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rassegna stampa: Legambiente, Agrienergie sostenibili
- Subject: rassegna stampa: Legambiente, Agrienergie sostenibili
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Fri, 23 Mar 2007 12:44:19 +0100
Vi giriamo un comunicato di Legambiente sulla necessità di sviluppare modelli sostenibili di agrienergie. a cura di AltrAgricoltura Nord Est -------------------------------------------------------------------------- Roma, 20 marzo 2007 Comunicato Stampa AGRIENERGIE SOSTENIBILI PER UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO TERRITORIALE L’AGRICOLTURA DI QUALITA’, SOSTENIBILE E LEGATA AL TERRITORIO PER COMBATTERE I CAMBIAMENTI CLIMATICI BIOMASSE, BIOCARBURANTI E BIOGAS IN SALSA ITALIANA CON FILIERE CORTE GESTITE DAGLI AGRICOLTORI E’ possibile che l’agricoltura italiana contribuisca efficacemente allo sviluppo delle energie rinnovabili per la diminuzione delle emissioni inquinanti ed il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto? E’ possibile che questo avvenga in modo corretto, tale da garantire la sostenibilità ambientale dell’impresa e la tutela anche economica dell’agricoltore? Dal convegno organizzato oggi a Roma da Legambiente insieme al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e all’Unione Province Italiane sulle agrienergie sostenibili - e al quale hanno preso parte, tra gli altri, i Sottosegretari del Ministero delle Politiche agricole Guido Tampieri e Stefano Boco, il Vicepresidente dell’Upi e Presidente della Provincia di Ascoli Piceno Massimo Rossi e il Direttore generale di Legambiente Francesco Ferrante - è emersa la risposta positiva a queste domande. “La ricetta – ha dichiarato Francesco Ferrante – risiede proprio nella tipicità del nostro sistema agricolo. Solo partendo dal riconoscimento delle caratteristiche di qualità della nostra agricoltura, orientata alla qualità piuttosto che alla quantità, alla tipicità piuttosto che alla omologazione della produzione industrializzata, al legame con il territorio di provenienza piuttosto che alla delocalizzazione e all’utilizzo di OGM, sarà possibile affrontare correttamente la nuova sfida per il nostro territorio”. E proprio un’agricoltura di qualità può dare un contributo significativo anche alle politiche contro i cambiamenti climatici, se realizzata con la consapevolezza dei paletti entro i quali tale contributo può dispiegarsi. Per le coltivazioni agricole destinate alla produzione di energia devono infatti essere preventivamente ben valutati i bilanci idrici ed energetici delle stesse, perché non avrebbe senso usare a fini energetici coltivazioni che richiedono grandi usi di acqua e che aggraverebbero le crisi idriche già in atto, né trascurare, per il bilancio energetico, quanta energia si consuma nella produzione e soprattutto nel trasporto. Inoltre, attraverso l’utilizzo di appropriate tecniche colturali (sovescio, interramento dei residui, minime lavorazioni dei terreni) per esempio, può aumentare la quantità di carbonio organico nel terreno. Se il contenuto di carbonio organico dei suoli italiani (oggi circa 17 milioni di ettari di superficie utilizzabile) aumentasse ad un ritmo dell’1% all’anno (passando cioè da 70 a 70.7 tonnellate di carbonio organico per ettaro in un anno), si sequestrerebbero, in un solo anno, 45 milioni di tonnellate circa di CO2 atmosferica, pari al 10% delle emissioni di gas serra del nostro paese. Da qui la scelta di promuovere esclusivamente le filiere virtuose, corte e rispettose delle vocazioni anche paesaggistiche dei territori. “Se in positivo va segnalato che la finanziaria 2007 contiene misure che rilanciano il settore dei biocarburanti fissando quote minime da immettere al consumo, incentivazioni attraverso la defiscalizzazione e programmi per favorire la creazione di una filiera nazionale di biocarburanti – ha continuato Ferrante -, pensiamo sia necessario precisare ulteriormente le caratteristiche di questa nuova agricoltura da promuovere, perché altrimenti anche l’obiettivo europeo di raggiungere entro il 2020 il 10% di biocarburanti rischia di diventare un traguardo pericoloso relativamente agli equilibri che invece bisogna mantenere sul territorio”. Bisogna quindi fissare un obiettivo relativo alla percentuale del fabbisogno energetico nazionale che sia possibile soddisfare grazie alle fonti energetiche di origine agricola da filiera corta, (riteniamo realistico l’obiettivo del 5% entro il 2010); scegliere l’applicazione di sistemi idonei alle caratteristiche ambientali del territorio in un contesto di piena sostenibilità; sostenere l’organizzazione della filiera produttiva da parte degli imprenditori agricoli; gestire con lungimiranza il patrimonio forestale in un ottica di applicazione del protocollo di Kyoto; incentivare la diffusione delle buone pratiche agricole, a partire dall’agricoltura biologica, e premere affinché sia esteso alle biomasse da filiera corta il sistema di incentivazione in conto energia previsto attualmente solo per il fotovoltaico. Tutto ciò consentirebbe di scongiurare – o almeno di contribuire a limitare – i danni devastanti che le produzioni intensive di biocarburanti in alcuni paesi del terzo mondo stanno provocando all’ecosistema e soprattutto alle popolazioni che vivevano prevalentemente dei prodotti delle loro terre. E’ il caso del boom dell'industria della palma da olio in Indonesia, per esempio, che ha come risvolto deforestazione, conflitti per la terra, perdita di biodiversità e aumento dei consumi energetici dovuto al trasporto della materia prima dal luogo di produzione ai paesi industrializzati. Secondo un documento presentato alle Nazioni Unite dall'Alleanza dei popoli indigeni di Kalimantan Occidentale (Ama Kalbar), lo sviluppo di piantagioni di palma da olio su larga scala ha distrutto l'economia locale di molte comunità indigene che sono ora sotto il controllo delle compagnie dalla palma da olio e ne dipendono economicamente con effetti devastanti sulla loro vita e sulla loro cultura. La deforestazione ha portato a fenomeni di erosione dei suoli e al degrado dei bacini idrici, mentre la sostituzione dei sistemi agricoli tradizionali con monoculture rischia di impoverire la diversità biologica. L'importazione di biocombustibili dall'estero provoca inoltre un sostanzioso aumento del consumo energetico e delle emissioni inquinanti dovute al trasporto di tali sostanze. Secondo la Coldiretti, l’Italia dispone dei terreni, delle professionalità e delle tecnologie adeguate a sviluppare all'interno dei confini la produzione di biocarburanti. La recente firma dell'accordo quadro di filiera per lo sviluppo di energie rinnovabili consentirà per il 2007 la coltivazione di semi oleosi a fini energetici, come colza e girasole, per 70mila ettari di terreno dai quali è possibile ottenere circa 70mila tonnellate di biodiesel. La superficie coltivata sarà incrementata negli anni successivi a 180mila ettari nel 2008 e a 240mila ettari nel 2009 che significa un risparmio di 250mila tonnellate di equivalente petrolio per permettere all'Italia di avvicinarsi all'obiettivo fissato dalla Commissione Europea con la prospettiva di aumentare entro il 2020 la proporzione di utilizzo fino al 10 per cento. (Fonte: Coldiretti) Alcuni dati: Attualmente la filiera dei biocarburanti (biodiesel e etanolo) in Europa è in forte sviluppo con una produzione di quasi 4 milioni di tonnellate con una crescita del 66% che dovrebbe proseguire nei prossimi anni. Il settore risulta dominato dalla Germania (con metà circa della produzione), mentre la produzione italiana è sempre più diretta all’esportazione.(Fonte: Ambiente Italia 2007) Biomasse: dati, esperienze positive e negative in Italia La produzione totale di energia da fonti rinnovabili in Italia oggi è pari al 7% della produzione totale di energia primaria, corrispondente a 16,5 megatep, di cui solo i 4 da biomasse. Eppure sono in crescita i Comuni italiani che utilizzano impianti a biomasse. Oggi grazie a impianti che utilizzano legno e biomasse (e non rifiuti come purtroppo considera la normativa italiana) si produce elettricità pari a 1.981GWh per un fabbisogno di 792mila famiglie. Sono in rapida diffusione esperienze locali virtuose di impianti capaci di utilizzare biomasse locali che producono elettricità ma soprattutto calore che grazie a una rete di teleriscaldamento permette di riscaldare case (come a Brunico e Tirano), scuole e edifici pubblici (come a Camporgiano e Casole D’Elsa). In negativo segnaliamo le centrali a biomassa di Crotone e Strongoli, rispettivamente da 22MW e 40 MW, che rappresentano un chiaro esempio di ciò che Legambiente intende per centrale a biomassa non sostenibile. Le due centrali in questione infatti utilizzano la biomassa solo per la produzione di energia elettrica, disperdendo nell’ambiente tutto il calore prodotto che potrebbe soddisfare una buona percentuale di fabbisogno di acqua calda sanitaria delle utenze dei due Comuni. Inoltre le due centrali richiedono per il loro funzionamento circa 700 mila tonnellate di biomassa, che in buona parte non è reperibile a livello locale e dunque viene importata via mare dal Brasile, dal Centro America e dal Portogallo. Obiettivi del Protocollo di Kyoto n Ridurre le emissioni di CO2 dell’8% nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990. Per effetto di un accordo tra i paesi membri dell’Unione, l’Italia è chiamata a limitare le proprie emissioni del 6,5%. n il nostro paese dal 1990 al 2004 ha incrementato le emissioni del 13%, e per il 2005-2006, pur non disponendo di dati ancora ufficiali, non si è riscontrata una significativa inversione di rotta, considerando anche i continui incrementi di consumo di energia e il costante aumento della generazione a carbone nel settore termoelettrico. n Attualmente, quindi, l’Italia dovrebbe diminuire le proprie emissioni di circa il 20% entro il 2012 n La proposta dell'UE prevede un obiettivo generale vincolante del 20% di energie rinnovabili e un obiettivo minimo, anch'esso vincolante, del 10% di <http://store.ihs.com/specsstore/controller?event=LINK_SEARCH&search_value=biofuels&all_text=true&mid=w092>biocarburanti, da raggiungere entrambi entro il 2020 MODELLO DI FILIERA AGRO-ENERGETICA La priorità per il sostegno economico alle filiere agroenergetiche deve essere rivolta a proporre e sostenere sistemi che aggrediscano le grandi criticità economiche e ambientali del settore agricolo che sono : n Il reddito agrario n La disponibilità futura dell’acqua n L’eccessivo uso di fossili per i processi produttivi q 150 L/Ha di gasolio per le pratiche agricole convenzionali che per i 9 milioni di ettari di SAU arabile rappresentano ben 13,5 milioni di quintali di gasolio/anno. q Prodotti fitosanitari pari a 1,5 milioni di quintali q Fertilizzanti pari a 51 milioni di quintali dei quali gli azotati corrispondono a 6,5 milioni di quintali) n La corretta gestione igenico-sanitaria degli allevamenti q La biosicurezza q I nitrati derivanti dai reflui zootecnici. n La senilizzazione del settore agricolo e l’abbandono del presidio territoriale L’ufficio stampa 06 86268399 - 79 - 77 ---------------------------------------------------------------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a altragricoltura at altragricolturanordest.it Altre notizie sul sito: www.altragricolturanordest.it
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