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Risposta di Nigrizia alla Ferrari e alla Bridgestone/Firestone


* La risposta ufficiale fornita dalla Ferrari  a Nigrizia sul caso
Bridgestone/Firestone in Liberia:
«Noi crediamo che le condizioni di lavoro dei dipendenti della
Bridgestone/Firestone siano all'altezza dei prodotti utilizzati dalla
nostra azienda. Non solo. Siamo orgogliosi della partnership con la
Bridgestone».
Risposta secca, che ha eluso gli interrogativi che Nigrizia ha girato, nel
suo editoriale di giugno, ai vertici di Maranello. Segno di totale fiducia
di Montezemolo &C nei confronti della multinazionale nippo-americana e di
scarsa curiosità del Cavallino rampante nel verificare se effettivamente
esista una situazione di degrado e sfruttamento nella piantagione Firestone
di Habel City, Liberia.
Una posizione che, di fatto, alimenta altri nostri interrogativi verso la
"Rossa". Che rivolgiamo nuovamente ai vertici di Maranello:
a) La Bridgestone ha fornito garanzie scritte alla Ferrari sul fatto che le
condizioni di lavoro nella sua piantagione liberiana tutelano le basilari
regole del rispetto della persona umana e dell'ambiente?
b) Che tipo di pressione ha esercitato Maranello verso la Bridgestone per
ottenere risposte reali e verificabili?
c) Se l'interesse dei dirigenti di Maranello sui temi dell'eticità del e
nel lavoro fosse sincero, perché non hanno sentito, se non l'obbligo,
almeno il desiderio di informarsi maggiormente con chi aveva denunciato
pubblicamente lo sfruttamento Firestone in Liberia? Perché non hanno
chiesto a noi di Nigrizia che prove avevamo in mano, quali testimonianze,
su che cosa si basava la nostra inchiesta-denuncia?
d) Il 14 luglio alla Ferrari di Maranello si organizza un convegno "a porte
chiuse" sulla responsabilità sociale d'impresa. È possibile la presenza di
Nigrizia a quell'incontro?


* Caso Bridgestone: Nigrizia chiede un'indagine indipendente

Per la multinazionale nippo-americana nella sua piantagione di caucciù in
Liberia va tutto bene. Allora che metta le carte in tavolaŠ

La Bridgestone/Firestone ha risposto all'articolo di Nigrizia, Pneumatici
con catene, pubblicato sul numero di giugno del mensile. Ha risposto
affermando che le nostre denunce sono prive di fondamento.
La Bridgestone/Firestone sostiene di pagare i suoi dipendenti della
piantagione di caucciù liberiana secondo contratti liberamente negoziati e
di rispettare le norme per la tutela ambientale.
Dunque, siamo di fronte a due verità contrapposte: Nigrizia riferisce di
inquinamento ambientale e di sfruttamento della manodopera in termini di
orario, salario e condizioni di lavoro (i sindacati che hanno firmato i
contratti di lavoro in Liberia sono controllati dalla multinazionale);
Bridgestone/Firestone dice che tutto è in regola.
Nigrizia è in grado di documentare ulteriormente le proprie affermazioni e
segnala anche la recente pubblicazione di un rapporto dell'associazione
Save My Future - Firestone: il marchio della schiavitù - che conferma i
problemi ambientali, lavorativi e sindacali.
A questo punto chiediamo ai dirigenti della multinazionale di costituire,
insieme con noi, una commissione d'inchiesta indipendente che accerti i
fatti. Per parte nostra, facciamo già due nomi: Alfred Brownell, presidente
dell'associazione liberiana Green Advocates (Avvocati Verdi), e James
Makor, direttore esecutivo dell'associazione ambientalista Save My Future.