Re: R: facciamo un nuovo gioco?



non mi cancello anche se ne ho la tentazione, ma consiglio a d'antonio di prendersi una dolce e serena vacanza magari ri/leggendosi il viaggio del Che con la Poderosa  attraverso la sua grande terra, con tenerezza
ah ernestino adorava il rugby
 
Il 11/07/06, Reverberi Sara <Sara.Reverberi at asmn.re.it> ha scritto:
oHHHHHHH....MA AVETE PRESENTE QUELLA COSA CHE SI CHIAMA SPORT?? Mi sembra abbastanza ovvio che si applichi un modello del tipo "io ho vinto-tu hai perso"...altrimenti non sarebbero gare...e non è una questione di calcio (e ti parla una che del calcio se ne strafrega): è il modello necessariamente adottato in qualsiasi tipo di gara, che si tratti di atletica leggera, di sci, di nuoto o di concorsi ippici...ma mi volete spiegare cosa c'entra questo con il ricercare modelli di comunicazione e di scambio che siano degni di questi nomi? Se questa società è arrivata a questo punto non è certo colpa del calcio, casomai è il contrario.
E con questo chiedo di essere eliminata da questa mailing list perché non ci trovo niente di affine con il consumo critico.
Sara

-----Messaggio originale-----
Da: consumocritico-request at peacelink.it [mailto:consumocritico-request at peacelink.it] Per conto di Laboratorio Eudemonia
Inviato: lunedì 10 luglio 2006 19:35
A: consumocritico at peacelink.it
Oggetto: facciamo un nuovo gioco?



Come prevedibile, data la popolarità del tema che tristemente supera di gran lunga ogni seria questione, la lunga tirata, la filippica :) "Un miliardo di persone" ha avuto (in varie Liste) numerosi feedback che direi si sono quasi equamente ripartiti a favore e contro.

Dopo aver letto tali feedback e riflettuto sulla faccenda, giungo alla conclusione che il punto più importante da mettere a fuoco sia quello della necessità di prendere innanzitutto coscienza che il modello del gioco del pallone impregna eccessivamente l'intera nostra società.

Il gioco del pallone segue un modello, una procedura tanto chiara e precisa quanto escludente:

-- io vinco tu perdi --

Questo modello di gioco, di comportamento, per la sua onnipresenza nella nostra vita, si trasmette pari pari in qualsiasi altro ambito del nostro interagire, dei nostri rapporti.

Per la qual cosa si assiste in casa, in strada, sul lavoro, in politica, dappertutto, ad una sequenza continua di discussioni, incomprensioni e litigi che seguono invariabilmente il modello, lo schema:

-- io ho ragione tu hai torto --

Ora, la realtà delle cose ci dice che nella quasi totalità dei casi, per intenderci a meno che non si tratti di risolvere una funzione matematica, occorrerebbe invece utilizzare il modello secondo cui:

-- io ho ragione e tu pure --

Perché è davvero raro che la ragione od il torto siano tutta/tutto da una parte. La realtà è complessa, è estremamente ricca, possiamo dire infinita, per la qual cosa ciò cui ognuno di noi può accedere è sempre una visione parziale, nonché relativa.

A questo punto, ciò che occorre stabilire è quindi:

-- quanta ragione ho io e quanta ne hai tu --

la quale operazione di misura non necessariamente deve condurre ad una esclusione.

Sarebbe a dire che probabilmente dobbiamo agire in misura proporzionale alle ragioni di ognuno.

Presento un esempio eclatante: pressoché l'intero mondo progressista, tranne rarissime eccezioni che confermano la regola, dovendo risolvere il problema dell'inquinamento ambientale e dell'esaurirsi delle risorse presenta come unico, esclusivo intervento quello dell'approccio tecnologico (efficienza, riuso, fonti alternative etc.), escludendo in maniera davvero cieca e gretta, l'altro importante approccio, quello demografico, di autocontenimento della popolazione.

In osservanza al modello del gioco del pallone, l'approccio tecnologico ha tutta la ragione, quello demografico è completamente nel torto. Il primo vince, il secondo perde (*).

Al contrario, seguendo una logica non competitiva, non di lotta, non guerresca, bensì collaborativa, cooperativa, o semplicemente inclusiva, si comprende immediatamente che tanto l'approccio tecnologico quanto quello demografico sono ragionevoli entrambi ed entrambi vanno utilizzati.

Non dobbiamo stupirci se il mondo non si comprende bene e se se ne va velocemente in malora: non dipende tanto dal mondo, quanto dai nostri metodi di conoscenza (e quindi di intervento) i quali probabilmente risalgono ai tempi che furono, risentendo ancor oggi, pesantemente, tristemente, di una escludente, limitata, monolitica cultura monoteistica.

Se vogliamo salvare il mondo e noi stessi, dobbiamo fare delle scelte. In questo caso, occorre ridimensionare il gioco del pallone ed inventare o scoprire qualche nuovo gioco. Ritengo si tratti di qualcosa molto più importante di quanto possa sembrare.

I migliori saluti,

Danilo D'Antonio





(*)
perché finora ha vinto l'approccio tecnologico?
semplice: per le soverchianti forze dell'interesse personale e della codardia.






















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