rassegna stampa: BIOLOGICA, ANCHE SE MULTI NAZIONALE



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da Green Planet" - 17/02/2005
BIOLOGICA, ANCHE SE MULTI NAZIONALE
L'agricoltura biologica vittima del successo?
Uno stimolante intervento di Carmelo Ruiz Marrero.
L'agricoltura biologica si presenta oggi in due modi diversi: da un lato,
abbiamo i mercati agricoli nei quali i consumatori comprano i prodotti
direttamente dagli agricoltori senza l'intervento di intermediari parassiti.
In questi mercati biologici si possono trovare ortaggi, verdure, arance,
limoni, mandarini, carambole [frutti del carambolo, pianta della famiglia
delle Ossalidacee; sono gialli, grandi quanto un uovo e dal sapore agre,
simile al ribes. N.d.T.], chayote [Frutti della chayotera, pianta rampicante
della famiglia delle Cucurbitacee; sono lunghi circa dieci centimetri, di
colore verde chiaro. N.d.T.], miele, caffé, pani artigianali, piante
medicinali e molto altro.
Oltre la componente economica, questi mercati ne hanno una culturale, perché
spesso vi si trovano musica dal vivo, attività per bambini, laboratori
educativi e letture di poesie.
L'atmosfera che si respira è molti diversa da quella di un centro
commerciale.
Nei mercati biologici, il consumatore non va solo perché cerca prodotti
salutari, senza tracce di erbicidi e pesticidi tossici, ma perché si rende
conto anche di aiutare direttamente i piccoli produttori e le economie
rurali.
In contrapposizione, abbiamo Whole Foods, il Wal-Mart dei prodotti
biologici.
Nel 2004, questa catena ha aperto a New York un faraonico negozio di 5.480
metri quadrati.
Il nuovo tempio del consumismo ecologico è il più grande supermercato di
Manhattan.
Qui si può trovare il sushi marca Genji Express, il caffé biologico e i pani
senza glutine, fino a carne, pesce, frutti di mare, formaggi, pasta,
surgelati, latticini, frutta, verdure, fiori ed oltre 600 tipi di vino.
C'è, inoltre, un ristorante biologico gourmet che fa consegne a domicilio.
L'invasione corporativa
Appena dieci anni fa, gli alimenti biologici si trovavano solo nei mercati
agricoli e nei negozi specializzati.
Oggi, invece, non solo nell'affare è entrato Whole Foods, ma anche
supercatene statunitensi quali Price Chopper, Wal-Mart e 7-Eleven.
E cominciano ad aggiungere prodotti biologici alle loro linee di produzione
anche giganti dell'agrobusiness come Campbell's e Archer Daniels Midland.
E', inoltre, illuminante scoprire chi sono i veri padroni di marchi
biologici che sembrano essere aziende indipendenti: cos'hanno in comune
Health Valley (cereali), Bearitos (chips di mais), Bread Shop (prodotti a
base di grano) e Celestial Seasonings (thè)?
Sono tutte diramazioni del Hain Celestial Group.
E gli azionisti di Hain Celestial comprendono Philip Morris, Monsanto,
Citigroup, Exxon-Mobil, Wal-Mart e Lockheed Martin.
Cascadian Farms fa parte di Small Planet Foods, che è una divisione del
colosso molitorio General Mills.
Ed i principali azionisti di General Mills comprendono General Electric,
Chevron, Nike, McDonald's, Monsanto, Dupont, Dow Chemical e Pepsico.
La bibita a base di soia Silk Soy Drink è della compagnia White Wave,
diramazione di Dean Foods.
Ed i principali azionisti di Dean Foods comprendono Microsoft, General
Electric, Citigroup, Pfizer, Coca-Cola e Wal-Mart.
Il succo d'arancia biologico Odwalla è di Minute Maid.
E Minute Maid fa parte di Coca-Cola.
Un regolamento internazionale?
La crescita vertiginosa dell'agricoltura biologica ha indotto, nell'ottobre
del 2002, il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) a
stabilire un apposito regolamento.
L'USDA accredita istituzioni, pubbliche e private, che realizzano la
certificazione biologica di prodotti o aziende.
Negli Stati Uniti, né gli agricoltori né i commercianti possono vendere un
prodotto come biologico se non è certificato come tale da un'istituzione
accreditata dall'USDA.
Secondo Ronnie Cummins, della Organic Consumers Association, l'USDA ha
adottato il regolamento in risposta alle richieste di compagnie
agro-industriali e dei giganti della vendita al dettaglio.
Cummins segnala che questi grandi interessi economici avevano bisogno di una
regolamento uniforme su scala nazionale per penetrare più facilmente nel
mercato biologico.
In precedenza, la produzione biologica era regolamentata da autorità
statali, complicando la vita alle compagnie che volevano comprare raccolti
in uno stato e venderli in un altro, dato che ogni stato aveva un
regolamento diverso.
Adesso, l'USDA è in trattative con altri paesi per sviluppare regole
internazionali che faciliterebbero il commercio sovranazionale di prodotti
biologici.
Cummins afferma che uno dei maggiori problemi del regolamento dell'USDA è
che non dice niente a proposito delle "miglia degli alimenti" (food miles),
cioè sulla distanza che un alimento percorre dall'azienda al consumatore.
Gli ecologisti ed i consumatori di prodotti biologici vogliono accorciarla
per ridurre l'uso dei combustibili fossili e promuovere lo sviluppo
sostenibile locale.
La maggioranza dei consumatori pensa che gran parte dei prodotti biologici
provengano da piccole aziende familiari.
Secondo Cummins, questa percezione è tuttora esatta, ma la realtà sta
cambiando: "Vedo una tendenza preoccupante, specialmente nelle latterie
biologiche. In questo settore, c'è un gran movimento per ricollocare la
produzione di aziende familiari presso allevamenti industriali. La compagnia
Horizon controlla il 70% del mercato dei latticini biologici ed è stata
acquistata da Dean Foods nel 2003".
"Non si può avere una latteria biologica se si hanno centinaia di capi.
Superata una certa grandezza, l'operazione non è più ecologicamente
conveniente, anche per la quantità di letame che viene prodotto".
Cummins aggiunge che "in California ci sono aziende biologiche enormi che
producono carote e lattughe in monocoltura, utilizzando grandi investimenti
energetici e ricevendo acqua mediante sussidi -tre elementi che sono
anti-ambientali ed inaccettabili per chi vuole un'agricoltura ecologica".
Secondo uno studio dell'Università della California realizzato nel 2002, la
produzione agricola biologica in loco è molto concentrata: il 2% delle
aziende biologiche produce la metà della produzione dello stato.
Altri punti di vista
Non tutti pensano che questa tendenza sia negativa.
Barbara Hauman, portavoce della US Organic Trade Association, afferma che
"più giocatori ci sono, più prodotti ci saranno per i consumatori, che
comprerano più prodotti. Il risultato sarà più terra dedicata alla
produzione biologica, indipendentemente dalla grandezza dell'operazione. E
ciò sarà un bene per l'ambiente, le comunità locali ed il pianeta".
Alla fine dei conti, è un bene o un male che le grandi compagnie partecipino
all'agricoltura biologica?
La risposta dipende da ciò che ciascuno ritiene più importante.
C'è chi ama mangiare un buon pomodoro biologico e non gli importa se è stato
comprato dall'azienda Heinz o da un piccolo produttore.
Per altri, invece, questa distinzione ha importanza, eccome.
Nel frattempo, la tendenza alla "industrializzazione" continuerà, creando
interessanti e complicate contraddizioni per l'agricoltura ecologica del
futuro.
Traduzione di Carmina Avolio
Centro dei Media Indipendenti della Colombia, 13 febbraio 2005
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