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Minacce a Massimo Mele e assemblea 28 Giugno
Ritengo utile divulgare questa gravissima notizia che è un campanello
d'allarme sullo stato d'intolleranza nel nostro Paese.
Quando al dibattito e alle lotte politiche tra posizioni differenti,
che possono raggiungere anche momenti di durezza estrema, vanno a
sostituirsi le minacce personali, possiamo allora dire che il livello
civile e democratico di convivenza subisce un duro e gravissimo colpo.
Penso che tutti noi, cittadini democratici di questo Paese, dobbiamo
sentirci ugualmente feriti da un gesto che ci riporta indietro di molti
anni, e condannare fermamente chi di questo gesto si è reso responsabile.
Spero vivamente che le forze di Pubblica Sicurezza possano rapidamente
far luce sulla vicenda che colpisce un cittadino prima ancora che un
presidenza di un Circolo della nostra Associazione.
Rimane comunque l'amarezza di una cultura che non con gli argomenti, ma
con le minacce, vuole imporre la propria egemonia.
Franco Uda
Presidente Provinciale ARCI Sassari
Sassari, 29/06/'00COMUNICATO STAMPA
Oggetto: Minacce a Massimo Mele e assemblea 28 Giugno
Mercoledì 28 Giugno, in coincidenza con la giornata mondiale dell'Orgoglio
Gay e Lesbico, sono arrivate, tramite sms spediti dal sito "kataweb.it",
minacce di morte a Massimo Mele, presidente del Movimento Omosessuale
Sardo, a firma del gruppo neofascista "Forza Nuova". Benché non certa la
provenienza politica, i messaggi contengono nomi e fatti (alcuni accaduti
nel 1995) che solo poche persone conoscevano e che ci hanno quindi spinto a
ritenere veritiere le minacce. Si legge: "l'8 Luglio ad aspettare te e i
tuoi simili a Roma troverai noi camerati di FORZA NUOVA. Stiamo lucidando i
manganelli per massacrarvi tutti." E ancora: "Da stanotte guardati le
spalle e lascia la città subito. JUDEN RAUS!!! (ebrei fuori! ndr ). E
inoltre minacce e riferimenti ad altri/e compagni/e cittadini, anch'essi,
forse, nel mirino dei neofascisti.
La denuncia è stata già presentata ai Carabinieri e verrà inoltrata anche
alla Questura vista l'indicazione, sugli sms, della sede del MSI in viale
Umberto 88. In attesa di smentite ufficiali da parte di Forza Nuova e MSI
abbiamo comunque chiesto agli inquirenti vi indagare, attraverso il sito
web, sul computer di provenienza dei messaggi.
Benché in passato non ci siano mai state minacce così specifiche e
individuali, al M.O.S. non è la prima volta che giungono denunce per via
telefonica o, peggio, assalti alla sede o aggressioni alle persone.
Per informare su questo e soprattutto per un'azione di "controinformazione"
sul Pride e sui diritti civili il MOS e il circolo Borderline, con la
partecipazione di diversi cittadini/e, organizzano, per Venerdì 30 Giugno
dalle ore 17:30 in Piazza Castello e in tutto il centro cittadino, un
banchetto informativo con tutto il materiale riguardante il Pride di Roma e
la posizione del MOS. Al banchetto sarà anche possibile prenotarsi per
partecipare al corteo dell'8 Luglio con il gruppo di Sassari.
Info allo 079219024
Email borderline.ss@libero.it movimento.omosessual@tiscalinet.it
Da "L'unione Sarda" del 29/06/2000
Sassari. La delegazione cittadina pronta a partecipare alla manifestazione
dell'8 luglioMinacce sul Gay PrideLeader omosessuale nel mirino dei
neofascistiSassari «Scusate il ritardo, ero dai carabinieri». Massimo Mele,
segretario del Movimento omosessuale sardo e fondatore del circolo gay
cittadino, arriva al Borderline sventolando il foglio della denuncia. Sopra
ci sono dattilografate le minacce di morte che qualcuno ha inviato via
internet al suo telefonino: «Da oggi guardati le spalle e cambia città»,
gli consigliano, dandogli appuntamento a Roma per il Gay Pride per farlo
fuori «insieme ai tuoi amici» e concludendo con un classico «Juden raus».
«Perché mi diano dell'ebreo poi non lo capisco» scherza Mele, che a questo
punto di minacce e raid sta diventando quasi un collezionista, un po' come
tutti gli omosessuali del Borderline. Si va dal cassonetto catapultato giù
per la rampa d'ingresso per sfondare la porta, alle telefonate
intimidatorie, dal pestaggio di due anni fa ai blitz delle squadracce a
bordo di auto rubate. Ma questa raffica di messaggi («me ne hanno mandato
quindici in poche ore») un certo effetto lo fa, anche perché la firma è di
un'organizzazione neofascista.
Ce n'è abbastanza per rivolgersi ai carabinieri, insomma, ma certamente non
per rinunciare al Gay Pride. Dietro lo striscione col triangolo rosa
coronato di spine (slogan: «Duemila anni di resistenza») ci sarà anche la
delegazione sassarese. Non oceanica, a dire la verità: «Saremo venti: più
dell'anno scorso, ma ancora pochi. Il fatto è che da Sassari molti sono
andati via, tanti del gruppo che aveva fondato il Borderline sono a Londra,
in alta Italia, oppure a Berlino come me». Viviamo in una città omofoba?
«Mah, qualcosa è cambiato. Ora ogni tanto succede di vedere per strada due
gay che si baciano, oppure si tengono per mano. Lesbiche magari no, è
ancora molto difficile. Di omosessualità comunque si parla e si discute
molto di più. Però qui ci fermiamo. Ecco, forse il punto è che si parla di
omosessualità molto più di quanto poi la si viva, serenamente e alla luce
del sole. Bene o male i posti dove si può fare sesso esistono, senza
bisogno di venire allo scoperto e dichiararsi». Di fare outing, ovvero di
gridare ai quattro venti che il tale tutto casa e famiglia è omosessuale,
non se ne parla: «Non lo facciamo, o meglio lo faremmo solo se un
omosessuale non dichiarato che riveste un ruolo pubblico ci attaccasse.
Allora sarebbe giusto dire all'opinione pubblica che quel signore tanto
moralista è gay. Ma devo dire che non è mai successo».
Chi non se la sente resti pure nascosto. La pattuglia di chi invece non ha
nulla da nascondere ha già i biglietti pronti per la sfilata romana. Come
partiranno? In giacca e cravatta, come suggerisce qualcuno che ama la pace,
oppure in paillettes, come teme qualcun altro? «Francamente - risponde Mele
- non capisco chi dice di sfilare "ma senza eccessi", visto che siamo pur
sempre a Roma nell'anno del Giubileo. Non è una coincidenza, non abbiamo
cercato un posto che non desse fastidio a nessuno. Questa è una
manifestazione dell'orgoglio omosessuale, non una scampagnata. Noi andiamo
lì a esibire ciò che vorrebbero vietarci: il sesso, il corpo. E' naturale
che lo si faccia in modo provocatorio, ed è logico che si vada a farlo in
casa della chiesa cattolica, che ci ha sempre represso. E poi, a dirla
tutta, vedo molto più travestimento nelle processioni religiose che nelle
nostre sfilate. L'altro giorno ho visto passare i membri di non so quale
confraternita, tutti in tunica bianca con il cappuccio tipo Ku Klux Klan.
Veramente angoscioso».
Ma a parte le paillettes, quel che molti non capiscono è proprio
l'orgoglio. Orgogliosi di che? «Di essere come siamo e di esserne contenti.
L'orgoglio scatta in tutte le classi oppresse quando prendono coscienza di
esserlo. In Italia magari succede meno che altrove: l'anno scorso al Gay
Pride di Colonia c'erano 450mila manifestanti, a quello di Roma, che era
nazionale, eravamo 3500». L'orgoglio, anche quello gay, è una pianta
strana. Non bastano i decenni per farlo ingigantire. Ma non bastano neppure
le minacce al cellulare per sradicarlo.
Celestino Tabasso