"Io, accoltellato senza un perchè vi racconto la goliardia del male"



Egregio Direttore Dott. Fabrizio in segno di solidarieta con Luigi M. la preghiamo di voler rendere noto il nostro scritto che inviamo - unitamente a quello di Luigi M.- alla nostra ML.
1) leggendo quanto scrive Luigi M. gli eventuali "turisti" desiderosi di visitare Napoli, è bene che non ci vadano affatto per non rimetterci le penne; a meno che non amino la roulette russa per cui Napoli può essere più che desiderabile; questo non è disfattismo, ma realtà.
2) se si volesse veramente mettere a posto la città di Napoli lo si sarebbe fatto da moltissimo tempo. Verò è il contrario: il caos  è voluto. La domanda è: a chi giova mantenere questo stato di cose, anzi peggiorarle????, a chi servono "le famiglie" che infestano Napoli???
3) e se non se ne ricava vantaggio, è dimostrazione di incompetenza non riuscire a debellare la mafia, la camorra e similari o di connivenza nazionale?
4) non da ultimo tutti i cambiamenti sono possibili se inziano dal singolo.La legalità, la libertà, la dignità, la capacità di indignarsi, di ribellarsi, di non voler essere più asserviti a chi ti sfrutta, anche con i miracoli, non hanno bisogno di parole, parole, parole... ma di giustizia e di cultura.  
Grazie e saluti  - Associazione Partenia - partenia at katamail.com
 
Un giovane parla della sua terribile esperienza e dei napoletani.
"Io, accoltellato senza un perchè vi racconto la goliardia del male"
Luigi M.
 

Era il 19 maggio 2004. E' già passato un anno da quella terribile sera. Era la sera in cui un venticinquenne ci stava lasciando le penne, con otto

coltellate sparse per il corpo. Quel ragazzo sono io. Ho letto della condanna a 16 anni all'assassinio di Fabio Nunneri, accoltellato l’estate scorsa. La sua famiglia ha detto: “Non crediamo più nella giustizia” Sono talmente d’accordo con loro da vergognarmene quasi.

 Perché io, è vero, non vedrò mai puniti gli sconosciuti che tentarono di uccidermi senza un motivo quella sera di maggio, ma almeno io sono ancora vivo.

Un anno fa “Repubblica” riportò la notizia dell’aggressione. Un branco agì contro di me  per il solo fatto di aver detto “Non sedetevi sulla mia auto parcheggiata”. Feci per spostarla, alla fine. E mi saltarono addosso, uno era armato di lama. La cronaca mi diede un nome finto, Marco, perché in questa società  non solo devi subire, ma non sei nemmeno libero di dichiararti vittima, di denunciare. Siamo nell’era della libertà di comunicazione, di espressione, di circolazione di persone e beni. Così ci dicono. Eppure, siamo in balia di individui il cui unico scopo è ledere diritti e corpi altrui.

Quella sera la mia vita è cambiata, nel bene e nel male.. Nel bene: perché mi sono rafforzato, c’è sempre qualcosa di positivo dietro una disgrazia che separa le tue giornate in un prima e dopo. E nel male: perché il mio rapporto con Napoli, città che adoravo, non è più quello di prima. Sono giunto a una rottura che mi lacera ogni volta che sento e vedo le cose squallide che accadono qui.

Lo sapete? Il nuovo passatempo a Napoli è il “personaball, un turista per nemico” e chi prende l’occhio ha un giro in omaggio. Scene da parco giochi horror proiettate però al centro storico di Napoli dove l’inverosimile può diventare realtà. Provate, chi non l’avesse mai fatto, a salire sull’R2 per tre giorni consecutivi e vedrete le stesse 4 o 5 persone che cercano di fregare i portafogli. Li conosco come tutti i passeggeri abituali: eppure nessuno , dico nessuno di istituzioni, sicurezza, uffici pubblici , ha i requisiti per buttarli giù e puntualmente ogni giorno qualcuno sio trova qualche soldo di meno addosso. E la polizia? Le leggi serie? E il coraggio? Non esistono, credo.

A tutt’oggi non riesco a dimenticare ciò che un anno fa mi è stato fatto. Ne porto addosso i segni. Non ci riesco perché alcune ferite fanno ancora male, anche perché ogni giorno succede qualcosa che mi fa ritornare in mente quanto sia invivibile questa città.

L’estate scorsa sono stato in Sud America: malgrado il terzo mondo, ho visto la civiltà e l’educazione. Anche lì ci sono crimini e anche molto più efferati di quelli cui siamo “abituati” qui, ma hanno uno sfondo di disperazione e reale sopravvivenza. A Napoli invece è goliardia del male.  Prima del fattaccio, ho sempre lottato per difendere la mia città. Ora non l’attacco, ma la fuggo.

Sempre in quel lontano paese in Sud America nella pagina “Altre dal Mondo” di un quotidiano locale, tra la guerra in Iraq, quella in Cecenia e altre disgrazie mondiali c’erano 2 trafiletti sull’Italia. Il primo: Italia, al via il nuovo realityshow sul calcio. L’altro: Napoli, vietata la vendita di coltelli per eccesso di violenza. Il primo non lo commento neanche. Per il secondo, ho provato rabbia e vergogna. A volte penso che per mettere a posto la città basterebbe solo tanta voglia di lavorarci sul serio, e più protezione per i comuni cittadini che sono davvero in balia del terrore, a ogni passo in strada. Voglio dire a tutti voi napoletani che amate davvero Napoli: non accettiamo i soprusi. Riprendiamoci la nostra città. Un augurio a coloro che sanno e non hanno mai detto nulla su chi fossero gli individui che mi accoltellarono un anno fa, ancora impuniti….  Luigi M.