Beppino Englaro si rifiuta di far vedere la figlia...



da http://www.salvatorecrisafulli.it/

Beppino Englaro si rifiuta di far vedere la figlia:

In tanti vorremmo vedere Eluana Englaro, per farci un'idea,  ma il padre si rifiuta perche? rispetto della Privacy? Non crediamo proprio. Noi invece con questo video siamo in grado di mostrarvi due "Eluane" che da oltre 15 anni si trovano sulle spalle una "sentenza di irreversibilità", ma vengono accudite in casa, con tanto affetto ed immenso amore, scoprirete alla fine che non esiste l'irreversibilità dello stato vegetativo.

Ecco il video

 

Mercoledi 19 Novembre 2008

 

DIVENTERANNO TUTTI ENGLARO?

Dopo la sentenza della Corte di Appello di Milano e la pilatesca decisione della Suprema Corte di Cassazione, gran parte dei 3.800 casi di coma vegetativo (?) in Italia seguiranno Englaro?

La famiglia Crisafulli, già con molta esperienza conosce oltre 950 casi di persone in stato vegetativo (molti vivono in casa) ed avendo fatto un sondaggio sulla pelle dei disabili e le famiglie attesta senza ombra di dubbio che il 99,9% è contrario all’eutanasia e al testamento biologico, lo 01% chiede di morire solo per disperazione ed abbandono totale.

Difatti, chi non legato da situazioni affettive con il malato, chi, giunto alla veneranda età di 90 anni e dovendo accudire una povera figlia in coma da 27 anni, sapendo di dover tornare al Padre Eterno, non s’inventerà la storia che sua figlia, prima dell’evento che l’ha ridotta in coma, ha confidato ad un’amica, che per l’occasione farà il piacere di affermare, la sua volontà che, in caso di coma, non dovessero praticare accanimenti terapeutici e si lasciasse morire in pace? Ovviamente per accanimento sarà inteso, come nel caso di Eluana Englaro, anche la somministrazione dell’acqua e del cibo, cosa che qualsiasi madre fa al proprio figlio, in stato di incoscienza infantile.

La decisione adottata dalla Corte di Appello, senza accorgersene, diventa un dramma nel dramma e crea una aspettativa a catena che difficilmente si può fermare perché un giudicato fa testo e, anche se un ulteriore collegio di giudici dovesse decidere in modo diverso, si avrebbero due giudicati contrastanti ma entrambi validi.

A questo punto, se l’umana compassione, come si legge dalle statistiche pubblicate dalla RAI, ignorando la materia e le conseguenze che la sentenza emanata per la Englaro, è d’accordo nel condividerla; se una povera ragazza, assistita sin’ora dalle suore senza gravame alcuno da parte della famiglia, viene soppressa non per il fastidio che dà ma perché sedici anni addietro, in altre condizioni di vita, avrebbe espresso il desiderio di morire se si fosse trovata in condizioni di coma, a maggior ragione è anche umano che un genitore ultranovantenne, che una famiglia che è stata distrutta nella sua unità dall’evento accadutogli, possa chiedere di far cessare di vivere l’ammalato.

Sui 3.800 casi individuati molti, troppi, vivono in simili condizioni di difficoltà e di necessità. Si, perché lo Stato sin’ora, sia quando ha governato la destra sia quando ha governato la sinistra, mai si è preoccupato di venire incontro alla famiglie che subivano una simile disgrazia.

Non un reparto ospedaliero, non una struttura pubblica, non un’assistenza domiciliare, non un aiuto economico si è trovato in tutti questi lunghi anni. Si è dovuto fronteggiare la situazione da soli, con i propri mezzi. Molti hanno dovuto lasciare il lavoro, imparare a fare i fisioterapisti, gli infermieri, adattare le abitazioni alla bisogna, renderle piccoli ospedali, molte volte impegnarle con mutui per avere le risorse economiche per accudire al famigliare bisognoso e proseguire nel commino assistenziale in attesa del miracolo o dell’evento nuovo della scienza.

Molte famiglie si sono divise perché l’evento occorso e le depressioni hanno portato alle reciproche accuse, soprattutto tra i genitori, accuse inconsistenti ma indicative delle tensioni create dalla situazione difficile nella quale vivono.

In questi anni uomini di coscienza, medici per la vita e non per la morte, a proprie spese hanno sopperito alle carenze dello Stato mettendo in atto strutture di terapia semintensiva e riabilitativa ed a nulla è valso l’appello degli italiani colpiti dall’evento, costretti a recarsi ad Innbruck per trovare una struttura adeguata alla bisogna. Gli enti pubblici hanno preferito rimborsare parzialmente spese enormi alle famiglie per i ricoveri oltralpe, hanno preferito tenere lungodegenze durate, come nel caso Englaro, quindici anni a circa 500 euro al giorno piuttosto che venire incontro alle famiglie che si sacrificano all’assistenza domiciliare pesantissima per questi soggetti. Non sono molto convinto per il caso particolare ma chi dice che Beppino Englaro non abbia preso la decisione di chiedere alla Magistratura di non alimentare più la figlia, costretto a tenerla in ospedale perché le sue condizioni famigliari non solo economiche ma personali non gli consentivano di trasformare la sua casa in un reparto ospedaliero?

Quante delle 3.800 famiglie si sentono stanche ed in condizioni di non più sopportare gli impegni economici, fisici, umani che i vari casi richiedono ed “obtorto collo” decidono di farla finita?

Eppure lo Stato sa l’impegno che occorre in simili casi, sa che aiutando le famiglie dei soggetti bisognosi risparmierebbe tanto denaro che se gli stessi fossero tutti ricoverati in nosocomi, sa che alcuni medicinali, inseriti in prontuario farmaceutico fuori dalla classe C, mentre per le persone sane sono medicinali opzionali, per questi soggetti sono veri e propri salvavita, sa che non si può lesinare il pannolone a chi, da incontinente, ne ha bisogno, sa si ha bisogno di medici  specializzati per individuare particolari malattie che il soggetto in coma non può spontaneamente denunziare, sa che la fisioterapia è una pratica necessaria quotidianamente. Se non lo sa, come può non saperlo il Ministro della Salute, lo sanno certamente i funzionari che nel Ministero hanno vissuto una vita. Perché, allora, non interviene adeguatamente?

Costringe i famigliari degli interessati a far ricorso all’applicazione della sentenza Englaro?

Perché lo Stato spende tanti soldi per tenere attive le rianimazioni in tutta Italia, salvando momentaneamente la vita di tante persone, per, poi, consentire la morte per fame e disidratazione dopo sedici anni? 3.800 persone, adeguatamente assistite a domicilio, costerebbero allo Stato non più di 250.000.000,00 euro l’anno a fronte di 750.000.000,00 euro se le stesse fossero ricoverate in ospedale. Sono situazioni incomprensibili dovute o alla convinzione dell’impossibilità del recupero o alla ignoranza della questione.

18 Novembre 2008