rassegna stampa: "C'è meno impatto se si consumano p rodotti del posto"



a cura di AltrAgricoltura Nord est
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tratto da "www.repubblica.it" - 4/3/05
Due ricercatori inglesi calcolano i costi ambientali del cibo
"C'è meno impatto se si consumano prodotti del posto"
"Meglio locale che biologico"
Ecco i danni dell'agricoltura. "Prezzi più alti del 12% se si tenesse conto
dell'inquinamento"

LONDRA - Se al momento di scegliere frutta e verdura sugli scaffali di un
supermercato siete di quelle persone che si interrogano su quale sia il
prodotto più sano, forse d'ora in poi potete fare a meno di svenarvi per
acquistare biologico. A fornire il prezioso consiglio è uno studio condotto
da due ricercatori inglesi e pubblicato sulla rivista Food Policy che ha
stabilito come ai fini dell'impatto ambientale sia più vantaggioso consumare
cibo coltivato localmente piuttosto che prodotti biologici che hanno
percorso una lunga strada prima di arrivare nel vostro negozio.
Il professor Jules Pretty, della Essex University, e il suo collega Tim
Lang, della City University di Londra hanno calcolato che se nel Regno Unito
tutti mangiassero frutta e verdura proveniente da un raggio di 20 chilometri
il risparmio annuale, in termini di costi ambientali, sarebbe di oltre due
miliardi di sterline.
Costi ambientali per il dissesto idrogeologico e per l'inquinamento di aria,
terra e acqua, che l'industria agraria, come si dice in linguaggio economico
"esternalizza", lasciando che siano la natura e la collettività a pagarne le
conseguenze, ma che se fossero messi in conto al cliente farebbero lievitare
il prezzo della merce di un buon 12 per cento.
La ricerca, tengono a mettere in chiaro i due studiosi, non è affatto un
atto di accusa contro il biologico, che andrebbe anzi stimolato per gli
ulteriori vantaggi ambientali che potrebbe mettere in movimento, ma
semplicemente vuole indicare ai consumatori più responsabili i comportamenti
più efficaci.
"Il gesto politico che facciamo più spesso - dice il professor Pretty - è
quello di mangiare, in quanto ha conseguenze sull'ambiente, sull'agricoltura
e su tutto il business che ruota intorno al cibo". "Il numero di miglia
percorse da un prodotto - aggiunge - ha un impatto molto superiore a quanto
supponessimo sino ad ora e bisogna far di tutto per incoraggiare la
produzione e il consumo di cibo in loco".
Il suo collega Lang sottolinea quindi come "anche i consumatori
potenzialmente più sensibili alla causa trovano però difficoltà a
comportarsi in maniera virtuosa per colpa delle poche informazioni contenute
sulle etichette e sui banchi dei supermercati" inglesi, dove non compare il
luogo di provenienza della merce.
Un problema che gli italiani sono riusciti a risolvere, seppure con qualche
incertezza. Grazie alla legge che da un paio di anni obbliga (in alcuni casi
obbligherebbe) i venditori a indicare provenienza e categoria qualitativa di
frutta e verdura, almeno su questo siamo un passo avanti rispetto agli
inglesi.
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