" rassegna stampa: BOLIVIA, MIGLIAIA DI INDIGENI IN REGIM" E DI SEMI-SCHIAVITÙ NELLE PIANTAGIONI



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Green Planet" - 23/11/2005
BOLIVIA, MIGLIAIA DI INDIGENI IN REGIME DI SEMI-SCHIAVITÙ NELLE PIANTAGIONI
60 comunità native “letteralmente sottomesse a veri e propri padroni” che li
obbligano a lavorare nelle aziende agricole “senza alcun contratto per 10-12
ore al giorno e senza un salario”
Il ‘Defensor del pueblo’ (Difensore civico) della Bolivia, Waldo Abarracín,
ha chiesto al governo di “eliminare il regime di semi-schiavitù e ogni altra
forma di sfruttamento lavorativo” a cui continuano ad essere sottoposti
14.000 indigeni di etnia Guaraní nel sudest del paese.
In un appello inviato al Consiglio dei ministri di La Paz, Abarracín ha
riferito i risultati di un’inchiesta condotta dalla ‘Defensoría’ nel
dipartimento di Chuquisaca, circa 1.000 chilometri a sud della capitale:
nella regione, i membri di 60 comunità native sono “letteralmente sottomessi
a veri e propri padroni” che li obbligano a lavorare nelle aziende agricole
“senza alcun contratto per 10-12 ore al giorno e senza un salario” ha
denunciato Abarracín.
In cambio, i Guaraní ricevono “solo un po’ di cibo, vestiti usati e paghe
giornaliere tra i 60 centesimi e i due dollari al giorno”.
Secondo gli investigatori, è inoltre frequente che i bambini indigeni
vengano affidati dalle famiglie ai latifondisti che offrono loro il
pagamento delle rate scolastiche, a patto che i genitori lavorino
gratuitamente come domestici o tuttofare.
“Siamo di fronte a palesi violazioni dei trattati internazionali e della
stessa Costituzione boliviana, ma finora nessuna amministrazione ha
provveduto a sanare la situazione” ha concluso Abarracín. In Bolivia, dove
il 62% della popolazione ha radici indigene, rispetto alle comunità
autoctone predominanti, gli Aymara e i Quechua, i Guaraní sono etnia
minoritaria con 62.000 individui.

Missionary service news agency
Misna, 22 novembre 2005
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tratto da "Green Planet" - 9/11/05

MONSANTO, BAYER & SYNGENTA: PREZZI BASSI GRAZIE AL LAVORO MINORILE IN INDIA
Nuovo rapporto su bambini e ragazzi impiegati nella coltivazione del cotone.
Multinazionali e compagnie indiane, attive nel settore dei semi di cotone,
pagano i coltivatori indiani il 40% in meno di quanto sarebbe necessario per
assumere solo lavoratori adulti, pagando loro il salario minimo stabilito a
livello locale, evitando il ricorso al lavoro minorile.

Le compagnie coinvolte sono multinazionali come Bayer, Monsanto e Syngenta,
e imprese indiane, come Nuziveedu Seeds, Raasi Seeds e Ankur Seeds.

Attualmente, sono almeno 100.000 i minori, in maggioranza ragazze, che
lavorano 13 ore al giorno, per meno di un euro, presso i coltivatori che
riforniscono queste compagnie, nello Stato indiano di Andhra Pradesh, che,
insieme a quello di Gujarat, copre circa il 75% della produzione di semi di
cotone del Paese.

La situazione di questi bambini e ragazzi è spesso condizionata dai prestiti
fatti ai loro genitori, i quali sono spesso disoccupati e, quando lavorano,
ricevono poco più della metà del salario minimo stabilito.

Molti minorenni soffrono per l'inalazione dei vapori dei pesticidi
utilizzati nei campi, che provocano loro mal di testa, vomito e depressione,
senza che sia loro assicurata alcuna assistenza medica.

Nessun altro settore produttivo, in India, ricorre in tal misura al lavoro
minorile, sfruttando il fatto che i bambini lavorano più a lungo e più
intensamente degli adulti, e sono più facili da controllare, anche
attraverso abusi fisici e verbali.

E' quanto afferma il rapporto "The Price of Childhood", diffuso il 31
ottobre e commissionato da India Committee of the Netherlands (ICN),
International Labor Rights Fund (Usa) e Eine Welt Netz NRW (OneWorld Net
Germania).

La ricerca indica che i coltivatori subirebbero una perdita netta, se
impiegassero gli adulti, al salario minimo locale, anziché bambini e
adolescenti.
La situazione, invece, è molto diversa per quanto riguarda le compagnie.

I prezzi di mercato di un kg di semi di cotone sono da 3,6 a 12,1 volte
maggiori del prezzo pagato ai coltivatori.
Se le compagnie pagassero la sostituzione dei lavoratori minorenni con
adulti retribuiti al minimo salariale, ciò inciderebbe sui loro profitti in
una percentuale tra il 4,2% e il 21,3%. Se questo costo venisse trasferito
ai consumatori, ciò significherebbe un incremento del prezzo dei semi tra il
3,2% e il 10,9%.

Il rapporto afferma che le multinazionali sono consapevoli della forte
presenza di lavoro minorile nella loro catena di fornitori e che sono,
almeno in parte, responsabili di questa situazione.
Le compagnie, però, negano che vi sia una relazione con il prezzo che loro
pagano ai coltivatori, accollando a questi ultimi la responsabilità del
fenomeno e sostenendo che dovrebbero migliorare la produttività, per
permettere il passaggio dal lavoro minorile a quello adulto.

La conseguenza è che le iniziative adottate dalle multinazionali hanno avuto
scarsa incidenza.
Il numero dei bambini tra i 6 e i 14 anni e diminuito, fino a rappresentare
la metà del totale dei lavoratori. Ma nell'altra metà, il 70% è costituito
da adolescenti tra i 15 e i 18 anni, che erano già impiegati quando erano
più piccoli e che ora guadagnano poco di più.

Nell'ultimo anno, Bayer, Monsanto e Syngenta avevano deciso di imprimere una
svolta, adottando un sistema di monitoraggio, incentivi e sanzioni,
prevedendo un bonus del 5% ai coltivatori che rinunciavano al lavoro
minorile, mentre per coloro che avessero continuato ad utilizzarlo veniva
prevista, dopo un primo avvertimento, una sanzione pari al 10%, fino alla
rescissione del contratto di fornitura.

L'iniziativa, cui non si erano associate le imprese indiane, era stata
salutata favorevolmente dalle organizzazioni non governative che, in
precedenza, avevano espresso le maggiori critiche, come la MV Foundation,
che aveva deciso di affiancare le multinazionali nelle attività di controllo
sul campo.

La cooperazione è stata però interrotta a settembre, su decisione della MV
Foundation, dopo aver scoperto che i coltivatori venivano preavvertiti delle
ispezioni, con il risultato che venivano trovati solo pochi bambini. Le
ispezioni a sorpresa effettuate autonomamente da MV Foundation, invece,
scoprivano molti più minori al lavoro nei campi.

La Fondazione si è offerta di continuare ad effettuare ispezioni autonome,
comunicando i risultati alle compagnie, alle autorità e al pubblico.
RSI News, 9 novembre 2005
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com


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