suicidi massivi a Telecom France



 

Un servizio di Marco Sacchi a seguire di un articolo del Corriere della Sera


La crisi e i tagli del personale hanno già fatto 22 vittime dal febbraio 2008

France -Telecom, nuovo suicidio

E' in pericolo di vita una donna che si è lanciata dal quarto piano di una sede del Gruppo

PARIGI - Una dipendente di France Telecom è morta dopo essersi lanciata dal quarto piano della finestra di un palazzo sede del gruppo di telefonia francese, a Parigi. La donna è morta in ospedale.

Il suicidio è avvenuto nel XVII arrondissement. Due giorni fa un dipendente si era pugnalato in pieno petto durante una riunione in cui aveva appreso che il suo posto era stato tagliato. Dal febbraio 2008 ad oggi 23 sono stati i dipendenti di France Telecom ad essersi tolti la vita. Sette solo quest'estate.


11 settembre 2009(ultima modifica: 12 settembre 2009

 

Link  http://www.corriere.it/esteri/09_settembre_11/france_telecom_suicidio_28c54efc-9efc-11de-8a40-00144f02aabc.shtml

un tecnico si è ferito gravemente durante un consiglio di fabbrica

Stress e suicidi. Stop ai tagli

Il colosso d’Oltralpe manda i manager a scuola per riconoscere i segnali di stress

PARIGI — Gli hanno detto che sarebbe stato trasferito in un posto meno qualifica­to. Un annuncio improvviso, brutale, che ha sconvolto un uomo di cinquant’anni che, da trenta, voleva soltanto far meglio nella sua azienda. «Da un giorno all’altro lo hanno retrocesso», dicono i colleghi. E lui, tecnico tutto casa e ufficio, si è sentito crollare il mondo addosso. Ha preso un coltello e se l’è conficcato nell’addome, nel pieno di una riunione di fab­brica. È accaduto mercoledì scorso, nella sede di Troyes di France Telecom. E non è un episodio isolato.

Negli ultimi tempi, tentati­vi di suicidio e suicidi (22 ne­gli ultimi 18 mesi) si sono moltiplicati nel colosso fran­cese delle telecomunicazio­ni, tanto da provocare sciope­ri di protesta, una mobilita­zione pubblica dei sindacati in diverse città della Francia e addirittura una pronta rea­zione dei vertici del gruppo. La direzione di France Tele­com è infatti corsa ai ripari, confermando indirettamente la gravità del problema. È sta­to deciso di congelare fino al­la fine di ottobre la mobilità del personale coinvolto in piani di ristrutturazione e di reclutare un centinaio di esperti nella gestione delle ri­sorse umane e della medici­na del lavoro per esaminare l’organizzazione produttiva e le condizioni di stress. Ver­ranno inoltre istituiti corsi di formazione, rivolti a 20 mila dirigenti, per riconoscere «sintomi di un imminente suicidio» fra i centomila di­pendenti del gruppo.

«C’è un sentimento profon­do di rivolta e indignazione», ha detto Régis Pigre, delegato sindacale di Troyes, dopo il disperato «harakiri» del colle­ga e numerosi altri episodi analoghi in varie sedi del gruppo, da Parigi a Marsiglia, da Nizza a Montpellier. In una lettera, scritta nel luglio scorso prima di togliersi la vi­ta, un tecnico di Marsiglia aveva denunciato «sovraccari­co di lavoro» e «management del terrore». «Da tempo non esistono promozioni, ci spo­stano da un posto all’altro senza formazione e senza te­ner conto dei percorsi profes­sionali, s’impongono ritmi impossibili», racconta un sin­dacalista. Secondo i rappre­sentanti sindacali, i suicidi avrebbero un rapporto di cau­sa- effetto con il clima di un gruppo in piena riorganizza­zione, dove i dipendenti ven­gono costantemente sollecita­ti alle dimissioni volontarie e i dirigenti ricevono premi per incentivare i salariati a lascia­re l’impresa.

Il direttore delle risorse umane del gruppo, Olivier Barberot, ha sostenuto in un’intervista che il tasso di suicidi nell’azienda non è au­mentato a partire dal 2000: 2,15 suicidi ogni diecimila di­pendenti. In sostanza, una media non particolarmente si­gnificativa. Tuttavia il conge­lamento dei progetti di ri­strutturazione produttiva è un implicito riconoscimento di un problema di cui il grup­po delle telecomunicazioni non ha nemmeno la triste esclusiva. Una situazione ana­loga si era determinata nei mesi scorsi in una sede della Renault.

La problematica a France Telecom è
delicata dopo la privatizzazione nel 2004. In pochi anni, l’azienda ha per­so quarantamila posti. I sinda­cati denunciano la pressione sulla produzione e sulle di­missioni volontarie. I salaria­ti sono inoltre alle prese con disparità di trattamento non ancora risolte: il 70 per cento ha ancora uno statuto da fun­zionario pubblico, mentre il 30 per cento ha un contratto di diritto privato.

Il rischio di gesti inconsul­ti è elevato in un momento di difficile congiuntura eco­nomica, con un tasso di di­soccupazione in continuo au­mento. Il suicidio è la deriva più disperata, ma in questi mesi si è assistito a violenze, sequestri di dirigenti, minac­ce di far saltare una fabbrica con esplosivo. Inoltre, il siste­ma economico francese, so­prattutto nella sfera privata, presenta caratteristiche che potrebbero essere un’ulterio­re causa di gesti estremi: ora­ri più ridotti rispetto a molti Paesi industriali, ma altissi­mi ritmi produttivi.

Il caso France Telecom è anche emblematico di una stridente contraddizione di messaggi politici e compor­tamenti industriali. Non so­lo in Francia. Difficile conci­liare soppressione di posti di lavoro e prepensionamen­ti con l’allungamento della vita media e propositi di ri­tardare l’età della pensione. Ancora più difficile concilia­re il principio meritocratico con l’accettazione di un lavo­ro di più basso livello, pur di salvare il posto.

Massimo Nava


11 settembre 2009



 

 

Certo non è da escludere che i suicidi siano dovuti alla ristrutturazione in atto e ai relativi licenziamenti, basta pensare agli oltre 100 suicidi (quelli ufficialmente registrati) tra i cassintegrati della FIAT tra l'ottobre del 1980 e l'aprile del 1984 furono censiti 141 suicidi tra gli operai della FIAT e dell'indotto che erano in cassa integrazione. Tutto questo fu dovuto anche alla sconfitta della lotta dei 35 giorni, dove migliaia di operai, tra i quale le avanguardie che erano espressione delle lotte che erano iniziate alla fine degli anni sessanta. Sconfitta dovuta alla collaborazione di classe del sindacato che firmò un accordo con la FIAT che prevedeva senza garanzie del rientro in fabbrica. Tutto questo bisogna aggiungere la repressione interna alla fabbrica, con la costituzione di strutture spionistiche (la pratica delle schedature non è finita con Valletta). Il dirigente FIAT Luigi Pagella dichiarò davanti ai magistrati nel 1995 che lo interrogavano: "Nel 1978 il terrorismo era una delle preoccupazioni primarie dell'azienda. Vi era quais un ferimento al giorno. Era necessario disporre di informazioni che il normale dispositivo di sicurezza non riusciva ad assicurare. Si è creata una struttura informativa tra i dipendenti e all'inizio si è fatto fare ingresso in azienda a persone legate ai Servizi. Io preparavo i tesserini con nomi di fantasia a persone legate ai servizi segreti o comunque già confidenti dei Carabinieri o della polizia perché potessero entrare in azienda, avere notizie e, al contempo, rafforzare la rete informativa interna. Da questo primo embrione la struttura poi si allargò. Da 20-30 persone dei primi mesi si arrivò a circa 70-80 persone". (F. Pinotti, FRATELLI D'ITALIA, BUR). Per il fun­zionamento di questa struttura agivano di concerto FIAT, Prefettura, antiterrorismo e servizi segreti. Per ammissione di Pagella questa struttura bon è mai stata smantellata.

   Ora come dicevo prima pur non escludendo il suicidio dovuto alla ristrutturazione e ai licenziamenti, bisogna tenere conto la particolarità dell'azienda. Le aziende di telecomunicazioni per la loro importanza strategica sono collegate ai servizi segreti.

 

Come esempio  si può prender una relazione del deputato di DP Luigi Cipriani nel 1991

 

STRAGI E STRATEGIE AUTORITARIE

 

Luigi Cipriani, La cosiddetta Sip parallela (presentato sotto forma di relazione alla Commissione stragi nella primavera 1991)

" Le telecomunicazioni sono, per i servizi di ogni paese, uno dei cardini delle loro attività. Qui i servizi sono di casa e la Stet può comodamente mutuare privilegi in commesse militari con attività parallele della Sip. E' tra il '68 e il '69 che la Cia decide di costituire la rete occulta e quindi la Sip sta per apprestare al suo interno la nuova rete occulta "

Andreotti, il generale Ambrogio Viviani, ex capo del controspionaggio del servizio segreto, giornali che riportano le notizie sulle indagini del giudice Casson ci hanno confermato -e si tratta di conferme certamente autorevoli- che le ipotesi più volte espresse in passato, circa l'esistenza di una rete occulta e segreta, con compiti non ancora ben circoscritti, non erano frutto di fantasia. Certamente una rete di questo tipo, per quanto se ne sa, ha bisogno di una struttura di supporto altrettanto segreta o per lo meno coperta dal segreto. Di certezze, a questo proposito, ne abbiamo una, e cioè che all'interno della Sip è stato costituito un reticolo operativo, articolato territorialmente, strutturato gerarchicamente secondo lo schema organizzativo dell'azienda: livello di direzione generale, regionale e di agenzia.

La Sip, in effetti, ha sempre avuto una certa propensione a collaborare con i servizi in modo illegale. La sua collaborazione con il Sifar per la realizzazione delle schedature attuate dal generale De Lorenzo (che si serviva di intercettazioni illegali) è dimostrata inequivocabilmente dalla circolare interna n. 54 del 6 giugno 1968. Infatti, con tredici anni di ritardo, la Sip informa le sedi operative delle proprie dipendenze che la legge n. 517 del 18 giugno 1955 ha modificato le norme per poter operare intercettazioni telefoniche. Prima di quella legge, chiunque si fosse qualificato come agente di polizia giudiziaria aveva libertà di accesso alle centrali telefoniche per operare o ordinare intercettazioni telefoniche. La legge del 1955 modificava tale procedura poiché rendeva obbligatorio, per gli agenti che si presentavano alla Sip per tali operazioni, l'esibizione di un decreto motivato di autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Ci vuol poco per capire che per ben tredici anni tutto ha funzionato come se la legge non esistesse, poiché la Sip ha "dimenticato" di dare disposizioni e rendere note le nuove norme del codice di procedura penale.

La decisione della Sip non è né fortuita né casuale. Il 6 giugno 1968 è già noto che il colonnello Rocca sarà interrogato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta che indaga sulle deviazioni del Sifar e la Sip si cautela. Il colonnello Rocca si "suiciderà" il 27 giugno 1968. Rocca, oltre ad essere il capo dell'ufficio Rei del Sifar dal 1962, era il curatore del piano di offensiva anticomunista Demagnetize e il suo nume tutelare era Thomas Karamessines, capo della sezione Cia a Roma. Ma la datazione della circolare Sip può avere anche un altro significato. Infatti, anche secondo quanto affermato dal generale Ambrogio Viviani, già capo del controspionaggio del servizio militare, è tra il '68 e il '69 che la Cia decide di costituire la rete occulta e quindi la Sip, oltre a ragione di cautela per quanto potrebbe emergere dall'inchiesta, sta per apprestare al suo interno la nuova rete occulta. L'estensione della circolare, in conclusione, invita il personale dell'azienda ad essere flessibile nell'adozione delle nuove norme poiché scrive "... alcuni casi particolari potrebbero dare adito ad interpretazioni diverse da quelle progettate: sarà perciò opportuno che, in tale ipotesi, si eviti di assumere atteggiamenti troppo rigidi ed intransigenti. Comunque, in presenza di casi particolari, potrete interpellarci per le vie brevi circa la condotta da tenere". È un vero invito ad eludere la legge qualora qualcuno ne abbia la necessità: eventuali assensi saranno dati ai più dubbiosi a voce o telefonicamente (tanto da non lasciar tracce) e cioè "per le vie brevi". Questo documento costituisce una prova storica del legame esistente tra servizi e Sip.

Nel mese di maggio 1977 il sostituto procuratore della repubblica di Bologna, dottor Claudio Nunziata, avviò una inchiesta nei confronti della Sip (p.567/0/77) relativamente a dispositivi di prova di ascolto che non erano dotati dei toni acustici di inclusione come previsto dalla legge. A conclusione dell'indagine furono rinvenuti elenchi di utenze intercettate per periodi anche di 36 mesi senza notizia di alcuna autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Si badi che accanto al numero telefonico (esatto) era posto un nominativo di fantasia affinché i tecnici che dovevano realizzare le connessioni ignorassero l'identità degli utenti: che erano, in gran parte, partiti politici, giornalisti, operatori di vari settori.

Le telecomunicazioni sono, per i servizi di ogni paese, uno dei cardini delle loro attività. La Sip è posseduta quasi totalmente dalla finanziaria Stet, che raggruppa un notevole gruppo di società. Oltre alle telecomunicazioni Italcable, Telespazio e Sip, la Stet possiede grossi complessi per la produzione di materiale militare, quali ad esempio la Selenia, la Oto-Melara, la Vitro-Selenia, la Elsag, ecc. Qui i servizi sono di casa e la Stet può comodamente mutuare privilegi in commesse militari con attività parallele della Sip. Fino a pochi mesi fa, presidente della Stet era Michele Principe, piduista per sua stessa ammissione. In precedenza era l'amministratore delegato della Selenia di cui in seguito divenne presidente. Principe è l'uomo della Nato nel settore delle telecomunicazioni, dove ha trascorso una vita, con compiti particolari. Agli inizi della sua carriera è stato dirigente della segreteria Nato presso il ministro delle poste, divenendo in seguito presidente del delicatissimo organismo strategico della Nato nel settore delle telecomunicazioni Civil communications and Planning committee". Principe entrò nelle telecomunicazioni nel 1948 e già allora iniziano i suoi legami con servizi e Nato. È l'uomo della P2 inserito nel commercio delle armi (Selenia) e nel delicatissimo settore delle telecomunicazioni. È stato responsabile della realizzazione della ragnatela delle reti occulte della telecomunicazione.

Passiamo ora ad esaminare il documento che reca l'intestazione "Po/src regolamento interno di sicurezza per la tutela del segreto". Questa struttura è collegata al Sismi: la prima copia infatti è inviata alla autorità nazionale della sicurezza. L'organizzazione amministrativa è quella tipica dei servizi. Che sia una struttura inserita nei servizi lo si desume anche dal fatto che l'autorità nazionale della sicurezza non si limita ad omologare la proposta della Sip, per quanto riguarda "l'incaricato della sicurezza", ma è il servizio che lo designa su proposta ecc. Nel fascicolo, tra i vari compiti assegnati agli incaricati dei settori, si fa cenno alla realizzazione di collegamenti predisposti a seconda dei "vari stati di allarme" e ciò fa intendere che gli allarmi sono di diversi livelli e diversi sono i collegamenti.

Si fa riferimento inoltre alla Difesa civile. È certo che su questo punto i tentativi, come vedremo in seguito, di confondere la Protezione civile e la Protezione impianti con la Difesa civile sono molteplici. In Sip esiste la struttura denominata Protezione e sicurezza impianti che nulla ha a che vedere con quella prevista dal documento n.1. Essa è palese e il servizio che la gestisce ha una sigla ben precisa, Sg/pi. Anche la Protezione civile è struttura palese e non occulta. Nel caso di alluvioni e terremoti, la Sip può raccordarsi con la Protezione civile per il ripristino di linee e centrali e per far ciò non ha certamente necessità alcuna di una struttura occulta.

Si è sempre saputo, per voci che circolavano, che la Sip ha predisposto un sistema di interruzione territoriale delle comunicazioni, tanto che un utente di Roma potrebbe ad esempio connettersi con il sud e non con il nord, mentre una rete parallela consentirebbe la perfetta regolarità delle conversazioni ad utenti prefissati. Ecco perciò la "sala dei collegamenti", e "collegamenti predisposti" a "seconda dei vari stati di allarme". Anche Pecorelli, su O.P. del 19/9/74, scriveva a questo proposito (vedi all.4). Vogliamo ricordare che con il pretesto della protezione civile Scelba, Tambroni, per due volte Taviani, poi Restivo hanno tentato dal 1951 al 1970 inutilmente, perché bocciate dal Senato, di far passare leggi per la difesa civile. È anche facilmente intuibile che la struttura occulta della Sip è funzionale e di supporto alla rete occulta di cui hanno parlato Andreotti e in particolare il generale Viviani. Questi, nell'intervista rilasciata a Radio radicale il 24 luglio 1990, tra l'altro afferma che la rete occulta fu costituita a causa della grande preoccupazione da parte americana di un cedimento degli assetti politici esistenti nel nostro paese, con il pericolo di una svolta a sinistra. In realtà questa struttura, sempre secondo il generale Viviani, sarebbe intervenuta, nel caso si fosse verificata tale ipotesi, con i mezzi a sua disposizione. In altri termini il settore delle telecomunicazioni, importantissimo per la rete, funge da supporto indispensabile, ed ecco quindi la costituzione presso la Sip di un organismo occulto.

In proposito due interrogazioni parlamentari sono state presentate al governo rispettivamente il 6 febbraio 1987 dal sen. Flamigni e l'8 febbraio 1989 dall'on. Capanna. Le risposte date rispettivamente da Gava e da Mammì sono elusive e menzognere. Infatti alla fine il ministro risponde mentendo poiché attribuisce alla Segreteria circuiti speciali il compito della Protezione e sicurezza degli impianti, quando, come si è visto, tale struttura esiste in Sip ed è palese. Singolare è che a capo di tale organismo sia stato posto un funzionario della Stet. Non si capisce inoltre perché un'azienda per proteggere i propri impianti dovrebbe chiedere l'autorizzazione al ministro per creare un servizio a ciò preposto. In chiusura, Gava evita accuratamente di rispondere all'ultimo quesito posto dall'interrogante. La risposta alla seconda interrogazione è più articolata e complessa della prima e non si capisce perché Gava abbia risposto in maniera diversa. Anche qui si continua a dire cose false. Infatti nelle centrali sono attestati o transitano collegamenti delle questure, delle prefetture, dei servizi di sicurezza, delle forze armate e dei settori più delicati dello stato. Non sono segreti i collegamenti che servono alla Protezione civile. Nella normativa si fa riferimento alla Difesa civile! Anche i collegamenti di interesse militare sono da sempre frammisti o isolati da quelli di interesse civile. In tutti i paesi saranno pianificati gli interventi, i provvedimenti da adottare in caso di eventi bellici. Qui si continua a rispondere il falso. La struttura è sorta per finalità ben diverse. Basterebbe controllare l'elenco dei vari allarmi impartiti, per capire che tutto ciò serve a ben altri scopi. La Commissione Moro convocò in audizione l'ing. Aragona, rappresentante della Sip. Questi rispose per iscritto, escludendo l'esistenza presso la Sip di qualsiasi struttura che non fosse quella preposta alla sicurezza degli impianti, collegata con la protezione civile. Quindi perché tali reticenze? L'allegato n. 10 elenca in ordine decrescente di importanza le persone incaricate alla ricezione e diramazione di messaggi di allarme. Di quali allarmi si tratta? Queste persone che cosa avrebbero dovuto fare? Sono quasi tutti dirigenti...

Link http://www.fondazionecipriani.it/

 

  E come non bisogna dimenticare recentemente il riemergere di questa struttura parallela alla Telecom. E come non dimenticare che sin dal 2003 L'Espresso aveva denunciato l'esistenza a Milano di una struttura interna alla Telecom che aveva in appalto le intercettazioni da parte delle Procure della Repubblica.

Tutto queste ultime faccende starebbero a dimostrare l'integrazione tra aziende capitaliste, servizi (privati) e servisi segreti, con relativi scambi di favore, che sta ha dimostrare la tendenza in atto alla fusione tra apparati dello Stato e capitalismo multinazionale.

Che in questi "suicidi" ci sia di mezzo anche queste strutture?   Che alla fine tutto questo nasca da  s un'esigenza di maggiore controllo sui lavoratori? Non dimentichiamo che già in un'azienda del gruppo Berlusconi, la Videotime lo SLAI COBAS denunciò l'intenzione da parte dell'azienda di utilizzare chip per il controllo dei lavoratori.

   Non è che come risposta alla crisi in atto da parte dei capitalisti nasca un'intensificazione del controllo per militarizzare la forza-lavoro?

Il rischio è che per i proletari sia un schiavismo tecnologico?

 

SACCHI MARCO