articoli di analisi della crisi finanziaria di Gesualdi e di Sbilanciamoci
- Subject: articoli di analisi della crisi finanziaria di Gesualdi e di Sbilanciamoci
- From: "amalia.navoni" <amalia.navoni at fastwebnet.it>
- Date: Wed, 24 Aug 2011 15:39:55 +0200
Articoli tratti dal sito di Altreconomia www. altreconomia.it LA RESA DEI CONTI Le ragioni di una crisi di Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo xxxxxxx Santi subito. O almeno così viene fatto di dire leggendo i giornali. Naturalmente stiamo parlando dei mercati benché nessuno sappia di preciso chi siano. Da quando è iniziato l'attacco ai debiti pubblici, anche detti sovrani per prendersi gioco di loro, i mercati sono dipinti come professori dotti e sapienti sempre pronti a intervenire per tirare le orecchie ai governi monelli che ne combinano di tutti i colori. Come scolaretti, i governi fanno le loro proposte di risanamento del debito, ma il giudizio supremo è affidato al mercato, che come tutti gli oracoli parla solo per segni. Borsa in rialzo vuol dire che va bene, borsa in ribasso che va male, ma l'interpretazione finale è lasciata agli economisti che si affrettano ad indicare ai governi le scelte che devono compiere. Così le borse, da luoghi di affari sono stati trasformati in templi educativi, dove i mercati, in spirito di abnegazione, si assumono l'ingrato compito di insegnare ai governi come si gestisce il bene comune. Niente di più falso. I mercati non sono educatori, ma predatori. Non sono mossi da sentimenti di amore altruistico, ma di avidità personale. Non intervengono per la difesa del bene comune, ma per arricchirsi personalmente. Al pari dei leopardi, che vagano per la savana in cerca di gazzelle azzoppate, da isolare e braccare, così fanno gli speculatori di borsa. Individuano i soggetti pubblici o privati più deboli e fanno di tutto per sfiduciarli. Poi, quando la loro reputazione è distrutta fanno scattare la trappola: si dichiarano disponibili a concedere prestiti , ma pretendono interessi più alti. Il tutto in un lavoro di squadra esattamente come fanno i felini. Prima intervengono gli speculatori per fare cadere il prezzo delle loro prede. Poi si fanno avanti le società di rating per decretare il loro stato di inaffidabilità. Infine arrivano le banche che si dichiarano disponibili a concedere prestiti, ma solo a tassi rialzati. Della serie: uno picchia, uno regge la vittima, uno la ricatta per chiamare l'ambulanza. E invece di essere considerati per quello che sono, aggressori e ricattatori, le forze del mercato sono presentate come soggetti di pubblica utilità perché ripuliscono la foresta dei deboli e insegnano agli animali di grossa taglia come fare per evitare le imboscate. In effetti a questo mondo tutto è relativo e i ladri invece di punirli per la loro aggressione potremmo premiarli per il servizio che rendono mettendo in risalto i sistemi di sicurezza che non funzionano. Ma il problema non è la relatività. Il problema è da che parte stiamo. Se stiamo dalla parte dei predatori l'aggressione è operazione di pulizia degli inetti e incapaci. Se stiamo dalla parte delle vittime l'aggressione è violenza. Questo sistema la sua scelta l'ha fatta ed è la difesa degli affari privati in base ai rapporti di forza. Per questo, quando gli stati indebitati sono accerchiati dai mercati speculativi, non ci si scaglia contro questi ultimi per impedire che l'avidità privata abbia la meglio sull'interesse collettivo, ma si interviene sugli stati affinché accettino le condizioni imposte dai mercati e l'assedio sia tolto. Così si scopre che oltre al profitto immediato, la speculazione nei confronti degli stati ha un obiettivo ben più sostanzioso: costringerli a vendere tutto ciò che possiedono e cedere ai privati la gestione di sanità, istruzione e qualsiasi altro servizio vendibile. Non a caso l'imperativo imposto agli stati è svendita e privatizzazione. Sappiamo che negli ultimi anni i governi di errori ne hanno fatti tanti, non ultimo quello di avere accresciuto i propri debiti di tredicimila miliardi di dollari per tamponare le perdite delle banche private dovute ad una gestione azzardata e incapace. Ma qualunque siano gli errori commessi, non è ammissibile che gli stati vivano sotto ricatto di banche, fondi di investimento e agenzie di rating. Così come non è ammissibile che una quota crescente di soldi pubblici finisca come interessi nelle casse di banche e fondi pensione. Non è pensabile che le banche approfittino del debito pubblico per ricevere una rendita eterna, altrimenti lo stato fa una redistribuzione alla rovescia: prende alla gente e ingrassa le banche. Bisogna ripristinare l'ordine dei valori cominciando a dire che la sovranità non appartiene ai mercati, ma al popolo. Le leggi le fanno i parlamenti e i mercati devono rispettarle. E una buona volta dobbiamo dire che se dobbiamo fare dei sacrifici perché gli stati sono nei guai, il peso più grosso dobbiamo farlo portare ai forti. Se la famiglia è in difficoltà non si taglia il latte al neonato, ma il vino agli adulti. Fuor di metafora se lo stato è in difficoltà non si tagliano le spese sociali, ma si congela la restituzione del capitale e il pagamento degli interessi ai colossi. Diranno che così facendo il mondo crollerà. In realtà cercheremo solo di uscire dal debito pubblico con un po' di giustizia. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Conviene seguire da vicino cosa sta succedendo in Grecia perché è il filmato di ciò che toccherà agli altri paesi europei fortemente indebitati, Italia in testa che ha un debito pubblico pari al 120% del Pil. Ma procediamo con ordine precisando che in gioco non c'è la capacità degli stati di pagare le fatture che quotidianamente presentano fornitori di beni e servizi. Questo viene come conseguenza del vero problema che è la continua necessità degli stati di ottenere nuovi prestiti per ripagare quelli vecchi in scadenza. Una montagna di denaro che gli stati indebitati cercano di raggranellare presso banche, fondi pensione, e qualsiasi altro istituto finanziario che per mestiere raccolgono e investono risparmio di altri. Prestiti con interessi a sorpresa in base a come ti valuta il mercato: maggiore lo stato di sofferenza, più alti i tassi di interesse richiesti, rendendo gli stati più deboli simili a cavalli stremati che ad ogni nuova boccata di biada ricevono sul groppone un nuovo peso da portare. Il rischio è che cadano e non si rialzino più. Ma alle banche questa prospettiva non sembra interessare, anzi forse è proprio ciò che vogliono, come è nella politica di molti strozzini a cui non interessa tanto cosa possono guadagnare dagli interessi, ma cosa possono ricavare dalle spoglie del debitore. In molti paesi del Sud del mondo è abituale che gli strozzini cedano prestiti ai piccoli contadini ad interessi da capogiro in modo da dissanguarli e fare scattare la trappola alla prima rata non pagata. A quel punto inviano avvocati, notai e sicari, ciascuno con la propria arma di ricatto, per costringere i contadini a chiudere la partita cedendo i propri averi. E se il debitore non ha niente da dare possono prendersi lui stesso in ostaggio riducendolo in schiavitù. Nei confronti degli stati indebitati si assiste alla stessa scena. Nelle loro capitali arrivano emissari di ogni genere, della Banca Centrale Europea, del Fondo Monetario Internazionale, delle società di rating, tutti con la stessa missiva: “pagate ciò che il mercato vi impone e se non potete pagare, svendete”. Soprattutto “svendete” perché il vero disegno di mercanti, banche, assicurazioni, imprese di servizi, tutti intrecciati fra loro come serpenti in amore, è di mettere le mani sulle proprietà degli stati. Vedere tanta ricchezza e non poterla toccare, alla stregua di un frutto proibito, è una sofferenza indicibile, da sempre si scervellano per impossessarsene. Così si scopre che si scrive debito, ma si pronuncia privatizzazione, il sogno eterno dei mercanti di accaparrare palazzi, spiagge, parchi, isole, ma anche acqua, scuola, sanità, elettricità, gas, strade e tutto il resto che gli stati possiedono. Tutti beni comuni che la struttura pubblica mette gratuitamente a disposizione di tutti per il bene di tutti, ma che i mercanti vogliono per sé per ricavarci profitto. Dunque quella del debito non è una battaglia economica, ma tutta politica. Una battaglia in cui si scontrano due concezioni: il bene comune contro l'arricchimento di pochi, l'interesse generale contro gli egoismi individuali. Dall'esito di questa battaglia dipenderà il nostro futuro: civile e armonioso se prevalgono i beni comuni, barbaro e violento se vince l'individualismo. Oggi più che mai la parola d'ordine deve essere resistere, resistere, resistere. Basta con le manovre lacrime e sangue. Bisogna uscire dal debito sulle spalle dei forti. Dunque sfidiamoli con quella che loro chiamano bancarotta. Gridiamogli in faccia che non possiamo, né vogliamo pagare e ci avvaliamo del nostro potere di popolo sovrano per decretare la sospensione del pagamento di capitali e interesse. Il mondo non crollerà per questo. Più semplicemente assisterà ad un'operazione di livellamento: verrà tolto a chi in questi decenni si è arricchito all'inverosimile e verrà restituito a chi semplicemente chiede di vivere. Gli ebrei nella loro saggezza avevano istituito il Giubileo, l'azzeramento dei debiti ogni cinquanta anni per riposizionare le iniquità. L'umanità del terzo millennio sarà capace di altrettanta civiltà? Dipende da noi, da ognuno di noi: dalla nostra capacità di farci sentire. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx Una manovra disperata, iniqua e senza futuro: Sbilanciamoci propone un piano che colpisce i grandi patrimoni, riduce le spese militari, cancella le grandi opere. Per rilanciare l'economia, difendere il lavoro e i più deboli Da Sbilanciamoci.org |
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