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rassegna stampa: INFLENZA AVIARIA, IL RISCHIO EPIDEMIA
- Subject: rassegna stampa: INFLENZA AVIARIA, IL RISCHIO EPIDEMIA
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Wed, 23 Feb 2005 11:38:09 +0100
E' di oggi mercoledì, 23 febbraio 2005, la notizia giornalistica che viene da Washington: il mondo sta per essere colpito da una nuova epidemia. Il virus dei polli che ha travolto l'Asia occidentale con ogni probabilità muterà entro breve tempo in un germe patogeno letale per l'uomo. La prognosi è talmente infausta da aver spinto i Centri Federali per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlanta, le massime autorità sanitarie degli Stati Uniti, a lanciare l'allarme nel corso di un meeting dell'American association for the advancement of science. La forma umana che prenderà l'influenza aviaria creerà un'epidemia globale paragonabile a quelle dei virus responsabili delle tre più micidiali forme influenziali del 20° secolo, in particolare quella del 1918, quando milioni di persone morirono in tutto il mondo. Le altre scoppiarono nel 1957 (l'influenza asiatica) e nel 1968 (l'Hong Kong). «Si tratta di una situazione sinistra per l'intero globo», ha detto la professoressa Julie Gerberding, direttrice dei Cdc, definendo l'influenza dei polli «la più grande minaccia che il mondo affronta in questo momento». L'allarme, ha spiegato Gerberding, è giustificabile in quanto la situazione odierna assomiglia molto a quella che si presume precedette il 1918: la malattia iniziò nei polli prima di passare all'uomo, uccidendo tra 20 e 40 milioni di persone. Inoltre i geni dell'influenza avaria mutano con una rapidità unica. In Asia sono stati registrati diversi decessi di persone contagiate da polli o da anatre. Il tasso di mortalità è altissimo: il 72% dei pazienti identificati come malati di influenza aviaria sono morti. C'è stato anche qualche caso di trasmissione da persona a persona. La questione dell'allevamento industriale intensivo del pollame, fonte di questo pericolo epocale, non vuole essere toccata dalle grandi società che gestiscono il business su scala planetaria, si aspetta e si spera che tutto sia allarmismo e non succeda nulla, si cerca la soluzione in un vaccino che curi gli effetti invece di rimuovere la causa, e sui vaccini presenti e futuri s'innescano nuovi business. C'è un che di perverso e criminale in questa attesa, il risultato tragico di per se è che il dividendo che toccherà a noi non sarà solo il solito cibo insapore e molto odoroso ma pure un plus di ansia e preoccupazione se tutto va per il meglio e la malattia con il suo bagaglio di sofferenza e morte se le previsioni degli scienziati americani si realizzeranno. Augurarci buona fortuna non crediamo serva a molto, forse bisogna da subito cambiare modelli alimentari e conseguenti sistemi di produzione, e a pensarci bene rifiutando sui banchi dei supermercati quel cibo fonte di ingiustizia e pericolo, anche individualmente, si può dare un segnale forte per il cambiamento. a cura di AltrAgricoltura Nord Est ----------------------------------- tratto da "Green Planet" - 22/02/05 INFLENZA AVIARIA, IL RISCHIO EPIDEMIA Il germe, responsabile di una forma di influenza degli uccelli, quando contagia l'essere umano attraverso i polli, è altamente letale. La sua diffusione per ora è molto lenta, ma gli scienziati sono preoccupati L'influenza dei polli, o aviaria, che dallo scorso anno ha colpito varie nazioni asiatiche, é tra le ultime arrivate di una serie di malattie infettive comparse "dal nulla", o meglio dal mondo animale, negli ultimi 30 anni. Tra di esse, l'Aids, l'Ebola e la Sars. Questa si è manifestata in Cina nel novembre 2002. In tutto il mondo, secondo i dati OMS dell'agosto 2003, quando fu dichiarata la fine dell'emergenza, si ebbero 8.422 casi di infezione e 916 morti ufficiali tra Cina, Taiwan, Canada, Singapore e Vietnam, pari al 10% degli ammalati. L'attuale influenza aviaria è spuntata nel 2003 ed ha finora infettato 17 persone in Tailandia, 37 in Vietnam e 1 in Cambogia per un totale di 55 casi di cui ben 42 letali (il 76 per cento). (Oms, 1 febbraio). Altri tre casi sono ancora in via di accertamento. E' provocata da un virus influenzale di tipo H5N1, che è innocuo nei volatili selvatici, ma può far ammalare i polli domestici: esso è riuscito a colpire anche esseri umani. La malattia è potenzialmente "1.000 volte più pericolosa della Sars" affermano gli scienziati: il virus H5N1 dell'aviaria può dare una pandemia. Esistono tre tipi di virus influenzali: A, B, e C. Gli A sono in ogni epidemia ma in forme diverse, classificate secondo le loro proteine di superficie, l'emagglutinina (Ha) e la neuramminidasi (Na), da queste derivano le sigle e i numeri che definiscono i ceppi di ogni epidemia. Fin ora sono noti 15 sottotipi differenti di Ha e 9 di Na. Sono possibili molte combinazioni differenti di proteine Ha e Na. Solo alcuni sottotipi di influenza A sono in circolo tra gli esseri umani (ad esempio, H1N1, H1N2, e H3N2), altri si trovano in alcuni animali. Per esempio H7N7 e H3N8 possono far ammalare i cavalli. Com'è possibile che un microrganismo, magari sulla Terra da migliaia di anni e causa solo di banali affezioni, all'improvviso diventi mortale? I motivi sono essenzialmente due: alcuni virus mutano facilmente, ovvero cambiano la sequenza genetica. Talvolta la mutazione conferisce al virus capacità adattive e il virus alterato trova nuove strade per riprodursi con successo, a scapito dell'ospite. Il secondo motivo è la trasmissione dagli animali all'uomo, dove trovano un sistema immunitario impreparato. Ma finché la trasmissione è solo da animale a uomo il fenomeno è contenibile. Il momento di maggior pericolo sta nel cosiddetto "salto di specie", ovvero quando il virus animale può passare da un essere umano ad un altro, si è dunque adattato all'uomo e può espandersi pericolosamente, come accadde per la Sars. Un'analisi epidemiologica accurata su un caso di sospetta trasmissione da uomo a uomo del virus dell'influenza aviaria ha scatenato un allarme mondiale. E' stata condotta da ricercatori tailandesi ed occidentali e riportata sul New England Journal of Medicine. Si tratta di una storia che ci piacerebbe non dover raccontare. Una bambina tailandese di 11 anni, ammalata di polmonite, venne ricoverata in ospedale nel settembre 2004. La causa si ritiene fosse dovuta al contatto con polli infetti, allevati nella sua abitazione. La mamma, che viveva lontano, era sopraggiunta per assistere la figlia, rimanendole vicina, senza protezione, ma la bambina non ce l'ha fatta. La madre, che non era mai entrata in contatto coi polli infetti, pochi giorni dopo si è ammalata ed è stata ricoverata per polmonite in ospedale, dove è deceduta. Una zia, che aveva assistito la bambina, mostrò anch'essa sintomi, una settimana dopo la madre: ricoverata, guarì in tre settimane. I ricercatori, guidati da Kumnuan Ungchusack, hanno descritto sul New England lo studio in laboratorio del virus H5N1 delle tre vittime. L'analisi dei dati, compresa la sequenza genica, i contatti e i tempi della malattia, hanno portato a concludere che il virus si sia trasmesso direttamente alla madre e alla zia dalla bambina ammalata. Questo pone le premesse per un'espansione della diffusione tra persona e persona, come accadde per la Sars, passata dai gatti civetta agli esseri umani. Il ceppo H5N1 non è in realtà nuovo per gli epidemiologi, nel 1997 causò malattie respiratorie acute in 18 persone, di cui 6 morirono. L'infezione coincise con un'epidemia di influenza nel pollame dell'area Hong Kong, che veniva trasmessa agli umani. La genetica rivelò che il virus era passato dagli uccelli agli esseri umani. La distruzione in soli tre giorni di quasi tutti i polli di Hong Kong, circa 1 milione e mezzo di animali, prevenne forse una possibile pandemia. L'influenza, generalmente poco o moderatamente aggressiva, pericolosa soprattutto per gli anziani o i giovanissimi, può di fatto diventare molto virulenta; ad esempio la "spagnola" in pochi mesi, tra il 1918 e il 1919, uccise oltre 20 milioni di persone in tutto il mondo (375 mila nella sola Italia). Altre due "pandemie" d'influenza, l'Asiatica e la Hong Kong si presentarono negli anni '57-58 e '68-69 e furono devastanti. Tra la prima e la seconda pandemia trascorsero circa 40 anni, tra la seconda e la terza solo dieci e ora siamo stati salvi per circa 36. Riusciremo ad evitare la quarta? Cosa sappiamo dal punto di vista scientifico del perché un virus influenzale può uccidere? Uno studio su "Nature" ha reso nota la ricostruzione in provetta di un'identità biologica molto simile a quella che provocò la strage della Spagnola. I ricercatori, guidati da Y. Kawaoka, università del Wisconsin a Madison, operando in strutture della massima sicurezza, hanno ricostruito 5 degli 8 geni del virus influenzale del 1918 (vedi box). I ricercatori hanno resuscitato l'emagglutinina e la neuramminidasi del virus assassino della spagnola, scomparso da oltre ottant'anni, inserendole in un virus dell'influenza moderno e inoculandolo nel topo, dove si è rivelato letale. Hanno così scoperto che la proteina Ha, l'elemento che permette al virus di attaccarsi alle cellule da infettare, nel caso della Spagnola, recava mutazioni tali da causare una reazione immunitaria anomala, che invece di distruggere il virus lo potenziava. Potrebbe accadere di nuovo? Certo, se il virus del 1918 ricircolasse non troverebbe resistenza di anticorpi, essendo scomparso da tempo. Ogni anno nuove epidemie ci arrivano dal mondo animale e dalle zone dove vi sono più contatti tra uomo e animale. Come difendersi? Intanto rispettando l'ecosistema e in particolare quello tropicale, che essendo rimasto fuori dal contatto con l'umanità da sempre è insidioso. Poi, quando un'epidemia parte, bisogna denunciare subito i casi sospetti e osservare rigidamente le misure di sicurezza suggerite dagli enti preposti senza allarmismi, ma senza abbassare la guardia. Anche l'igiene sarebbe auspicabile. Poi ci sono i vaccini, per esempio per le persone più a rischio di effetti collaterali dell'influenza, L'Ha è il gene che muta più spesso, dando origine a virus diversi per cui i vaccini di anno in anno devono essere "aggiornati". Infine, promuovere la ricerca, in modo che sia in grado di individuare sempre più velocemente cure e vaccini anche per le forme aviarie. (Adriana Albini, Direttore Dipartimento Oncologia Traslazionale - IST, Genova) Repubblica salute, 17 febbraio 2005 --------------------------------------
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