Milano. La polizia carica i rom. Tra i feriti anche bambini e bambine



Milano. La polizia carica i rom. Tra i feriti anche bambini e bambine

Giovedì 20 maggio. Il Comune di Milano, entro il 30 giugno, vuole
sgomberare baraccopoli di via Triboniano, nel nulla metropolitano alle
spalle del cimitero Maggiore.
I rom del campo nell’ultima assemblea decidono di rifiutare ogni
mediazione e di trattare direttamente con l’amministrazione meneghina.
La scelta è per un presidio in piazza della Scala, di fronte a Palazzo
Marino, sede del Comune.
Tutto secondo le regole, tutto a puntino: nei giorni precedenti la
questura era stata avvisata e non c’era alcun divieto.
Antirazzisti solidali attenderanno inutilmente i rom in centro. All’uscita
dal campo le famiglie dirette alla fermata dell’autobus vengono bloccate
dalla polizia. Solo una delegazione di sette può andare al presidio, gli
altri non possono uscire, sono prigionieri nel campo.
Il filo spinato sui muri perimetrali della spianata di baracche, assume un
senso più chiaro.
I rom non ci stanno. Sono stanchi delle proposte dei misericordiosi
mediatori dello sgombero, la banda di (don) Colmegna che continua a
proporre soldi per tornare a “casa” a chi se ne va spontaneamente e firma
che non torna per 15 anni. La massima concessione è un aiuto per la
pigione a chi lavora con un contratto a tempo indeterminato e riesce a
trovare qualcuno disposto ad affittare un appartamento ad un rom.
La polizia carica brutalmente in via Barzaghi. Nessuno dei 250 rom loro
deve prendere il tram 14 e raggiungere piazza della Scala. Nessuno deve
sentire la loro proposta al Comune. Per l’amministrazione di Milano i rom
di Triboniano sono disadattati, criminali e stupidi, manovrati da un
gruppo di sobillatori di professione, ossia quelli del comitato
antirazzista di Milano.
Le loro proposte non debbono essere prese in considerazione. A priori.
Dopo la lunga giornata di resistenza del 13 maggio, quando con barricate e
auto in fiamme i rom si erano opposti all’ennesimo sfratto di una famiglia
del campo, i media si erano scatenati, creando il clima per la giornata di
violenza di ieri.
Le proposte che nessuno ha voluto sentire erano troppo banali e sensate
perché il comune razzista di Milano potesse permettersi che venissero
esposte pubblicamente da uomini e donne venuti a difendere la propria
dignità e quella dei propri figli.
La comunità europea ha stanziato dei fondi a sostegno delle comunità rom.
Questi fondi, gestiti dal Comune, sinora sono stati utilizzati per
operazioni di ordine pubblico: il controllo dei campi ed il finanziamento
di associazioni come la Casa della Carità di (don) Colmegna che gestiscono
da piccoli kapò le baraccopoli.
La proposta dei rom è semplice: usare i soldi dell’UE per assegnare aree
abbandonate all’interno del comune di Milano, autorecuperabili a costo
zero, garantendo nel contempo la continuità scolastica ai bambini. I Rom,
anche se le favole stupide su di loro ce la raccontano diversa, vorrebbero
come tutti una casa vera, ma si accontenterebbero di un terreno per
piazzarvi la loro baracca.
Troppo. Per i razzisti che siedono a Palazzo Marino, il vicesindaco De
Corato e l’assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche sociali, Mariolina
Moioli.
La parola – come sempre in questa Milano silente e feroce – passa ai
manganelli.
Torniamo in via Barzaghi. Al pomeriggio di violenza di ieri.
La polizia carica tre volte. Ogni volta i rom resistono. A mani nude,
pietrate, lanci di bombole, barricate. Ogni volta la polizia arretra. Poi
scagliano decine di lacrimogeni e lanciano un blindato in corsa folle
contro la gente che resiste. Colpiscono tutti quelli che trovano sulla
strada. Nel campo vivono 150 bambini: nemmeno loro vengono risparmiati
dalla furia razzista.
L’intera zona viene isolata. Gli antirazzisti, pochi, troppo pochi,
vengono tenuti a distanza.
Oggi i quotidiani raccontano un’altra storia: blaterano di manifestazione
non autorizzata e di cariche di contenimento. Nessuno dice di bimbi
gasati, dei segni dei manganelli sulle schiene dei rom, della bambina di
sette anni colpita ad un braccio.

Capita di fronte agli orrori del fascismo e del nazismo che qualcuno si
domandi come siano state possibili le deportazioni di massa, i campi, la
soluzione finale.
Chi guardasse il nostro oggi dalle baracche di via Triboniano saprebbe la
risposta. Una risposta che dovrebbe inquietare una società che si pretende
civile.
Se non ora, quando? Se non io, chi per me?
L’indifferenza è complicità.

Lunedì 24 maggio
ore 21
corso Palermo 46 Torino
Resistenza Rom
Con Anto D’Errico del Comitato Antirazzista di Milano