Fwd:Newsletter n°92 di Vincenzo Caldarola - PENSIERI E INFORMAZIONE LIBERA -



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HASSAN ERA UN UOMO COME NOI

E' schifoso ma è così…di questa morte non interessa a nessuno! Accettiamo come naturale che donne e uomini siano rinchiusi in LAGER senza aver commesso reati…anzi ci da fastidio (se non rabbia) che qualcuno continui a denunciare l'illegalità dei CPT...eppure qualche autorevole politico anche di sinistra continua a sognare stanze colme di migranti ammassati costretti ad uno stato di detenzione disumana. Non riesco ad immaginare le loro condizioni di detenzione, dovrei vivere in mezzo a loro per poter avere un’idea.
Ripetiamo gli slogan delle nostre TV per giustificarli, ci proteggiamo con facili generalizzazioni (LORO rubano, spacciano, puzzano...) e ci mostriamo completamente indifferenti alla sofferenza, all'umiliazione e alla morte.
Fino a quando TOCCA A LORO e noi possiamo continuare tranquilli a fare shopping che problema c'e'?

Torino vive - Dal gruppo migranti del TSF

Hassan è morto a Torino sabato mattina presto, dentro la cella numero due di una delle gabbie del centro di detenzione per migranti di corso Brunelleschi. Un centro appena ristrutturato e dalla capacità raddoppiata grazie ai dodici milioni di euro stanziati dal governo Berlusconi e spesi con il pieno avallo del governo Prodi: un restyling delle mura di cinta e dei container, ora in muratura, e degli edifici della gestione, quelli sì tutti nuovi.
Sabato mattina Hassan "era nel suo letto, aveva la bava alla bocca, il cuscino era bagnato, abbiamo provato a svegliarlo, c'era suo fratello Najal al telefono, ma non respirava più! Aveva le braccia blu. Allora abbiamo chiamato e sono venuti, ma prima no! 
Venerdì notte abbiamo suonato tre volte il citofono e abbiamo continuato a chiamare, ma nessuno è venuto a vedere che stava male..." (dall'intervista raccolta durante la visita di lunedì 26/5). Il colonnello Baldacci, responsabile della struttura per conto della Croce Rossa Italiana, su La Repubblica di lunedì 26/5 nega che ci siano state negligenze e aggiunge: "sono clandestini, abituati a dire bugie, mentono su data di nascita, nazionalità, nome. Per loro è facile e abituale non dire la verità. Non vedo perché, allora, si debba credere alle storie che raccontano. Vogliono solo creare il caos".
Queste parole pesanti, pronunciate anche di fronte alle telecamere del TG3 con assoluta freddezza, mostrano il volto più brutale di tutta la vicenda: Baldacci ci sta dicendo, senza minimamente cercare una giustificazione alla tragedia che chiama in causa la sua diretta responsabilità, che non è preoccupato, perché sa che in fondo a pochi interessa davvero qualcosa di Hassan, della sua morte, come a pochi interessava della sua vita o di quella degli altri migranti rinchiusi. Baldacci ci butta in faccia che la morte di un tunisino privo di documenti, malato e tossicodipendente, chiuso in una gabbia in attesa di espulsione, non conta nulla.
Il sistema di inclusione differenziale che struttura la nostra società (migranti/autoctoni, clandestini/cittadini, precari/garantiti, poveri/ricchi...) finisce per schiacciare al suo fondo, lentamente ma con metodo, il campo dei "paria".
Gli intoccabili/indesiderabili vivono in confini interni alla metropoli, tracciati sulla base dell'esclusione sociale, confini che nel caso del Cpt si rendono visibili per minacciare chi fosse intenzionato a valicarli. Il lager non nasconde i paria dallo sguardo degli "inclusi", ma piuttosto li mostra loro perché li possano riconoscere come "altri da sé". Così questa morte viene a dirci che non siamo uguali, che esiste una classe di intoccabili (immigrato, arabo, clandestino, tossicodipendente...) che non ha diritti esigibili e per la quale la morte non è una tragedia, non può e non deve indignarci. Questo può avvenire dentro un carcere etnico così come nella corsia di un ospedale non a pagamento, o dentro una fabbrica in smantellamento, o in un cantiere senza le minime disposizioni di sicurezza, o ancora con la morte cercata per disperazione, o quella data per violenza brutale dentro le mura domestiche.
Noi invece siamo indignati per questa morte e per quello che rappresenta. Denunciamo con forza come inaccettabile questo sistema della cittadinanza "a strati", basata su appartenenze etniche o di classe, un sistema che permette che un migrante muoia di polmonite o per una reazione allergica sotto gli occhi della Croce Rossa e a 500 metri da un ospedale!
Per questo motivo chiediamo l'immediata rimozione del Colonnello Baldacci e la sospensione della concessione della gestione del centro alla Croce Rossa. Chiediamo che nessuno dei migranti detenuti, che stanno continuando con forza e determinazione a lottare per manifestare la propria rabbia, sia espulso. Chiediamo che la famiglia di Hassan, che da dieci anni non vedeva il proprio congiunto, possa avere verità e giustizia.

Gruppo migranti Torino
Segnalazione Fabio News
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