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Un Uomo, un Voto



UN UOMO, UN VOTO

Notiziario promosso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo per
l'immediato riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni amministrative
a tutti gli stranieri regolarmente residenti in Italia

n. 1 del primo agosto 2000

I. EDITORIALE
Vi proponiamo un impegno comune per un obiettivo limitato ma il cui
conseguimento potrebbe a sua volta avere sviluppi assai rilevanti, essere
-come dice Myrdal- "processivo": il riconoscimento del diritto di voto per
le elezioni amministrative a tutti i residenti così da permettere al più
presto ad oltre un milione di immigrati residenti in Italia di far sentire
la loro voce come elettori e come eletti negli enti locali, così da poter
anche contribuire ad orientare in senso democratico l'azione delle
amministrazioni locali.
In Italia vi sono oltre 1.250.000 stranieri legalmente residenti. A tutti
loro è negato il diritto di voto per le elezioni amministrative (con la
limitatissima eccezione di quelli provenienti da paesi membri dell'Unione
Europea).
Per il diritto di voto nelle elezioni amministrative il Parlamento potrebbe
procedere con relativa celerità, essendovi riferimenti giuridici e
precedenti significativi.
Il riferimento giuridico è la Convenzione di Strasburgo sulla partecipazione
degli stranieri alla vita pubblica a livello locale del 5/2/1992, che al
capitolo C (ancora non ratificato dal Parlamento italiano) prevede appunto
il diritto di voto -elettorato attivo e passivo- per le elezioni amministrative.
Il precedente significativo è il riconoscimento del diritto di voto
amministrativo per gli stranieri residenti provenienti da paesi membri
dell'Unione Europea, già in vigore dal 1996.
* Per approfondire
Noi riteniamo, naturalmente, che bisogna altresì ottenere che si renda
possibile per tutti coloro che lo desiderassero anche l'acquisizione della
piena cittadinanza (ed a tal fine è certo fondamentale il cambio di
paradigma nella relativa legislazione, come da più parti indicato, passando
dallo jus sanguinis allo jus soli); ma è evidente che questo richiederà
tempi lunghi e un prevedibilmente incerto dibattito parlamentare.
Il diritto di voto per le elezioni amministrative è un obiettivo più
agevolmente e rapidamente conseguibile; ed è opportuno che esso si realizzi
per legge ordinaria e non per legge di modifica della Costituzione, poiché
qualora si perseguisse questa strada è dubbio che in Parlamento vi sia la
richiesta "maggioranza qualificata" su posizioni non razziste. Pertanto la
proposta di legge di iniziativa popolare promossa anni addietro dalla Rete
antirazzista costituisce tuttora un utile punto di riferimento.
La Convenzione di Strasburgo del 5/2/1992 (sulla partecipazione degli
stranieri alla vita pubblica a livello locale) al capitolo C stabilisce il
diritto di voto di tutti i residenti nelle elezioni amministrative. Tale
parte non è stata mai recepita nella legislazione italiana.
In altri paesi tale diritto è da tempo vigente; il caso forse più
significativo è quello dell'Irlanda, in cui tale diritto fin dal 1963 è
riconosciuto a tutti gli stranieri che ivi risiedono da almeno tre mesi (per
un quadro europeo cfr. la tabella in Caritas di Roma, Immigrazione, dossier
statistico '99, p. 157)
C'è ovviamente un problema ulteriore: da quanto tempo occorra essere
residenti per ottenere tale diritto; noi riteniamo adeguato un tempo breve,
pari a quello dei cittadini italiani che trasferiscono la residenza da una
ad altra città; il Consiglio d'Europa propone cinque anni di residenza
previa; abbiamo visto sopra che per l'Irlanda il periodo è di tre mesi; in
altri paesi (Danimarca, Svezia, Norvegia) il periodo è di tre anni.
Ma questo tema della lunghezza del periodo della residenza previa potrà
essere demandato al dibattito parlamentare ed alla capacità di intervento
dei movimenti democratici in quel momento e in quella sede; ciò che
soprattutto ci interessa adesso è promuovere una mobilitazione per ottenere
al più presto una legge che riconosca il diritto di voto amministrativo,
punto eluso (e quindi di fatto negato) dalla legge 203/94 che recepiva solo
i capitoli A e B della Convenzione citata; e nuovamente eluso (e quindi
nuovamente di fatto negato) dalla legge 40/98 (il diritto di voto
amministrativo, che in un primo tempo era previsto venisse inserito nella
legge, durante l'elaborazione della legge veniva stralciato e demandato ad
altro apposito provvedimento che ovviamente non ha mai visto la luce).
Teniamo comunque a ribadire che a nostro parere un periodo previo di sei
mesi di residenza dovrebbe essere più che sufficiente per ottenere il
diritto di voto amministrativo laddove effettivamente si risiede.
* Alcune esperienze negli enti locali
Nel corso degli anni '90 le esperienze di apertura alla partecipazione alla
vita pubblica condotte da parte degli enti locali sono state numerose; due
forme soprattutto si sono date:
a) le consulte, composte da rappresentanti di istituzioni ed associazioni
presenti sul territorio, istituite per esprimere orientamenti e
raccomandazioni sugli specifici problemi incontrati dagli immigrati; 
b) i consiglieri stranieri aggiunti, che seppur senza diritto di voto
partecipano alle sedute ed intervengono alla discussione sia del consiglio
che delle commissioni dell'ente locale (esperienza pilota quella del Comune
di Nonantola, in provincia di Modena).
Mentre l'istituzione delle consulte non incontra particolari ostacoli
(sebbene subisca spesso ritardi burocratici ed una sorta di sabotaggio
strisciante), l'istituzione dei consiglieri stranieri aggiunti incontra
ostacoli non dappoco (è il caso della Provincia di Viterbo: che quando
deliberò in tal senso ha subito la bocciatura della deliberazione relativa
da parte del Comitato Regionale di Controllo).
La nostra opinione è che queste esperienze siano molto utili, pur con i loro
evidenti limiti (le consulte, ad esempio, sono spesso ghettizzate); ci
sembra pertanto che occorra puntare ad estendere le consulte in tutti gli
enti locali interessati dalla presenza di immigrati e che occorra
soprattutto promuovere la presenza di consiglieri stranieri aggiunti in
quegli enti locali nel cui territorio la presenza di immigrati sia
significativa (per quanto riguarda i Consigli Provinciali e Regionali:
ovunque), ciò anche come stimolo nei confronti del Parlamento.

* Il significato politico
Il significato politico di un milione di nuovi elettori non xenofobi è
evidente: un evidente rafforzamento della democrazia; ed anche un
rafforzamento ed una riqualificazione delle istituzioni in quanto rese così
più rappresentative.
A ciò si aggiunga che la presenza degli stranieri residenti negli enti
locali porta in essi enti locali cultura, sensibilità ed impegno nella lotta
al razzismo ed alla discriminazione.
Infine, ciò aiuterebbe a "mondializzare" le istituzioni democratiche di
base, a dare loro una corretta prospettiva, non più legata al più gretto
provincialismo, ma aperta alle problematiche complessive che non possono
essere delegate ai soli governi ed alle sole istituzioni internazionali.

* Piccola digressione sulla legge 40/98 e sull'atteggiamento dilatorio del
governo
Riteniamo che occorra contrastare i punti regressivi della Legge 40/98, che
purtroppo ci sono, e gravi: dall'abominevole istituzione dei campi di
concentramento -evidentemente del tutto incostituzionali ed antigiuridici-,
a tutta la parte concernente il respingimento e le espulsioni. Tali parti
devono essere cassate e sostituite con provvedimenti di opposta ispirazione,
ovvero coerenti con la Costituzione e con il rispetto dei diritti umani.
Ovviamente questo non significa che tutta la legge 40/98 è da buttare, al
contrario: ci sono varie parti molto apprezzabili ed è necessario battersi
affinché siano concretamente applicate.
Per quanto concerne il tema di cui qui ci occupiamo, nella Legge 40/98 si
stabilisce all'art. 7, comma 4, lettera d (poi trasfuso nell'art. 9 del
Testo Unico, D. Lgs. 286/98) che tutto è legato alla "carta di soggiorno",
ma il conseguimento di essa è sottoposto ad una sorta di forche caudine e
comunque implica un quinquennio previo di residenza ed ancora una volta la
presentazione della richiesta alla Questura e non al Comune (quando si
cesserà di demandare i diritti civili degli immigrati ad una gestione
interamente poliziesca?). Ciò ci pare irragionevole, dilatorio, umiliante.
Così come è inaccettabile la tattica dilatoria del governo, che adducendo
penosi pretesti in questa legislatura ha impedito che si potesse varare con
legge ordinaria il riconoscimento tout court di un diritto di civiltà come
appunto l'elettorato attivo e passivo nella comunità in cui si risiede quale
forma principale e diritto essenziale di partecipazione alla vita politica a
livello locale, ed ha così imposto la prosecuzione di una sorta di
"apartheid elettorale".

* Il contributo degli enti locali
Gli enti locali possono dare un grande contributo: concretamente su questo
punto realizzando ovunque le esperienze delle consulte e dell'istituzione
dei consiglieri stranieri aggiunti; premendo sul parlamento e sul governo
affinché si legiferi il riconoscimento del diritto di voto per tutti i
residenti;  e mettendo a disposizione diritti e risorse per tutte le persone
residenti nel territorio da loro amministrato, ed in particolare con azioni
positive di promozione dei diritti degli immigrati.
Inoltre gli enti locali poi potrebbero condurre con grande efficacia la
lotta contro la schiavitù e per liberare ed assistere le vittime; inoltre
potrebbero impegnarsi con decisione per ottenere il trasferimento delle
competenze in materia di immigrazione dalle questure ad essi enti locali,
come sarebbe logico e conforme ai principi costituzionali ed al nostro
ordinamento giuridico ed amministrativo.
Gli enti locali potrebbero dare un grande contributo di democrazia e di
civiltà affinché si passi dall'ideologico "problema dell'immigrazione" ai
concreti problemi degli immigrati (e non "il problema dell'immigrazione")
rispetto a cui le istituzioni devono intervenire non con gli strumenti e la
logica del cosiddetto "ordine pubblico", con psicosi da fortezza assediata,
con atteggiamento di ostilità; ma per costruire e promuovere solidarietà e
diritti sociali , cittadinanza e democrazia, civile convivenza e dignità umana.

* E' un obiettivo realistico?
Noi crediamo di sì; e comunque è necessario per contrastare il razzismo che
soprattutto negli enti locali e nei mass-media si incista.

* Come condurre questa campagna: iniziative possibili
Noi pensiamo ad una ripresa di iniziative per questo preciso obiettivo del
riconoscimento subito del diritto di voto amministrativo a tutti i
residenti, articolata ad esempio come segue:
a) lettere ai mass-media;
b) diffondere materiale informativo su internet;
c) invitare all'impegno gli enti locali;
d) invitare all'impegno parlamentari sensibili;
e) iniziative pubbliche;
f) coinvolgimento di altri soggetti sia istituzionali che associativi a
sostegno della proposta.

* Come condurre questa campagna: alcune precisazioni opportune
Come "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo non ci interessa fare un
coordinamento in più, un'ennesima struttura nazionale, né una lobby.
Nel rispetto del modo di organizzarsi e di agire di tutti i nostri
interlocutori, noi abbiamo fatto delle scelte che ovviamente non intendiamo
imporre ad alcuno ma alle quali intendiamo per quanto ci riguarda restare
fedeli: non accettare finanziamenti pubblici (e neppure privati, che non
siano di persone che concretamente lavorano con noi: siamo una struttura
integralmente autofinanziata), non dipendere da altre organizzazioni; non
ammettere condotte e atteggiamenti non limpidi. Il nostro basilare punto di
riferimento teorico-pratico è la scelta della nonviolenza, con tutte le sue
implicazioni.
Ne consegue che le nostre campagne sono lente, gestite con risorse scarse,
senza sovrapposizioni o confusioni; ed anche senza pretese di esclusiva.
Alle persone, i gruppi, i mezzi d'informazione che fossero d'accordo con
questa proposta chiediamo di voler autonomamente intraprendere le iniziative
che riterranno onestamente e ragionevolmente utili allo scopo, evitando
quindi atteggiamenti strumentali, equivoci, settari o autopromozionali.
Ovviamente, se vi impegnate in questa iniziativa (e sappiamo bene che molti
altri si stanno battendo da molti anni per questo obiettivo con grande
lucidità e generosità), ci farebbe piacere sapere cosa state facendo e
ricevere il materiale da voi prodotto.

II. MATERIALI

II.1. Una lettera ad alcuni parlamentari del 6 novembre 1999
Ad alcuni parlamentari impegnati per i diritti umani e la democrazia
Proposta di un impegno legislativo affinché a tutti gli stranieri residenti
in Italia sia finalmente riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni
amministrative
Un obiettivo minimo ma essenziale, ed immediatamente praticabile:
- ratificando finalmente il capitolo C della Convenzione di Strasburgo del
5/2/1992;
- estendendo a tutti gli stranieri residenti in Italia il diritto già
riconosciuto dal 1996 a quelli provenienti da paesi membri dell'Unione Europea.
Cari amici, egregi signori,
vi proponiamo di impegnarvi per un provvedimento legislativo da anni atteso:
il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni amministrative a tutti
i residenti così da permettere al più presto ad oltre un milione di
immigrati legalmente residenti in Italia di far sentire la loro voce come
elettori e come eletti negli enti locali, così da poter anche contribuire ad
orientare in senso democratico l'azione delle amministrazioni locali.
In Italia vi sono oltre 1.250.000 stranieri legalmente residenti. Con la
loro presenza, la loro umanità, essi contribuiscono all'economia, alla
cultura, alla vita civile di questo paese; ma a tutti loro è negato il
diritto di voto per le elezioni amministrative (con la limitatissima
eccezione di quelli provenienti da paesi membri dell'Unione Europea).
Per il diritto di voto nelle elezioni amministrative il Parlamento potrebbe
procedere con relativa celerità, essendovi riferimenti giuridici e
precedenti significativi.
Il riferimento giuridico fondamentale è la Convenzione di Strasburgo sulla
partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale del
5/2/1992, che al Capitolo C (ancora non ratificato dal Parlamento italiano,
poiché la legge 203/94 ha ratificato i soli Capitoli A e B) prevede appunto
il diritto di voto -elettorato attivo e passivo- per le elezioni
amministrative. In altri paesi tale diritto è da tempo vigente; il caso
forse più significativo è quello dell'Irlanda, in cui tale diritto fin dal
1963 è riconosciuto a tutti gli stranieri che ivi risiedono da almeno tre
mesi (per un quadro europeo cfr. la tabella in Caritas di Roma,
Immigrazione, dossier statistico '99, p. 157).
Il precedente significativo fondamentale è il riconoscimento del diritto di
voto amministrativo per gli stranieri residenti provenienti da paesi membri
dell'Unione Europea, già in vigore in Italia dal 1996.
Il significato politico
Il significato politico del riconoscimento del diritto di voto nelle
elezioni amministrative agli stranieri residenti è evidente: un notevole
rafforzamento della democrazia; ed anche un rafforzamento ed una
riqualificazione delle istituzioni democratiche di base in quanto rese così
più rappresentative.
A ciò si aggiunga che la presenza come elettori e come eletti negli enti
locali degli stranieri residenti porta nelle istituzioni democratiche di
base un incremento di cultura, sensibilità ed impegno nella lotta al
razzismo ed alla discriminazione.
Infine, ciò aiuterebbe a "mondializzare" la coscienza e l'azione delle
istituzioni democratiche di base, a dare loro una corretta prospettiva, non
rattrappita nel provincialismo, ma aperta alle problematiche complessive che
non possono essere delegate ai soli governi nazionali ed alle sole
istituzioni internazionali.
La questione del periodo previo
E' nostra opinione che sarebbe altresì opportuno che il periodo previo di
residenza per ottenere l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni
amministrative non sia particolarmente prolungato (il periodo di cinque
anni, come nella proposta del Consiglio d'Europa, a noi sembra decisamente
eccessivo); a noi pare che sei mesi di residenza legale costituiscano un
lasso di tempo adeguato.
Fare un primo passo
Noi crediamo che sia opportuno un provvedimento legislativo ad hoc di
ratifica del Capitolo C della Convenzione del '92 e quindi di immediato
riconoscimento del diritto di voto per le elezioni amministrative; temiamo
infatti che se si intende procedere ad una legge globale che includa anche
la ridefinizione dei criteri di acquisizione della cittadinanza (legge che
pure ovviamente auspichiamo) si corra il rischio di un rinvio sine die della
questione. Ci sembra ragionevole quindi sollecitare il Parlamento a compiere
subito e senza esitazioni questo primo passo.
Ci sarebbe gradito sapere quale sia il vostro parere al riguardo, ed ancor
più ci sarebbe caro che voi assumeste in Parlamento un impegno ed
un'iniziativa in tal senso.
Cordialmente,
per il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, il responsabile: Peppe Sini
Viterbo, 6 novembre 1999

II.2. Un appello dell'11 marzo 2000
Un uomo, un voto
Si riconosca subito il diritto di voto per le elezioni amministrative a
tutti i cittadini stranieri legalmente residenti in Italia
Cessi immediatamente l'apartheid elettorale nel nostro paese
"Un uomo, un voto": è lo storico obiettivo delle lotte per la democrazia.
"Un uomo, un voto": è stato il motto del movimento che ha sconfitto il
regime della segregazione razziale in Sudafrica.
"Un uomo, un voto": per affermare che ogni essere umano è portatore di diritti.
"Un uomo, un voto": per opporsi ad ogni forma di discriminazione, di
persecuzione, di razzismo, di apartheid.
"Un uomo, un voto": perché la democrazia e i diritti umani devono valere per
tutti gli esseri umani.
"Un uomo, un voto": oggi, in Italia, sia riconosciuto immediatamente il
diritto di voto per le elezioni amministrative a tutti i cittadini stranieri
legalmente residenti nel nostro paese.
"Un uomo, un voto": tutti i diritti umani per tutti
Appello promosso dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax 0761/353532
Viterbo, 11 marzo 2000

III. BREVE NOTA SUL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico
contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha
coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora
detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Alla metà degli
anni '90 il responsabile del Centro, allora consigliere provinciale di
Viterbo, promosse e fu relatore della deliberazione che istituiva i
consiglieri stranieri aggiunti presso la Provincia, delibera che non ebbe
realizzazione perché cassata dal Comitato Regionale di Controllo sulla base
di argomentazioni palesemente pretestuose.

UN UOMO, UN VOTO
Notiziario promosso dal Centro di ricerca per la pace
str. S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax 0761/353532