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Terzo giorno di sciopero della fame di Peppe Sini



Vi inviamo un comunicato da parte del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo.


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Ai mezzi d'informazione

Dichiarazione di Peppe Sini al terzo giorno di digiuno di solidarietà con i
detenuti, per il ripristino della legalità costituzione e dei diritti umani
in Italia, per l'abolizione dei campi di concentramento, per un
provvedimento di clemenza e di giustizia verso chi soffre

Il disegno di legge governativo di cui riferiscono oggi i giornali, lo
trovo ripugnante. Gli elementi che lo caratterizzano sono: la volontà di
fare ancora altre carceri, e la crudeltà palesemente illegale e
potenzialmente assassina nei confronti degli immigrati.

Avevo sperato nelle scorse settimane che le istituzioni democratiche
sapessero accogliere l'appello del papa, sapessero ascoltare le
preoccupazioni del direttore dell'amministrazione penitenziaria, sapessero
dare una risposta umana ed utile alle voci ed alle attese dei detenuti. E
che volessero insomma prendere una posizione dettata se non dall'umanità,
almeno dal realismo; una posizione se non giusta, almeno ragionevole; una
posizione civile. Invece il governo propone più carceri, più violenza, più
disumanità: quale frutto pensano di ricavarne?

Ed a cercar di mascherare questa infamia, il primo ministro ammannisce
parole di miele su un quotidiano: è la sempiterna arte di Talleyrand,
l'ipocrisia di chi opera violenza ed inganno e frattanto replica
all'infinito il gioco di Tartufo. Come possono pensare che basti un
compiacente titolo di giornale per occultare la ferocia di provvedimenti
che mettono in pericolo la vita dei detenuti immigrati? disposizioni che
agli immigrati negano diritti basilari in uno stato di diritto? Il papa
chiedeva clemenza, il governo risponde con più carceri. Si chiedeva un
gesto di umanità, si risponde destinando risorse per maggiore segregazione,
ed emanando ordini e proclami per più ferocia, più matta bestialità.

Se le carceri "scoppiano" è perché troppe persone vi sono recluse: vogliamo
provare a ricominciare a ragionare sulla opportunità di trovare alternative
alla detenzione? Vogliamo riprendere il percorso proposto ed avviato dal
compianto Mario Gozzini? E vogliamo rileggere le sagge osservazioni di quel
vecchio appello di operatori sociali e militanti politici di altri tempi e
di altra tempra il cuo titolo suonava "Liberarsi dalla necessità del
carcere"? Vogliamo porci il problema di contrastare i poteri criminali in
modo efficace e limpido? Vogliamo cercar di salvare le vite di chi giunge
nel nostro paese fuggendo dall'orrore e di chi giunge nel nostro paese e
l'orrore vi trova? Vogliamo assumere una posizione coerente con la
Costituzione abolendo i campi di concentramento? Vogliamo contrastare gli
schiavisti? Vogliamo modificare radicalmente il quadro normativo vigente
sulle sostanze psicotrope che è servito ad arricchire la mafia ed ha
portato alla morte e alla galera tanti ragazzi? Vogliamo ripristinare la
legalità costituzionale, vogliamo rispettare finalmente i diritti umani in
Italia?

Ho sperato anche, nelle scorse settimane, che vi fosse, non dico una
insurrezione morale in favore del diritto, della civiltà, dell'umanità, ma
che almeno si manifestasse un consenso diffuso e persuaso alla ragionevole
proposta pontificia. Ed invece: apprezzamenti di circostanza e subito nuovi
proclami di morte, nuovi peana alla legge del taglione, nuovo rotolarsi nel
brago del mors tua, vita mea.

Si è tutti distratti da altro: ma non possono essere distratti quelli che
nei campi di concentramento, nelle galere, nella clandestinità, sotto il
racket schiavista, stanno morendo.

E se posso aggiungere un'ultima considerazione.
La mia voce è la voce di un senza potere: non siedo nei salotti o nei
parlamenti o nelle aule di giustizia o nei luoghi di culto, non ho trombe
né tamburi, né cineprese né rotative né le amicizie giuste nei posti che
contano. Ma sono un essere umano che vive in Italia e queste atrocità vede
accadere: e dunque posso, e quindi devo, esprimere la mia indignazione e la
mia sofferenza per quanto sta accadendo.
Non essendo riuscito a pensare di meglio lo sto facendo così: digiunando,
invero misera forma di solidarietà con le vittime.

Spero altri sappia fare di meglio.
Voglio sperare che molti altri vorranno esprimere, nelle forme civili,
democratiche, umane che sapranno trovare, un appoggio alla proposta papale
di un provvedimento legislativo di clemenza, una visibile e concreta umana
solidarietà agli esseri umani detenuti, e mi permetto di aggiungere: una
richiesta pressante affinché si aboliscano i campi di concentramento, un
impegno contro i poteri criminali e contro la schiavitù, un impegno di
accoglienza e di solidarietà per chi ne ha più bisogno; un impegno di
autentica legalità, di autentico diritto: quella legalità, quel diritto,
che per essere tale deve essere sempre lo strumento della difesa del debole
e non l'arma del sopruso del forte.

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 8 luglio 2000