rassegna stampa: Prospettive per le filiere agricole per produzione energetiche nel nostro Paese.



Sempre più spesso, dopo la ratifica dell'accordo di Kyoto, nei quotidiani
leggiamo che in Italia fioriscono grandi progetti di risparmio energetico da
attuare attraverso la conversione di biomasse di produzione agricola in
materia prima per alimentare centrali termoelettriche.
A nostro avviso questa primavera di iniziative imprenditoriali private(però,
ahinoi, sempre sostenute da denaro pubblico!) merita una riflessione perchè,
attualmente almeno, i problemi che si intravvedono inficiano ogni possibile
risultato positivo.
Vi proponiamo un sintetico punto di vista di AltrAgricoltura Nord Est
sull'attuale problema del risparmio energetico da attuare con l'uso di
biomasse.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est

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Prospettive per le filiere agricole per produzione energetiche nel nostro
Paese.
Il libro bianco della Commissione Europea sull’energia prevede che il
contributo delle biomasse di produzione agricola al fabbisogno energetico
dei 25 paesi membri dovrà passare da 4,8 milioni di tonnellate equivalenti
di petrolio del 1995 ai 135 milioni di tonnellate equivalenti petrolio del
2010.
Nel nostro Paese le riconversioni agrarie dalle attuali colture food a nuove
colture non food sia per le nuove produzioni agricole a fini industriali
sono complesse e molto difficili. La poca ricerca fatta in questi anni dalle
facoltà di agraria italiane comunque ha messo a punto progetti produttivi
agricoli no Food interessanti per le produzioni di fibra per i tessuti,
vernici, oli e biomasse per la produzione di etanolo da amidi (mais, grano
barbabietole) o biodisel dalla esterificazioni di oli vegetali (girasole e
colza).
Con il petrolio a 70 dollari al barile e la straordinaria contribuzione
pubblica rappresentata dai certificati verdi, si assiste in questi mesi alla
proliferazione di progetti per la creazione di centrali di conversione
energetica da biomasse e suoi derivati, per la produzione di bioetanolo o di
energia elettrica dalla loro combustione e in minor misura di biodisel da
olio di girasole e colza.
E’ utile ricordare però che attualmente non ci sono produzioni di biomasse
nel nostro paese e che in assenza di una politica nazionale e regionale
agricola in proposito non ci saranno mai.
Le fonti energetiche rinnovabili da Biomasse vegetali coltivate possono
essere sicuramente una prospettiva importante di sviluppo e di reddito
agricolo ma necessitano di percorsi partecipati dal pubblico e con
determinazione inseriti in una logica di agricoltura multifunzionale. Senza
queste attenzioni anche in questo comparto si espone il Paese e i territori
ad un proliferare di iniziative imprenditoriali rapaci per le risorse
pubbliche e dannose per la collettività oltre che perfettamente inutili ad
una prospettiva di lavoro qualificato nelle campagne e meno ancora
rispondenti alle pressanti indicazioni del protocollo di Kyoto a cui l’
agricoltura può e deve dare un suo specifico contributo.
Ne è un esempio negativo l’attuale modo con cui si sta attuando la
riconversione di parte del settore bietticolo italiano al settore energetico
gestito delle imprese saccarifere, su cui ambientalisti e le realtà
regionali, provinciali, comunali hanno grandissime e giuste riserve. In
assenza, infatti, di filiere agricole contrattualizzate e quindi in mancanza
di prodotto agricolo da trasformare queste centrali potrebbero diventare
inceneritori a tutti gli effetti e bruciare l’unica cosa che esiste che è l’
immondizia, così come non convincono  le proposte di utilizzare olio di
girasole per fare elettricità. Per fare funzionare una centrale di 25
megawatt come quella proposta dalla SADAM a Fermo necessitano ben 50.000
ettari di girasole che non essendo disponibili in zona, vengono importati
dall’estero, naturalmente dai paesi poveri, sottraendo in quelle aree
terreno utile alla produzioni agricole destinate all’alimentazione locale.
La riconversione produttiva agricola a biomasse può e deve avvenire all’
interno di un piano energetico nazionale e regionale secondo un rigoroso
quadro di sostenibilità ambientale e sociale. Lo sviluppo di filiere
agricole non food a fini energetici deve attuarsi attraverso la messa a
punto di un sistema di indirizzo nazionale e normativo in materia che
assicuri che le produzioni agricole portino reali benefici al bilancio
energetico o meglio ancora ad una effettiva riduzione di CO2 e che non
arrechino con le possibili produzioni OGM danni a specie ed habitat nella
fase di coltivazione. La produzione di energia da filiere agricole deve
essere finalizzata a un reale sviluppo agricolo e ciò è possibile solo con
quelle progettualità che hanno come perno centrale la creazione di impianti
di microcogenerazione basati sull’approvvigionamento locale, nel massimo
rispetto degli equilibri ambientali e con il consenso e la partecipazione
delle amministrazioni e popolazioni locali.
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