rassegna stampa: FAMIGLIE IN CERCA DI REDDITO.



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
----------------------------------
tratto da "Green Planet" - 10/09/2006
FAMIGLIE IN CERCA DI REDDITO.
Rapporto Coop: il 58% fatica ad arrivare alla fine del mese .
di Laura Matteucci / Milano

LUCI E OMBRE - Timidi segnali di ripresa in un quadro economico che resta
contraddittorio. E per gli italiani rimane ancora difficile arrivare a fine
mese. È il 58% delle famiglie - secondo il rapporto Coop 2006 su «Consumi e
distribuzione» presentato a Milano -che dichiara problemi nel far quadrare i
conti. In Europa, peggio di noi sta solo il Portogallo (61%). Resta lontana
la media europea (37%) e quella dei grandi Paesi europei come la Spagna
(45%), la Francia (36%), Regno Unito (28%) e Germania (24%). Nonostante le
difficoltà le Coop si aspettano comunque un triennio 2006-2008 di crescita
dei consumi reali, anche se il 2007 si annuncia peggiore rispetto al 2006.

Nel paniere dei consumi meno alimentari e bevande, più telefonìa, spese per
la mobilità, prodotti di benessere. Cresce il peso dei consumi «obbligati»
(casa, utenze, energia). Gli italiani pagano l’energia elettrica il 35% in
più della media europea, il carburante quasi il 10% in più.

Per Aldo Soldi, presidente di Coop Ancc (l’associazione nazionale delle
cooperative di consumatori Coop), i segnali sono «incoraggianti, ma non
sufficienti» e «serve una nuova politica per il consumatore: più
competizione e più efficienza nel sistema distributivo». Coop nel frattempo
conferma il proprio impegno: nell’ultimo anno l’inflazione alimentare Coop è
pari allo 0,2% rispetto allo 0,8% Istat. E rilancia: la stessa logica può
venire applicata in altri settori.

Innanzitutto, i medicinali da banco venduti in tre punti Coop salute (Carpi,
Ferrara e Bari): il primo bilancio a un mese dall’apertura parla di 283
scontrini giornalieri, ad un valore medio di 8,3 euro. Soldi parla della
possibilità di ridurre i prezzi di carburanti, telefonìa mobile ed energia.
I piani Coop prevedono anche di arrivare a 100 ipermercati in due anni (oggi
sono 80), e di creare entro il 2010 oltre 10mila posti di lavoro.

Qualche dettaglio sull’andamento dei prezzi: si allarga la forbice tra le
dinamiche inflattive degli alimentari (+ 0,8% negli ultimi 12 mesi) e altri
beni come «abitazione, elettricità, acqua e combustibili» (+5,9%) e i
trasporti (+4%). Tra il 2000 e il 2004 gli aumenti in Italia sono stati
superiori rispetto alla maggior parte dei Paesi Ue.

«Una parte consistente del reddito - spiega Soldi - viene speso per prodotti
e servizi che sono in situazioni di monopolio o di mercato in cui non c’è
molta concorrenza, come i carburanti l’energia, gli affitti», cioè i
cosiddetti «consumi obbligati». Morale: «Proprio l’aumentare dei consumi
obbligati comprime la disponibilità economica delle famiglie».

Da qui l’appello di Soldi affinchè il governo si attivi per introdurre
«elementi ulteriori di liberalizzazione che mettano al centro il
cittadino-consumatore e le sue esigenze, permettendogli così di liberare
parte del reddito». (fonte: Unità, 8 settembre 2006)
--------------------------------
COM'È DURA ARRIVARE ALLA FINE DEL MESE.
Salari in Italia, vivere con mille euro al mese. Indagine Cgil: dilaga il
lavoro precario. Bersani: in Finanziaria tracce di riforma delle pensioni.
L’Italia del lavoro oggi è un’Italia povera, con basse aspettative, poca
mobilità sociale, preoccupata e insicura, che non investe sulle proprie
capacità, con una scarsa scolarizzazione.
L’Italia del lavoro oggi è un posto dove il 68,6% degli occupati guadagna
meno di 1.300 euro al mese e il 35% non arriva a 1.000, dove gli
straordinari e il doppio lavoro sono, spesso, una necessità.
L’Italia del lavoro oggi, quella descritta dall’omonima ricerca dell’Ires
Cgil basata su 6mila interviste rappresentative di tutte il mondo del
lavoro, è una realtà divisa in due, scissa tra lavoratori tipici e atipici,
donne e uomini, nord e sud, pubblico e privato.

La più grande divisione riguarda le condizioni materiali. Solo una ristretta

minoranza di occupati circa il 16% guadagna oltre 1.500 euro mensili. Le
donne guadagnano tendenzialmente meno degli uomini (il 48,9% delle donne
percepisce meno di 1.000 euro al mese contro il 26,8% degli uomini) ma le
retribuzioni sono differenti anche tra lavoratori delle grandi e piccole
imprese e impiegati al nord rispetto al sud.
Se in media un lavoratore dipendente con un contratto di lavoro standard
(lavoratore tipico) guadagna un salario netto mensile pari a 1.010 euro -
spiega la ricerca - questo valore si riduce a 879 se il lavoratore è
occupato in una piccola impresa e si attesta su 950 euro se si lavora nel
Mezzogiorno.
Questo valore scende a 800 euro se si ha un contratto di lavoro non standard
e si attesta a 881 euro se si è un lavoratore immigrato extracomunitario
regolare.

«La questione salariale è un aspetto centrale» ha sottolineato il segretario
della Cgil Guglielmo Epifani che con il ministro del Lavoro Cesare Damiano e
l’industriale Andrea Pininfarina ha commentato la presentazione dello
studio.
«Il sentimento di precarietà - ha detto Epifani - aumenta di giorno in
giorno, i redditi italiani sono i più bassi d’Europa e la differenza di
retribuzioni tra dirigenti e dipendenti è passata da 1 a 10 a 1 a 1000».

E sono soprattutto i lavoratori impegnati nell’area del commercio, turismo e
trasporti ad essere concentrati nelle classi di reddito più basse, insieme
agli operai. In tale quadro, sottolinea la ricerca non stupisce che la
maggioranza dei lavoratori (57,7%) dichiari di riuscire a stento, se non per
niente, a garantire condizioni materiali di base per se stessi e per le
persone a proprio carico.
Tra i lavoratori atipici, per la maggioranza giovani, questa condizione
riguarda il 70% dei casi.
Le difficoltà economiche, poi, spingono il lavoratore a compensare o
attraverso gli straordinari (l’83% è favorevole, se retribuiti meglio) o
aggrappandosi al secondo lavoro.

Spesso anche l’istruzione serve a poco per garantire un posto migliore. Solo
nel 25,6% dei casi la formazione scolastica è ritenuta molto utile nello
svolgimento del proprio lavoro, mentre per circa il 44% degli occupati la
formazione scolastica non è importante.
Per due ragioni: perché si svolge un lavoro dequalificato o perché si svolge
un tipo di lavoro non coerente con il tipo di formazione conseguita.
Nel sistema Italia, infatti, il 37% dei lavoratori è di basso profilo,
concentrato principalmente nel settore privato.
Nella pubblica amministrazione il profilo dei lavoratori è più elevato ma
sono di più gli scontenti. Specie tra gli insegnanti (il 74% della
categoria), tra gli specialisti e i tecnici, cioè lo scheletro del Paese.

Da tutto questo deriva che in Italia la maggiore preoccupazione riguarda la
retribuzione e la sicurezza del posto.
Specie per i più giovani (45%). Giovani che sono disposti ad accettare anche
una maggiore flessibilità, d’orario e di stipendio, ma se accompagnata da
diritti e tutele e solo se transitoria. Flessibile sì, ma non precario.
(fonte: Unità, 6 settembre 2006)
------------------
N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a:

altragricoltura at italytrading.com

Altre notizie sul sito: www.altragricolturanordest.it
--
No virus found in this outgoing message.
Checked by AVG Free Edition.
Version: 7.1.405 / Virus Database: 268.12.3/445 - Release Date: 11/09/2006