Caso Saadi c. Italia, Amnesty: il divieto di tortura e di altri maltrattamenti è assoluto e universale



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COMUNICATO STAMPA
CS81-2007

CASO SAADI c. ITALIA: AMNESTY E ALTRE ORGANIZZAZIONI RICORDANO ALLA CORTE
EUROPEA DEI DIRITTI UMANI CHE IL DIVIETO DI TORTURA E DI ALTRI
MALTRATTAMENTI E' ASSOLUTO E UNIVERSALE

Amnesty International, AIRE Centre, la Commissione internazionale dei
giuristi, Interights e Redress hanno segnalato che, nell'udienza di oggi
sul caso Saadi c. Italia, alla Grande camera della Corte europea dei
diritti umani viene richiesto di mettere in discussione il divieto
assoluto di tortura e altri maltrattamenti.

L'indebolimento del divieto assoluto e universale di tortura e di altri
maltrattamenti, non soltanto e' sbagliato, esso ci mette tutti in
pericolo, minando alla base uno dei valori fondamentali sui quali il
sistema europeo e' costruito.

Nell'ambito del procedimento Saadi c. Italia, all'attenzione della Corte,
Nassim Saadi sostiene, tra le altre cose, che il decreto di espulsione
dall'Italia alla Tunisia da cui e' stato colpito, emanato in base alla
legge Pisanu, viola gli obblighi del governo italiano in base alla
Convenzione europea dei diritti umani di divieto di tortura e di
protezione dalla tortura e da altri maltrattamenti, in quanto il suo
rinvio verso la Tunisia lo esporrebbe a un rischio reale.

Il governo del Regno Unito, insieme a un gruppo ristretto di altri
governi, e' intervenuto nel procedimento davanti alla Corte, a sostegno
dell'espulsione nonostante il rischio di tortura e altri maltrattamenti.
Il governo di Londra ha chiesto alla Corte di modificare la propria
giurisprudenza, che e' attualmente coerente col divieto assoluto,
universalmente riconosciuto, di tortura e altri maltrattamenti. Il Regno
Unito sostiene che il divieto di tortura e di maltrattamenti non dovrebbe
essere assoluto nei confronti di cittadini stranieri che uno Stato ritiene
rappresentino una minaccia alla sicurezza nazionale e che per questo
intende espellere.

Al momento, le norme del diritto internazionale sui diritti umani sono
chiare. Il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti implica
che gli Stati siano obbligati ad assicurare che i loro rappresentanti non
siano coinvolti nell'infliggere tortura o altri maltrattamenti, quali che
siano le circostanze. Essi, inoltre, devono assicurare alla giustizia i
responsabili di tali atti e risarcire le vittime. Il divieto di tortura
implica inoltre che gli Stati non possano sottoporre una persona a rischio
di tortura e altri maltrattamenti nel territorio di un altro Stato,
inviandola - seppur legalmente - in un paese dove essa corre un rischio
reale. Queste regole vanno tenute ferme in ogni circostanza, anche quando
la persona in questione e' sospettata di terrorismo.

Esistono buone ragioni perche' il divieto di tortura e di altri
maltrattamenti sia assoluto: la tortura e' una grave violazione della
dignita' e della integrita' personali. La sua applicazione corrode i
principi dello stato di diritto e l'autorita' morale dello Stato. Per
queste e altre ragioni, la pratica della tortura e' stata ripetutamente
condannata da tribunali nazionali e internazionali. Il suo divieto
assoluto ha raggiunto il massimo grado di obbligatorieta' nel diritto
internazionale. Esso e' fondamentale, perentorio e inderogabile.

La comunita' internazionale ha preso molteplici impegni legali e ha piu'
volte ribadito pubblicamente che tutte le misure adottate dagli Stati per
proteggere tutti noi dal terrorismo devono essere conformi al diritto
internazionale, e quindi anche al divieto di tortura e altri
maltrattamenti. Tuttavia gli organi di informazione, i rapporti delle
organizzazioni per i diritti umani e i rapporti delle Nazioni Unite e
degli organismi del Consiglio d'Europa riferiscono regolarmente di misure
adottate dagli Stati, che minano o cercano di aggirare questo divieto
assoluto. Inviare una persona in un luogo in cui rischia la tortura o
altri maltrattamenti, sulla base di 'rassicurazioni diplomatiche', come
l'Italia intende fare nel caso Saadi, e' solo un esempio di questo
preoccupante fenomeno europeo: si tratta di una sorta di 'accordo tra
gentiluomini', non vincolante, con lo Stato dove la persona viene
rinviata, in base al quale quest'ultimo dovrebbe fare un'eccezione alla
'pratica normale' di torturare i detenuti, proteggendo la persona in
questione da tale maltrattamento.

Ulteriori informazioni

Il caso Saadi c. Italia e' oggi all'esame della Grande camera della Corte
europea dei diritti umani. Nell'ambito del procedimento, Nassim Saadi
sostiene, tra l'altro, che l'ordine di espulsione dall'Italia alla Tunisia
da cui e' stato colpito, emanato in base alla legge Pisanu, viola gli
obblighi del governo italiano in base alla Convenzione europea.

Nassim Saadi, cittadino tunisino regolarmente residente in Italia fino
all'arresto, e' stato condannato nel maggio 2005 dalla Corte d'assise di
Milano a quattro anni e sei mesi di reclusione per associazione a
delinquere e contraffazione di documenti. E'  stato contestualmente
assolto dall'accusa di associazione con finalita' di terrorismo
internazionale. Sia Nassim Saadi che il pubblico ministero hanno
presentato appello contro questa decisione e il relativo procedimento e'
pendente.

Tuttavia, nell'agosto 2006, ad appello pendente, il ministro dell'Interno
ha ordinato l'espulsione di Nassim Saadi in Tunisia, in base alla legge
Pisanu. Quest'ultima permette che una persona sospettata dalle autorita'
di coinvolgimento in attivita' connesse al terrorismo possa essere espulsa
per ordine del ministro dell'Interno o, su sua delega, di un prefetto,
anche in assenza di un'accusa o di un processo. L'appello contro l'ordine
di espulsione emanato in base alla legge Pisanu non e' sospensivo. Il caso
Saadi e' uno dei numerosi procedimenti pendenti davanti alla Corte
nell'ambito dei quali viene contestata l'applicazione di questa legge, il
cui giudizio di costituzionalita' e' peraltro attualmente pendente in
Italia.

Inoltre, nell'ambito del procedimento davanti alla Corte europea dei
diritti umani, Nassim Saadi lamenta un rischio reale di torture,
maltrattamenti e altre violazioni dei diritti umani cui sarebbe esposto in
caso di rimpatrio in Tunisia, affermando pertanto che il suo rimpatrio
sarebbe illegittimo.

Nel maggio 2005 Nassim Saadi e' stato processato in contumacia da una
corte militare in Tunisia e condannato a 20 anni di detenzione per
partecipazione a un'organizzazione terroristica operante all'estero e
incitamento al terrorismo. La condanna sarebbe stata emanata sulla base di
presunte attivita' da lui svolte in Italia. Per quanto sia probabile che
egli sarebbe nuovamente sottoposto a processo se rinviato in Tunisia, tale
processo avrebbe tuttavia ancora luogo davanti a una corte militare.

Le ricerche delle organizzazioni firmatarie di questo comunicato stampa
mostrano che i processi celebrati dalle corti militari tunisine violano
gli standard internazionali del giusto processo. Il presidente e' l'unico
membro civile della corte e viene limitata la pubblicita' del procedimento
che si tiene in strutture militari. La Corte europea dei diritti umani ha
gia' ritenuto, in altre circostanze, che tali procedimenti violino il
diritto al giusto processo. I civili processati da questi tribunali hanno
denunciato molteplici violazioni del loro diritto alla difesa, tra cui la
mancata informazione sul diritto a essere difesi da un avvocato, le
restrizioni imposte ai loro avvocati circa l'accesso al fascicolo e la
conoscenza delle date delle udienze. Sugli appelli giudica soltanto la
Corte militare di cassazione e non c'e' alcun riesame da parte di un
tribunale non militare.

Il caso Saadi c. Italia e' uno dei tre procedimenti pendenti davanti alla
Corte europea dei diritti umani nell'ambito dei quali il Regno Unito e un
ristretto gruppo di altri governi europei stanno cercando di modificare il
divieto assoluto di inviare una persona in un paese in cui e' sottoposta a
un reale rischio di tortura e altri maltrattamenti, proponendo invece un
esame del bilanciamento tra i rischi per l'individuo e i rischi per la
sicurezza nazionale.

Un altro caso in cui il governo del Regno Unito ha utilizzato questo
argomento davanti alla Corte europea dei diritti umani e' il caso Ramzy
c.Olanda, attualmente pendente. La Corte deve ancora tenere delle udienze
sul caso Ramzy. Tuttavia essa ha accolto la richiesta del Regno Unito di
rivolgersi alla Corte durante l'udienza del caso Saadi e di includere le
proprie memorie precedentemente allegate al caso Ramzy anche nel fascicolo
del caso Saadi c. Italia. La Corte non ha invece accettato di includere
nel caso Saadi le controargomentazioni presentate da tre gruppi di
Organizzazioni non governative, incluse quelle firmatarie di questo
comunicato stampa, che gia' fanno parte del fascicolo del caso Ramzy. Cio'
e' motivo di rammarico per queste organizzazioni.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 11 luglio 2007

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it





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