rassegna stampa: CONSIDERAZIONI SUL PIANO STRATEGICO NAZIONALE PER LO SVILUPO RURALE.



Da pochi giorni è stato approvato il PIANO STRATEGICO NAZIONALE PER LO
SVILUPO RURALE, strumento necessario per aprire il negoziato con la comunità
europea
attraverso cui saranno messi a disposizione delle aziende agricle oltre 16,6
miliardi di euro di finanziamenti pubblici, da utilizzare per attuare una
politica di incentivazione della competitività del settore, fortemente
orientata al rispetto dell’ambiente e al sostegno di un armonioso sviluppo
socio economico di tutte le aree rurali. Così dovrebbe essere...
A caldo, Guglielmo Donadello, nostro socio, ci ha inviato alcune
considerazioni che vi giriamo.

a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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CONSIDERAZIONI SUL PIANO STRATEGICO NAZIONALE PER LO SVILUPO RURALE.
Con l’approvazione del Piano Strategico Nazionale di sviluppo rurale ( Psn),
in seno alla Conferenza Stato-Regioni tenutasi il 31 ottobre dello scorso
anno, sono
state definite le scelte e le linee guida d’intervento in termini di
politica agraria
nazionale, utili alle Regioni per l’attuazione dei rispettivi Piani di
sviluppo rurale (Psr).
Il Psn quindi è nei fatti “la bibbia” della futura politica agricola
nazionale nel contesto europeo a cui fare riferimento per le tutte le
valutazioni di merito per il
settore primario .
Il Psn è un documento che nella prima parte dell’analisi economica e
socio-ambientale fotografa in modo realistico il settore primario del nostro
Paese, molto ben
sintetizzata nell’analisi SWOT.
Il taglio del documento, senza mai scendere nei giudizi politici, non
nasconde però i risultati degli errori di politica agraria del passato nel
nostro Paese e in
questo il documento elaborato dal MIPAF rappresenta una discontinuità, anzi
una vera
novità politica.
Forte e precisa, infatti, è la denuncia del degrado ambientale, dei rischi
idrogeologici, della senilizzazione del comparto, dell’abbandono dei
terreni, della riduzione
della fertilità dei suoli, della questione dell’acqua e della sua qualità,
del degrado delle
colline e delle foreste, l’inconsistenza di una cultura di aggregazione, la
difficoltà del
comparto di uscire dall’assistenzialismo puro e maturare invece una cultura
in cui l’azienda
agricola è motore di funzioni plurime.
Tutte cose vere, a cui però il documento sottrae una parte importante dell’
analisi reale perché non arriva a fare un quadro del sempre crescente
livello di
illegalità che caratterizza il settore primario italiano. Una illegalità che
non riguarda
solo eccezionali delitti, come le distorsioni di fondi comunitari e
regionali, su cui operano
in modo sistematico in molte regioni d’Italia delle vere e proprie
organizzazioni, o
il non rispetto di regole sanitarie che minano la sicurezza alimentare e
quindi la credibilità
stessa del settore, manifestandosi in modo generalizzato sul terreno
amministrativo,
tributario e fiscale.
Non si fa cenno nel Psn, per esempio, all’uso sistematico all’interno del
comparto del ricorso di lavoratori in nero, nella zootecnia da reddito, nell
’ortofrutta e
nella viticoltura, nè al fatto che l’evasione della contribuzione
obbligatoria dei contributi Inps
abbia raggiunto livelli semplicemente inimmaginabili.
Inoltre c’è da dire che nel Psn non si evidenzia che l’ottimo stato di
salute economica di alcuni comparti, come per esempio quello delle nostre
filiere avicole e
suinicole, è in parte dovuto al fatto che molte e costose direttive europee
sulla ecocompatibilità
e sul benessere animale (come la direttiva nitrati o del benessere animale)
non
sono state applicate nel nostro Paese.
La mancata applicazione di queste direttive, oltrechè il perseverare nell’
inquinamento dei suoli e fare indossare al nostro Paese la maglia nera in
Europa in merito ai
metodi di allevamento degli animali (come per esempio i 50 milioni di
ovaiole tenute
ancora in gabbia), ha creato i presupposti di una vera concorrenza sleale
nel mercato
verso i competitori europei.
Ancora nel documento non si evidenzia il pericolo a cui è esposta la nostra
agricoltura da parte delle politiche invasive delle potenti lobbies della
chimica e delle
biotecnologie che trovano a Bruxelles attenzioni sempre maggiori.
Entrando invece nella parte che esemplifica le politiche future, pur mirando
ad essere strumento strategico, perché capace di condizionare l’intero
comparto
per i prossimi 7 anni e pur esaltando il ruolo del secondo pilastro della
PAC , non si coglie il respiro di una visione che ponga la sovranità
alimentare,
il ciclo corto e la multifunzionalità del comparto come elemento centrale a
cui
aggiungere il valore etico ed economico.
Mancando questo, il Psn propone una visione di sviluppo che mira giustamente
a riportare il comparto nazionale ai livelli europei nei temi della
ecocompatibilità e
della sua adeguata strutturazione, esaltando le specificità e la sua valenza
socio-economico ed
ambientale, stimolando il settore a cogliere la nuova opportunità delle
energie
rinnovabili e del suo ruolo nel contrastare i mutamenti climatici,
promovendo una sua più
efficiente organizzazione con la nuova Rete Rurale Nazionale, ma affiora una
ricerca di
efficienza economica commisurata al mercato, un perseverare nella visione
dell’impresa
agricola che si misura con il reddito del conto economico.
In particolare si rileva che sulla questione del Bio, l’analisi di
prospettiva di questo settore si ferma a delle indicazioni, laddove l’
attuale posizionamento del mercato
ne ha determinato fino a qui lo sviluppo, che come è ovvio, non solo è
sbagliato
ma è volutamente distorsivo in quanto il biologico è prima di tutto una
scelta
politica di quale agricoltura vogliamo. Anche per i metodi produttivi di
lotta integrata viene
riservata la stessa sorte sminuendo l’importante lavoro fatto da alcune
Regioni in
merito.
Parlando in termini economici, si segnala l’ “orientamento-guida” previsto
nel Psn di assegnare al primo Asse, MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITÀ, il
43% delle
risorse, riservando spazi comunque consistenti all’Asse II° per il
MIGLIORAMENTO DELL’AMBIENTE (40%) e all’Asse III PER LA PROMOZIONE DELLA
QUALITÀ DELLA
VITA E DIVERSIFICAZIONE (13%).
Per l’Asse IV (Leader), si salvaguarda soprattutto il profilo qualitativo
degli interventi, in relazione all’ importanza strategica “orizzontale”
degli interventi di
questo Asse rispetto agli altri tre.
In sostanza, si dà corpo alle misure previste dalla normativa quadro
comunitaria – reg. Ce n. 1698/05 - sullo sviluppo rurale, indicando vie e
strumenti, attraverso i
quali aumentare, in primo luogo, la competitività delle aziende agricole e
forestali, la
ristrutturazione, lo sviluppo e l’innovazione. Nel Psn è contenuta anche la
ripartizione tra le
Regioni delle risorse di fonte comunitaria, assegnate dalla Commissione
europea all'Italia
per lo sviluppo rurale, che ammontano a circa 8,3 miliardi di euro, per il
periodo
2007-2013.
Le misure contenute nell’Asse 1, denominato "Miglioramento della
competitività", saranno sostanzialmente rivolte a promuovere gli
investimenti nelle aziende
agricole e forestali e nelle filiere agroindustriali, a sostenere l'accesso
dei giovani
nelle aziende agricole, a promuovere la qualità dei prodotti agricoli e le
innovazioni.
Le nuove disposizioni sullo sviluppo rurale per il periodo 2007-2013
prevedono, al riguardo, diverse novità: in particolare per l'Insediamento
dei giovani
agricoltori viene concesso un premio unico, fino a un max. di 40.000 euro
elevabile però a
55.000 euro, se si opta per un mix tra c/capitale e c/interessi. Rimangono
tuttavia
limiti e vincoli, in sintonia con quanto previsto dalle rispettive Ocm dei
singoli settori
produttivi Per gli investimenti riguardanti la trasformazione e
commercializzazione
delle produzioni agricole e forestali, il sostegno comunitario è limitato
alle micro, piccole
e medie imprese , mentre per quelle di maggiori dimensioni, l'aiuto viene
esteso solo alle
imprese con non oltre 750 dipendenti o 200 milioni di e di fatturato annuo.
In questo caso,
però, il contributo concedibile viene dimezzato. Nel settore forestale,
viceversa, il
sostegno è limitato alle micro imprese (impresa con meno di dieci occupati e
fatturato
annuo non oltre 2 milioni di euro).
E' stata anche introdotta una nuova misura finalizzata al sostegno della
cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nel
settore agricolo,
agroalimentare e forestale: la cooperazione dovrà avere luogo tra i
produttori primari
agricoli e forestali, imprese agroalimentari, di trasformazione dei prodotti
primari e/o soggetti
terzi. Gli aiuti copriranno i costi sostenuti per la cooperazione.
Per quanto riguarda l’Asse 2, denominato “Miglioramento dell’ambiente e
dello spazio rurale”, le misure saranno in gran parte finalizzate al
sostegno di impegni
ed iniziative direttamente riconducibili all’implementazione di norme
comunitarie nel
settore ambientale. In particolare, per l'agroambiente e benessere animale,
la
durata degli impegni è prevista, in linea generale, tra i 5 ed i 7 anni.
Il sostegno può essere concesso anche per interventi finalizzati alla
conservazione di risorse genetiche in agricoltura, mentre i pagamenti
collegati al benessere
animale sono inseriti in una misura a sè stante, la cui attuazione non è
obbligatoria.
Altra novità è l'introduzione di un premio agli agricoltori la cui attività
aziendale rientra nelle aree interessate dall’attuazione della direttiva
2000/60/EC (Direttiva
Quadro Acque), per compensare la perdita di reddito ed i maggiori costi
derivanti dall’
attuazione della direttiva.
Per quanto riguarda l'imboschimento, l’intensità degli aiuti per i costi di
impianto è aumentata dal 50% al 70%, per la zone normali e dal 60% all’80%
in quelle
svantaggiate.
Il livello massimo del premio per la perdita di reddito è aumentato da 500 a
700*/ha per gli agricoltori e loro associazioni.
Per quanto riguarda la ripartizione delle risorse fra le Regioni, si rileva
che alla Sardegna, (in ragione degli svantaggi geografici e naturali legati
all’insularità e
per il fatto di trovarsi nella situazione di “phasing in” rispetto all’
Obiettivo Competitività, cioè
quello delle Regioni più avanzate che raggruppa il Centro–Nord e Abruzzo, e
la Regione
Basilicata, nella situazione di “phasing out” rispetto all’Obiettivo
Convergenza, cioè quello
delle regioni del Mezzogiorno con maggiori problemi di sviluppo ) è stata
assicurata,
proporzionalmente, la stessa dotazione finanziaria in termini di risorse
pubbliche complessive
della fase 2000-2006.
A Lombardia e Liguria è attribuita un’assegnazione aggiuntiva “ad hoc” pari
al 10% della rispettiva dotazione percentuale della fase 2000-2006, in
ragione delle
minori assegnazioni disposte in favore di queste Regioni in tale periodo.
Sono state inoltre
ripartite le risorse provenienti dalla Pac, a seguito della riforma dell’Ocm
del tabacco,
ammontanti a 501,5 milioni di euro, che sono andati in gran parte alla
Campania e all'Umbria.
A parte le regioni sopraccitate, oggetto di più vistose modifiche, per le
altre, la distribuzione non si discosta da quella dell'attuale periodo
2000-2006. Si
rilevano tuttavia aumenti di moderata entità per Abruzzo, Province autonome
di Trento e
Bolzano, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Toscana,
Veneto, Valle
d'Aosta. Più incisivo risulta l'aumento per Liguria e Lombardia (14 - 15%),
mentre
diminuiscono del 6-7% le risorse per Calabria e Puglia.
Oltre alle risorse comunitarie, oggetto delle presenti decisioni di riparto,
bisognerà poi tenere conto del successivo apporto e allocazione della quota
nazionale,
prevista dal cofinanziamento, a carico del Bilancio dello Stato, per cui si
può stimare
che le dotazioni complessive di cui disporranno le Regioni ammonteranno a
circa 15 miliardi
di euro.
Non si tratta di una grande cifra come molti pensano, per un settore che
oltre a produrre reddito gestisce il territorio, cura il paesaggio, conserva
la biodiversità,
preservando una parte importante della nostra identità culturale e
custodendo beni
architettonici inestimabili in migliaia di paesi sparsi nel territorio.
Concludendo, inoltre, va rilevato che nell’elaborazione del Psn è mancato il
nostro punto di vista e non credo per motivi di ostracismo politico, ma
perché non siamo in grado di essere “dentro i momenti” e “i percorsi
politici e
programmatici” che invece ci spettano visto il ruolo riconosciuto che
abbiamo nel settore e nel Paese. (Guglielmo Donadello - gennaio 2007)
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