uomini e referendum




Forum delle donne - Partito della Rifondazione comunista   Direzione nazionale
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Car@ tutt@, un contributo alla discussione sui referendum, inviatomi da
Stefano Ciccone del gruppo romano "Maschile plurale". Ve lo inoltro perché
credo sia interessante ascoltare ciò che hanno da dire su questo tema gli
uomini che partono da séŠ.
Un caro saluto
Linda Santilli



DA  UOMO  A  UOMOŠ

Che cosa è in gioco con i referendum del 12 e 13 giugno?

Le televisioni ci raccontano di ardite sperimentazioni scientifiche su cui
pontificano scienziati, moralisti e sacerdoti. Secondo noi invece è in
gioco la libertà di donne e uomini di decidere delle proprie scelte di vita
e riproduttive. Queste scelte riguardano la vita di tutti e non intendiamo
delegarle ne' ai tecnici ne' ai detentori della morale. E' in gioco anche
il nostro desiderio di essere padri, il nostro modo di esserlo, i nostri
progetti di vita.
Crediamo che gli uomini debbano partire dalla parzialità della propria
esperienza senza nascondersi dietro la neutralità di un discorso,
scientifico, ideologico o religioso, che si fa "universale" e si
costituisce in "norma". Partiamo da qui per aprire un confronto tra uomini
e con le donne sui temi della genitorialità e sul ruolo dei due sessi nelle
scelte che ci riguardano, ascoltando i conflitti e le domande che ci pone,
e scoprendo quali opportunità ci apre. Ci interessa interrogare le
esperienze di ognuno/a, oltre le polarizzazioni tra libertà della scienza e
sua regolamentazione, tra desiderio di genitorialità e modelli morali
vincolanti, tra laicità dello stato e scelte etiche.
Desideriamo una relazione tra i generi che si misuri criticamente con le
aspirazioni e i desideri di ciascuno/a e con le fantasie di onnipotenza, le
torsioni della libertà in autosufficienza, le promesse tecnologiche di
reinvenzione dei corpi. Una relazione che chiede uno spazio vero tra la
prima parola e l'ultima che le donne debbono continuare ad avere sulle
scelte che riguardano la loro possibilità di generare un essere altro da
sé. Ancora una volta, il corpo delle donne è considerato un bene di
interesse pubblico su cui "la società" deve legiferare nel nome di un
supposto interesse superiore, neutro e trascendente.
Respingiamo una concezione secondo cui la libertà dell'uomo, per crescere,
deve limitare, negare, ostacolare la libertà della donna. Non siamo
disponibili a progetti di "rivincita" del maschio. Questa cultura maschile
non ci rappresenta come uomini.  Siamo convinti che la libertà delle donne
è condizione essenziale della nostra stessa libertà di uomini.
Vogliamo affrancarci da una complicità con politiche che tendono a imporre
per legge limiti all'autonomia e alla libertà delle donne. La volontà di
dettar legge, nel campo della sfera più intima delle relazioni umane, da
parte di un gruppo di maschi celibi (la gerarchia cattolica) ci appare
intollerabile. Essi giocano sull'ignoranza e sulla soggezione tradizionale
di tanti/e nei confronti del clero, agitando in modo strumentale le
questioni della clonazione, dell'eugenetica, della selezione razziale, per
mascherare la volontà patriarcale di dominare sui corpi e le coscienze.
Non è nella legge (nel potere, nel ruolo di capofamiglia, nel
riconoscimento normativo di poter dire la propria sulle scelte delle donne)
né nel controllo tecnologico del corpo femminile e della sua capacità
generativa, che potremo trovare risposta alla domanda di senso che segna la
nostra condizione di uomini.
Noi pensiamo che la paternità sia relazione, non un atto di proprietà. Sono
padre perché con il bambino o la bambina costruisco una relazione che
coinvolge il mio corpo e le mie emozioni.
Ma per diventare bambini e bambine gli embrioni hanno bisogno del
desiderio, del corpo della madre, e della sua scelta: senza tutto questo
non nasce vita. Come può una legge dare ordini o imporre proibizioni alle
donne in questo campo? Non dovrebbe, lo Stato, limitarsi a creare le
condizioni perché maternità e paternità si possano esercitare nel miglior
modo possibile?
La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ci appare violenta
nei confronti delle donne, perché aggiunge sofferenze al dolore derivante
dalle difficoltà ad avere figli o dal pensiero di mettere al mondo bambini
e bambine con gravi problemi di salute. Ma lo è anche verso noi uomini,
perché ci impone un ruolo di proprietari e controllori, che contraddice la
nostra idea di paternità come relazione.
Sentiamo come un atto di violenza anche l'invito pervicace ad astenersi dal
voto. Chi propaganda l'astensione intende imporre il punto di vista di una
minoranza come unico, immodificabile, valido per tutti e tutte, contro la
libera e consapevole espressione delle scelte degli uomini e delle donne.
Pertanto dichiariamo la nostra totale dissidenza nei confronti di questa
cultura e di queste pratiche, anzi invitiamo tutti e tutte a informarsi, a
riflettere e a scegliere la strada della libertà e della responsabilità.
La battaglia per l'abrogazione della legge 40 non è quindi per noi solo
legata a ragioni (per quanto sacrosante) di solidarietà alle donne, che da
quella legge sono direttamente offese. Questa battaglia ci riguarda, e ci
riguarda in quanto uomini. Combatterla si può, e secondo noi si deve, anche
nel nostro interesse.
Per fare questo dobbiamo sgombrare il campo da una legge retriva sulle
scelte di vita delle persone e il loro accesso alle tecniche, per aprire un
nuovo spazio di confronto tra donne e uomini.
Da parte nostra, risponderemo SI', con convinzione, ai quattro quesiti
referendari.

I gruppi uomini di Bari- Bologna - Pinerolo - Roma - Torino - Verona -
Viareggio
e-mail: maschileplurale at yahoo.it (Bologna), 
maschileplurale at libero.it (Roma),
web.tiscalinet.it/uominincammino (Pinerolo)