieri nelle elezioni amministrative
Da tempo riteniamo che occorra un impegno comune di tutti i democratici per
un obiettivo limitato ma concreto, il cui conseguimento potrebbe a sua volta
produrre sviluppi assai rilevanti: il riconoscimento del diritto di voto per
le elezioni amministrative a tutti i residenti così da permettere al più
presto ad oltre un milione di immigrati residenti in Italia di far sentire
la loro voce come elettori e come eletti negli enti locali, così da poter
anche contribuire ad orientare in senso democratico l'azione delle
amministrazioni locali.
In Italia vi sono oltre 1.250.000 stranieri legalmente residenti. Con la
loro presenza, la loro umanità, essi contribuiscono all'economia, alla
cultura, alla vita civile di questo paese; ma a tutti loro è negato il
diritto di voto per le elezioni amministrative (con la limitatissima
eccezione di quelli provenienti da paesi membri dell'Unione Europea).
Per il diritto di voto nelle elezioni amministrative il Parlamento potrebbe
procedere con relativa celerità, essendovi riferimenti giuridici e
precedenti significativi. Il riferimento giuridico fondamentale è la
Convenzione di Strasburgo sulla partecipazione degli stranieri alla vita
pubblica a livello locale del 5/2/1992, che al capitolo C (ancora non
ratificato dal Parlamento italiano) prevede appunto il diritto di
voto -elettorato attivo e passivo- per le elezioni amministrative. In altri
paesi tale diritto è da tempo vigente; il caso forse più significativo è
quello dell'Irlanda, in cui tale diritto fin dal 1963 è riconosciuto a tutti
gli stranieri che ivi risiedono da almeno tre mesi. Il precedente
significativo fondamentale è il riconoscimento del diritto di voto
amministrativo per gli stranieri residenti provenienti da paesi membri dell'
Unione Europea, già in vigore in Italia dal 1996. Il significato politico
del riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni amministrative agli
stranieri residenti è evidente: un notevole rafforzamento della democrazia;
ed anche un rafforzamento ed una riqualificazione delle istituzioni
democratiche di base in quanto rese così più rappresentative. A ciò si
aggiunga che la presenza negli enti locali degli stranieri residenti porta
nelle istituzioni di base cultura, sensibilità ed impegno nella lotta al
razzismo ed alla discriminazione. Infine, ciò aiuterebbe a "mondializzare"
la coscienza e l'azione delle istituzioni democratiche di base, a dare loro
una corretta prospettiva, non rattrappita nel provincialismo, ma aperta
alle problematiche complessive che non possono essere delegate ai soli
governi nazionali ed alle sole istituzioni internazionali.
c) la prospettiva: costruire la nuova cittadinanza, passando dallo jus
sanguinis allo jus soli
Con l'istituzione, l'elezione e l'attività dei consiglieri stranieri
aggiunti pensiamo che si realizzino le premesse pratiche e gli esempi
persuasivi che possano indurre il Parlamento a legiferare al più presto il
recepimento del Capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 5/2/1992; e
con tale secondo passaggio riteniamo si costruiscano le premesse per
persuadere tutti della necessità ed opportunità che al più presto si vada ad
una riforma della cittadinanza passando dal criterio arcaico e patriarcale
dello jus sanguinis al criterio moderno e democratico dello jus soli, talché
la cittadinanza non si acquisisca pressoché solo "per diritto di sangue" ma
semplicemente e logicamente per diritto di residenza, ovvero di concreta
presenza sul suolo, sul territorio".
5. Alcune altre urgenze
I temi seguenti li enuncio semplicemente elencandoli poiché ritengo che su
questi vi sia già non solo una sensibilità ed un'informazione ampiamente
condivise, ma da anni varie esperienze di movimento più o meno collegate
(penso all'esperienza della rete antirazzista, ad esempio) ci stanno
lavorando:
5.1. Abolire i campi di concentramento (i "centro di permanenza temporanea
ed accoglienza" istituiti dall'art. 12 della L. 40/98, ora art. 14 del T. U.
[D. Lgs. 286/98]; una autentica mostruosità assolutamente antigiuridica ed
incostituzionale).
5.2. Denunciare l'illegalità costituzionale (e la disumanità sostanziale)
del "respingimento" (art. 8 della L. 40/98, poi art. 10 T. U. [D. Lgs.
286/98]); e quindi ovviamente cassare la norma relativa.
5.3. Contrastare la clandestinizzazione coatta (evidenziando altresì la
fallimentarità e l'autolesionismo anche per la pubblica amministrazione
della prassi sciagurata dei decreti di espulsione).
Ergo impegnarsi affinché si addivenga alla regolarizzazione di tutti gli
immigrati presenti, e per il futuro far entrare tutti in condizioni di
legalità; ovviamente si tratta quindi anche di cassare subito tutto il Capo
II del Titolo II del Testo Unico sull'immigrazione (D. Lgs. 286/98).
5.4. Ottenere finalmente il trasferimento delle competenze in materia di
immigrazione dalle questure ai Comuni.
Al riguardo a dire il vero gli enti locali potrebbero già attivarsi
valorizzando alcune competenze che hanno ed assumendo funzioni che
potrebbero avocare de facto (ad esempio attraverso gli assessorati ai
servizi sociali, che potrebbero svolgere lavoro di consulenza, sostegno e
disbrigo di pratiche anche nei rapporti con le questure). Un impegno in tal
senso degli enti locali sarebbe anche di stimolo alla necessaria ed urgente
modifica legislativa che riconosca l'illogicità di attribuire alle questure
tante competenze che stante l'organizzazione della pubblica amministrazione
in Italia è di tutta evidenza che sono i Comuni a doversene occupare (ma
naturalmente la situazione attuale discende da un preciso pregiudizio:
quello di trattare gli immigrati come "problema di ordine pubblico" invece
che come esseri umani; occorrerà certo esercitare un grande impegno di
sensibilizzazione e pedagogico per convincere i signori legislatori che
quegli esseri umani, anche se non hanno un passaporto di un paese dell'
Europa ricca, sono proprio dei veri esseri umani).
6. Rinegoziare accordi europei (non per debolezza ma per scelta di diritto)
Non vi è dubbio che affermare un punto di vista ed attuare una politica dell
'accoglienza che porterebbe l'Italia a svolgere conseguentemente un'azione
internazionale orientata alla effettiva promozione dei diritti umani, così
come delineata anche dai pochi interventi sopra proposti, implicherebbe una
denuncia e rinegoziazione di alcuni accordi in sede UE particolarmente
scellerati (Schengen e non solo). Ma è necessario, e sarebbe bene che l'
Italia lo facesse non a partire dal fatto che la sua collocazione geografica
la rende particolarmente atta ad essere punto di arrivo nell'Europa dei
ricchi per tanti poveri cristi, ma per una scelta di diritto, di civiltà
giuridica, di democrazia sostanziale, ovvero per l'affermazione del diritto
di tutti gli esseri umani a vivere una vita degna, per l'affermazione del
dovere di un ordinamento giuridico democratico a dare protezione a chiunque
gliela richiede, per l'affermazione di quel ragionamento di elementare buon
senso che Immanuel Kant svolge nel grande opuscolo Zum ewigen Frieden,
quando nel terzo articolo definitivo per la pace perpetua argomenta che
essendo il pianeta rotondo e quindi limitato, a nessun essere umano può
essere impedito di muoversi su di esso con la scusa che in un dato luogo vi
sono già degli altri, poiché se il mondo fosse infinito, una persona
potrebbe andare sempre più in là ove altri ancora non vi fossero, ma essendo
il pianeta limitato, quel disabitato "più in là" non c'è, e quindi ognuno ha
diritto di andare ovunque ed ovunque essere accolto, senza che gli si
impedisca l'accesso (temo di aver riassunto, facendolo a memoria, in modo
piuttosto impreciso). E Kant sottolinea che non è questione di filantropia,
ma di diritto.
7. Necessità di un atto di clemenza per gli immigrati detenuti
Mi permetto di aggiungere questa proposta (sulla quale da qualche anno cerco
di richiamare l'attenzione di istituzioni e media, poiché si tratta di una
situazione terribile e peculiare).
Chiunque abbia avuto in sorte di assistere a qualche processo ad immigrati
si sarà reso conto che il più delle volte quei dibattimenti sono delle
oscene farse in cui l'imputato è difeso da avvocati d'ufficio privi di ogni
scrupolo ed umana sensibilità e del tutto disinteressati all'esito del
procedimento, sovente all'imputato non è neppure ben chiarito di cosa lo si
accusi, ed i giudici comminano condanne con una stupefacente burocratica
brutalità che ricorda quella del magistrato evocato ad un punto de La peste
di Camus; a me personalmente è capitato di assistere in Corte d'Appello a
Roma a cose semplicemente ripugnanti, indegne di uno stato di diritto e di
un'aula di giustizia.
Credo di non sbagliare se affermo che la gran parte degli immigrati detenuti
si trovano in carcere: a) per non aver avuto un processo giusto con una
difesa adeguata; b) per aver commesso reati costretti da situazioni di
miseria e disperazione che un intervento ragionevole dei pubblici poteri
avrebbe potuto risparmiare loro (e qui penso ovviamente in primo luogo all'
abolizione della clandestinizzazione coatta delle persone; ed in secondo
luogo e conseguentemente all'intervento assistenziale minimo ma efficace che
i servizi pubblici sono in grado di garantire, anche già solo i servizi
sociali del Comune).
Naturalmente condivido altresì la richiesta di un atto di clemenza per tutti
i detenuti, come proposto opportunamente dal papa.
8. Aggiungo l'indicazione di alcune letture interessanti
8.1. Sul punto 1 oltre il saggio di Santino citato cfr. anche la scheda su
Violante nella mailing list "mafia" di Peacelink; e nel saggio di Marcos su
La quarta guerra mondiale è cominciata la "tessera" 4 (se non trovi il
testo, posso mandartela io per e-mail).
8.2. Sul punto 2 in volume: Pino Arlacchi, Schiavi, Rizzoli; Oreste Benzi,
Una nuova schiavitù, Paoline. Molti riferimenti utili sono nei fascicoli del
'99 del nostro notiziario contro la schiavitù in Italia.
8.3. Sui punti successivi sono fondamentali il Dossier statistico sull'
immigrazione curato annualmente dalla Caritas di Roma; il libro di
Alessandro Dal Lago, Non-persone, Feltrinelli; utili anche alcuni volumi di
Giorgio Agamben (Homo sacer, Einaudi; Mezzi senza fine, e Quel che resta di
Auschwitz, Bollati Boringhieri); un utile strumento di lavoro è ovviamente
il rapporto annuale di Amnesty.
8.4. Tra i libri che a me sembrano utili per una riflessione che consenta un
approccio corretto a questi temi: Primo Levi, I sommersi e i salvati,
Einaudi; Vandana Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Isedi; Emmanuel Lévinas,
Ethique et infini, Livre de poche (ma c'è anche una traduzione italiana);
Hans Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi; Virginia Woolf, Le tre
ghinee, Feltrinelli; Giuliano Pontara, Etica e generazioni future, Laterza
(cfr. anche la scheda su Pontara nella mailing list "pace" di Peacelink);
Francesco Gesualdi, Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli (ed
ovviamente anche gli altri testi prodotti da Francuccio e dal Centro Nuovo
Modello di Sviluppo); Wuppertal Institut, Futuro sostenibile, Emi; Giulio
Girardi, Gli esclusi costruiranno la nuova storia?, Borla. Segnalo anche il
testo di Enrique Dussel, quello di Enrico Chiavacci, quello di Alex Langer,
quello di Günther Anders, tutti collocati nella mailing list "pace" di
Peacelink.
8.5. Una bibliografia introduttiva minima sul razzismo: Laura Balbo, Luigi
Manconi, Razzismo. Un vocabolario, Feltrinelli, Milano 1993; Tahar Ben
Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani, Milano 1999; François
de Fontette, Il razzismo, Mondadori, Milano 1995; Albert Memmi, Il razzismo,
Costa & Nolan, Genova 1989; Fiorano Rancati, Annita Veneri, I segni dell'
offesa, Junior, Bergamo 1994; Pierre-André Taguieff, Il razzismo, Raffaello
Cortina Editore, Milano 1999; Teun van Dijk, Il discorso razzista,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1994; Michel Wieviorka, Il razzismo, Laterza,
Roma-Bari 2000. Cfr. anche il già citato libro di Alessandro Dal Lago,
Non-persone, Feltrinelli, Milano 1999; ed il classico volume di Hannah
Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunità, Milano 1996.
Mi fermo qui, e scusa se sono stato talora troppo prolisso, talora troppo
spiccio, e nell'un caso e nell'altro comunque frettoloso; è che ignorando se
la sessione dedicata a questi temi dell'assemblea nazionale della Rete di
Lilliput servirà anche per formulare proposte operative di merito e nel
dettaglio, ho buttato giù in questa lettera una sorta di panoramica su
alcuni temi che particolarmente mi stanno a cuore e sui quali da anni anch'
io come tanti altri cerco sia di richiamare l'attenzione di istituzioni e
mezzi d'informazione, sia di proporre la costruzione di un movimento e la
realizzazione di concrete esperienze; alcuni di questi temi sono ovviamente
patrimonio di tutti coloro che si occupano di immigrazione in una logica non
razzista: li ho richiamati ben sapendo che su essi c'è già l'impegno
generoso e la riflessione approfondita di tante e tanti.
* NOTIZIARIO MINIMO
Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo realizza anche altre tre
pubblicazioni diffuse per posta elettronica: "Nei labirinti del silenzio"
(un notiziario che, sia pure con lunghi periodi di latenza, accompagna il
nostro lavoro da venti anni a questa parte); "Contro la schiavitù"
(notiziario a sostegno della campagna per la liberazione delle vittime di
schiavitù in Italia e per abolire lo schiavismo, fiorente anche a causa
della complicità di massa e dei pubblici poteri); "La nonviolenza è in
cammino" (notiziario perché la nonviolenza divenga cultura e movimento
politico di massa per l'abolizione di eserciti e guerre, per un'umanità di
liberi ed eguali). Tutti questi notiziari possono essere richiesti
gratuitamente al nostro indirizzo di posta elettronica.
* Sono altresì disponibili gratuitamente le serie di schede da noi
realizzate utili per la formazione, la discussione e la lotta contro la
guerra e contro la mafia.
* E' disponibile altresì tutta la documentazione esenziale sull'azione
diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace" con cui lo scorso anno
furono bloccati per alcune ore i decolli dei bombardieri stragisti dalla
base militare di Aviano.
* BREVE NOTA SUL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico
contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha
coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora
detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il
primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della
dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in
Italia".
* I PRECEDENTI FASCICOLI DI "UN UOMO, UN VOTO"
possono essere letti rispettivamente il numero 1 alla pagina web
http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00230.html ; il numero 2 alla
pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00263.html ; il numero
3 alla pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00369.html ; il
numero 4 alla pagina web
http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00378.html ; il numero 5 alla
pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00382.html ; il numero
6 alla pagina web http://www.peacelink.it/webgate/dirittti/msg00386.html ;
il numero 7 alla pagina web
http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00389.html ; il numero 8 alla
pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00390.html ; il numero
9 alla pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00393.html ; il
numero 10 alla pagina web
http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00403.html ; il numero 11 alla
pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00406.html ; il numero
12 alla pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00410.html ; il
numero 13 alla pagina web
http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00414.html ; il numero 14 alla
pagina web http://www.peacelink.it/webgate/diritti/msg00416.html
UN UOMO, UN VOTO
Notiziario promosso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo
str. S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail:
nbawac@tin.it