[Diritti] ADL 170209 - Ricordando



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 9 febbraio 2017

  

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Ricordando Ernesto Rossi

(Caserta, 25 agosto 1897 – Roma, 9 febbraio 1967)

 

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Ernesto Rossi (a destra)

con Carlo Rosselli nel 1925

 

Firenze: L’attualità della cultura

politica di Ernesto Rossi (1897-1967)

Sabato 11 febbraio 2017, ore 16,30

Accademia di Scienze e Lettere “La Colombaria”

Via Sant'Egidio 23, 50122 Firenze

 

Intervengono

Andrea Becherucci Archivi Storici Unione Europea

Simonetta Michelotti Università di Siena

Zeffiro Ciuffoletti Università di Firenze

 

organizzato da:

Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini; 

Istituto storico della Resistenza in Toscana;

Circolo Fratelli Rosselli

 

http://circolorosselli.it/20170211_E.Rossi_invito Colombaria.pdf

 

Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

       

 

IPSE DIXIT

 

Chiedo - «Chiedo scusa per il disastro seguito a "Mani Pulite". Non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale.» - Francesco Saverio Borrelli

 

Non un ingenuo - «Bettino Craxi si assunse le sue responsabilità e de­nunciò in eguale misura quelle degli altri, aiutando così la nostra in­chiesta. E questo Craxi lo sapeva, non lo fece insomma a sua in­sa­puta, non era un ingenuo. Denunciò il sistema di Tangentopoli nell’aula del­la Camera e davanti ai giudici del tribunale di Milano. Gli altri invece hanno fatto gli ipocriti e hanno continuato a farsi i c... loro.» – Antonio Di Pietro

 

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Non fu rifatto, ma spogliato - «Nella vita di ciascuno e in quella dei popoli capita di ringraziare il cielo per una disavventura che si rivela benefica. Purtroppo succede anche che una speranza esaudita si rigiri in una grande delusione. Temo che il Trattato di Maastricht ap­partenga al secondo caso. Tra quanti lo accolsero con entusiasmo spic­ca­va la Lega Nord… non era un’infatuazione, era l’essenza della sua vocazione e del suo programma, pronta com’era a secedere dall’Italia pur di raggiungere l’Europa e magari fondersi con la Baviera… Oggi la stessa Lega fattasi nazionalista vuol portare tutta l’Italia fuori dal­l’eu­ro! Di tutt’altro avviso Bettino Craxi, che profetizzò: "Si parla del­l’Eu­ro­pa come di un paradiso terrestre: ci arriveremo al paradiso... nella migliore delle ipotesi sarà un limbo, nella peggiore un inferno". Ancor più pessimista Raul Gardini…: "Verranno giù, qui, nella nostra pia­nu­ra, i carolingi con le loro merci, le loro banche, il loro ordine teutonico e per noi non ce ne sarà più per nessuno". Ma Craxi e Gardini erano voci fuori del coro. Gli altri politici e gli altri industriali ancorché spa­ven­tati non fiatarono riserve né richieste di rinvii… Alcuni scom­mi­sero che i nuovi vincoli europei avrebbero costretto l’Italia a riformarsi, a mettere in regola bilanci e comportamenti. "Bisogna rifare lo Stato da cima a fondo", tuonava Cesare Romiti. Gli stessi e altri scommettevano di far tornare i conti approfittando dell’ondata di liberalizzazioni e di pri­vatizzazioni in arrivo. Cosa che puntualmente avvenne. A spese del­lo Stato che non fu rifatto, ma spogliato.» – Claudio Martelli

 

   

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

EDITORIALE

 

Un'Europa a due velocità

per fare la Difesa comune?

 

L'idea di un'Europa a due velocità, lanciata dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, è stata letta per lo più come prefigurazione di un continente a "cerchi concentrici", intesi questi come luoghi geopolitici di punti tutti equidistanti da un punto chiamato… Berlino. Ma, se così fosse, occorrerebbe anzitutto ripassare l'evoluzione del sentimento "europeo" nel corso di questi ultimi anni.

 

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La firma dei Trattati di Roma nella

Sala degli Orazi e Curiazi il 25.3.1957

 

1) La "lezione" impartita alla piccola Grecia (non da ultimo allo scopo di salvare esposizioni bancarie franco-tedesche) ci ha condotti a spen­de­re centinaia di miliardi in più rispetto a quelli necessari per un sem­pli­ce salvataggio, ma senza risolvere alcunché. Atene rischia tuttora di ca­dere fuori dall'euro. E questa UE a severa trazione tedesca ha rie­vo­cato ricordi. I quali ricordi, come si sa, sono della stessa sostanza dei sogni, e possono fare la differenza in certi referendum. Ed ecco – o sorpresa – la Brexit.

    2) La quale Brexit sta gettando il governo di Sua Maestà tra le braccia di The Donald, evoluzione facilitata dal comune sentimento di diffidenza verso la Germania sempre presente-latente nell'inconscio degli Anglo-Americani.

    3) L'austerità voluta da Berlino ha prodotto una vasta stagnazione continentale, decisamente positiva per i grandi avanzi della bilancia commerciale e i grandi patrimoni tedeschi (meglio tutelati, indubbia­men­te, dalla deflazione che non da una moderata inflazione). Ma questa austerità ha avuto effetti decisamente catastrofici su altri paesi dell'Eurozona; ha prodotto fiammate di populismi che varcano ormai un terzo dei consensi. Sicché adesso anche la Francia (Marine Le Pen) e l'Italia (Beppe Grillo) sono divenuti paesi a rischio d'uscita dall'Euro.

    4) Nonostante l'assicurazione fornita a suo tempo dal ministro degli esteri Hans-Dietrich Genscher a Mosca in cambio dell'ok russo al­l'uni­ficazione delle due Germanie sotto egida NATO – e cioè nonostante l'assicurazione per cui la NATO stessa non si sarebbe espansa a Est in funzione anti-russa – ciò nonostante, oggi l'Europa a trazione tedesca assiste in Ucraina a un'orribile guerra civile tra forze filo-Nato e forze filo-Russia. Sicché sulle prospettive di una triango­lazione europea "dall'Atlantico agli Urali" non c'è da stare molto allegri.

    Rebus sic stantibus, la prospettiva di un'Europa a due velocità a trazione tedesca si presenta ardua rispetto ai paesi mediterranei, verrebbe presumibilmente osteggiata dagli Anglo-Americani, e non susciterebbe grandi entusiasmi neppure da parte russa, a meno di miracoli diplomatici e, quindi, di generosi programmi di spesa keynesiana che unter den Linden appaiono al momento un tabù.

    Nonostante queste autolimitazioni geo-economiche e le recinzioni geopolitiche che ne sono derivate (a Ovest, a Sud e a Est), l'aspirazione di Angela Merkel d'inaugurare un gruppo di testa a guida tedesca nella logica delle due velocità, potrebbe pur sempre aggregare cinque-sette paesi vicini della Germania ed economicamente virtuosi. Questo "gruppo" potrebbe assommare una popolazione di circa 140 milioni di abitanti per un PIL nominale di circa 6'223 miliardi di dollari. Potrebbe anche costituire il primo nucleo degli Stati Uniti d'Europa? Un percorso di consolidamento politico-istituzionale "rafforzato" rientrerebbe certo nelle possibilità e anche negli interessi dei soggetti statuali che eventualmente decidessero di impegnarsi nell'esperimento.

    A tale formazione "berlinese" potrebbe seguirne una seconda, "parigina". Parliamo, ovviamente, dell'empire latin elaborato da Alexandre Kojève in un Memorandum che il filosofo e alto funzionario francese consegnò al generale De Gaulle nell'agosto del 1945 (qui stralci del documento in francese). L'empire latin prefigurato da Kojève – e ripreso in anni più recenti da Giorgio Agamben con un articolo sulla Repubblica che ha fatto grande scalpore – includerebbe la Francia, l'Italia, il Portogallo e la Spagna, assommando per parte sua una popolazione di circa 185 milioni di abitanti per un PIL nominale di circa 6'222 miliardi di dollari. E potrebbe costituire il secondo tassello degli Stati Uniti d'Europa.

    Ma siamo già alle ipotesi di secondo grado, cioè a scenari oltremodo complessi, perché – qualora un "impero tedesco" e un "impero latino" venis­se­ro a realizzarsi – bisognerebbe poi vedere in che modo interagirebbero l'un con l'altro, ma anche con Russia, Brasile e America latina, e so­prat­tutto con gli Anglo-Americani e la Repubblica Popolare Cinese. Non si può andare oltre, in questo esercizio di scuola, perché gli scenari divengono di qui in poi incalcolabili: come sempre è nelle cose della politica e della storia, del resto. Nelle quali, infatti, regolarmente accadono eventi che nessuno aveva previsto o che, quanto meno, nessuno aveva previsto in quel modo.

    Tuffandosi in questo mare magnum con moto ondoso in aumento, il liberale di centro-destra Antonio Martino (ex Ministro degli affari esteri ed ex Ministro della difesa) avanza una proposta da non sottovalutare, insinuante e insidiosa, anche se non del tutto imprevedibile, dati i precedenti istituzionali di Martino.

    Nell'intervista rilasciata ieri a QN, l'ex ministro berlusconiano, già "tessera numero 2 di Forza Italia", noto per la sua contrarietà all'intro­du­zione dell'Euro, esordisce con questa professione di fede: "Io sono un europeista della prima ora, come lo erano i padri fondatori". Il ri­fe­ri­mento ai padri fondatori implica il padre di Antonio Martino stesso, Gae­ta­no, anch'egli ministro degli Esteri, che nel 1955 ospitò a Messina i col­le­ghi ministri della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) dando un indiscutibile contributo alla fondazione dell'edificio co­munitario. Meno di due anni dopo, il 25 marzo 1957, firmò per l'Ita­lia i Trattati di Roma.

    "Credo nell'unione politica dell'Europa", prosegue Antonio Martino, "ma anche che, oggi come oggi, a perseguire una soluzione intermedia ci si sia infilati in una strada senza sbocco, che ha prodotto un'Europa di grigi euro-burocrati che non piace a me e non piace a milioni di cittadini e, soprattutto, non funziona". Quindi, adesso, o si compie un deciso passo avanti, oppure l'Europa si sgretolerà.

    Ma riusciranno i nostri ventisette paesi divisi su tutto a compiere il famoso "passo avanti"? E, se non ci riuscissero, esiste un gruppo più ristretto di paesi "volenterosi" disposti ad accelerare insieme? Riecco, ineludibile, la questione delle "due velocità". Senonché, secondo Martino, qui si rischia di moltiplicare il caos attuale. Ma c'è il ma…

    "Ma farei un'eccezione per la Comunità europea della Difesa", aggiunge l'ex ministro: "Su questo, e solo su questo, sarebbe bene iniziare con chi ci sta, tenendo a bordo quanti più paesi possibile. Se fatta bene, potrebbe essere un nucleo intorno al quale rafforzare un'Europa forte, che funziona, e pensare poi a un'Europa politica".

    Quale sia la dimensione "politica" che Martino ha in mente, lo dice il titolo dell'intervista: "Serve un governo federale". Ma un tale go­verno serve in vista di una federazione di Stati. E, insomma, ecco a voi la via "militarista" agli Stati Uniti d'Europa. Per chi, come noi (e i no­stri predecessori), ha sempre inteso nel progetto europeo un'utopia di pace, può apparire un boccone impossibile da mandar giù.

    Tuttavia, la difesa comune rappresenta in fin dei conti un nodo ineludibile. Tu non puoi volere gli Stati Uniti d'Eu­ro­pa e, insieme, la divisione militare del continente in ven­ti­sette For­­ze Armate. La logica, la realtà e anche il più pacifico buon sen­so consiglierebbero d'integrare i comandi militari tra paesi "volon­te­rosi", cioè propensi a un processo di unificazione dei sistemi di difesa.

    E però il primo passo da compiere da parte di una futura "Comunità europea della Difesa" sulla via dell'unificazione dei comandi militari certo non può coinvolgere l'Esercito, la Marina, o l'Aviazione né, men che meno, i settori dell'Intelligence, che potranno senz'altro collaborare, ma non fondersi in tempi brevi. Oltre tutto, si fa fatica a immaginarsi la formazione di un consenso reale tra Governi intorno ad ambiti così "sensibili". Dopo avere ceduto la sovranità sulla Moneta, le Cancellerie europee non metteranno volentieri in gioco ora anche quella sulla Spada. E se pure un qualche tecnocrate illuminato riuscisse a convincere un qualche premier coraggioso, le proteste ululanti di populisti e sovranisti sarebbero tali da inchiodare il motore al primo giro d'avviamento, pregiudicando per molto tempo l'intero percorso.

    Scartate le ipotesi impensabili, restano quelle che, per quanto ap­pa­ren­temente eterodosse, aprono una percorribilità reale. E allora, sulla via del­­l'unificazione dei comandi militari tra i paesi più "volonterosi" di una Eu­­ropa a due velocità, il primo passo da compiere sarebbe la co­stru­zione di un coordinamento unificato per il Servizio civile europeo.

Qua­le persona ragionevole potrebbe insorgere contro questa prospet­ti­va? E con quali argomenti? Un grande progetto di Servizio civile – sulla fal­sariga di quello esposto da Ernesto Rossi nel suo Abolire la mi­seria, cui ci siamo più volte richiamati su queste colonne – rap­pre­senterebbe per i cittadini non (più) in formazione una possibilità ana­loga a quella offerta dall'Erasmus a un'intera generazione di stu­denti e ricercatori universitari. Questo progetto (che per certa parte si reg­gerebbe da sé) andrebbe per altro sostenuto grazie a nuovi strumen­ti finanziari comuni (Eurobonds) e potrebbe combinarsi in modo sen­sa­to con le tematiche del reddito di cittadinanza.

    Nel Servizio civile europeo i Governi potrebbero testare forme di collaborazione rafforzata in un settore che rientra organicamente nelle competenze della Difesa. E potrebbero farlo senza dover mettere immediatamente in gioco i settori strategici.

    Infine, anche sul piano occupazionale (di cui si deve tenere conto) con l'istituzione di un Servizio civile europeo verrebbe a formarsi una "rete di protezione" in grado di assorbire gli esuberi propriamente militari, allorché si reputasse di poter procedere a una fase più avanzata d'integrazione delle Forze Armate Europee.

       

     

POLITICA

 

Per una nuova

Proposta Socialista

 

Presso la sede della sezione socialista Vancini di Bologna si sono in­contrati tanti socialisti provenienti da diverse esperienze in circoli ed associazioni di base, al fine di valutare la situazione politica a seguito dell’esito del Referendum del 4 dicembre e della sentenza della Con­sulta del 25 gennaio, e per definire come procedere sul piano politico.

    Nel corso del dibattito – ampio, partecipato e caratterizzato da una serie di interventi di notevole livello – è stato sottolineato con forza come qualsiasi azione politica socialista oggi in Italia non possa prescindere dall'esito del referendum e della sentenza. E si è rilevato che, contrariamente agli intenti di chi voleva "rottamarla", la democrazia non solo deve essere difesa ma "allargata".

    I compagni e le compagne intervenuti convengono inoltre che una autentica politica socialista non possa e non debba prescindere dalla difesa dei diritti e dei bisogni di chi fa del lavoro la propria ragione di vita, per contribuire concretamente al governo del cambiamento che è in atto, che oggi significa solo indebolimento delle condizioni economiche e sociali dei cittadini, riportando al centro dell’azione politica della sinistra i principi di un’autentica Giustizia Sociale, a partire dal sostegno ai referendum sui voucher e sui subappalti.

   Per superare le divisioni che hanno reso difficile la costituzione di una forza di sinistra con una identità chiaramente socialista, le compagne e i compagni riuniti a Bologna avviano il processo per la definizione di una nuova Proposta Socialista e lanciano un appello per l’avvio di un Forum permanente di confronto, sul modello dei Comitati Socialisti per il NO, tra tutti coloro che si richiamano all'idea del Socialismo democratico, laico, libertario e riformatore nel XXI secolo, un possibile terreno di incontro per la sinistra italiana ed europea, federalista e internazionalista.

 

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Felice Besostri

       

 

SPIGOLATURE 

 

Nei libri di storia

ancora da scrivere…

 

di Renzo Balmelli 

 

VOLGARITÀ. Frangar, non flectar. Mi spezzo, ma non mi piego. E' più che mai attuale la locuzione latina che induce a resistere, a restare vigili adesso a maggior ragione per evitare il disfacimento dei valori ai quali si ispira la moderna società dei lumi. Concetti basilari quali la pace, la tolleranza, l'accoglienza sono finiti nella tempesta, trascinati dai pifferai che non sono magici, ma volgari opportunisti solo capaci di spaventare la gente. Che cosa resterà della deriva etica alla quale stiamo assistendo, le prossime generazioni lo leggeranno nei libri di storia ancora da scrivere ma di cui già si intuiscono i primi capitoli. Quelli segnati dalla volgarità. L'auspicio è che la civiltà non cada in ostaggio dei suoi nemici. Dovesse mancare l'esatta percezione della posta in palio, si finirebbe con l'entrare in un tunnel di cui non si intravvede l'uscita.

 

STRILLI. Protestare e contestare sono il sale della democrazia. Ma fino a quando? All'opera ci sono forze che vorrebbero annacquare se non addirittura zittire una delle maggiori conquiste dell'uomo. L'assalto al forte della libertà nell'America dei grandi spazi e delle possibilità illimitate pare la riedizione di un brutto western, senza eroi, senza ideali. Chi non ha perso la voglia di sognare prova dolore nel cuore, e può solo consolarsi all'idea che il corteo democratico di tante donne coraggiose, protagoniste della prima dimostrazione globale della storia, rifiuta l'azzardo dell'era che va sotto il nome di Trump. Quanto possa durare la marea di assurdi decreti sbandierati come scalpi ancora non è pronosticabile, ma una cosa sappiamo. Sappiamo che gli strilli rabbiosi possono portarci sulla rotta del Titanic.

 

DERIVA. Sembrava un capitolo chiuso, affidato ai sepolcri della storia. Invece no. Complici i giochi pericolosi della destra sempre molto abile nel vellicare istinti riposti, pare riprendere quota l'ipotesi di una svolta autoritaria vestita di nero. Nell'imminenza dei prossimi e cruciali appuntamenti elettorali, sui quali pesa la minaccia di una pericolosa saldatura tra la deriva nazionalista europea e il duro neo isolazionismo americano, bisognerà trovare risposte serie e credibili per sventare l'ondata nostalgica. Senza attribuire eccessiva importanza ai senili e grotteschi sbandamenti inscenati davanti al busto di Mussolini, giova comunque ricordare, tanto per tenere il punto, che l'esperienza del ventennio non è poi così lontana.

 

SALAME. Un tempo Francia e Inghilterra si detestavano cordialmente. " Il carnet del maggiore Thomson" di Pierre Daninos ne è una spassosa quanto irriverente dimostrazione. Oggi Teresa May e Marine Le Pen sono pronte a stringere una santa alleanza per detestare, neppure tanto cordialmente, la "famigerata" Europa. Tranne, ovviamente, quando c'è da guadagnarci. Come la sodale londinese, anche la leader del Fronte Nazionale sogna la Frenchexit, pronta a declinarla nella lingua di Marianna se per delirio d'ipotesi dovesse finire all'Eliseo. Le previsioni dicono che non ce la farà nemmeno con l'aiutino dello zio Donald che volentieri vorrebbe farne una testa di ponte all'ombra della torre Eiffel. Però stia attento: da noi si dice che un uomo tra due dame " fa la figura del salame".

 

SORPRESA. In attesa di celebrare i sessant'anni del Trattato di Roma, l'UE commemora il 25esimo anniversario degli accordi di Maastricht che tennero a battesimo la moneta unica. L'Europa però non ha tempo di festeggiare. Deve invece interrogarsi per trovare al più presto il modo di arginare i venti di disgregazione che fanno traballare la casa comune. Sotto questo punto di vista le elezioni tedesche alle quali la SP, con l'arrivo sulla scena di Martin Schulz, guarda con fondate speranze, saranno un banco di prova decisivo. Lo scenario è infatti del tutto inedito. Angela Merkel ha creato la sorpresa con il suo modello che sancisce l'Europa a due velocità e classi differenziate. L'Italia, Paese fondatore, vuole restare nel gruppo di testa, ed è comprensibile. Dal canto suo la sinistra di governo dovrà essere all'altezza del compito affinché l'ulteriore tappa sulla via dell'unità non generi ingiustizie e infondati complessi di superiorità tra Nord e Sud.

 

REFERENDUM. Nemmeno le migliori famiglie sono del tutto immuni dalla contaminazione dei cattivi maestri. Nella Confederazione elvetica l'UDC di Christoph Blocher in vista del referendum di domenica prossima sulla naturalizzazione agevolata degli stranieri di terza generazione prova a sabotare il progetto schierando l'intero armamentario di rozzi luoghi comuni. Anche all'estero si guarda con interesse all'esito di una consultazione densa di significati. La riforma apre infatti uno squarcio di grande rilevanza morale oltre che politica nel muro di sospetti e diffidenze che in Europa condiziona il processo di integrazione. Con una campagna nel tipico stile xenofobo in cui viene mostrata una donna coperta dal burqa, il partito del tribuno zurighese prova a racimolare consensi a buon mercato lanciando falsi messaggi. I pronostici dicono che perderà, ma ormai chi si fida più dei sondaggi.

    

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Storie di voucher

 

Per tre mesi a vendere medicine fianco a fianco con colleghi contrattualizzati: "La mia prospettiva era ristretta dall'oggi al domani. Con 40 ore ogni settimana, il mio orizzonte non superava un mese e mezzo di lavoro"

 

Vai al video con la Storia di Dario, farmacista alla giornata

   

    

ECONOMIA

 

Con Trump le banche

tornano libere di speculare?

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

A meno di due settimane dalla sua nomina, con un sorprendente "Executive Order On Core Principles for Regulating the United States Financial System", il presidente Donald Trump ha cancellato la riforma di Wall Street e del mercato finanziario americano conosciuta come “Dodd-Frank Act”.

    Le grandi banche “too big to fail” potranno da oggi tornare ad operare come prima delle crisi globale del 2008, senza restrizioni, senza regole e senza controlli più stringenti.

    Questa decisione potrebbe avere delle ripercussioni pericolose e devastanti sul fronte economico e finanziario internazionale, soprattutto in Europa.

    La Dodd-Frank, voluta da Obama dopo il fallimento della Lehman Brothers, avrebbe dovuto mettere dei freni alle operazioni finanziarie più rischiose. Tra le restrizioni previste c’era quella specifica di mantenere le operazioni speculative entro un limite percentuale delle loro attività. Erano previsti inoltre maggiori controlli per le banche con 50 miliardi di dollari di capitale che venivano considerate di “rischio sistemico”.

    Pur non essendo una legge perfetta essa era stata, anche se parziale, una risposta alla crisi.

    Come prevedibile, dopo la sua introduzione, il sistema bancario americano ha operato in modo sistematico e continuo per neutralizzarla.

    Adesso, con un colpo di penna, Trump, che già in passato l’aveva definita “un disastro che ha danneggiato lo spirito imprenditoriale americano”, la abroga!

    Lo abbiamo scritto qualche settimana fa quando Trump indicò Steve Mnuchin come suo ministro delle Tesoro. Ci sembrò che l’arrivo nell’Amministrazione di ex grandi banchieri avrebbe potuto significare una sicura involuzione a favore dei mercati finanziari.

    Mnuchin è stato a capo della Goldman Sachs, una della banche più aggressive nel mondo della finanza. Non solo, nella nuova Amministrazione sono stati imbarcati altri grandi banchieri, tra questi Gary Cohn, ex Goldman Sachs, come direttore del Consiglio economico della Casa Bianca, e Wilbur Ross, ex capo della filiale americana della banca Rothschild, come capo del Dipartimento del Commercio.

    La decisione di Trump è arrivata dopo il primo incontro del cosiddetto “Strategic and Policy Forum”, che è il suo gruppo di consiglieri privati, tra i quali Jamie Dimon, capo della JP Morgan e Gary Cohn. Quest’ultimo più volte ha dichiarato che le banche americane continueranno ad avere una posizione dominate nei mercati finanziari internazionali “fintanto che non ci escludiamo noi stessi attraverso un sovraccarico di regole”.

    In altre parole si ritorna, purtroppo, al leit motiv secondo cui i mercati si autoregolamentano meglio senza interferenze e direttive del governo.

    Al termine dell’incontro Trump ha addirittura dichiarato che “ non c’è persona migliore di Jamie Dimon per parlarmi della Dodd-Frank e delle regole del settore bancario”, mostrando un entusiasmo in verità degno di migliore causa.

    Intanto l’ordinanza esecutiva impegna il Segretario del Tesoro, che dovrebbe appunto essere Steve Mnuchin nel caso ottenga l’approvazione del Congresso, a preparare entro 4 mesi un rapporto per una nuova regolamentazione del sistema finanziario. Si è ingenui chiedersi chi saranno i veri beneficiari di tali proposte?

    Contemporaneamente è stato firmato un altro memorandum presidenziale soppressivo della regola secondo cui i consulenti devono anteporre l’interesse dei loro clienti a qualsiasi altra considerazione. Secondo Trump va invece rafforzato il principio secondo cui i cittadini devono liberamente fare le loro scelte finanziarie. Non è una cosa da poco. Infatti, in questo modo se un risparmiatore accetta di comprare un titolo ad alto rischio, anche senza capire bene i termini dell’operazione, non potrà in seguito lamentarsi delle eventuali perdite

    Non è un caso che la stampa finanziaria di Wall Street abbia salutato le citate decisioni come una coraggiosa scelta di ritorno ad una accentuata deregulation.

    Tali decisioni non possono non suscitare diffuse preoccupazioni in quanti continuano a ritenere che l’economia reale debba essere centrale e tutelata rispetto alle attività speculative.

    Perciò le dichiarazioni di Trump, circa una nuova legge Glass-Steagall relativa alla separazione delle attività bancarie, suonano false o come delle mere battute elettorali. C’è da sperare che la proposta di legge per reintrodurre la Glass-Steagall, presentata al Congresso da un gruppo bipartisan appena prima dell’emissione dell’ordine esecutivo, venga discussa e approvata.

    E’ ancora presto per dare un giudizio definitivo sull’Amministrazione Trump, ma questi segnali sicuramente non depongono bene.

   

         

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Iniziative della Fondazione Rosselli

 

Care amiche e cari amici della Fondazione Circolo Rosselli, vi segna­lia­mo le novità e le prossime iniziative che vedranno coinvolta la Fon­da­zione Circolo Rosselli.

 

 

Palermo: "Mi mancherai". Docufilm sulla vita di Sandro Pertini

 

Martedì 7 febbraio, alle ore 10.00, presso l'Aula Magna dell'ICS "Sperone-Pertini" di Palermo (via Pecori Giraldi 21), proiezione del docufilm "Mi mancherai" sulla vita di Sandro Pertini. Intervengono Leoluca Orlando (Sindaco di Palermo), Barbara Evola (Assessore alla scuola del comune di Palermo), Valdo Spini (Presidente Fondazione Circolo Rosselli), Stefano Caretti (Centro documentazione "Sandro Pertini"/Fondazione di studi storici "Filippo Turati"), Angelo Ficarra (ANPI Palermo).

 

 

Firenze: Sei punti per l'economia italiana. Conferenza di Pierluigi Ciocca alla Fondazione Circolo Rosselli

 

Giovedì 16 febbraio, alle ore 17, presso lo Spazio QCR in via degli Alfani 101 r. a Firenze, "6 punti per l'economia", conferenza di Pierluigi Ciocca (già vice-direttore della Banca d'Italia). Discussant Antonella Rampino (La Stampa). Presiede Valdo Spini (Presidente Fondazione Circolo Rosselli).

 

 

Firenze: Costruire la rappresentanza democratica. Dibattito alla Fondazione Circolo Rosselli

 

Mercoledì 1 marzo,  alle ore 17, presso lo Spazio QCR in via degli Alfani 101 r. a Firenze, "Dopo il referendum e la sentenza della Corte: come costruire la rappresentanza democratica?". Intervengono Enzo Cheli (già Vice-presidente della Corte Costituzionale), Franco Gallo (Presidente Istituto dell'Enciclopedia Italiana), Stefano Grassi (Università di Firenze). Coordina Valdo Spini (Presidente della Fondazione Circolo Rosselli).

 

 

Il nuovo fascicolo dei Quaderni del Circolo Rosselli

 

E' uscito il nuovo fascicolo dei Quaderni del Circolo Rosselli, 2016/2017. Cambiamenti politici nel mondo e in Italia, n. 126, 4/2016, edito da Pacini editore (Pisa).

 

Vi invitiamo a visitare il nostro sito www.rosselli.org

e la nostra pagina facebook

       

   

Lettera - Il nuovo leader della SPD

 

Martin difenderà l’Europa

 

di Aldo Ferrara

 

Nella Quinta legislatura del Parlamento Europeo (PE) c’erano italiani illustri. Da Giorgio Napolitano a Ciriaco De Mita, Casini e altri. Quando, nel luglio del 2003, si insediò Berlusconi come Presidente del Consiglio di turno dell’UE, unitamente ad alcuni pochi (Cossutta, Bertinotti, Rutelli, Di Pietro) toccò ad un giovane deputato della SPD tedesca, Martin Schulz, allora aveva 48 anni, muovere l’accusa che milioni di europei sentivano di dover lanciare: Conflitto d’interessi!

    Anche gli svedesi mossero la medesima accusa. Olle Schmidt, svedese, disse: “Il suo stesso ruolo di proprietario di mezzi d’infor­ma­zione in Italia ha permesso al governo di dettare il contenuto sia della stampa privata che della televisione pubblica. Si tratta di uno sviluppo assai preoccupante, che riguarda l’intera Unione europea e che non sarebbe mai stato accettato se si fosse verificato in qualsiasi nuovo Stato membro dell’Unione. La triste domanda che dobbiamo ora porci è se l’Italia sia un paese che soddisfa i criteri politici di Copenaghen».

    Quell’accusa cadde nel vuoto, allora ed oggi stesso, ma Martin fu oggetto di un violento attacco allusivo ai “Kapò” che gli lanciò Berlu­sconi. Rispose con molta tranquillità. “Il mio rispetto per le vittime del nazifascismo m’impedisce di fare qualsiasi commento al riguardo. Tuttavia, ho le idee molto chiare sul fatto che è estremamente difficile accettare una situazione in cui un Presidente in carica del Consiglio, di fronte alla minima contestazione nel corso di un dibattito, perda a tal punto la padronanza di sé». E’ fatto così l’uomo: ironico fino al possibile sarcasmo ma sincero ed onesto!

 

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Martin Schulz ha riportato la SPD in vantaggio sulla CDU.

Non succedeva dai tempi di Gerhard Schroeder

 

Deciso e propositivo Martin Schulz ha una visione lucida di quello che dovrebbe essere l’Europa. Innanzitutto un’Europa ad unica velocità, non a due o tre velocità come adesso è evidente.  Con una politica, se non dichiaratamente socialista, almeno con il cuore e non con l’euro; un’Europa dei popoli con una volontà politica di abbattere non solo le frontiere ma le barriere culturali tra paesi, come ad esempio quelle linguistiche.

    Avvicinarsi alle esigenze delle classi più umili. Questo è sempre stato il suo dettame, nato forse anche dall’aver vissuto la contraddi­zione familiare di una madre di estrazione borghese, nella CDU, e di un padre poliziotto da famiglia di minatori.

    Ha preso la palla al balzo, Schulz, nessuno meglio di lui può impersonare il ruolo di antagonista della Merkel, la donna di ferro della Ruhr, la Cancelliera a constante difesa della Bundesbank, la donna che impersona in salsa bavarese la Lady di ferro Margaret Thatcher.

    Martin lancia dalla Westfalia, il suo Land, un messaggio preciso: un’Europa umana in cui cultura, rispetto e valori abbiano la precedenza su euro, moneta e mercati, un’Europa che ha bisogno di questo potenziamento, alla luce di quanto avviene al di là dell’Atlantico dove un Presidente sta ben travalicando le Reaganomics e si avvia a farci ricordare Ronald Reagan come un campione dei diritti sociali e civili.

    Questo giovane sessantenne è forse il più degno erede di Willy Brandt, l’uomo che in piena guerra fredda, osò promuovere la scandalosa Ostpolitik e gliela fecero pagare con un’accusa di spionaggio rivolta al suo collaboratore Guillame. Si aggiunga che, al momento, non si intravedono personalità politiche capaci di spezzare quella tenaglia che da Mosca e Washington si spinge per ridimensionare l’Europa: si badi bene, non solo l’euro ma i valori sociali e culturali del vecchio continente. In Germania esistono milioni di cittadini, italiani di origine, pronti a votarlo, diamogli una mano!

   

            

CULTURA - Tu e Aristotele 2/3

 

Un problema di sostanza

 

Seconda parte del saggio di Andrea Ermano sul grande pensatore greco, “maestro di color che sanno”, di cui ricorre in que­sti mesi il 2400.mo dalla nascita. Il testo che qui presentiamo ripro­du­­ce con piccole variazioni la traccia di un discorso tenuto dall’autore in lingua tedesca il 24 mag­gio 2014 presso il Lyceum Club di Zurigo su invito della Società di cultura greca Akroteama. La conferenza è stata poi replicata in lingua italiana il 4 dicembre 2016 al Coopi di Zurigo nel­l'ambito delle giornate di cultura “Zurigo in Italiano”.

 

di Andrea Ermano

 

La parola 'è' può assumere una pluralità di significati (disgiunti). Dun­que, essa nasconde dentro di sé una certa incompiutezza. Abbiamo vi­sto che si può impiegare 'è' per dire, per esempio, che: "Questo 'è' sot­to­insieme di quello" (La balena è un mammifero), oppure: "Questo 'è' elemento di quello" (Aristotele è un pensatore), oppure: "Questo 'è' in possesso di quella proprietà" (Bob Dylan è pallido), oppure: "Questo 'è' uguale a quello" (La stella del mattino è la stella della sera), oppu­re, infine, semplicemente: "Questo 'è' qui" (C'è in questa sala un grup­po di persone).

    Se ne deduce che "ciò che è" (l'essente in senso generalissimo) può rinviare a concetti fondamentali della logica come, nel nostro esempio di gusto insiemistico, a sottoinsiemi, a elementi di insiemi, a proprietà di uno o più elementi, nonché all'uguaglianza e all'esistenza.

    E, però, se noi tentiamo di considerare l'essere di un essente in quan­to esso semplicemente 'è', vale a dire senz'alcuna aggiunta, ci vedre­mo costretti a constatare che preso per sé, in senso indeterminato e im­mediato, questo puro 'essente' non significa… nulla: «Das Sein, das un­bestimmte Unmittelbare ist in der Tat Nichts und nicht mehr noch we­ni­ger als Nichts», sentenzia Hegel.

    "Ciò che è", l'essente in quanto semplicemente 'è' (to on e on), è una struttura incompleta, aperta, che dipende nella sua stessa essenza da ag­giunte, completamenti, complementi (che più sopra nel nostro esem­pio rinviavano a una qualche forma di esistenza, uguaglianza, proprie­tà, appartenenza o inclusione). Senza aggiunte l'essente è niente, con le aggiunte è cose diverse.

    Proprio in ciò si manifesta una delle scoperte più importanti e gra­vi­de di conseguenze tra quelle compiute da Aristotele; perché: «l'essente viene detto in molti modi» (to on legetai pollachos). Cioè viene detto in molti modi diversi. Molti e non riducibili a uno.

    Nei nostri discorsi noi non troveremo un'unica struttura dell'essere, omogenea e universale, alla quale poter ricondurre tutti gli usi che fac­ciamo di questo verbo, che invece si articola in una pluralità di concetti disgiunti, i quali a loro volta rinviano a grandi insiemi distinti di cose.

    Questi grandi insiemi distinti si chiamano a partire da Aristotele e in Aristotele stesso categorie, configurando una dottrina che mieterà in­cre­dibili successi e innumerevoli tentativi di imitazione. Una tra le liste più icastiche risale a Charles Sanders Peirce, che suddivide in tre gran­di generi i modi in cui l'essente appare: 1) Firstness, 2) Second­ness, 3) Thirdness. Tripartizione inedita, in cui Peirce per certi versi ricalca la logica hegeliana del vero in quanto tutto che si tripartisce a sua volta in Sein, Wesen e Begriff (essere, essenza e concetto). Né, in materia di tri­par­tizioni, può essere qui dimenticata la specificazione scolastica del­l'es­sente in: 1) Theologia rationalis, 2) Psychologia rationalis e 3) Cosmologia rationalis.

    Per Jorge Luis Borges TheologiaNnnon c'è classificazione dell'universo «che non sia ar­bi­tra­ria e congetturale», dato che, semplicemente, «non sappiamo che co­sa è l'uni­verso». Di qui ben si comprende l'Emporio celeste dei co­no­sci­men­ti benevoli che Borges attribuisce per burla a un'imma­gi­na­ria en­ciclopedia cinese: «Nelle sue remote pagine è scritto che gli ani­mali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) am­maestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) in­clusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innu­me­revoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cam­mello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche», (L’idioma analitico di John Wilkins, in Tutte le opere, vol. I, p. 1004).

    Con l'allusione russelliana di cui sopra alla lettera (h) Borges ironiz­za sull'aria (confusionaria) di famiglia che sempre un po' si re­spi­ra par­lando di tassonomie. A quest'impressione (di confusione) non si sono sottratte nemmeno le stesse Categorie di Aristotele, del resto, che Im­manuel Kant giudicava sì l'escogitazione “di un uomo acuto”, ma pri­ve di qualsivoglia principio conduttore e quindi piuttosto rac­co­gli­tic­ce: «So raffte es sie auf, wie sie ihm aufstiessen, und trieb deren zuerst zehn auf, die er Kategorien (Prädikamente) nannte» (KrV A 81/B107).

 

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Aristotele (copia romana da Lisippo)

e Immanuel Kant (autore anonimo)

 

Non entriamo qui nella vexata quaestio. Limitiamoci a prendere atto che per lo Stagirita un essente può essere: o 1) una "entità" (detta anche "sostanza"), oppure 2) un "quanto", oppure 3) un "quale", oppure 4) un "relativo", oppure 5) un "dove", oppure 6) un "quando", oppure 7) una "situazione", oppure 8) un "avere", oppure 9) un "fare" oppure, infine, 10) un "patire".

    Secondo Aristotele si tratta di dieci concetti sommi oppure, a se­conda dei punti di vista (e dei passi che si vogliano prescegliere), di die­ci grandi collezioni di cose (di 'essenti') cui quei concetti sommi pos­sono riferirsi.

    Che cosa significa tutto ciò? Significa che: qualunque cosa noi ve­diamo, pensiamo, rammemoriamo, invochiamo, diciamo, incontriamo, tocchiamo, produciamo, baciamo o distruggiamo – appartiene inevita­bil­mente a una di queste dieci collezioni, a uno di questi dieci generi dell'essente. L'abbronzatura in estate, ad esempio, o l'arte del tatuaggio, oppure i sandali o l'armamento di un oplita, e le lunghe marce o il trekking o il riposo, oppure lo ieri, l'oggi e il domani, oppure una bella sala o lontanissimi, caldissimi o freddissimi corpi celesti, oppure il doppio o la metà o l'asservimento, oppure l'essere stupefatti e sbigottiti o eruditi o magari boriosi, altezzosi e arroganti oppure umilissimi. Ciascun 'essente' appartiene a una, e a una sola, delle dieci categorie. Non importa se abbiamo a che fare con i tassi ipotecari impazziti, i mutui alle stelle, o con la sfericità di una palla, o con la paura del portiere di fronte al calcio di rigore, o con la gente per strada, e con te e con me e con una canzone di Bob Dylan… Tutto ciò che ho elencato, ma anche tutto il resto, che non ho elencato e che certo non posso umanamente stare qui a elencare, ogni 'essente' appartiene a una, e a una sola, delle dieci categorie, sostiene Aristotele.

    Ma – aggiunge – tutti gli altri tipi di 'essenti', fatta eccezione per la "sostanza" – coincidano essi con un "quanto", un "quale" o un "relativo", un "dove" o un "quando", un "situarsi", o "avere", o "fare" o "patire" – tutti questi altri nove tipi di 'essenti', devono trovare appoggio nelle 'sostanze', che sono un tipo di 'essente' formato da cose fondamentali il cui modo di essere è l'esistenza in forza propria.

    Il nome "Bob Dylan", ad esempio, è di per sé un essente. Ed è un essente anche il pallore dell'uomo che così si chiama. L'uno e l'altro però presuppongono l'esistenza di una persona alla quale e il nome e il pallore appartengono. In tal senso, l'uomo è il 'portatore', il 'sostrato', il sub-jectum su cui poggia il nome "Bob Dylan", come pure il suo pallore e tutte le altre proprietà che si dicono di o che ineriscono a quella certa persona. In quanto 'portatore' ultimo, 'sostrato', sub-jectum di denominazioni o di proprietà l'uomo Dylan può essere detto "sostanza" (ousia). Egli non è "portato" da qualcos'altro: "sta" nell'essere in forza propria. E rimane se stesso anche se cambia, se cambia nome, se dorme, si sveglia, si droga, non si droga, si ammala, vive la sua morte, muore la sua vita, guarisce, impara, disimpara, reimpara, scrive, parla, canta, suona, corre e vince.

    Questa è la sostanza.

    Sul suo modo di essere, sul modo di essere di questo essente fondamentale, poggia il modo di essere delle sue proprietà e dei suoi predicati, dei suoi attributi essenziali, accidentali, predicativi. Così, però, tutto ciò che è, ogni 'essente', o "sta" in forza propria in quanto è esso stesso sostanza, oppure "inerisce" a una sostanza in quanto per poter essere deve appoggiarsi su ciò che "sta" in forza propria.

    Bob Dylan potrebbe andare ad abbronzarsi, pur continuando a es­se­re, anche senza il suo pallore; non però quel suo pallore senza di lui. Quel suo pallore, nell'istante in cui esce da lui, non 'è' più. Da questa semplice considerazione si può comprendere in qual modo tutti gli altri 'essenti' non sostanziali dipendono dagli 'essenti' sostanziali, i quali pos­seggono per altro una loro esistenza individuale, mutevole e in­di­pendente.

    Ecco, questa esistenza individuale, mutevole e indipen­dente appartiene tipicamente alle sostanze, sulle quali perciò tutto poggia.

    Ma quali sono gli esempi di "sostanze" che ci fornisce Aristotele? "Socrate", "un certo uomo", "un certo cavallo" eccetera. Soprattutto, la sostanza è un uomo. E Paul Ricoeur centra il bersaglio quando scrive che: «Non è possibile circoscrivere il compito, la funzione – l'ergon – dell'uomo, senza avere preliminarmente affrontato la difficile questione dell'"essere uomo" in quanto tale. In particolare, non è possibile trattare dell'uomo come essere-politico, e neppure del suo statuto come "ani­ma­le razionale", senza essersi confrontati con la difficile problematica della sostanza».

    Ecco un uomo, dunque: è sostanza. Ecco la sostanza, dunque: è un essere umano. Ma allora io sono una sostanza?! Che cosa sono?! In quanto uomo? O in quanto bambino, o in quanto straniero, o in quanto donna, o barbaro? O schiavo? O signore? A quale categoria appar­ter­rei? A qual genere di 'essenti' apparterresti tu? Apparterremmo noi? E via coniugando gli interrogativi.

    S'è già accennato al fatto che per il giovane Aristotele un essere umano non può essere tale in un senso o in un grado superiore o infe­riore né rispetto a un altro essere umano e nemmeno rispetto a se stesso.

    È il maestro di Aristotele, Platone, a esporre nel Parmenide (il dialogo del “parricidio”) le ragioni di ciò, svolgendo una serrata autocritica della propria Dottrina delle Idee. Qui lo schiavo non è più schiavo per sua natura. Lo schiavo non è schiavo "geneticamente". No, esso è tale semplicemente in quanto "schiavo di un padrone". E un padrone è semplicemente padrone in quanto "padrone di uno schiavo". Il loro modo di essere, in quanto meramente padrone e meramente schiavo, è una correlazione, al di fuori della quale nessuno dei due 'sarebbe'. Né potrebbero essere entrambi senza che ci fossero anche degli esseri umani a sostenere quei loro ruoli. Invece, sarebbe possibile pensare l'esistenza di un essere umano anche al di fuori di quella correlazione. Ché un essere umano potrebbe ben esistere anche senza essere uno schiavo, o un padrone. E potrebbe ben esistere, un essere umano, in un altro sistema di correlazioni, senza né schiavi né padroni. È logico pensare che lo potrebbe, anche se oggi siamo di nuovo lontani, molto lontani, da questa possibilità.

    Ecco una legittima veduta sulla questione dell'essere platonico-aristotelico all'altezza delle Categorie. Perché, noi tutti – donne, uomini, vecchi e bambini, ateniesi, macedoni, barbari – apparteniamo, secondo il giovane Aristotele, alla categoria della sostanza.

    Aristotele esemplifica questo concetto fondamentale di sostanza impiegando regolarmente esempi come "un certo uomo" o "Socrate", mai esempi come "schiavo", "signore", "sopra", "sotto", "mezzo", "doppio". Ed è, in effetti, abbastanza sorprendente, ma anche un fatto filologico accertato e accertabile, che l'espressione più frequente in un'opera di logica come le Categorie sia data dal sostantivo "uomo", costantemente associato alla categoria della sostanza: «Se questa sostanza determinata è un essere umano, allora esso non potrà essere tale né in modo più forte, né in modo più debole, né in rapporto a sé stesso né in rapporto a un altro essere umano» (Cat. 3b37sgg.).

    Ancora una citazione testuale: «Ma la sostanza è una cosa singola e numericamente identica, ricettiva rispetto a determinazioni contrarie, e così per esempio un essere umano in quanto uno e identico può essere ora pallido, ora abbronzato, ora passionale, ora freddo di sentimento, ora serio e ora leggero» (Cat. 4a17-21).

    Insomma, la rivoluzione sostanziale compiuta da Aristotele nella pri­ma metà del quarto secolo a.C. è duplice: per un verso essa colloca il fondamento dell'essere in un essente-esistente concreto, mutevole e individuale; per l'altro verso essa ci fornisce una categoria grazie alla quale noi possiamo meglio comprendere noi stessi. Perché noi, a tut­t'og­gi, nonostante il prevalere della ragione strumentale, continuia­mo a intendere noi stessi come sostanze, e non certo come mere fun­zioni predicative o accidentali o 'partecipative' di alcunché.

    Ora, la mia tesi, in breve, è che questa sostanzialità costituisce uno dei più evidenti assiomi dell'autocomprensione umana, a partire dai primi elementari fenomeni dell'intenzionalità della coscienza nel ri­fe­ri­mento oggettivo, passando per l'idea di soggetto autonomo e di dignità personale, fino ad arrivare alla nozione universale dei diritti del­l'uo­mo. L'essere umano è essenzialmente sostanza in quanto esistenza. E questa sostanza è emblematicamente essere umano. (2/3. Continua)

 

La prima parte del presente saggio è apparsa sull’ADL del 2.2 2017.

            

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

     

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