rassegna stampa: Greenpeace denuncia i rischi del nuovo super-parassita ogm.



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "www.greenpeace.org" - 08 Febbraio 2008

Greenpeace denuncia i rischi del nuovo super-parassita ogm.
Roma, Italia — Si materializzano i problemi legati alle colture Ogm da
sempre denunciati da Greenpeace. Ora uno studio, pubblicato su Nature
Biotechnology, dimostra che un parassita del cotone, il lepidottero
Helicoverpa Zea, ha sviluppato la resistenza alle piante che sono state
geneticamente modificate per uccidere gli insetti della sua specie. Questo
super-parassita si e’ sviluppato nelle piantagioni di cotone Ogm in
Mississippi e Arkansas, e ora gli agricoltori sono costretti a fare maggior
ricorso ad antiparassitari per sconfiggere il super-parassita. Una sorte che
potrebbe toccare presto anche ad altre colture, continuando ad arricchire le
aziende biotech a svantaggio dell’ambiente.

“Purtroppo tutto cio’ era stato preventivato da tempo, come si puo’ leggere
nel nostro rapporto pubblicato nel 2004, nel quale facevamo appunto
riferimento al caso del parassita del cotone.” - dichiara Federica Ferrario,
responsabile campagna Ogm di Greenpeace.

Le piante Ogm, utilizzate nelle colture che dovrebbero risultare resistenti
agli insetti, contengono, di solito, una versione sintetica della tossina Bt
che, presente in natura, è impiegata da anni e con successo nell'agricoltura
biologica e sostenibile. I rischi ambientali legati a queste colture sono
diversi.
La possibilità che i parassiti sviluppino resistenza agli effetti del Bt, è
dovuta al fatto che la costante esposizione alle tossine Bt, prodotte da
queste piante, favorisce la sopravvivenza di insetti nocivi che dimostrano
immunità genetica al Bt. Col passare del tempo, ciò può portare alla
proliferazione di individui resistenti fino al punto in cui il Bt non
servira’ piu’ contro la maggior parte degli insetti nocivi. Inoltre, la
variante sintetica di questa tossina, rispetto a quella naturale, è molto
meno selettiva ed è quindi tossica non solo per gli insetti target, ma anche
per molte altre specie.

“Le coltivazioni Ogm continuano a rappresentare un rischio che non ci
possiamo permettere, come dimostrato anche dalla recente decisione del
governo francese di vietare la coltivazione del mais transgenico della
Monsanto MON810, proprio a causa dei rischi di diversa natura legati a
questi organismi. – spiega Ferrario- Gli unici benefici portati dagli Ogm in
campo agroalimentare, sono i guadagni che le aziende biotech ottengono a
causa dei loro brevetti su sementi Ogm ed erbicidi. Mentre rischi ed effetti
negativi ricadono su consumatori e agricoltori.”

Nella sua forma naturale, il Bt è stato utilizzato fin dagli anni '50,
nell'agricoltura biologica e sostenibile per eliminare insetti nocivi, senza
danneggiare insetti non-target o altre forme di vita. Le tossine Bt prodotte
da colture resistenti agli insetti (fra le quali il mais OGM della
Monsanto), hanno invece dimostrato di essere molto nocive per altri utili
insetti predatori.

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Pericoli ambientali delle colture Bt resistenti agli insetti.
Questo breve rapporto fa il punto della situazione sui pericoli ambientali
legati alle colture Bt resistenti agli insetti. Le piante utilizzate in
queste colture contengono, di solito, una versione sintetica della tossina
Bt che, presente in natura, è impiegata da anni e con successo
nell'agricoltura biologica e sostenibile. Il problema è che la variante
sintetica di questa tossina, rispetto a quella naturale, è molto meno
selettiva ed è quindi tossica non solo per gli insetti target, ma anche per
molte altre specie di insetti.

Dei 68 milioni di ettari di coltivati con piante geneticamente modificate a
livello mondiale nel 2003, il 18% era costituito da varietà sviluppate per
essere resistenti agli insetti. La maggior parte delle varietà di questo
tipo vengono create inserendo una versione sintetica di un gene esistente in
natura nel batterio del suolo, Bacillus Thuringiensis [Bt], affinché le
piante producano autonomamente le tossine Bt per eliminare gli insetti
nocivi.

Nella sua forma naturale, il Bt è stato utilizzato fin dagli anni '50,
nell'agricoltura biologica e sostenibile per eliminare insetti nocivi, senza
danneggiare insetti non-target o altre forme di vita. Le tossine Bt prodotte
da colture resistenti agli insetti [fra le quali il mais OGM della
Monsanto], hanno invece dimostrato di essere molto nocive per altri utili
insetti predatori. L'impatto del polline del mais Bt sulle larve della
farfalla monarca [Danaus plexippus] in nord America rappresenta l'esempio
più conosciuto di tale fenomeno.

Mentre lo spargimento del Bt naturale provoca conseguenze minime sugli
organismi non-target perché la “pro-tossina” del batterio è allo stato
inattivo e diventa tossica solo quando viene elaborata nell'intestino di
alcune particolari specie di larve di insetti [le specie target], il gene Bt
artificiale presente nel mais OGM agisce in modo molto meno selettivo e si
attiva più facilmente. Da notare, inoltre, che le piante-Bt geneticamente
modificate possono rivelarsi nocive per organismi non-target non solo in
caso di ingestione diretta della tossina direttamente dal polline o dalle
piante, sia, indirettamente cibandosi di insetti nocivi che hanno ingerito
la tossina.


PERICOLI AMBIENTALI DELLE COLTURE BT RESISTENTI AGLI INSETTI.
(rapporto integrale - 09 Dicembre 2004)

Dei 68 milioni di ettari di coltivati con piante geneticamente modificate
(GM) a livello mondiale nel 2003, il 18% (12 milioni di ettari) era
costituito da varietà sviluppate per essere resistenti agli insetti (1). La
maggior parte delle varietà di questo tipo vengono create inserendo una
versione sintetica di un gene esistente in natura nel batterio del suolo,
Bacillus thuringiensis (Bt), affinché le piante producano autonomamente le
tossine Bt per eliminare gli insetti nocivi. Mais, cotone e patate Bt
geneticamente modificati per essere resistenti agli insetti sono già
coltivati su scala commerciale, specialmente negli Stati Uniti, ed altre
colture Bt stanno per essere sviluppate (ad esempio colza, riso e pomodori).
Tuttavia, è palese che la fretta nel mettere in commercio varietà Bt
comporterà serie conseguenze a livello ambientale.

IMPATTO SU ORGANISMI UTILI NON-TARGET.
Nella sua forma naturale, il Bt è stato utilizzato fin dagli anni ’50 per
eliminare insetti nocivi, senza danneggiare insetti non-target o altre forme
di vita, da agricoltori che praticano agricoltura biologica o altre tecniche
sostenibili. Tuttavia, le tossine Bt prodotte da colture resistenti agli
insetti, fra le quali il mais GM della Monsanto – ad esempio il MON810 -
sono decisamente diverse ed hanno dimostrato di essere nocive per altri
utili insetti predatori.
Lo spargimento del Bt naturale provoca conseguenze minime sugli organismi
non-target perché la “pro-tossina” del batterio è allo stato inattivo e
diventa tossica solo quando viene elaborata nell’intestino di alcune specie
(target) di larve di insetti. Per contro, molte piante resistenti agli
insetti contengono un gene Bt artificiale e “ridotto”, al quale è necessario
solo un piccolo sviluppo per generare tossine.
Esso è inoltre meno selettivo, e può nuocere anche ad insetti non-target che
non hanno gli enzimi per processare la pro-tossina, proprio come nuoce ai
parassiti contro i quali è stato creato. (2)
Le piante-Bt GM possono rivelarsi nocive per organismi non-target sia nel
caso in cui gli insetti consumino la tossina direttamente dal polline o
dalle piante, sia indirettamente cibandosi di insetti nocivi che hanno
ingerito la tossina.
Molte delle attuali colture Bt (che contengono il gene Cry1Ab o Cry1Ac) sono
geneticamente modificate per essere tossiche verso alcune specie di farfalle
(Lepidoptera). Larve di farfalle non-target possono inavvertitamente
ingerire la tossina Bt mentre si cibano di piante che crescono vicino alle
culture Bt. L’impatto del polline del mais Bt sulle larve della farfalla
monarca (Danaus plexippus) in nord America rappresenta l’esempio più
conosciuto di tale fenomeno (3). Il polline del mais Bt 176 della Syngenta
ha causato forti controversie circa gli impatti sulla farfalla monarca. Ora
questa varietà di mais Bt, il Bt 176, è in fase di
abbandono. È stato anche scoperto che questo mais è tossico per le larve
della farfalla vanessa lo (Inachis lo)(4).
È stato recentemente scoperto che una lunga esposizione al polline Bt di due
tipi di mais Bt, il MON810 e il Bt11, causa effetti negativi sulle larve
della farfalla monarca, nonostante queste varietà di mais Bt contengano meno
Bt nel proprio polline rispetto al Bt176. Sebbene non siano stati notati
effetti a breve termine (4-5 giorni)(5), studi a lungo termine (due anni)
hanno constatato che oltre il 20% in meno di farfalle monarca raggiungono lo
stadio adulto quando esposte a polline Bt naturalmente depositato (6).
 Molte specie di farfalle ed altri insetti sono già minacciati (7) da
fattori quali il cambiamento climatico e la perdita dell’habitat. Il
crescente stress dovuto all’esposizione al polline Bt può ulteriormente
minacciare alcune specie.
Le valutazioni dei rischi delle colture Bt non necessitano analisi sulle
esposizioni a lungo termine di organismi non-target, ed è già stato
suggerito che periodi più lunghi di esposizione renderebbero più efficienti
tali valutazioni dei rischi (8). Il caso della farfalla monarca dimostra che
è vitale realizzare questi studi.
Cambi nelle popolazioni di insetti, sia nocivi che nemici naturali, sono
stati documentati nel cotone Bt. I dati pervenuti dalla Cina mostrano che l’
uso di colture Bt può far aumentare popolazioni di altri insetti nocivi
secondari, compresi afidi, cimici, mosca bianca e acari (9). Le analisi
hanno dimostrato notevoli riduzioni nella popolazione di parassiti utili,
Microplitis sp. (riduzione dell’88,9%) e Campoletis Chloridae (riduzione del
79,2%) nei campi di cotone Bt (10). Negli Stati Uniti si è riscontrato l’
impatto del mais Bt sulla popolazione di Coleomegilla maculata, un insetto
predatore utile comunemente reperibile nei campi di mais (11). E’ stato
anche dimostrato che un tipo di tossina Bt (Cry1Aa) è tossica per il baco da
seta (Bombyx mori) (12).
E’ stato dimostrato in laboratorio che la crisoperla (Chrysoperla carnea)
viene danneggiata dalle colture Bt (13). La crisoperla è un insetto utile
che riveste un importante ruolo nel controllo negli insetti nocivi. Gli
effetti tossici delle colture Bt sulle crisoperle avvengono attraverso le
prede di cui questi insetti si nutrono, che a loro volta hanno ingerito
colture Bt. Ciò dimostra che le tossine Bt possono avere effetti su
organismi lungo diversi livelli della catena alimentare. Ciò nonostante,
incuranti delle critiche e dei suggerimenti fatti da scienziati, le
valutazioni dei rischi per le colture Bt comprendono solo studi su singole
specie, studi che non scopriranno quindi alcun effetto su organismi
susseguenti nella catena alimentare (14).
 “Gli studi di effetti non-target su singole specie rappresentano un
approccio limitato per la valutazione degli impatti ecologici positivi e
negativi di tali effetti. La comprensione delle conseguenze ecologiche degli
effetti non-target dipende anche da un’accurata identificazione di ciò che
un organismo geneticamente modificato può alterare nei processi fisici e
biologici, e capire quali impatti tali alterazioni possono avere sull’
ecosistema.” Ecological Society of America(2004).
 L’inquietante conclusione è che le tossine Bt delle piante GM possono
uccidere specie non-target e passare lungo la catena alimentare, un effetto
che non è mai stato riscontrato nella forma naturale della tossina Bt.

IMPATTO SULLO STATO DI SALUTE DEL SUOLO.
Gli organismi del suolo rivestono un ruolo cruciale per la salute del suolo
stesso. Per questo motivo è necessario comprendere come differenti pratiche
agricole possono influenzarli. Le colture Bt possono rappresentare un
problema a lungo termine per la salute del suolo, poiché rilasciano proteine
tossiche per alcuni insetti e sono sospettate di essere tossiche per una
serie di organismi non-target, compresi i lombrichi (15). Un numero
sconosciuto di specie compongono la rete alimentare nel suolo e possono
essere influenzate dal Bt; finora i test sono stati condotti su pochi tipi
di suolo ed ecosistemi.
Se, in campo, il Bt depositato nel suolo da tali colture dovesse avere
impatti sugli organismi del suolo - batteri, funghi, insetti, lombrichi - ci
sarebbe senza dubbio un effetto “a valanga”. Se le colture Bt uccidono o
riducono l’attività di tali organismi del suolo, esse disturberanno la rete
di relazioni necessaria a portare avanti le funzioni essenziali dell’
ecosistema, come la decomposizione ed il ciclo nutritivo.

Le colture Bt rilasciano tossine nel suolo attraverso le radici (16) e gli
scarti dei raccolti Bt lasciati nei campi contengono a loro volta tossine
Bt. Esse possono resistere nel suolo per oltre 200 giorni, specialmente in
freddi periodi invernali (17). Inoltre, le proteine Bt sono probabilmente
presenti nel suolo non solo durante la crescita, ma anche per lungo tempo
dopo la raccolta. Ciò aumenta la possibilità di accumulo di tossine Bt nel
suolo (18).
 Sono necessari ulteriori studi per determinare se la persistenza di Bt può
causare problemi per organismi non-target e per la salute dell’ecosistema
del suolo. Sono necessari studi di lungo termine sugli impatti delle colture
Bt.

PROBLEMI DI RESISTENZA.
Un ulteriore rischio ambientale legato alle colture resistenti agli insetti
consiste nella possibilità che i parassiti sviluppino resistenza agli
effetti del Bt. Ciò è dovuto al fatto che la costante esposizione alle
tossine Bt, prodotte da queste piante, favorisce la sopravvivenza di insetti
nocivi che dimostrano immunità genetica al Bt. Col passare del tempo, ciò
può portare alla proliferazione di individui resistenti fino al punto in cui
il Bt non sortirà più effetti sulla maggior parte degli insetti nocivi
oggetto del problema.
Negli Stati Uniti, l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (EPA) ha stabilito
complessi requisiti per i “rifugi” Bt (aree coltivate con colture non-Bt),
che sono necessari per rallentare lo sviluppo della resistenza degli insetti
al Bt. Tuttavia, le preoccupazioni restano in quanto gli attuali requisiti
dei “rifugi” possono rivelarsi non sufficienti (20% dell’area coltivata con
colture Bt)(19) e potrebbero non essere rispettati rigorosamente. I “rifugi”
possono risultare inadeguati per le piccole aziende agricole in Europa ed in
altre aree, che sono notevolmente diverse dagli ampi appezzamenti degli
Stati Uniti. Questo problema è già stato riscontrato per il cotone Bt sia in
India (20) che in Cina (21).
Persistono seri dubbi circa l’effettiva efficienza dei “rifugi”. È anche
stato dimostrato che la resistenza al Bt dei principali insetti nocivi di
mais e cotone, Helicoverpa zea, può svilupparsi rapidamente (22) se crescerà
la superficie coltivata a mais Bt negli Stati Uniti, nell’area della “corn
belt”. Anche la contaminazione di OGM nei “rifugi” di mais non-Bt, causata
dall’impollinazione incrociata, può indebolire i “rifugi” stessi, dato che
gli insetti nocivi saranno ancora esposti al Bt (23).
C’è abbondanza di dati scientifici che sostengono le preoccupazioni circa la
resistenza degli insetti nocivi (24). Se la resistenza al Bt si diffondesse,
le difese delle colture GM dagli insetti nocivi diventerebbero inefficaci. A
quel punto l’utilizzo di nuovi e forse peggiori pesticidi chimici tossici
diverrebbe inevitabile. In più, l’accresciuta resistenza porrebbe in serio
pericolo anche i metodi di agricoltura sostenibile.

EMERGENZA SUPERINFESTANTI?
La resistenza agli insetti nelle colture GM (ad esempio nelle colture Bt) è
considerato dagli scienziati un gene con tendenza al miglioramento, e che
quindi, probabilmente, può aumentare in frequenza e diffondersi fra la
popolazione locale (25). Una simile tendenza, incrementa anche le
possibilità che le specie affini di infestanti selvatici diventino un
problema o invadano la popolazione selvatica esistente (26). Ad esempio,
studi condotti sul colza (Brassica napus) hanno dimostrato che il gene Bt
può trasferirsi ad un parente selvatico (B. rapa) (27).
Il gene Bt puo’ avere ampi impatti ecologici se si diffonde presso tutta la
popolazione (introgressione), attraverso: - persistenza della proteina Bt
nel suolo, con tossicità per gli organismi del suolo - tossicità per
erbivori non-target, predatori e parassiti (nemici naturali o insetti
nocivi) - lo sviluppo della resistenza al Bt in insetti nocivi target.

IMPATTO SUI METODI DI AGRICOLTURA SOSTENIBILE.
Per decenni, l’uso delle tossine Bt come spray fogliare ha fornito a coloro
che praticano agricoltura biologica o altri metodi sostenibili un’arma
preziosissima contro gli insetti nocivi. Il pesticida Bt elimina gli insetti
target senza danneggiare insetti predatori utili (28) e non si conoscono
effetti dannosi su mammiferi o uccelli.

Grazie alla sua efficacia e sicurezza paragonata ai pesticidi che essa
sostituisce, la tossina Bt è forse il più importante pesticida mai scoperto.
Se però gli insetti nocivi sviluppassero resistenza ai suoi effetti, i
coltivatori biologici verrebbero privati di un potente sistema di controllo
degli insetti nocivi, ed altri potrebbero scegliere di usare pesticidi più
dannosi per la natura. Il controllo biologico degli insetti nocivi può anche
essere messo in pericolo dall’eliminazione di insetti predatori utili, come
la crisoperla, la quale è essenziale per il trattamento di insetti nocivi in
modo naturale.
Greenpeace si oppone al rilascio in ambiente di organismi GM a causa del
carattere irreversibile di tale rilascio ed alla potenzialità che gli
organismi GM hanno di causare seri danni all’ambiente. I rischi dovuti alle
colture Bt comprendono: - effetti su organismi non-target, inclusi effetti
indiretti e a lungo termine - effetti sulla salute del suolo - sviluppo
della resistenza di insetti al Bt con relativo impatto sui metodi di
agricoltura sostenibile - la minaccia che specie affini selvatiche
acquisiscano caratteristiche conferendo loro un vantaggio ecologico.

Note:
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