rassegna stampa: Allarme virus dei polli: i primi casi in Europa



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Tratto da "Corriere.it" - 18/08/05
In Asia già 60 persone morte, si teme una nuova pandemia
Allarme virus dei polli: i primi casi in Europa
L’«influenza» sconfina in Russia. Misure dure in Olanda
Il virus H5n1: l'influenza aviaria
L’allarme era stato rilanciato poche settimane fa dalla rivista Science,
racchiuso in un piccolo riquadro: «L’influenza aviaria si sta spostando
verso Occidente». Gli ultimi episodi confermano e aggiungono elementi di
inquietudine. Non solo l’epidemia viaggia attraverso i continenti, ma lo fa
rapidamente. A metà luglio, trasportata dagli uccelli selvatici migratori,
dall’Estremo Oriente, dove è nata, si è spostata verso la Siberia,
infettando gli allevamenti locali di pollame, di tipo rurale. In poco meno
di un mese si è estesa fino agli Urali toccando la Russia europea. Colpita
in particolare la città di Celyabinsk, una specie di ponte tra Asia e
Europa.
L’Italia segue con attenzione e ottimismo l’evolversi della situazione. Il
ministro della Salute, Francesco Storace, rassicura: «Siamo tranquilli. Non
importiamo volatili da cortile da quelle zone e neppure carne dai Paesi dell
’ex Unione Sovietica in quanto abbiamo una produzione addirittura eccedente.
I viaggiatori provenienti da quelle zone sono sottoposti a controlli
accurati in porti e scali aeroportuali». Un grande lavoro di monitoraggio e
prevenzione viene svolto dal Centro di riferimento per le influenze aviarie
di Padova. Storace vorrebbe prevedere in Finanziaria fondi per la creazione
di un Centro nazionale per le malattie animali, visto il succedersi di
queste situazioni. Da Mosca giungono bollettini di guerra. I veterinari
stanno bruciando migliaia di carcasse di volatili, nel tentativo di
contenere la propagazione del virus cui a questo punto manca poco per
scattare alla conquista di altri territori.
Due casi sarebbero già stati accertati nell’Ue, in altrettanti esemplari
importati illegalmente. La notizia è stata diffusa dal sottosegretario all’
agricoltura tedesco, Alexander Muller il quale ha rivelato che la scoperta
risale a qualche settimana fa nell’aeroporto di Bruxelles. L’Olanda è in
grande agitazione, memore dell’epidemia che due anni fa ha costretto ad
eliminare milioni di capi ed è costata la vita ad un veterinario. Il governo
ha imposto ai produttori di chiudere il pollame in zone coperte per non
esporlo al pericolo che potrebbe arrivare dall’alto, sulle ali degli uccelli
migratori.
Il ceppo influenzale incriminato è ovunque lo stesso, l’H5N1, quello che ha
costretto l’eliminazione di decine di milioni di polli e tacchini e che si è
trasmesso 114 volte all’uomo fra Vietnam (91), Thailandia (17), Cambogia (5)
e Indonesia (1) lasciandosi dietro 60 morti come riepiloga l’aggiornatissimo
sito www.Promed.org . Non è stato mai del tutto documentato che una volta
saltato sulla nostra specie il virus si sia trasmesso da uomo a uomo. Se la
circostanza si verificasse, potrebbe essere la scintilla di una nuova
pandemia, specie se l’agente influenzale degli uccelli si ricombinasse con
quello della nostra influenza.
«Sono passati due inverni e non è avvenuto», non drammatizza Piero Crovari,
responsabile del gruppo influenza del Ccm, centro per il controllo delle
malattie presso il ministero della Salute. Crovari ricorda che «per ora in
Italia siamo fermi al terzo livello di allarme, come indica il Piano di
prevenzione delle pandemie. Gli allevamenti sono tenuti sotto controllo dai
servizi veterinari. Certo niente può essere escluso, ma in genere queste
emergenze vengono contrastate se esiste un’organizzazione di qualità».
Ilaria Capua, Centro referenza di Padova, aggiunge un ulteriore elemento di
sicurezza: «L’Italia è l’unico paese a vaccinare il pollame nella zona a
rischio, Veneto e Lombardia, colpite nel ’99 da un’epidemia da H7N1. Un
programma pilota molto efficace che costringerà il resto d’Europa a
emularci».
Margherita De Bac
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Il Corriere - 18 agosto 2005
Lo ha reso noto il Ministero della Salute
Polli: Russia assolta, rischio Kazachstan
A causare la morte del pollame al di qua degli Urali sarebbe stata una
comune infestazione da vermi. Ma il pericolo di pandemia influenzale resta
secondo gli esperti da tenere in considerazione
MILANO - La moria di polli riscontrata nel territorio della Kalmyka
(Federazione Russa), in prossimità dei monti Urali non sarebbe stata
provocata dal temuto virus influenzale H5N1, responsabile dell'epidemia di
influenza aviaria in estremo oriente, bensì da una infestazione da vermi
(elminti). Lo ha reso noto il Ministero della Salute citando informazioni
ufficiali provenienti dalla Commissione Europea che riportano la smentita
delle autorità russe,
MA ORA TOCCA AL KAZACHSTAN - Nella nota del Ministero della Salute. però, a
una buona notizia ne segue una meno confortante. Sembra infatti che
anticorpi anti-virus influenzali (di ceppo non precisato) siano stati invece
rinvenuti in campioni prelevati da polli morti per sospetta influenza
aviaria nella regione di Yesil, nel Kazachstan settentrionale. Le autorità
sanitarie dello stato dell'Asia centrale stanno mettendo in atto misure di
controllo (abbattimento del pollame negli allevamenti sospetti e
applicazione di misure quarantenarie, con limitazione dei movimenti di
ingresso e uscita, nella zona colpita).
«Le notizie provenienti dalla Russia confermano che è stata assolutamente
opportuna e corretta la linea tenuta ieri dal Ministero della Salute in
merito

Allevamento di polli (Ansa)
alla vicenda, mirata a tranquilllizzare i cittadini italiani, e ha
dimostrato l'efficienza del nostro sistema di allerta» ha commentato cesare
Cursi, sottosegretario alla Salute che conferma quindi le rassicurazioni
espresse ieri dal Ministro della Salute Francesco Storace.
L'ALLARME RESTA ALTO - «La notizia che li ceppo H5N1 non abbia ancora
varcato gli urali certamente ci conforta» ha dal canto suo sottolineato il
professor Giuseppe Remuzzi, dell'Istituto Mario Negri di Bergamo, «ma non
deve creare pericolose illusioni». «Il problema del rischio di pandemia
influenzale, infatti, rimane. Non sappiamo esattamente se e quando il virus
muterà, ma è sicuramente possibile, se non probabile che ciò accada, e per
allora bisognerà essere pronti ad affrontare il problema adeguatamente. Il
problema di fondo, insomma, rimane. Infatti, sebbene per ora i tre casi in
estremo oriente di passaggio del virus dagli animali all'uomo (e di relativo
decesso) non siano ancora stati dimostrati con assoluta certezza, rimagono
però altamente verosimili»
LA SITUAZIONE - Per quanto riguarda l’evolversi della situazione dell’
influenza aviaria in estremo oriente, secondo quanto riportato dell’
Organizzazione Mondiale della Sanità i casi di infezione sull'uomo da H5N1
confermati, verificatisi dal dicembre 2003 all’agosto 2005, sono stati in
totale 112, di cui 90 verificatisi in Vietnam, 17 in Thailandia, 4 in
Cambogia, 1 in Indonesia; i decessi sono stati 57. Questi casi sono stati
attribuiti a uno stretto contatto con animali malati o morti per influenza
aviaria o al consumo di carni o altri prodotti avicoli, incluso il sangue,
crudi o poco cotti; ad oggi, non ci sono prove di una efficiente
trasmissione del virus dell’influenza H5N1 da persona a persona. Focolai di
infezione animale sono stati riscontrati, oltre che nei Paesi sopra citati,
anche in altri Paesi del sud-est asiatico, tra cui la Cina, il Giappone e la
Corea. Aggiornamenti sull’evoluzione della situazione vengono costantemente
forniti dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria alle Regioni e
agli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF), insieme con
raccomandazioni per i viaggiatori diretti in aree affette.
Luigi Ripamonti
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Il corriere - 18 agosto 2005
Lo spettro dell’influenza aviaria
Il virus H5N1 va alla guerra
In vacanza nel suo ranch in Texas, il presidente americano Bush legge un
libro che non si occupa di Iraq, Medio Oriente, Europa, Onu, al Qaeda. È il
formidabile The great influenza di John Barry, storia dell’epidemia di
influenza che dal 1918 al 1919 sterminò tra 50 e 100 milioni di esseri
umani, mettendo fuori combattimento, in pochi giorni, metà dell’esercito
francese. Non meravigliatevi della scelta: Bush è stato informato del
rischio epidemia della nuova influenza aviaria che terrorizza la sanità di
tutto il mondo, ha già fatto una sessantina di vittime, dal Sud della Cina è
passato in Vietnam, in Russia e allarma il governo olandese al punto da
vietare l’allevamento di polli all’aperto.
Lancet, Science, Nature, le principali riviste scientifiche, Foreign
Affairs, il periodico principe della diplomazia, dedicano le copertine dell’
estate 2005 allo stesso spettro: l’influenza aviaria. La paura è che il
virus H5N1, mutando senza soste, possa infettare direttamente gli uomini. Se
questa tragedia si consumasse, gli epidemiologi hanno stime macabre, le più
pessimistiche, spesso lasciate in sordina per non allarmare, calcolano un
miliardo di casi nel mondo e 360 milioni di morti, con strage in Africa tra
le popolazioni già indebolite dall’Aids. Le previsioni politiche ed
economiche sono fosche, viaggi e turismo bloccati, Borse sconvolte, governi
che nazionalizzano i vaccini, sommosse. Sarebbe la fine del mondo globale
come lo conosciamo, un’età che, con tutti i guai che ci affliggono,
finiremmo per rimpiangere amaramente. H5N1 potrebbe riuscire, invisibile,
nel disegno di morte e devastazione che Osama bin Laden va perseguendo.
Come si preparano al pericolo i Paesi? L’epidemiologo Alexandre Langmuir
amava dire che la sua disciplina è come la meteorologia, sempre esposta al
caso, all’imprevisto. La temuta mutazione del virus può non verificarsi, ma
sarebbe irresponsabile sperare che Leopardi avesse torto e che Madre Natura
non voglia farci da matrigna. Senza le misure urgenti di prevenzione, di cui
discutono sul Corriere di oggi Margherita De Bac e il professor Remuzzi,
saremo indifesi davanti all’avanzata della pandemia. Il contagio può passare
da polli, maiali, uccelli selvatici, anatre, oche, aironi.
Lo sviluppo tumultuoso della Cina fa convivere un miliardo e 300 milioni di
persone, 13 miliardi di polli e mezzo miliardo di maiali. Il pollame viene,
per tradizione, comprato vivo, aumentando le chances di contagio. I Paesi
produttori di vaccini sono solo nove, inclusa l’Italia, le nazioni che
stanno facendo scorta di farmaci antivirali, come riserva contro l’epidemia,
una ventina, esclusa l’Italia. La casa farmaceutica Roche discute con l’
Organizzazione Mondiale della Sanità la creazione di un magazzino di tre
milioni di dosi di Tamiflu, considerando il farmaco capace di fronteggiare l
’infezione. Usa, Unione Europea, Onu e industrie dovranno presto mettere da
parte interessi, burocrazie e gelosie per concordare un piano di intervento
comune.
Ma le previsioni migliori stimano in 500 milioni gli esseri umani che
potranno accedere al vaccino, lento da produrre, e alle medicine antivirali,
anche battendo l’inerzia odierna. Sei miliardi di donne, uomini e bambini
resteranno in balia del virus, il confine tra Paesi ricchi e Paesi poveri
diverrà invalicabile dogana di vita o di morte. Aids, Ebola e Sars hanno
insegnato molto su come contrastare le nuove epidemie. Se H5N1 resterà
debole, il tempo è dalla nostra parte. Se evolve in killer ogni giorno
perduto di questa estate sarà rimpianto e Iraq, caro petrolio, effetto serra
ci sembreranno buone notizie.
Gianni Riotta
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Tratto da "Corriere.it" - 18/08/05
L'influenza aviaria e la ricerca
Il virus non basta, corsa ai nuovi farmaci
Autunno 1918: il mondo sta per uscire dalla Grande Guerra e negli Stati
Uniti circola una storia che, credo, sia vera. «Quattro donne giocavano a
bridge, la sera tardi: il mattino dopo tre di loro erano morte», di
influenza (che, fra il 1918 e il 1919, ha fatto tra i venti e i quaranta
milioni di morti, più della guerra). Potrebbe succedere ancora? Pare proprio
di sì. Un’epidemia di influenza che arriverà, non si sa quando, ma arriverà,
potrebbe uccidere milioni di persone. Partirà dal Sud-Est dell’Asia dove c’è
un virus che ha fatto strage di polli e infettato già 100 persone, e più di
50 sono morte. Fra loro, una bambina di 11 anni che giocava, e ha perfino
dormito vicino a dei polli. Forse è lei che ha trasmesso la malattia alla
mamma, morta anche lei senza avere avuto contatto coi polli.
Non basta ancora per essere sicuri che quel virus possa passare da uomo a
uomo. Ma se il virus dei polli dovesse ricombinarsi con quello dell’
influenza dell’uomo, allora l’epidemia sarebbe inevitabile. C’è un vaccino?
Sì, e funziona, e anche nell’uomo. Ma il virus, passando dai polli all’uomo,
potrebbe cambiare le sue caratteristiche e allora bisognerà farne un altro,
e per produrlo servono mesi. Può succedere insomma, che col vaccino non si
arrivi in tempo. E ci sono problemi tecnici che industria e Governo degli
Stati Uniti stanno cercando insieme di risolvere.
Per adesso altri Governi non hanno progetti chiari sul vaccino (qualcosa si
sta facendo, a dire il vero, in Giappone e in Francia, all’Istituto Pasteur)
e quello che si sta facendo in America (le due agenzie più importanti del
Governo insieme hanno stanziato 538 milioni di dollari solo nel 2005 per
prepararsi all’epidemia di influenza) non basta a risolvere i problemi di
tutti. Insomma sul vaccino, anche se c’è e funziona, si può contare fino a
un certo punto. Bisognerebbe almeno poter frenare la diffusione del virus,
all’inizio, così da dar tempo a chi preparerà il vaccino di poterlo fare, e
produrne abbastanza.
Un’idea ci sarebbe: provare con i farmaci antivirali, e farlo prima che uno
si ammali, proprio come si fa in quelli che vanno, in certe zone dell’
Africa, per evitare che prendano la malaria. Oggi, per via della ricerca
sull’Aids, di farmaci antivirali ce ne sono. Quelli che serviranno per l’
influenza fanno parte della classe degli inibitori delle neuroaminidasi, uno
si chiama Oseltamivir, un altro, forse ancora più potente e con meno effetti
collaterali, Zanamivir. I governi di Hong Kong, Thailandia, Singapore,
Malesia e Corea se ne sono già procurate molte confezioni, scrive oggi il
dottor Tsang dell’Università di Hong Kong sul Lancet: bisognerebbe che il
farmaco fosse disponibile per tutti quelli che verranno a contatto con
persone infette.
In questi giorni due lavori pubblicati uno su Nature e uno su Science fanno
vedere con diversi modelli matematici come limitare i danni dell’influenza.
Sono simulazioni: in un caso una popolazione immaginaria di 500.000 persone
che lavora e si muove nelle zone rurali del Sud-Est dell’Asia, nell’altro 85
milioni di persone che vivono in Thailandia e nelle regioni vicine. Gli
studiosi hanno provato a immaginare come si diffonderà il virus in queste
popolazioni e cosa potrebbe succedere se tutte le persone che possono avere
contatti con qualcuno con l’influenza venissero trattate con i farmaci
antivirali. Certo, vuol dire avere abbastanza farmaco antivirale, e ci sono
molte altre variabili, ma secondo chi ha ideato questi modelli, si
potrebbero salvare milioni di persone. Qualcuno è critico. Nel 2003, un solo
ammalato di Sars ospite di un albergo di Hong Kong ha scatenato, da solo, un
’epidemia di proporzioni mondiali, questo certo nessun modello matematico l’
avrebbe predetto. Ma a dispetto degli scettici, l’Inghilterra si sta
procurando 15 milioni di dosi di Oseltamivir per un trattamento di 5 giorni,
e questo solo per le esigenze degli inglesi.
Altri paesi faranno probabilmente lo stesso. È importante che lo facciano
presto e che l’Oms coordini questi interventi (qualcosa si sta facendo, ma
per adesso è tutto molto teorico). Intanto l’influenza dei polli ha già
ucciso 61 persone, 42 solo in Vietnam. Nel 1918, ai tempi della «spagnola»
(spagnola perché in Spagna ha ucciso 8 milioni di persone in un mese) s’era
fatta un’alleanza tra scienza e società. «Le nuove tecnologie - scrivevano i
giornali di allora - salveranno il mondo». Ed è ancora così. Mai come oggi,
forse, le sorti del mondo dipendono dagli scienziati. E dalla loro capacità
di trovare farmaci nuovi. E di renderli disponibili per chi ne ha bisogno,
per tempo.
Giorgio Remuzzi
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
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