I Pacs e Ruini



I PACS E GLI OCCHIALI DEL CARDINALE

Puntuale come un orologio svizzero arriva anche l’intervento della CEI, attraverso le parole del cardinale Camillo Ruini. Dopo la “crociata” contro il referendum sulla procreazione assistita, i vertici ecclesiastici non hanno perso l’occasione di far pesare il proprio punto di vista anche sulla questione dei Pacs. L’intervento ha rischiato per l’ennesima volta di cadere, ma abilmente non è caduto, nell’incostituzionalità, in quanto si legge nell’articolo 7 della nostra Carta che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio potere, indipendenti e sovrani”.

A proposito di Costituzione, il cardinale, per sostenere l’opinione dei vertici ecclesiastici, fa appello proprio alla Carta. E qui nasce il problema. Perché fino a quando si sostengono le proprie opinioni con l’ausilio del proprio bagaglio ideologico e morale, la discussione si può articolare su presupposti corretti e nel pieno rispetto delle opinioni di tutti. Nel momento in cui, però, per sostenere la propria opinione che, nel caso di Ruini, nasce da convinzioni religiose che nulla hanno a che vedere con la costituzione di uno stato sovrano, si prende a prestito la Costituzione, che è la carta di tutti gli italiani e non certo del Vaticano, si fa evidente un certo grado di scorrettezza che tende a chiudere la comunicazione e quindi il libero scambio di idee.
D’altronde questo modo di impostare le proprie comunicazioni da parte della CEI è funzionale allo scopo dei vertici clericali e consono alla figura del sacerdote.
In quanto intermediario tra l’uomo e dio, le comunicazioni di un sacerdote non possono essere sullo stesso piano di quelle di un politico qualsiasi, anche se l’argomento è totalmente politico. Quindi è ovvio che ciò che il cardinale comunica al popolo e ai suoi rappresentanti politici non può essere messo in discussione come se fosse un’opinione uguale alle altre, ma deve sempre avere la parvenza di qualcosa che viene dall’Alto.

Ma gli umanisti non sono sensibili a questo effetto e quindi non si fanno intrappolare, come spesso accade a molti esponenti politici, anche della sinistra italiana.

Quando il cardinale Ruini fa appello alla Costituzione vorrebbe che tutti leggessero l’articolo 29 con gli stessi “occhiali” che lui usa. Il fatto che ognuno tende a leggere la realtà con i propri occhiali è risaputo. È un fatto anche accettabile se rimane entro quei limiti definiti proprio dalla disponibilità reciproca a mettere in discussione le proprie opinioni. Ma dati i presupposti sopra menzionati, la posizione da “pulpito” che tendono sempre ad assumere i vertici ecclesiastici non rende facile lo scambio paritario di idee.
In ogni caso, e qui viene la nostra messa in discussione, nell’articolo 29 della Costituzione italiana, senza occhiali, si legge: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
Provando a leggere con gli occhiali del cardinale Ruini, che ha dichiarato che la famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso non può essere equiparata giuridicamente ad altre forme di convivenza, nell’articolo 29 della Costituzione si leggerebbe: “La Repubblica riconosce i diritti solo della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso”.
La differenza è abbastanza evidente. Bisogna riconoscere che le lenti di Ruini sono veramente speciali, in quanto aggiungono parole laddove non ci sono. 
Infatti nel suddetto articolo non è specificato che la famiglia è l’unica forma di convivenza a cui devono essere riconosciuti i diritti. E non è neppure specificato il sesso di coloro che vogliono formare una famiglia. Si dice semplicemente che la repubblica riconosce i diritti dell’unica forma di convivenza che l’etica dominante nell’Italia degli anni ’40 rendeva possibile, cioè quella fondata sul matromonio. Ma non c’è alcuna traccia di esclusione di altre forme di convivenza, che evidentemente in quel contesto storico-sociale non erano così numericamente rilevanti come lo sono nella società italiana di oggi.

Non c’è dubbio: non è consigliabile per chi vuole sostenere le proprie opinioni fondate sui dettami dell’etica cattolica, come vuol fare il cardinale Ruini, fare appello alla Costituzione italiana. La quale, per giunta, sancisce, attraverso l’articolo 3, che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Evidentemente non c’è scampo. La Costituzione non ammette discriminazioni.

Ma non solo non vogliamo gli occhiali di Ruini. Oggi noi umanisti rivendichiamo soprattutto rispetto per l’essere umano.
Ciò che non sopportiamo è l’uso strumentale dell’essere umano che CEI e partiti politici aggregati stanno facendo per imporre a tutti i costi la propria visione della società.
Ieri hanno usato la donna e il suo rapporto esclusivo con l’embrione. Oggi stanno usando gli esseri umani che vogliono convivere tra di loro nei modi che loro ritengono più giusti, compresa la famiglia tradizionale.
Lo abbiamo già detto: agli umanisti non interessa ciò che viene imposto come unico perché definito “naturale”; a noi interessa “l’umano” nelle sue molteplici espressioni.
Per cui consigliamo vivamente al cardinale Ruini, e a chi così facilmente aderisce alle sue dichiarazioni, di cambiare occhiali, altrimenti rischiano di allontanarsi così tanto dall’essere umano che prima o poi saranno costretti a guardare gli esseri umani con il telescopio.

Roma, 20 settembre 2005
                        Carlo Olivieri
Segreteria programma nazionale