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Quinto giorno di sciopero della fame di Peppe Sini



Inviamo una dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la
pace" di Viterbo, Peppe Sini, giunto il 10 luglio al quinto e conclusivo
giorno di sciopero della fame in solidarietà con i detenuti, per un
provvedimento legislativo di umanità e di giustizia.


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Ai mezzi d'informazione

Dichiarazione di Peppe Sini al quinto e conclusivo giorno di digiuno di
solidarietà con i detenuti, per il ripristino della legalità costituzione e
dei diritti umani in Italia, per l'abolizione dei campi di concentramento,
per un provvedimento di clemenza e di giustizia verso chi soffre

Concludo oggi il mio digiuno di solidarietà con i detenuti.

Purtroppo le mie condizioni di salute non sono propriamente eccellenti e lo
sforzo di questi giorni mi ha molto debilitato, più rapidamente e più
profondamente di quanto prevedevo.

Col digiuno ho cercato di manifestare il mio scandalo e il mio dolore per
le abominevoli violazioni dei diritti umani che avvengono nel nostro paese.
Col digiuno ho cercato di esprimere il mio sostegno ai detenuti che in
queste settimane si sono impegnati manifestando in modo civile e
democratico il loro sostegno alla proposta del papa di un provvedimento
legislativo di clemenza, che meglio sarebbe dire: di umanità e di giustizia.

La condizione carceraria, che è sempre afflittiva ed intrinsecamente lesiva
della dignità umana, in Italia oggi viola brutalmente i fondamentali
diritti della persona umana.
E' lo stesso direttore dell'amministrazione penitenziaria a confermare ciò
che i detenuti ed il personale carcerario denunciano da tempo: condizioni
assolutamente invivibili, e -come tutti riconoscono- indegne di un paese
civile.
Le carceri si mostrano essere luoghi di tortura e palestre di violenza.

La Costituzione della Repubblica Italiana dispone che la pena debba esere
umana, e mirare al reinserimento nella società della persona detenuta.
Occorre l'impegno di tutti affinché sia così, affinché si inveri quanto
stabilito dalla legge fondamentale del nostro paese.
Occorre quindi per quanto possibile umanizzare la situazione carceraria, e
soprattutto moltiplicare e praticare sempre di più le misure alternative
alla detenzione. E' mio convincimento che occorra fare quanto è in nostro
potere affinché l'umanità riesca a "liberarsi dalla necessità del carcere".

Naturalmente questo significa anche un impegno più intenso di prevenzione:
ma la vera prevenzione contro la commissione di crimini e contro i poteri
criminali si fa dando dignità e diritti a tutti, assistendo chi ha bisogno,
consentendo a tutti una vita dignitosa, educando alla solidarietà ed alla
responsabilità, abolendo la povertà, difendendo l'ambiente, accogliendo
tutte le persone che chiedono aiuto.

Oggi invece in Italia egoismo e corruzione, cinismo e violenza, razzismo e
consumismo, sono il brodo di coltura in cui i poteri criminali ed i loro
complici divengono sempre più forti, sempre più ricchi, sempre più
compenetrati ed egemoni nel potere economico e nell'ideologia dominante.

Occorre che il Parlamento non perda altro tempo: che recepisca subito
l'appello del papa per un provvedimento legislativo di clemenza necessario
ed urgente.
Occorre che si  torni alla legalità costituzionale e che si promuova il
rispetto dei diritti umani.

Occorrono anche altri provvedimenti, sommamente urgenti:
- come l'abolizione dei campi di concentramento per gli immigrati
(strutture ignobili in cui sono recluse persone che non hanno commesso
alcun reato);
- come la lotta contro il racket schiavista e la liberazione delle vittime
cui lo stato deve garantire accoglienza, assistenza, diritti;
- come una politica di accoglienza per tutti gli immigrati, ed il sostegno
alla fuoriuscita dalla clandestinità coatta.

E ancora:
- come una profonda riforma della legislazione sulle tossicodipendenze, una
legislazione mostruosa che ha favoreggiato la mafia e distrutto tante vite;
- come un impegno legislativo contro le armi, la loro produzione, commercio
ed uso: le armi servono sempre per uccidere: meno armi significa meno
violenza e meno omicidi;
- come un impegno per garantire a tutti il diritto all'assistenza;
- come una politica internazionale non più di guerra e di rapina, ma di
cooperazione e di promozione della dignità umana.

Ed ancora:
- battersi nelle sedi internazionali per l'abolizione della pena di morte;
- abolire in Italia l'infamia dell'ergastolo;
- abolire nel concreto agire internazionale dell'Italia e delle istituzioni
sovrannazionali cui partecipa quella forma di massiva pena di morte che è
la guerra: la nostra Costituzione è chiarissima (art. 11: L'Italia ripudia
la guerra), e ne consegue che la partecipazione alla guerra dei Balcani
dello scorso anno è stato un crimine e che della Nato si dovrebbe chiedere
lo scioglimento in quanto tale struttura è del tutto confliggente con il
fondamento stesso del nostro ordinamento giuridico;
- ripudiando la guerra, come la legge fondamentale del nostro paese
stabilisce, deve conseguirne altresì disarmo e smilitarizzazione; e
ridefinizione della politica della Difesa nel senso della Difesa Popolare
Nonviolenta, l'unica coerente con i principi fondamentali della carta
costituzionale.

C'è molto, molto da fare: che il Parlamento sappia pur cominciare con un
atto di umanità e di giustizia, con un atto di clemenza che restituisca
speranza e diritto a chi ne è stato privato; con un atto di civiltà
giuridica che restituisca dignità all'organo legislativo; con un atto di
umanità che restituisca senso all'agire politico ed alla funzione
amministrativa; con un atto di giustizia che salvi molte vite umane in
estremo pericolo.

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 10 luglio 2000