Vittorio Arrigoni



Restiamo umani
Non si può parlare di lui senza cominciare con la firma di tanti suoi post, del 
blog, nelle mail e su fb... Vittorio è diventato un appuntamento quotidiano, più volte al giorno 
addirittura continuava la sua azione di testimone solidale, partecipe e presente alla vita dei 
palestinesi di Gaza, ancora subito prima di essere preso a morire il suo ultimo post dava la 
testimonianza di ciò che stava accadendo, dei quattro morti in un tunnel che permetteva 
l'approvvigionamento dei generi necessari alla sopravvivenza di Gaza.
Vittorio, puntuale, preciso, 
determinato, mi aveva chiesto l'amicizia, come ha fatto con tanti nel suo continuo cercare di 
portare notizie e comunicazioni: una attenzione agli altri, a ciò che passava sulle bacheche di 
amiche ed amici, per individuare quell'altra persona, quell'altro nome da aggiungere, quel post da 
condividere, quel commento.
Riusciva a restare umano, mantenendo un rapporto d'amore con i suoi 
familiari: tutti abbiamo condiviso con lui il dolore di non poter essere vicino al padre malato, 
quella ferita che ti attraversa perchè se ti metti dalla parte delle vittime imprigionate sei in 
prigione anche tu, e devi provare nella tua vita e nella tua storia il dolore personale che 
attraversa troppi palestinesi che vengono interdetti nei movimenti, che non possono spostarsi, 
bloccati da un muro, da una fence, da un check point che non ti lascia passare...
E il valico di 
Rafah era ben più di un check point, ben pù di una barriera: la chiusura, il carcere, che teneva 
dentro ottusamente, che escludeva... 
Sua madre ha ragione di essere orgogliosa di lui, sua madre 
deve sapere che ha vicino ogni madre che ama il suo ragazzo, ed approva la persona che è diventato, 
perchè Vittorio è ciò che noi amiamo nei giovani, nei nostri figli: la determinazione, la coscienza 
acuta dell'ingiustizia, il farsi carico e prendere parte, e lui lo ha fatto senza risparmiarsi, 
senza gettarsi acriticamente nel baratro. Sapeva bene che era pericoloso, sapeva di essere sulla 
lista nera di Israele ed indicato tra i nemici da eliminare nella pagina terribile dei rabbini 
fondamentalisti americani, ma lui stava tra i suoi, vicino ai compagni ed agli amici palestinesi, 
impegnato a testimoniare, a sostenere, ad aiutare, per fermare la mattanza che ogni giorno miete 
nuove vite a Gaza ed in Palestina, e la sua firma restiamo umani era una sollecitazione, un monito 
a tutti noi che non cedessimo all'odio, alla voglia di vendetta, alla violenza indiscriminata, che 
è ciò che i nemici della pace vera e della democrazia cercano di ottenere, perchè se noi cediamo, e 
perdiamo la nostra umanità, loro hanno vinto.
In altro modo Juliano Mer diceva ai suoi allievi del 
Freedom Theatre di posare il fucile, perchè il loro fucile era vuoto, pieno solo di rancore e 
rabbia, che prima dovevano riconquistare la propria umanità. Mi viene spontaneo accomunare questi 
due uomini che si erano impegnati con i palestinesi, perchè è la cosa giusta, Juliano sottraendosi 
all'estabilishement israeliano che ne riconosceva il valore come regista ed attore, ma lo voleva 
ingabbiare nella sua verità, Vittorio che come volontario dell' ISM era divenuto testimone 
solidale, decidendo di condividere la prigionia e l'orrore della quotidinaità di Gaza, e per questo 
disturbava... li accomuna anche la morte che hanno fatto: uccisi si dice da “salafiti” che essendo 
un gruppo estremista, pare legato al Alkaida, altra figura comodisisma per essere portatrice di 
tutte le responsabilità e per giustificare qualunque aggressione, sono i colpevoli ideali, che 
possono portare a confermare la peggiore propaganda antipalestinese... bisogna quindi continuare a 
dire, e dirlo molto chiaramente, che la responsabilità delle loro morti è di Israele, di una 
occupazione illegale, violenta, infame che da oltre 50 anni opprime una intera popolazione, la 
strozza, ne impedisce l'economia e la vita quotidiana, qualunque sia la mano che materialmente ha 
ucciso questi due giovani, è la stessa che ha ucciso i volontari, da Rachel Corrie a Tom Hundall, 
ai giornalisti, ai volontari della Mavi Marmara, è la stessa che tiene sotto oppressione un intero 
popolo e non vuole testimoni: non vuole nessuno che racconti che cosa succede, le ambulanze 
bloccate ai check point, le donne che partoriscono per strada, non potendo ragigungere in tempo 
l'ospedale, i bambini passati ai raggi come i bagagli, i bambini usati come scudi umani, gli 
arresti ad undici anni, la violenza quotidiana, la scuola che non si può frequentare, le donne che 
stendono la biancheria uccise “per errore”, i morti, gli assassini senza processo...
Ma noi 
conitnueremo a seguire la loro opera, a raccontare le storie, a raccogliere le testimonianze, 
perchè vogliamo restare umani.
dNicoletta Crocella


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