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Intervento di Franco Barbero alla conferenza internazionale:"Diversità sessuale, intolleranza religiosa e strategie per il cambiamento" - WorldPride Roma 2000 - 3 luglio



Cari amici ed amiche di Viottoli,

quidi seguito potete leggere "DENTRO IL CAMMINO DI ABRAMO",
la relazione di Franco Barberoin occasione della Tavola rotonda sulla
situazione italiana, nell'ambito della conferenza internazionale "Diversità
sessuale, intolleranza religiosa e strategie per il cambiamento"
organizzata dalla Commissione internazionale per i diritti umani di gay e
lesbiche - Roma 3 luglio 2000.


Vi invitiamo anche a visitare le altre pagine dedicate al WORLD PRIDE ROMA
2000 sul nostro sito (http://web.tiscalinet.it/viottoli) su cui potete
anche trovare:
La Comunità cristiana di base di Pinerolo (appuntamenti, incontri, gruppi,
celebrazioni eucaristiche)Le nostre pubblicazioni (Viottoli  e i Quaderni)
e gli "Appunti di Viaggio"Il Gruppo donne della Comunità (notiziario
DonneCDB, Marcia mondiale delle donne nell'anno 2000, Convenzione
permanente di donne contro la guerra)Il Gruppo Guatemala "las Quetzalitas"
di Pinerolo (solidarietà con il Movimento dei ragazzi e delle ragazze di
strada del Guatemala), Il Gruppo Uomini di Pinerolo (Uomini in Cammino) che
proprio questa settimana inaugurano il loro nuovo sito Vi ricordiamo infine
che sul nostro sito potete anche leggere il commento alla lettura biblica
liturgica domenicale a cura di Franco Barbero.


Saluti


Associazione Viottoli - Comunit– cristiana di base
Gruppo Donne -- Gruppo Guatemala "Las Quetzalitas"
c.so Torino 288  10064 Pinerolo (To) -- tel. 0121322339 - 0121500820
viottoli.cdb@tiscalinet.it -- http://web.tiscalinet.it/viottoliVuoi
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indirizzo!!!


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Dentro il cammino di Abramo


Un balzo in avanti

Ho deciso di essere presente al GAY PRIDE fin da  oggi (la mia comunità
cristiana di base verrà sabato 8 luglio) perché ritengo che questa sia una
delle poche "convocazioni giubilari" - certo non indetta dal Vaticano - in
cui si coglie una portata di liberazione umana ed evangelica davvero
significativa.
Non mi stupisce più di tanto il fatto che i vertici gerarchici abbiano
ostacolato e tentato di screditare tale incontro. Né le recenti
dichiarazioni più morbide e tattiche di Civiltà Cattolica spostano di un
millimetro la sostanziale rigidità  e chiusura vaticana.
Questa opposizione può risultare di grande aiuto e favorire in molti
credenti un vero balzo in avanti: essi possono imparare a vivere la loro
fede senza alcun bisogno di riconoscimento o di benedizioni gerarchiche
anche dentro la chiesa cattolica.
La chiesa non è là dove c'é la gerarchia, ma dove si cerca, sulla strada di
Gesù, di accogliere e di compiere la volontà di Dio nel dialogo sincero,
nel rispetto reciproco, nell'accoglienza delle differenze che rendono più
ricca  e più viva la vita.
Semmai, in attesa che dalle strutture della chiesa, mediante un processo di
riconversione, scompaiano le gerarchie e fioriscano i ministeri, coloro che
nella chiesa cattolica rivestono funzioni direttive non potrebbero, anziché
fornire risposte e distribuire certezze (spesso scadute da un pezzo!),
imparare ad ascoltare e accogliere umilmente i germi di profezia e di
testimonianza che anche oggi nascono nel mondo, nelle varie comunità, nelle
persone?
Forse uno dei guai più tragici in cui è caduta la gerarchia vaticana sta
proprio nel fatto che su molti terreni, su molte questioni ha smesso di
interrogarsi. Quando si perde lungo il cammino l'arte di porsi domande si
corre il rischio di formulare come risposte la proiezione delle nostre
paure, dei nostri deliri di onnipotenza, degli interessi dell'istituzione
"vendendoli come Parola di Dio".
Nessuna retorica religiosa, nessuna sacra spettacolarità, nessuna politica
dei buoni sentimenti, nessuna esortazione populistica e nessuna orgia di
compassione e di carità possono sostituire questo atteggiamento profondo,
questo passaggio decisivo da una concezione dirigista-magisteriale ad una
pratica della compagnia umana ed evangelica che davvero cambierebbe il
volto della nostra chiesa.


Il fiorire di una profezia

Ci si può certo rammaricare della incredibile intolleranza di cui dà
spettacolo in questi giorni gran parte della gerarchia cattolica. Ma io
preferisco, pur consapevole che le metamorfosi del potere sacerdotale un
tempo "persecutore e arrostitore di eretici e streghe" non sono finite,
rallegrarmi dei segni di speranza e dei germi di giustizia che vedo fiorire
pur tra mille contraddizioni.
E' certamente vero: l'intolleranza nelle chiese non ha  mai finito di
manifestarsi. Nel recente incontro brasiliano su "AIDS e sfide per la
chiesa del Brasile" monsignor Lozano Barràgan, inviato  vaticano,  ha
dichiarato che i vescovi possono respingere candidati al sacerdozio che
risultino  sieropositivi. "Neppure persone con altri tipi di malattie
contagiose,  come la tubercolosi, la lebbra e il tifo possono entrare in
seminario perchè  c'è il rischio di contaminazione", ha affermato,
aggiungendo che sottoporre i seminaristi ai test dell'Hiv "non è
discriminazione. Discriminare è una cosa, selezionare è un'altra. Non tutte
le persone sono adatte a diventare sacerdoti". Quanto ai preti e ai
religiosi  portatori di Hiv, il rappresentante vaticano  ha consigliato di
valutare "se siano in condizioni di svolgere il loro lavoro". (Adista 24
giugno 2000).
Basti a segnalare  l'estraneità dal Vangelo, l'ipocrisia e l'arroganza di
simili posizioni il puntuale commento di mons. Pedro Casaldaliga: "Stiamo
tornando all'epoca dei lebbrosi dei tempi di Gesù" (El Paìs).
Ma è ancor più vero che questi giorni di GAY PRIDE, insieme a  tante altre
piccole  piccole iniziative, lacerano il tessuto di ipocrisia che il potere
vaticano, colpevolizzando l'amore omosessuale e lesbico e spingendo al
nascondimento, di fatto coltiva  e favorisce.
Questa volta forse il cammino di libertà avviene dall'agorà all'ecclesìa,
dalla piazza alla chiesa. Ma anche dentro la chiesa cattolica c'è fermento,
soffia vento di libertà. La teologa Elisabeth Schüssler Fiorenza coglie la
radice del comportamento vaticano: "La gerarchia è talmente disperata da
voler imporre giuridicamente ciò che non può argomentare teologicamente".
Possiamo capire la disperazione vaticana: vescovi che non si allineano
più, teologi e teologhe che si discostano radicalmente dagli ordini del
magistero, comunità religiose e superiori di congregazioni che prendono
distanza dalla morale sessuale ufficiale, sacerdoti che decidono percorsi
di vita e di  ministero fuori dalle regole della ubbidienza ecclesiastica,
suore che si ribellano, abati che rilasciano dichiarazioni in libertà,
studiosi che smascherano le menzogne della ufficialità cattolica... .
Una vera fioritura di libertà, ma che possono rallegrarsi i custodi
dell'inverno e i garanti della monocultura?
Si pensi alla vicenda dei due religiosi americani condannati dal Vaticano
per la loro attività pastorale con gay e lesbiche e al pieno appoggio che
essi hanno ricevuto da consorelle e confratelli.
Come non leggere in questa obbedienza all'evangelo che autorizza una netta
disobbedienza ecclesiastica il fiorire  di una profezia? Come non essere
pieni di fiducia nell'azione di Dio che smuove tanti cuori e tante energie?
La nuova obbedienza  all'evangelo è più libera, responsabile e consapevole.
Anziché disperdere energie in interminabili polemiche ecclesiali si punta a
costruire una spiritualità cristiana della gioiosa accoglienza di sè,
della gratitudine a Dio nella consapevolezza che l'amore omosessuale è un
Suo dono non meno di quello eterosessuale. Una spiritualità in cui si
dialoga e ci si confronta con tutti,  ma si obbedisce a Dio solo.


Dio fa uscire Abramo

In questa  spiritualità cristiana in cui  campeggia per ciascuno/a la
chiamata di Dio ad amare, anzichè cercare nascondigli, anzichè esaltare la
rinuncia all'amore secondo la propria natura e negarsi con un celibato
imposto o doversi  far  accettare con un matrimonio eterosessuale, gli
omosessuali e le lesbiche stanno compiendo il grande e benedetto cammino di
Abramo: "Abramo, vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di
tuo padre, verso il paese  che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo
e ti benedirò...e diventerai una benedizione... E in te saranno benedette
tutte le famiglie della terra". (Gen. 12,1-3). Mi piace leggere  questa
"partenza" di Abramo, questo suo uscire dal "nascondiglio" della propria
terra, cultura e gente come metafora e parabola dell'uscire allo scoperto
di molti  omosessuali e lesbiche.
Il "recinto" non promuove la vita. Occorre più spazio!  Ma per partire ci
vuole una decisione così coraggiosa  che la Bibbia la esprime plasticamente
nei termini di un duro ordine, di una "ingiunzione" ripetuta ben  tre volte
da parte di Dio. Più che di un invito pressante, qui si tratta  quasi di
una "cacciata", di una "espulsione". Abramo non partiva se Dio non lo
sradicava. Poi "Abramo partì". Ecco il "miracolo" di  cui siamo testimoni
oggi.  Mentre molti dicono e urlano "Abramo non partire!", gli omosessuali
e le lesbiche che diventano consapevoli del loro dono di Dio, della
chiamata, della vita più piena che sta davanti a loro..., partono ed escono
allo scoperto.
E Dio, come per Abramo,  è la loro compagnia.  Certo c'è subito chi si
separa da loro, ma il "paese" che  si apre davanti ai loro occhi  è
"numeroso come la  polvere della terra" (Genesi  13). Se la strada si fa
difficile occorre credere nella compagnia e nella promessa di  Dio: "Guarda
in cielo e conta  le stelle" (Genesi 15).
E' il  cielo, il sorriso di Dio, la sua mano amica che dà il coraggio di
partire,  che mette nel cuore voglia di libertà e di felicità, che fa
sentire l'amicizia, la solidarietà e il calore di tutti quegli uomini e
quelle donne che si decidono per un cammino umano in cui si diventi gli uni
per le altre una benedizione, rompendo quelle ipocrite perimetrazioni che
le culture del dominio e della  discriminazione hanno costruito.
Avete fatto bene, molto bene, ad iniziare ieri con il culto, con la
predicazione e l'ascolto della Parola di  Dio.
Non basta la nostra forza per certe decisioni. Abramo ce lo ripete oggi.
Tutta la vita  di Gesù lo manifesta: senza la forza che viene dalla fiducia
in Dio noi cristiani non possiamo compiere il cammino di liberazione.
La parola di Dio è "scatenata" perché non accetta di essere messa in
catene, ma  anche perché  dove Dio ci dona la Sua parola si rompono tante
catene.


Un Kairòs

La gerarchia vaticana e i credenti che oggi chiudono gli occhi di fronte a
questa "benedizione" e vogliono rinchiudere Abramo nel recinto di una
piccola area e impedirgli di inoltrarsi "gaiamente" per le vie  del mondo,
perdono  una occasione storica di conversione e di rinnovamento. Questo  è
un Kairòs, un'opportunità che Dio  ci offre per comprendere e vivere più
intensamente la nostra realtà di uomini e  donne e per rendere  più viva la
testimonianza al Vangelo del regno di Dio. Dio è bello, è amico della vita
e, ogni volta che noi ne facciamo il custode di un ordine ingiusto,
bruttifichiamo il Suo volto.
Diciamolo apertamente: quando omosessuali e lesbiche respingono le false
"alternative" del nascondimento, della negazione di sé o di una solitudine
forzata, essi diventano una benedizione che rallegra le loro vite, ma anche
una benedizione di cui abbiamo bisogno noi, di cui hanno bisogno le nostre
comunità cristiane, in primo luogo quelle cattoliche.
Quando si cercano  i sentieri dell'amore si diventa  sempre una benedizione
perché, per usare il linguaggio biblico, si vive nella benedizione, anzi si
vive della benedizione.


Dialogo e impegno

Quanta strada aperta davanti a noi! Da una parte occorre rimanere in
dialogo sincero e appassionato con tutte le componenti della nostra chiesa,
dall'altra è necessario  partecipare all'elaborazione di una teologia, di
una predicazione , di una pratica pastorale e di una catechesi comunitaria
che aprano i cuori e le menti sulla varietà  dei doni di Dio, sulla realtà
dell'amore omosessuale e lesbico senza il minimo cedimento alla cultura
della concorrenza con altre forme di amore. Questo è un compito comune che
già registra l'opera di molti teologi e teologhe e l'impegno di  molte
comunità per andare oltre le ambigue affermazioni del Catechismo della
Chiesa Cattolica. Così pure sarà  importante, a mio avviso, portare le
esperienze, i confronti e le prospettive che emergono da queste giornate
nella varie diocesi, nel tessuto delle chiese locali.
E  chissà che non possa nascere una lettera aperta ai fratelli e alle
sorelle della chiesa cattolica più che non solo alla gerarchia.
La mia speranza è che anche  questi momenti e questi giorni di proposta e
di dialogo diventino per noi e per tanti uomini e donne un appello ad amare
di più, a crescere nella solidarietà, a coltivare la tenerezza, a praticare
e diffondere percorsi di nonviolenza, liberi anche dalle fobie, dalle
ossessioni, dalle repressioni sessuali che concorrono anch'esse a chiuderci
in quell'isolamento e in quell'egoismo che tanto piace ai signori del
libero mercato.


Insieme

Il fatto che oggi diverse tradizioni si confrontino significa forse che,
dentro le varie tradizioni esistono non poche contraddizioni, ma
soprattutto significa che stiamo assumendo orizzonti, impegni e lotte
comuni sia pure con modalità e in contesti assai diversi.
Questo è fonte di grande gioia.


Gioia e fantasia

E finisco questo  mio saluto con una considerazione.
Penso che la gioia con cui si sta svolgendo questo GAY PRIDE abbia in sé
una forza "provocatoria" e propositiva notevole.
A molti piacerebbe vedervi tristi e penitenti: gementi e piangenti in
questa valle di lacrime!
Invece è la gioia e la fantasia che creano sentieri verso un futuro più felice.
Il cantare la vita  e l'amore non è "contro" nessuno, ma è invito rivolto a
tutti perché , nelle alterne vicende della vita, non accantonino mai la
gioia,  non dimentichino di danzare la vita, di rallegrarsi di ogni spazio
di libertà personale  e collettiva che cresce nelle vie del mondo.
Chi ha paura di questa gioia e di questa fantasia forse deve domandarsi se
davvero promuove la vita o  se difende un certo assetto di società e di
chiesa.
Insieme  omosessuali ed eterosessuali, e quante altre differenze popolino
la terra, ascoltiamo la Parola di Dio che ci invita a "scegliere la vita" e
leghiamoci in un forte patto di tenerezza per promuovere una cultura ed una
pratica dell'accoglienza reciproca.
Franco Barbero






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