rassegna stampa: attenti a Barilla e Rana



Verrebbe da dire: Attenti a quei due! ma in realta la macchina
dell'agroindustria
non prevede una sostanziale diversità tra produttori, tutti attingono alle
stesse fonti
di approvigionamento delle materie prime, tutti le trasformano in merci
omologhe le une con le altre
tutte finiscono sugli stessi banchi della grande distribuzione. Un'unica
particolarità le differenzia:
le campagne pubblicitarie e quindi il peso del MARCHIO!
Rari sono i pastifici che della qualità fanno l'essenza della propria pasta,
della trasparenza
dei processi di filiera la loro presentazione ai cittadini, e questi rari
esempi sono marginalizzati
dal mercato. Quindi attenzione a cosa mettiamo nel carrello della spesa, non
regaliamo fiducia a nessuno,
controlliamo cosa prendiamo e premiamo solo i produttori che praticano
qualità e trasparenza e
tracciabilità di filiera, possibilmente a ciclo corto.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "it.cultura.antagonista" - 9/2/06
Attenti a Barilla e Rana.
dal sito www.greenplanet.net :
I retroscena dell'inchiesta. L'Espresso rivela: "Una parte importante della
semola è finita nelle paste più famose di Italia, come la Barilla e la
Giovanni Rana".
Guida a
Virgilio
La lettera è stata pubblicata da 'la Repubblica' il 19 gennaio. Nicoletta
Degli Angeli da Castelfranco Veneto scrive: "Perché nessuno parla più del
signor Casillo e delle 58 mila tonnellate di grano contenente ocratossina?
È un affare di poco conto sapere che questo grano cancerogeno, di riffa o
di raffa, finir à nella nostra pancia? Perché i pastifici non hanno
pubblicato i nomi dei prodotti contenenti il grano contaminato?".
All'appello della signora Degli Angeli non è giunta risposta.
Le ultime cronache ci informavano solo che "il grano cancerogeno è stato
trasformato in semola, venduto e consumato".
Già. Ma da chi? E con quali rischi per la salute?
L'allarme, che coinvolge l'alimento base della nostra dieta, è rimasto
sospeso.
Per rispondere alle domande della signora Degli Angeli, 'L'espresso' ha
seguito la rotta del grano contaminato fino ai pastifici e ha scoperto che
la semola derivata dal grano canadese è finita in aziende pugliesi come
Riscossa, Pedone o Granoro.
Ma una parte importante della semola derivante da quel frumento è finita
nelle paste più famose di Italia, come la Barilla e la Giovanni Rana.
Già nel novembre scorso è stata ceduta ai pastifici e in buona parte è
stata trasformata in pasta e immessa sul mercato.
Secondo le aziende, non ci sono rischi per la salute e le analisi degli
investigatori sembrano confermarlo. Resta il fatto che i consumatori sono
stati lasciati al buio.
Sette piani di nave
Tutto inizia il 23 settembre 2005, quando la nave Loch Alyin, proveniente
da Port Royal in Canada, attracca al porto di Bari. Nelle sue sette stive
(la nave è alta come un palazzo) porta 58 mila tonnellate di grano duro. Il
grosso del carico, circa 44 mila tonnellate, è di Francesco Casillo.
Il resto si divide tra la multinazionale Dreyfuss e due aziende minori:
Candeal e Agriviesti.
Il grano di Casillo è di qualità molto scadente.
Le categorie doganali riconosciute sono quattro, in ordine decrescente. Il
grano di Casillo appartiene per metà alla quarta categoria, per il resto
addirittura alla quinta, che non è nemmeno classificata, tanto che per il
gip Michele Nardi "appare persino incerta la sua importabilità".
Un bastimento di quelle dimensioni non passa inosservato specie se è
acquistato a un prezzo insolitamente basso da Francesco Casillo,
discendente di una dinastia di mugnai un po' chiacchierata.
Suo fratello Pasquale è finito sotto processo per le truffe sui contributi
europei e i pentiti di camorra hanno raccontato i presunti rapporti di
Pasquale stesso con i boss.
Pm all'assalto
Appena la nave attracca, una gola profonda segnala alla Procura di Trani il
carico sospetto.
Entra in scena il pubblico ministero Antonio Savasta.
Quarant'anni, accento pugliese e fede romanista, Savasta è famoso per le
sue inchieste in difesa dei consumatori.
Grazie a lui centinaia di clienti male informati agli sportelli hanno
ottenuto i risarcimenti per lo scandalo della Banca 121.
In quell'inchiesta Savasta era arrivato a iscrivere sul registro degli
indagati l'ex governatore Antonio Fazio, poi archiviato.
Il fascicolo sul grano plana sul suo tavolo, Savasta sequestra tutto e
ordina le analisi.
Casillo si oppone, presenta certificati dei laboratori della Camera di
commercio da cui risulta che quel grano è buono, non contiene ocratossina.
Questa sostanza velenosa è presente nelle muffe che si formano sui cereali
e in altri alimenti.
Causa danni all'apparato urinario e ai reni ed è pericolosa per le donne in
gravidanza.
Tre anni fa la normativa europea l'ha bandita al di sopra della soglia di 5
ppb. Casillo, grazie ad analisi false, ottiene il dissequestro e vende una
parte del carico.
Solo dopo due mesi si scopre l'inghippo. I tecnici dei laboratori hanno
dichiarato l'assenza di ocratossine anche se non era vero. "Casillo ci ha
detto di fare così", confessano i due.
Le porte del carcere diventano girevoli: escono i tecnici, entra Casillo. I
pm lo interrogano e gli mostrano le analisi: su 42 campioni, sette sono
positivi con valori che arrivano anche a 15 ppb, tre volte il limite di
legge.
Lui si difende sventolando una perizia firmata da due professoroni. Savasta
intanto rintraccia i certificati canadesi del porto di imbarco e scopre che
già alla partenza il grano conteneva ocratossine, anche se in quantit à
inferiori ai limiti.
Analisi che dovrebbero consigliare prudenza. Casillo, invece, sparge il
prodotto dissequestrato in tutta Italia vendendolo come grano canadese
nazionalizzato.
Mulino nero
Il grano incriminato quasi sempre non è finito direttamente ai pastifici.
Nella maggior parte dei casi sono stati i mulini a comprare il carico della
Loch Alyn e a semolarlo, insieme ad altre qualità nazionali, per poi
vendere il tutto ai pastifici.
Secondo le informative della Finanza, che 'L'espresso' ha potuto visionare,
un ruolo chiave è stato giocato per esempio dal Molino Loiudice di
Altamura.
In questo antico impianto considerato tra i migliori della Puglia, è finita
una parte del grano della Dreyfus: 7 mila tonnellate stivate separatamente
dalle 44 mila di Casillo.
Il grano Dreyfus, di qualità migliore di quello di Casillo ma comunque in
parte contaminato, secondo le Fiamme Gialle, è stato semolato a novembre
insieme ad altre qualità e poi venduto al pastificio Rana e ad altre
aziende della Puglia, come la Granoro e la Riscossa.
Il pastificio Rana di San Giovanni Lupatoto, Verona, secondo la Finanza ha
acquistato 669 tonnellate di semola.
Che fine hanno fatto?
'L'espresso' ha contattato la società di Giovanni Rana ma ha ricevuto in
risposta un cortese "no comment".
Per Barilla è tutto ok
Barilla è il nome più importante citato dalle Fiamme Gialle. La società di
Parma è uno dei maggiori clienti del Molino Casillo e ha comprato semola
contenente il grano della Loch Alyn anche dal Molino Loiudice.
Secondo la Finanza, la Barilla ha acquistato 1.290 tonnellate di semola
contenente anche grano canadese della Loch Alyn.
Fonti vicine al colosso alimentare fanno sapere che la società ha
rintracciato i lotti ma le analisi hanno sgombrato il campo dalle paure.
Il 90 per cento dei pacchi di pasta esaminati è risultato immune da
ocratossine.
Mentre nel restante 10 per cento il contenuto è rimasto al di sotto dei
limiti di legge.
Il 70 per cento del grano Barilla è semolato nei mulini della ditta.
Solo il 30 per cento proviene dai mulini esterni, come Loiudice (che
fornisce il 2 per cento) o Casillo, che è il principale fornitore italiano.
La Barilla inoltre segue un rigoroso programma di controlli interni in
tutte le fasi della produzione.
E in questo caso ha effettuato altre 500 analisi commissionate
appositamente a laboratori esterni.
Solo dopo avere accertato che tutti i pacchi di pasta non presentavano
rischi, Barilla li ha lasciati sugli scaffali.
Granoro trasparente
Anche il pastificio Mastromauro, che produce la pasta Granoro, ha eseguito
una campagna di controlli straordinari.
Giovane e grintosa, la direttrice commerciale, Marina Mastromauro, non si
tira indietro: "Nella nostra pasta non c'è ombra di ocratossina. Noto solo
che è ridicolo che tutti oggi facciano finta di non avere mai comprato
grano da Casillo. Inoltre, il presidente della Provincia, Vincenzo Divella,
titolare dell'omonimo pastificio, invece di tutelare tutti i produttori in
un momento cos ì difficile è intervenuto sulla 'Gazzetta del Mezzogiorno'
per difendere la sua azienda e vantarsi di non importare il grano canadese
ma solo quello australiano".
Peccato che proprio Divella figuri nella lista degli acquirenti del grano
canadese sequestrata dal magistrato al porto di Bari.
Divella ha comprato il carico della nave Dobrush, arrivata a Bari il 31
maggio del 2005 da Port Royal (lo stesso porto canadese della Loch Alyn).
"Confermo di non aver mai importato grano canadese ma posso averlo comprato
anch'io dalla nave. È uno dei migliori", corregge il tiro il presidente con
'L'espresso', aggiungendo subito: "Comunque non ho comprato mai grano
canadese di qualità 4 né da Casillo né da altri".
Certo per tutti i pastai italiani oggi Casillo è una presenza ingombrante.
L'inchiesta di Trani non riguarda un parvenu ma il re del settore.
Le sue aziende sono in vetta alle classifiche europee e l'Università delle
scienze gastronomiche di Slow Food portava i suoi studenti a fare lo stage
al Molino Casillo.
Bastava dare un'occhiata al sito il giorno dell'arresto, prima che fosse
oscurato, per scoprire che tra i clienti vantati c'erano anche Agnesi,
Amato, Barilla, Buitoni, Divella, De Cecco, Del Verde, Rana e tanti altri.
Per avere un'idea delle dimensioni basti dire che con le 44 mila tonnellate
di Casillo si possono produrre 250 milioni di pacchi di pasta contenenti,
in una percentuale del venti per cento, la semola del grano 'incriminato'.
Un solo colpevole
In questa vicenda, finora, l'unico industriale indagato è Casillo. Gli
inquirenti ci tengono a sottolineare che nessuno degli acquirenti, mulini e
pastai, sapeva di comprare un grano a rischio.
Per il gip Nardi solo Casillo "acquista il prodotto con un ingente
risparmio pari a 34 euro a tonnellata, a cifre quindi molto inferiori
rispetto ai prezzi quotati". I suoi acquirenti invece comprano "a prezzi di
mercato e in alcuni casi anche per valori superiori, vedi la vendita al
Mulino Tandoi".
Filippo Tandoi precisa: "Abbiamo acquistato un modestissima quantità di
canadese categoria 4 non essendo informati del sequestro cui lo stesso era
stato sottoposto. Il prezzo era in linea con le quotazioni e le nostre
analisi sulla semola hanno evidenziato che le micotossine erano di gran
lunga al di sotto dei valori minimi".
È la stessa tecnica di produzione della pasta a eliminare il rischio.
Nella fase della molitura si perde la parte esterna del grano e
l'ocratossina si dimezza.
Un secondo abbattimento deriva poi dalla miscelazione della semola canadese
con quella italiana.
Per queste ragioni, nessun campione di pasta finora ha superato i 5 ppb di
ocratossina.
Il pm Savasta però non si accontenta e ora ha intenzione di trasformarsi in
pastaio.
Proprio cos ì : la Procura incaricherà un perito di fabbricare la pasta a
partire dalla sola semola di grano canadese contaminato per verificare
quanta ocratossina rimane alla fine del procedimento.
Intanto il ministero della Salute ha attivato il sistema di allerta
europea, ha chiesto un parere sulla pericolosità del grano all'Istituto
superiore di sanità e ha inviato alle regioni la lista dei pastifici e dei
mulini che hanno trattato il grano di Casillo e i suoi derivati.
Ora si attende che Puglia, Basilicata, Emilia Romagna, Campania, Veneto,
Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione del Nas dei carabinieri,
rintraccino quelle partite e verifichino la contaminazione dei prodotti.
Controlli pericolosi
Se al momento i consumatori possono stare relativamente tranquilli,
l'inchiesta di Trani ha però portato alla luce un incredibile buco nei
controlli. I magistrati hanno accertato che le analisi sulle importazioni a
Bari si svolgono solo sul 5 per cento degli arrivi di ogni settimana (a
Ravenna si arriva al nove).
Raggiunta quella soglia, le altre navi passano indisturbate. Non solo: i
campioni non sono sempre prelevati dai funzionari del ministero ma
consegnati dall'equipaggio.
"Nel caso di Bari, la cosa pi ù sconcertante", per il giudice Nardi, "è che
il controllo di tipo sanitario non risulta essere stato effettuato e la
prima nave è stata svincolata senza che pervenissero neppure le analisi
parziali. Con questo presupposto veniva emessa autorizzazione sanitaria per
l'intera settimana".
Il dirigente sanitario dell'ufficio marittimo di Bari, Antonio Delzotti, è
stato arrestato lunedì scorso e ora è ai domiciliari.
Ma il problema è di sistema. In tutta la Puglia non esisteva nemmeno
l'apparecchio per trovare l'ocratossina.
Una carenza drammatica se si tiene conto che ogni anno importiamo un
milione e mezzo di tonnellate di grano duro, pari al 30 per cento del
fabbisogno. "Il prossimo anno", spiega Fabrizio Vitali di Italmopa, "si
arriverà al 50 per cento".
La colpa è dell'Europa. Prima ha favorito la coltivazione nei terreni meno
adatti provocando un peggioramento della qualità.
Poi è corsa ai ripari introducendo il regime del di-saccoppiamento. I fondi
quest'anno arriveranno comunque agli agricoltori italiani a prescindere
dalla reale coltivazione del terreno.
Ma il danno ormai è fatto e il nostro frumento non è più buono come una
volta.
"Nel 1992 il nostro grano", spiega Vitali, "conteneva il 14 per cento di
proteine. Oggi siamo scesi al 12 e per evitare di produrre una pasta che si
incolla i pastai ricorrono al canadese".
Comunque per Vitali: "non bisogna esagerare con gli allarmi. Il grano
importato è sicuro".
A leggere l'ordinanza del giudice Nardi per ò sorge qualche dubbio: "Casillo
si difende sostenendo che l'ocratossina è dappertutto e non fa male e poi
la sua ditta importa grano da tutto il mondo compreso l'Iraq e in
particolare il Kurdistan. Già", chiosa il gip, "proprio quella regione
irrorata dai gas nervini sganciati da Saddam per decimare le popolazioni
ribelli!".
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