precarietà



"Il Manifesto" 12 gennaio 2005
Precariato, lo spazio del conflitto
di Andrea Fumagalli
Il prossimo week-end di metà gennaio si preannuncia denso di appuntamenti
in Italia e in Europa.
A Firenze sabato 15 si terrà come noto l´assemblea della sinistra radicale
italiana, organizzata da il manifesto. A Roma, il giorno dopo, avrà luogo
una sorta di convention dei movimenti pacifisti e antiliberisti denominata
"fuori programma". Infine, a Berlino, dal 14 al 16 è in programma la prima
assemblea del precariato sociale europeo (dopo quella della Middlsex
University di Londra durante il Fse) in vista dell´EuroMayday 2005.
Su il manifesto numerosi sono stati gli interventi relativi all´assemblea
del 15 (il che è ovvio, visto che è stata promossa dallo stesso giornale),
da alcuni giorni si comincia a parlare dell´assemblea di movimento del 16 a
Roma.
Poco o nulla si è detto dell´incontro di Berlino, l´unico che si svolge
direttamente in chiave europea e trascende i confini nazionali. I temi che
verranno trattati a Berlino sono estremamente importanti. In primo luogo,
vi è l´intento do costruire una rete trasversale che metta in collegamento
le varie forme di autorganizzazione del precariato che già operano nelle
singole realtà nazionali, consolidando rapporti e relazioni tra Milano,
Roma, Barcellona, Malaga, Parigi, Londra, Helsinki, Dublino e Berlino. In
Italia, esiste già la realtà della rete PreCog e della Rete sociale der il
reddito con un consolidato rapporto con il sindacalismo di base, che sono
stati promotori, con la sigla gap (Grande Alleanza Precaria), delle
manifestazioni di fine ottobre (Halloween Precrio), del 6 novembre per un
reddito garantito e incondizionato, a prescindere dalla condizione
lavorativa e dell´apertura dei Punti San Precario.

In Spagna, sia a Barcellona (dove si è svolta la MayDay parade lo scorso
anno) che a Madrid e a Malaga, da alcuni anni, la questione del precariato
e del cognitariato ha innervato le lotte sociali.
In Francia, sono note le lotte degli intermittenti che si stanno estendendo
anche in Belgio e in Olanda (dove da poco circola una rivista su questi
temi, Greepepper).
Nel Nord Europa, dall´Irlanda alla Finlandia, si è costituita una rete del
precariato sociale. Il numero dei devoti di San Precario si sta così
estendendo in Europa, riscoprendo elementi di differenziazione ma anche di
omogeneità (comunanza) sempre più evidenti in seguito al processo di
integrazione monetaria e lavorativa dell´Europa stessa. Ed è proprio su
questi elementi comuni a livell9o europeo che si gioca la partita per la
nascita di un soggetto molteplice precario e cognitario europeo in grado di
costituire un´identità rivendicativa e uno spazio pubblico europeo in cui
sviluppare agitazione sindacale trasversale (Networkers and Flexworkers of
Europe let´s united, NEU), sul modello degli Iww americani degli anni ´20
(wobblies).
In un periodo di trasformazione produttiva e di organizazione del lavoro
ancora più dirompente di quello post Prima guerra mondiale (nascita del
taylorismo e dell´operaio massa), nella fase che vede il passaggio oramai
già compiuto dalla vita asservita al lavoro alla vita messa al lavoro, la
condizione di precarietà, sia materiale che immateriale (cognitariato), è
oramai la condizione soggettiva di tutti i vari segmenti deol lavoro, anche
quelli che apparentemente non lo sono perchè ritenuti garantiti (ancora per
poco).
La situazione tedesca è al riguardo illuminante: in un paese che sino a
pochi anni fa non conosceva il significato della parola precario, ora
sempre più lavoratori e lavoratrici, difronte ai processi di
ristrutturazione in atto, vivono la condizione di rcattabilità tipica di
chi è preario. Lo stesso dicasi per la Scandinavia e l´Inghilterra, dove il
neologismo "precarity" è entrato a far parte del lessico politico-sociale
solo da qualche anno.
La questione della precarietà è quindi parte integrante e centrale dello
spazio pubblico europeo e tende sempre di più a caratterizzare in modo
strutturale il processo europeo di accumulazione e la regolazione dei
rapporti di lavoro. Allo smantellamento dei sistemi di welfare e di
sostegno indiretto al reddito, comuni a molti paesi dell´Europa
continentale e del nord, si accompagna il processo di indivualizzazione del
rapporto di lavoro, la precarietà reddituale, e quindi l´incremento di
ricattabilità e l´estensione della giornata lavorativa. Si tratta di una
precarietà che si estende dai processi lavorativi cognitivi legati alla
cooperazione sociale produttiva del general intellect alle attività
lavorative servili e materiali del migrariato europeo. Eppure, l´agenda
europea di politica economica, anche della sinistra e della Ces
(Confederazione europea dei sindacati9, appare poco propensa a trattare
questi temi.
Le uniche proposte vengono dalla sinistra radicale, ma sono ancora ancorate
alla possibilità o di rivedere i vincoli di compatibilità macroeconomica
dettati dal Trattato di Amsterdam o all´intervento di politiche pubbliche
nazionali finalizzate al semplice ripristino di un welfare di stampo
keynesiano. Non c´è nulla di male in queste proposte. Tuttavia, esse
appaiono insufficenti e soprattutto meramente difensive di fronte alle
trasformazioni postfordiste avvenute.
Non è un caso, che uno dei temi che verrà dibattuto a Berlino e che sarà al
centro delle proposte per le prossime EuroMayday 2005, riguarda proprio la
costruzione di un nuovo welfare dal basso in grado di garantire continuità
di reddito diretto (monetario) e indiretto (accesso ai servizi primari,
dalla casa, alla mobilità, ai saperi, alla socialità, alla
ecosostenibilità).
In Italia tale insieme di proposte prende il nome di flexicurity, ovvero la
preminenza del diritto al reddito (diretto e indiretto) rispetto al diritto
al lavoro, l´improcrastinabile necessità di ridurre gli ambiti della
precarietà oggi consentite dalla presenza di più di trenta tipologie
contrattuali del lavoro e la richiesta di un salario minimo europeo per
coloro che non fano riferimento a contratti collettivi di lavoro (oramai la
maggioranza).
La novità che viene proposta è che lo spazio del conflitto e dell´azione
sindacale non può più darsi solo nei luoghi di lavoro, sempre più
frammentati e indefinibili, ma anche e soprattutto nei territori (dalle
municipalità alle regioni), dove ha luogo il processo di accumulazione
flessibile e si realizza l´espropriazione di quei beni comuni - dalla
conoscenza, alle attività relazionali, ai beni pubblici - su cui si fonda
oggi la ricchezza privata capitalistica.
Aprire campagne di vertenzialità e conflitto nei singoli territori,
connettere queste conflittualità sul terreno comune europeo, riappropriarci
di ciò che ci appartiene (le nostre vite e il nostro tempo), aggredendo e
disarticolando i centri del potere politico ed economico che oggi
controllano e manipolano flussi di ricchezza materiale e immateriale che
vengono prodotti: questa è la scommessa in gioco che da Berlino si irradia
a tutte le reti autonome e trasversali d´Europa.




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