rassegna stampa: NON FERMATE LA DECRESCITA! INTERVISTA A SERGE LATOUCHE



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Green Planet" - 02 March 2008
NON FERMATE LA DECRESCITA! INTERVISTA A SERGE LATOUCHE

Serge Latouche è l'intellettuale francese che ha teorizzato, con intento
provocatorio, il concetto di "decrescita". Greenplanet lo incontra a
Pordenone, all'annuale corso di geopolitica organizzato dall'associazione di
studi storici Historia. Serge Latouche interverrà al prossimo Congresso
mondiale Ifoam di Modena.

"La rivoluzione che auspichiamo è innanzitutto culturale e quindi
infinitamente più difficile da realizzarsi delle rivoluzioni politiche.
Siamo profondamente tossicodipendenti dalla società della crescita, ha
spiegato durante l'incontro, e l'educazione di cui abbiamo bisogno
assomiglia sempre più a una cura di disintossicazione, a una vera e propria
terapia.

L'utopia concreta della decrescita è il progetto di costruire una società
autonoma capace di superare le aporie della modernità. Così Ilich proponeva
in alternativa quella che ha chiamato 'società conviviale'. Una società che
conosce un'autolimitazione ed è fondata su un 'tecnodigiuno', una pratica
che prevede la riduzione del ruolo del mercato, della divisione del lavoro,
dell'onnipresenza dell'economia."

Professore, a che punto è la decrescita? Quali effetti sta producendo il
dibattito del quale lei è l'interprete più conosciuto?

Il progetto è molto recente nella forma attuale. Si è diffuso molto
velocemente nello spazio di tre, quattro anni in Francia, Italia e Germania.
Oggi comincia a essere discusso anche in Spagna. Allo stesso tempo abbiamo
scoperto che altri progetti, che forse non corrispondono alla decrescita,
anche perché la parola non è traducibile, ma che si configurano come
progetti di uscita dalla società della crescita, sono stati messi in moto
per esempio in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Canada e in altri paesi.
La decrescita, a livello della politica ufficiale, al momento è oggetto di
curiosità. Sono stati infatti invitato a parlarne in sede parlamentare.
Possiamo affermare che è già un bel successo.

Non dobbiamo vergognarci nel riconoscere che è un progetto retrogrado, nel
senso che quando si è imboccata una via senza uscita, si deve per forza
arretrare. Inoltre, ha spiegato, quando si arretra chi è dietro si ritrova
davanti. Potremmo con un gioco di parole affermare che i retrogradi saranno
i nuovi progressisti. Ma non si tratta di immaginare una diversa
mondializzazione, una diversa globalizzazione, una diversa mercificazione,
semplicemente di segno opposto a quelle attuali. Né di tornare, come dicono
i giornalisti all'età della pietra. Non avrebbe senso. Noi dobbiamo cercare
di demercificare, di deglobalizzare, di demondializzare. Inventare un
diverso futuro che non è una semplice inversione di marcia sulla stessa
strada, ma abbandonare una strada sbagliata, individuando una nuova e
diversa direzione. È sbagliato, e credo impossibile, tornare semplicemente
indietro. Quello che abbiamo di fronte è il compito di inventare un altro
futuro.

Quali saranno le difficoltà che si incontreranno nella realizzazione del
progetto?

Ah! Le difficoltà sono gigantesche perché c'è il potere degli interessi
economici, delle imprese trasnazionali. Per esempio, ho parlato del problema
della moria delle api in relazione alle lobby dei produttori dei pesticidi e
delle sementi, che rappresentano un potere enorme. Non dimentichiamo i
politici che sono al loro servizio. Poi vanno considerati tutti i cittadini
e gli agricoltori che sono tossicodipendenti del sistema. Siamo in una
battaglia di titani!
Allo stesso tempo incombono minacce enormi sul pianeta. E ci sono forti
contraddizioni. Prendo ad esempio Al Gore, fa una bella propaganda in difesa
del pianeta ma è contemporaneamente un miliardario. La distanza fra la sua
diagnosi e i rimedi che propone è enorme. E siamo tutti così, siamo tutti
più o meno schizofrenici.

Quale senso assumono alcune pratiche quotidiane di consumo nella prospettiva
della decrescita? Pensiamo ad esempio alla scelta dell'alimentazione
biologica e biodinamica oppure alla costituzione di gruppi di acquisto
solidale.

Se tutti scegliessero l'alimentazione biologica, allora l'agricoltura
produttivista, sviluppata con concimi chimici e pesticidi, non esisterebbe
più. Ma non credo molto in una visione ideale come questa. Infatti ora
vediamo che la stessa agricoltura biologica è recuperata e strumentalizzata
anche dai supermercati. Ma ha un ruolo importante per mostrare la strada.
Occorre avere  sempre un obiettivo molto più ambizioso a livello simbolico,
come esempio. Tutte queste iniziative, a mio avviso, non devono essere
sminuite. È vero che sono piccole cose ma sempre molto importanti.

I momenti di crisi economica come quella che si profila in questo momento, o
pensiamo anche a crisi molto gravi come quella argentina, possono giocare un
ruolo nel processo di uscita dalla società della crescita?

Sicuramente. Oggi la principale speranza è che nei momenti di difficoltà e
crisi i cittadini siano spinti a fare scelte diverse.

È possibile che le persone, trovandosi in condizioni di maggiore povertà
reale, si sentano invece spinti nel senso opposto?

Sì, certo. Di fronte a una catastrofe, la reazione può essere assumere due
direzioni contrarie. Per esempio, in occasione del gran caldo dell'estate
2003, ci si può rendere conto della necessità di modificare i consumi
energetici e attivarsi contro i cambiamenti climatici, oppure andare a
comprare un condizionatore! (Fiorenzo Fantuz -
Un ringraziamento particolare a Guglielmo Cevolin e Arturo Pellizzono di
Historia di Pordenone).
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N. B.: se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at altragricolturanordest.it
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