Dopo la gru. Ancora una rappresaglia



Dopo la gru. Ancora una rappresaglia

Giovedì 18 novembre. Lo avevano preso lunedì a Milano, mentre stava
andando in Prefettura per cercare di impedire la deportazione dei 9
egiziani rastrellati sotto la gru dopo la cariche dell’8 novembre. Mohamed
detto “Mimmo”, attivissimo nelle lotte degli immigrati bresciani, questa
mattina è stato prelevato dalla cella di isolamento al CIE di via Corelli
e condotto in aeroporto. A nulla sono valse le pressioni del suo avvocato
e l’azione solidale degli antirazzisti milanesi che hanno occupato gli
uffici aeroportuali di Egypt Air, la compagnia complice della
deportazione.
Il volo, delle 14,05, è partito con a bordo il suo bottino di guerra. La
guerra dello Stato italiano contro gli immigrati che alzano la testa.
Nel pomeriggio, a Brescia, assemblea per far ripartire il presidio.
Appuntamento alle 17,30 sul sagrato della chiesa di S. Faustino.

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Sabato 27 novembre
corteo antirazzista
ore 14 da Porta Nuova
contro la sanatoria truffa, il permesso a punti, vecchi e nuovi pacchetti
sicurezza, la militarizzazione del territorio, i CIE
promuove la Rete "10luglioantirazzista"

Di seguito il volantino distribuito ieri al corteo di studenti e
lavoratori della scuola:

Da Brescia a Torino. Sulla stessa barricata
Hanno resistito per 17 giorni, arrampicati su una gru a 30 metri
d’altezza, nel centro di Brescia.
Intorno a quella gru erano in tanti: il presidio è stato caricato più
volte, i manifestanti dispersi. Qualcuno è finito in galera, altri sono
stati rinchiusi in un Centro di Identificazione ed Espulsione. Sei
egiziani, rastrellati durante la carica dell’8 novembre, sono finiti nel
CIE di Torino e deportati in Egitto.
Come tanti altri avevano in tasca la ricevuta della sanatoria del 2009:
tanti immigrati avevano sperato che quella sanatoria fosse l’occasione per
emergere, per uscire dalla clandestinità. Molti di loro hanno pagato
migliaia di euro ai padroni e ai mediatori che li hanno truffati. I più
“fortunati” sono stati denunciati per truffa. È una delle tante trappole
in cui incappano i lavoratori immigrati, poiché chi è senza documenti non
può denunciare i finti datori di lavoro, pena la reclusione nei CIE e
l'espulsione dal Paese per il reato di clandestinità.
A Brescia gli immigrati hanno alzato la testa: da due mesi lottano contro
la truffa della sanatoria, per il pezzo di carta che permette loro di
uscire dal buio, dalla paura, dalla precarietà.
Il lavoro che ricatta la vita di noi tutti, italiani ed immigrati, è una
vera catena per gli immigrati. Una legge razzista, una delle tante,
sancisce che può vivere nel nostro paese solo chi ha un contratto di
lavoro, chi accetta di lavorare per quattro soldi, senza tutele e senza
orario. Oggi i migranti, con permesso o in nero, sono i nuovi schiavi di
quest’Europa fatta di confini e filo spinato.
I lavoratori immigrati, ponendo al centro la lotta contro l’asservimento
degli stranieri, indicano a tutti un percorso di opposizione ad un quadro
normativo che, passo dopo passo, getta il basto sulle schiene di tutti.
Le leggi sull’immigrazione sono parte del mosaico normativo che incastra
le vite dei lavoratori immigrati e, in prospettiva in rapido
avvicinamento, dei lavoratori italiani, non di rado incapaci di cogliere
il nesso tra leggi contro la clandestinità e riduzione di salari e tutele
per tutti.
Le leggi sul lavoro sono lo specchio dei rapporti di forza tra capitale e
lavoro, la cui bilancia pende a favore dei padroni. Per invertire questa
tendenza servono robuste spallate. Spallate tanto più efficaci quanto più
si sapranno costruire percorsi di lotta comune tra lavoratori immigrati e
italiani.
I ragazzi della gru, Rachid, Sajad, Jimi e Arun hanno lanciato un segnale
forte di lotta e solidarietà. Le prime parole di Arun, sceso tra gli
applausi degli antirazzisti sotto la gru, sono state per gli egiziani
deportati quello stesso giorno: “non abbiamo fatto nulla per loro, abbiamo
fallito”. Dignità e forza nelle parole di un uomo rimasto sospeso a 30
metri per 17 giorni, mentre l’assedio si stringeva, sotto la pioggia, al
freddo, per 48 ore senza cibo né acqua.
Si tratta di riannodare i tasselli della questione sociale, mettendo
insieme le lotte per il salario con quelle per la casa, la scuola, i
servizi. Ma non solo.
Se rompiamo l’isolamento dei lavoratori immigrati e di quelli più
sfruttati, gli irregolari, possiamo cominciare a spezzare la rete di
oppressione che lega tutta la società. Costruire solidarietà a partire da
loro significa rovesciare la piramide dello sfruttamento ed abbattere i
muri che altri hanno alzato tra di noi per imprigionarci e meglio
sorvegliarci.
I nostri nemici siedono nei banchi del governo, nei consigli di
amministrazione di banche e aziende.
È tempo di mettere insieme le resistenze, di passare all’offensiva, di
spezzare il cerchio di un’organizzazione sociale basata sull’oppressione e
lo sfruttamento.
La barricata è per tutti la stessa.

per info e contatti:
federazione anarchica torinese – fai
corso palermo 46 – torino
fai_to at inrete.it – 338 6594361