Inchiesta sulla precarietà nel Gruppo Cos (...non solo call center!)



Ciao,



è di ieri sul Manifesto la pubblicazione del primo articolo di una
inchiesta giornalistica sulle condizioni di lavoro nelle aziende del Gruppo
Cos: salari da fame e nessun diritto.



L'articolo del giornalista, Antonio Sciotto, squarcia il velo di omertà
anche sulle responsabilità sindacali determinate dagli accordi a perdere
che i soliti noti si ostinano a sottoscrivere.



E' emblematico che nonostante la situazione che subiscono i lavoratori
delle società del Gruppo COS, cgilcisluiluglsult in Alitalia continuino a
sostenere (...o a tacere!) l'imminente uscita del call center AZ dalla
Compagnia sapendo che Alicos, società de Gruppo COS,  rileverà le attività
e ... forse i lavoratori!



Ø     DA cgilcisluiluglsult NON UNA PAROLA CHIARA, UNA INIZIATIVA E UN
INTERVENTO CONTRO L'USCITA DI TALE SERVIZIO DALLA COMPAGNIA E PER IL SUO
MANTENIMENTO IN ALITALIA.



Ø     DA cgilcisluiluglsult NON UNA PRESA DI POSIZIONE NETTA A SOSTEGNO
DELLA STABILIZZAZIONE DEL LAVORO IN ALITALIA E A FAVORE DELL'ADOZIONE DI UN
CRITERIO CERTO E TRASPARENTE PER LA TRASFORMAZIONE NELLA COMPAGNIA DEI
CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO IN CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO.



Di fatto un avallo esplicito che quei sindacati (…chi prima chi dopo!)
stanno inviando all'azienda per procedere allo smembramento della Compagnia
e al trasferimento in AZ Servizi di quasi tutte le attività di terra
(call-center, informatica, amministrativi...prima di ogni altra!): un primo
passo verso la loro definitiva liquidazione e cessione a terzi.



Altro che garanzie! Altro che GRUPPO Alitalia!

Altro certezza del rinnovo dei contratti per i precari!



LA VERITÀ E' UN'ALTRA:

FERMIAMOLI FINCHE' SIAMO IN TEMPO!



Buona lettura



A presto






IL MANIFESTO 29 MARZO 2005


INCHIESTA


Viaggio nei call center siciliani tra i lavoratori a progetto del gruppo Cos

Salve, risponde Lucia Per 38 centesimi l'ora

ANTONIO SCIOTTO
INVIATO A PALERMO

Il primo stipendio di Lucia? Quarantasei euro netti, o 56 lordi se
preferite. La scorsa estate ha lavorato alla Cosmed di Palermo, gruppo Cos,
per un intero mese, 6 ore al giorno per 5 giorni a settimana, ma le
pagavano solo i contratti che riusciva a procurare alla Wind: a conti
fatti, la bellezza di 38 centesimi all'ora. D'accordo, era il primo mese,
quello di «rodaggio», ma non è che le cose siano poi migliorate troppo:
oggi è una lavoratrice a progetto in scadenza ogni trimestre, riesce a fare
tra i 300 e i 400 euro al mese, ma non è detto. E' pagata a cottimo, solo
per i «contatti utili»: 25 centesimi lordi per ogni telefonata che superi i
25 secondi. Altrimenti è come se non avesse lavorato: Lucia non stava lì.
Ironia della sorte, deve fare anche gli «straordinari»: 8 ore al giorno
anziché le 6 da contratto, senza alcuna maggiorazione, anche loro a cottimo
ed esposte alla stessa incertezza. «Spesso non riesco a fare neppure i
giorni di riposo - ci spiega seduta al tavolino del bar Recupero di
Palermo, dove l'abbiamo incontrata - Dovrei farne due a settimana, ma ci
chiedono di continuare a lavorare senza sosta. Non vuoi fare 8 ore? Nei
riposi puoi farne 6 o 4, mi dicono, ma ti consigliamo caldamente di venire.
Come sai, il tuo contratto è in scadenza, e un eventuale rifiuto potrebbe
pesare...». Lucia non riesce a capire che senso abbia continuare a lavorare
al call center, ma non vede al momento alternative: la disoccupazione in
Sicilia è altissima, sul tavolo dell'ufficio personale della Cosmed si
accumulano montagne di curriculum. Tutti ragazzi, ma non solo, pronti a
lavorare per una busta paga incerta: «Ieri - ci spiega - ho guadagnato solo
10 euro in otto ore: tre telefonate utili e un contratto. Ho speso di più
per la benzina e il pranzo». E da fine gennaio c'è un sistema di compenso
ancora più perverso: se non si riesce a tenere una media complessiva di
durata delle telefonate di 2 minuti e 36 secondi, vengono retribuite
soltanto il 25% delle chiamate utili.
Accanto a Lucia c'è Alfonso, il suo ragazzo, come lei ha 25 anni. Anche lui
immerso in pieno nella giungla dei call center, campagne per Wind e Tim, ma
sempre attraverso gli appalti della Cos. Ha lavorato per la Alicos, gemella
minore della Cosmed, che gestisce tra l'altro il numero verde Alitalia: due
settimane fa hanno scioperato per ottenere un compenso fisso. «Spesso
lavoro per pochi euro al giorno, mentre per la benzina e il pranzo vanno
via 12 euro - ci spiega - L'attuale campagna ce la pagano 42 centesimi
lordi a chiamata, è un lavoro in perdita, non riesci a mettere da parte
nulla. Io non riesco a permettermi neppure l'affitto, devo restare a vivere
con i miei genitori».
I «lavoratori a progetto» - che qui a Palermo molti chiamano sinteticamente
«lap» - sarebbero la versione aggiornata dei «cococò»: la legge 30 li
inquadra come una sorta di autonomi, a compenso libero, e dunque dovrebbero
almeno gestire liberamente i propri orari. In realtà i «team leader», i
capetti, li controllano da vicino: vogliono essere avvisati quando
mancheranno, li rimproverano per le assenze, impongono gli straordinari. La
Cos, il gruppo nazionale di cui è proprietario Alberto Tripi (e che di
recente ha acquisito anche la Finsiel), nel capoluogo siciliano occupa
circa 1200 «lap» (1800 nei periodi di picco), ripartiti tra Cosmed e
Alicos; nelle due società gemelle ci sono anche 1400 operatori con
contratti subordinati. Ma se consideriamo pure gli altri call center della
città, i lavoratori a progetto diventano oltre duemila: «Una condizione di
precarietà di cui si comincia a prendere coscienza - ci spiega Angelo
Candiloro, della Slc Cgil, che organizza gli operatori con microfono e
auricolari - E finalmente riusciamo a fare mobilitazioni più serie».
Mauro, 34 anni, lavora in Cosmed per la campagna della Sky, riceve le
telefonate dei clienti che chiedono informazioni sulla tv satellitare.
Anche lui è un «lap», esposto senza protezioni ai capricci delle commesse e
del mercato: quando la campagna va bene riesce a guadagnare 650 euro al
mese per 4 ore di lavoro in 5 giorni a settimana. Oggi, dato che il mercato
langue, riesce a fare sì e no 250-300 euro al mese. «Non ho tfr, malattia,
ferie - ci dice - sono a totale disposizione dell'azienda: "valgo" 62
centesimi a chiamata e "scado" ogni 6 mesi. Anche a me chiedono spesso gli
straordinari, per 6-8 ore al giorno e senza riposo settimanale. Ho un
secondo lavoro in una scuola privata, dove magari guadagno ancora meno, ma
almeno lì mi rispettano come persona». Anche Giancarlo, 32 anni, lavora
nella campagna Sky: «Duecento euro al mese, ma che ci fai? Spesso non
ricevo più di sei chiamate al giorno, neppure 3 euro di guadagno».
Giancarlo è dottorando all'università di Torino, ma non frequenta: «Mi
porto un libro per riempire i tempi morti - spiega - ma i team leader mi
vietano di leggere, devo farlo di nascosto. Secondo me non è giusto, visto
che non veniamo retribuiti per il tempo che non riceviamo chiamate».
Del lavoro di apprendista ci parla Giuseppe, 24 anni. Ha un contratto di
apprendistato di 18 mesi alla Alicos, in base al quale percepisce una paga
ridotta rispetto al contratto nazionale. Si va dai 320 euro dei primi 6
mesi ai 470 dell'ultimo semestre di prova: un part time regolare di 4 ore
prende 580 euro mensili. Essendo in attesa della conferma, che sarà decisa
in estate, è messo sotto pressione e obbligato a dire continuamente «sì».
Come gli altri è costretto agli straordinari forzati, raddoppiando di fatto
le sue 80 ore mensili: solo che a lui per 160 ore vanno in busta paga 610
euro, mentre i dipendenti a tempo indeterminato ne prendono 1015. «Quelli
che fanno il tuo stesso lavoro guadagnano quasi il doppio - dice - Certo,
non me la prendo con loro, è che ormai le aziende ci vogliono mettere gli
uni contro gli altri». La compagna di Giuseppe è interinale al 155 Wind,
sempre in Alicos, e pure lei «ricattabilissima»: «Il 28 dicembre - spiega -
hanno chiamato il suo gruppo e cambiato improvvisamente i turni: dovevano
lavorare fino all'una di notte dell'1 gennaio. Noi avevamo già programmato
il Capodanno fuori: la mia ragazza ha chiesto cosa sarebbe successo se si
rifiutavano. Sapete, hanno risposto, il 4 gennaio si decide il rinnovo, e
sicuramente si terrà conto della vostra disponibilità...».
(1 / Continua)
















































scheda

Premiata ditta Tripi dove l'appalto è d'oro

Il gruppo Cos appartiene ad Alberto Tripi e famiglia (il figlio Marco è
amministratore delegato), è stato fondato a Roma nel 1983. Partito con
commesse di informatica (tra i clienti, negli anni Ottanta, Lottomatica, il
ministero dell'interno, la Bnl), dal 2000 si dedica al business di
microfoni e cuffiette. E macina profitti: dai 90 milioni di euro di
fatturato del 2002, è passato ai 210 del 2004 e ne prevede 250 nel 2005. Le
«risorse umane» (così il sito definisce gli operatori) passano da 5.113 del
2002 a 13 mila dell'anno scorso, toccando i 17 mila quest'anno grazie alla
recente acquisizione della Finsiel. Nel 2000 Tripi acquistava il call
center Alitalia di Palermo (oggi Alicos), nel 2004 la romana Atesia da
Telecom. Con la neo annessa Finsiel, la Cos punta a diventare leader nel
settore informatica e dei servizi di tlc per imprese, banche, pubblica
amministrazione. Il tutto grazie agli appalti d'oro che continua a ricevere
da aziende come Telecom, Wind o Sky, mentre nelle 5200 postazioni si
alternano migliaia di «collaboratori a progetto». La Cos ha 11 sedi in
Italia e 3 all'estero (a Tunisi, Bucarest e Buenos Aires).





















E la Cgil firmò l'accordo che piace all'azienda


A gennaio l'intesa locale con la Cos:
niente fisso in busta paga, cottimo ratificato.
Il sindacato diviso
Palermo per tutti? La Cos vorrebbe proporre l'accordo «flessibile» anche a
Catania e in altri territori.
Netto rifiuto dal capoluogo etneo e dalla segreteria nazionale Slc

AN. SCI.
PALERMO

Se i lavoratori dei call center palermitani cominciano a ribellarsi, c'è
già un accordo tra il sindacato e il potente gruppo Cos che dovrebbe
tutelarli. Il condizionale è d'obbligo, perché l'intesa siglata lo scorso
gennaio da Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom locali e dalla Cosmed viene molto
contestata all'interno della Cgil siciliana e sta facendo discutere anche
l'organizzazione a livello nazionale. Il punto più critico riguarda il
fatto che non viene individuato un compenso minimo fisso, lasciando dunque
i già precari lavoratori a progetto della Cosmed esposti ai capricci del
mercato: guadagni solo in base alle chiamate effettuate, a «cottimo».
Inoltre, non viene assicurata nessuna prospettiva certa di stabilizzazione,
per quanto graduale, dei contratti, configurando per i 1600 operatori un
possibile destino di precari a vita. Male dunque sul piano concreto, della
certezza della retribuzione, ma viene contestato anche l'impianto
«politico» dell'intesa: ratificherebbe infatti la piena legittimità del
contratto a progetto, nonostante la Cgil abbia più volte espresso la
necessità di abrogare la legge 30 e in particolare i suoi tipi contrattuali
più precarizzanti. Abbiamo sentito innanzitutto chi ha firmato l'accordo,
il segretario generale Scl Cgil di Palermo, Rosario Faraone: «L'intesa può
essere considerata un primo passo in un settore e rispetto a un'azienda, la
Cos, dove tutto viene deciso unilateralmente dai manager - ci spiega - E'
vero che non siamo riusciti a ottenere un fisso mensile, ma ci sono tanti
altri punti importanti. C'è quello che definiamo "incontro preventivo":
all'avvio di ogni commessa, valuteremo insieme alla Cosmed la liceità o
meno dell'applicazione dei contratti a progetto. Per la prima volta, poi,
viene indicata la necessità di una giusta causa per la rescissione
anticipata di un contratto. E i lavoratori a progetto diventano bacino
privilegiato in caso di assunzioni con contratti subordinati o per nuove
collaborazioni. C'è una proroga in caso di infortunio o malattia, e un
fondo sanitario e previdenziale del 5% a carico dell'azienda. Infine,
abbiamo ottenuto la possibilità di delega al sindacato, l'assemblea nei
posti di lavoro e la bacheca: in questo modo ci struttureremo meglio dentro
il gruppo Cos, per ottenere migliori risultati in futuro». «Una scelta di
strategia», conclude il sindacalista congedandoci.
Non la vedono così nella stessa Slc palermitana: il coordinatore regionale
dell'area Lavoro e Società, Angelo Candiloro, contesta il merito e il
metodo dell'intesa. «Non assicurare alcun fisso mensile ai lavoratori va
contro gli stessi principi della Cgil, e inoltre si ratifica la piena
legittimazione politica dei contratti a progetto, mentre il nostro
sindacato, a livello nazionale, chiede da tempo l'abrogazione della legge
30. E' anche in contraddizione rispetto alla piattaforma delle
telecomunicazioni, che punta a evitare la corsa al ribasso dei diritti
attraverso contratti precari quali quelli a progetto: nell'accordo non c'è
traccia di una futura stabilizzazione. In più - conclude - non sono stati
coinvolti i lavoratori, né la nostra segreteria: si è fatta solo
un'assemblea ad intesa già firmata, dove i partecipanti sono stati male
informati e non hanno avuto la possibilità di votare».
L'accordo non piace neppure a Catania, dove i sindacati sono impegnati da
tempo su una piattaforma territoriale per i call center: anche in questo
caso, al centro c'è il gruppo Cos, che nella provincia dà lavoro a
ottocento persone. «Tra i punti qualificanti della nostra piattaforma c'è
proprio l'ottenimento di un fisso mensile, dunque secondo noi a Palermo si
è andati indietro», spiega il coordinatore provinciale del Nidil Massimo
Malerba. «A Catania non è proponibile - conferma Pippo Di Natale,
segretario provinciale Cgil - Noi chiediamo un fisso mensile, oltre ai
diritti sindacali e a una graduale stabilizzazione». «La battaglia dei
lavoratori catanesi dei call center non può essere sacrificata sull'altare
di un accordo sicuramente sbagliato sia nel merito che nel metodo»,
aggiunge Angelo Lagona, segretario generale Slc Catania.
Sonora bocciatura anche dal segretario regionale Nidil, Daniele David: «E'
un'intesa sbagliata, andrebbe rinegoziata - dice - Di fatto legittima il
lavoro gratuito, non riconoscendo il tempo lavorato senza che siano
realizzate chiamate utili. E poi non è stato consultato il Nidil, che si
occupa dei precari, nonostante siano coinvolti oltre 1500 collaboratori a
progetto». Sembra però che alle aziende l'accordo di Palermo piaccia, tanto
che viene riproposto ai sindacati in vari territori, tra cui Torino. Ma lo
stop nazionale arriva da Emilio Miceli, segretario generale Slc Cgil: «Non
si riconosce un fisso mensile, quell'intesa non è proponibile altrove».