Comunicato stampa: Uova marce per alimenti sulla tavola di natale?



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
-----------------------
Il comparto di produzione avicola vive da anni una crisi che non lascia
intravvedere una fine, il recente scandalo delle "uova marce" introdotte nei
nostri alimenti ci spinge ad una riflessione che articoliamo in tre momenti.
Nel primo ascoltiamo ancora cosa ci raccontano i nostri industriali, nel
secondo poniamo noi, a questi capitani d'industria delle domande a cui
esigiamo risposta, nella terza cerchiamo di trovare percorsi dal basso che
difendano il diritto alla sicurezza alimentare e all'accesso ad una
alimentazione di qualità a prezzi equi per tutti i cittadini.

1)- Riportiamo in premessa un articolo di Rita Pasquarelli (dirigente
dell'U.N.A.) di
alcune settimane  fa in merito alle importazioni di prodotti avicoli dalla
Thailandia e dal Brasile.

A GUARDIA ALTA.
di Rita Pasquarelli (Direttore Generale dell’Unione Nazionale dell’
Avicoltura)

Qualche mese fa il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi
ricevette a Palazzo Chigi il primo ministro thailandese Thaksin Sinawatra.
Secondo la Onlus “Osservatorio sulla legalità”
(www.osservatoriosullalegalita.org), l’occasione servì anche per la firma,
fra lo stesso Thaksin Sinawatra e il sottosegretario alle Attività
Produttive con delega al Commercio Estero, Adolfo Urso, di un accordo volto
a promuovere “la collaborazione economica e commerciale fra l’Italia e la
Thailandia, ma anche una concreta azione di partnership industriale e di
cooperazione in diversi settori: dal turismo alla meccanica, dall’
agroalimentare all’elettronica”.
Agroalimentare? Ricordiamo - ammesso che ce ne sia bisogno - che la
Thailandia è stata uno dei Paesi del Sud-Est asiatico in cui con più
violenza si è manifestato il virus dell’influenza aviaria. Una batosta non
da poco per l’antico Siam, quinto esportatore mondiale di carni di pollo, 60
mila tonnellate delle quali risultavano ammassate, lo scorso autunno, in
capienti celle frigorifere in attesa di tempi migliori. Ma migliori per chi?
Certo, il sospetto che il primo ministro thailandese abbia cercato di
“piazzare” le proprie scorte di magazzino anche all’omologo italiano non è
mai stato provato. Anzi, ad una specifica domanda in tal senso posta dai
produttori italiani, Palazzo Chigi ha sempre opposto una ferma - staremmo
per dire sdegnata - smentita, pur se soltanto informale.
Ma la vicenda ci è tornata in mente ora, alla vigilia della nuova tornata
dei negoziati del WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio). Nelle
prossime settimane, infatti, è possibile - non vorremmo dire probabile - che
da essi vengano ulteriori aperture alle esportazioni verso il mercato
europeo da parte di Paesi terzi, fra cui proprio la Thailandia (oltre al
Brasile), forti produttori anche di carni avicole. E questo mentre lo stesso
mercato europeo, ancora più appetibile dopo l’allargamento dell’Unione a 25
Paesi, non presenta particolari livelli di crescita dei consumi avicoli,
sostanzialmente stabili attorno ai 22 chili annui pro-capite.
Beninteso, il settore non chiede misure beceramente protezionistiche. Ma,
questo sì, chiede parità di competizione fra i vari concorrenti, per evitare
che al danno per i produttori europei si aggiunga quello per la qualità e la
sicurezza dei prodotti che arrivano sul mercato, e quindi per la salute di
chi li consuma. Che su questo fronte occorra la massima allerta, non vi è
dubbio. Lasciamo da parte i casi limite (anche se qualche filosofo sosteneva
che proprio nel limite si trova l’essenza delle cose): ci riferiamo alla
notizia, pubblicata nei mesi scorsi, del sequestro nel porto di Genova, ad
opera della Guardia di Finanza, di tre container pieni di polli di
contrabbando provenienti, in barba ai divieti vigenti, dalla Thailandia e
acquistati, pour cause, a prezzi di saldo da ristoratori asiatici operanti
nel nostro Paese. I promotori di questo poco commendevole commercio sono
stati denunciati per attentato alla salute pubblica e tentato commercio di
sostanze alimentari nocive. Dunque, viene da concludere, i controlli
funzionano - e non avevamo dubbi - anche per quella parte residuale, pari al
2-3% del totale, di carni avicole consumate in Italia non provenienti dai
produttori nazionali. Questo è, ci sembra, un modo concreto e costruttivo di
affrontare il problema della sicurezza delle carni avicole che comunque,
malgrado allarmi ed allarmismi, ben poco riguarda i consumatori italiani
nella loro “realtà effettuale” (come avrebbe detto lo stesso Machiavelli
citato - con una “c” di troppo di cui ci scusiamo - nell’editoriale dello
scorso numero).
Per quanto riguarda i produttori italiani, infatti, è loro interesse e
impegno quotidiano garantire il massimo controllo dell’intera filiera
produttiva affinché, così com’è stato finora, il bollino “I” - che,
ripetiamo, è stampigliato sulla stragrande maggioranza delle carni destinate
alle nostre tavole - sia garanzia di prodotto buono, nutriente e sicuro. Se
non altro perché è ciò che il consumatore pretende (che gli basti per non
spaventarsi comunque, è un altro discorso); e un passo falso in questa
direzione sarebbe pagato carissimo. Quindi si rassicurino coloro che
raccomandano un giorno sì e l’altro pure di “non abbassare la guardia”: sul
ring, a combattere contro avversari tutt’altro che inermi (è la
globalizzazione, bellezza, direbbe qualcuno parafrasando Humphrey Bogart),
l'avicoltura nazionale c’è sempre stata e intende rimanerci con le solite
armi: serietà, sicurezza, igienicità e bontà dei prodotti. Piuttosto,
occorre che tutti, non solo i produttori e le Forze dell’ordine ma anche i
governanti, italiani ed europei, facciano la propria parte affinché sul ring
salgano competitori sì agguerriti ma leali o, almeno, con il certificato
medico in ordine.

Conclusioni in italia possiamo stare tranquilli perchè  abbiamo i polli che
hanno la cresta alta perche "l’avicoltura nazionale c’è sempre stata e
intende rimanerci con le solite armi: serietà, sicurezza, igienicità e bontà
dei prodotti"!


2)- Ma poi arrivano I NAS e SEQUESTRANO 9 AZIENDE, che facevano
l'ovoprodotto
con UOVA MARCE o peggio con uova residui dei processi di incubatura.
Ancora uno scandalo, una vergogna immorale che travolge l'industria
agroalimentare avicola nazionale e ipoteca il diritto alla sicurezza
alimentare dei cittadini. I cittadini sono chiamati a soccorrere, con quasi
cento milioni di euro, la nostra industria avicola che ha vacillato con
l'influenza aviaria. Crediamo che sia arrivato il tempo di parlare chiaro e
di dire, invece delle solite banalità, qualcosa di piu concreto a proposito
della filiera avicola del nostro paese.
Intanto cominciamo con il dire che cosi come è impostata non va bene, non
garantisce la biosicurezza, non garantisce qualità e bontà del prodotto e
non
garantisce ai cittadini nemmeno la precondizione della salubrità delle
produzioni; non garantiscee i posti di lavoro e i reditti per le
aziende che ci operano. Una filiera che deve cambiare, che può cambiare a
partire proprio da chi come la Pasquarelli rappresenta l'azienda leader nel
nostro paese: L'AIA.
Il fatto che la filiera deve cambiare radicalmente è stato da noi detto
tante volte
ma giova ripetere.
Dobbiamo mettere la filiera in biosicurezza e quindi rivedere il carico di
animali per ettaro e per aree distrettuali, cioè il numero degli allevamenti
in un territorio,
dobbiamo dare regole certe nei sistemi e nei metodi di allevamnto, esempio:
quanti animali
per metro quadro, quali farmaci e come e quando vanno usati, la gestione
della pollina, tutte cose oggi lasciate al buon cuore delle aziende di
produzione. Un cuore di
imprenditori, sia in italia che all'estero, ben duro e cinico come abbiamo
visto anche nel recente caso delle uova marce. Un cuore insensibile verso il
principio della  responsabilita etica che si suppone fosse scontata nei
produtttori di cibo per esseri umani.
Noi cittadini abbiamo paura di voi, e non tanto per quello che in nome del
vostro
diritto alla libera impresa avete fatto fino a qui: impatti ambientali
devastanti,
inquinamenti delle falde con i nitrati, con la pollina, uso criminale di
antibiotici
come il clorafenicolo ecc., che certo non rigurdano tutti gli operatori ma
che sono
ben presenti nella produzione mondiale come in quella italiana.
Abbiamo paura del fatto che per rincorre il prezzo dei competitori mondiali
qualche
imprenditore messo alla disperazione faccia degli enormi disastri come
quello di produrre ovoprodotto da uova marce.
Altro che cresta alta, altro che stare in guardia, quì dobbiamo essere
preoccupati perché il settore non propone alla colletività niente di nuovo
se non, da parte di tutte le organizzazioni sindacali di categoria, un
continuo e falso ammantarsi di insopportabili dichiarazioni di qualità
nazionale, di bontà superiore, di vera sicurezza che poi i Nuclei
Antisofistificazione dei carabinieri con vere e proprie retate smascherano e
ridicolizzano.
Aldo Muraro, dirigente AIA, capitano di lungo corso dell'avicoltura italiana
dice che della
nostra avicoltura ci dobbiamo fidare. Questo oggi non basta più, lo sa
luicome lo sappiamo noi che l'avicoltura italiana e arrivata al bivio; sono
rimaste poche aziende e mal messe, aziende per di piu strapazzate nei
redditi dalla Grande Distribuzione Organizzata che per assestare i propri
bilanci fa rapide incursioni nei loro conti economici azzerando, se mai ci
fossero, i pochi profitti.
Pasquarelli e Muraro  stanno difenedendo e parlando di quello che non c'è
più, cioé di una filiera avicola che dava lavoro e aveva un'etica. Oggi
sulle sue macerie può capitare di tutto e di più; molto spesso lo temiamo
noi ma lo devono temere anche le  aziende sane, con valori, perchè l'affare
delle uova marce lo dimostra: possono crescere veri mostri.
Attendiamo proposte di cambiamento.

3)- E'incessante la sequenza degli scandali alimentari: polli alla diossina,
scarti industriali del latte sbiancati e venduti come latte UHT, uova marce
riciclate come ovoprodotto per l'industria dolciaria e della pasta... agli
occhi del cittadino si rivela la fragilità dell'ostentata qualità dei
sistemi agroalimentare, italiano ed europeo; siamo agli antipodi dei
percorsi di qualità.
Quanta strada noi cittadini dobbiamo fare per garantire l'accesso ad un cibo
buono e sicuro come diritto universale di tutti i popoli?
Le politiche industriali che parificano il cibo ad una qualsiasi merce e lo
spogliano della sua valenza di rigeneratore della vita, attente solo al
margine di profitto, stanno distruggendo i territori del cibo, la cultura
del cibo, la comunità che si fonda sulla condivisione del cibo e delle
risorse alimentari. I governi nazionali e le entità sovranazionali che
regolano produzione e scambio del cibo sono, se visti benevolmente,
impotenti ma realisticamente sono conniventi, fanno sistema con questa
industria agroalimentare che lentamente ci avvelena la vita.
Se pensiamo che l'odierno scandalo delle uova putrefatte è avvenuto in
Italia paese che, sulla produzione alimentare, dispone della migliore rete
di
controllo al mondo si deve capire che non ci troviamo di fronte ad un
incidente di percorso bensì ad una profonda crisi di sistema.
32 milioni di uova, 60 tonnellate e mezzo di ovoprodotto, 2500 tonnellate di
sottoprodotti animali, sequestrati sono la punta dell'iceberg!

Le statistiche ci dicono che attraverso pasta, dolci e preparazioni
alimentari varie 77 uova sono consumate per abitante; troppe di queste
stanno mettendo a rischio la salute dei cittadini esponendoli a patologie
difficilmente diagnosticabili e di complicata risoluzione terapeutica,
così come dicono le indagini - effettuate in collaborazione con l'Istituto
superiore di sanità e la sezione di Bologna dell'Istituto zooprofilattico
sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna - che hanno permesso di
provare che l'uso di tali sottoprodotti in alimenti destinati al consumo
umano, comportava la formazione di cataboliti come istamina, cadaverina e
putrescina, con grave rischio di insorgenza di patologie e allergie.

Gli organi preposti alla garanzia della salute pubblica, la stessa
agroindustria, debbono dare al cittadino delle pronte risposte e garanzie,
prima fra tutte la tracciabilità vera di ogni prodotto alimentare e nello
specifico caso l'individuazione di tutte le partite di pseudo-ovoprodotto
commercializzato e lavorato con il conseguente ritiro dai banchi dei
supermercati dei prodotti finali inquinati.
A noi cittadini spetta il compito di non tollerare più questi devastanti
casi di pirateria alimentare riaffermando nella nostra quotidianità il
diritto alla difesa della salute, rifiutando il cibo industriale e
sciegliendo in antitesi la garanzia delle produzioni locali di qualità, a
ciclo corto così che sia possibile controllarle costruendo una efficace rete
di relazioni sociali tra consumatori e produttori.

AltrAgricoltura Nord Est
--------------------------------------
N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com
--
No virus found in this outgoing message.
Checked by AVG Free Edition.
Version: 7.1.371 / Virus Database: 267.13.13/197 - Release Date: 09/12/2005