"Rassegna stampa: Uruguay - L'acqua, bene pubblico non " può essere privatizzata :



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Tratto da "Il Manifesto.it - Le Monde Diplomatique" - dicembre 2004

Dai referendum la vittoria del centrosinistra - Privatizzazioni fuorilegge
in Uruguay

Il 31 ottobre, con l'elezione di un presidente di sinistra - Tabaré Vázquez,
del Fronte allargato - gli uruguaiani hanno messo fine a 170 anni di
divisione del potere fra Partito colorado e Partito nazionale (o blanco).
Inoltre si è deciso per referendum - vinto con una maggioranza del 64,5% -
di inserire nella costituzione il principio che l'acqua, essendo un bene
pubblico, non può essere privatizzata.

Jacques Secretan
Stabilire attraverso un referendum popolare che l'acqua è un bene pubblico
nazionale, non è una cosa che si veda tutti i giorni. Eppure in Uruguay non
si tratta di una novità. In questo paese di secondo piano del continente, il
movimento sociale è riuscito a limitare grandemente lo sviluppo neoliberista
e le privatizzazioni, e ha permesso a una coalizione di sinistra - il Fronte
allargato, che raggruppa una trentina di organizzazioni (dall'estrema
sinistra al centrodestra) - di prendere il potere.
Il ricorso al voto, attraverso un referendum di «iniziativa popolare» o
mediante plebiscito, fa parte integrante della democrazia uruguaiana.
Nel 1980 in piena dittatura, una costituzione elaborata dal governo militare
fu sottoposta a plebiscito e respinta dal 57,9% degli elettori.
Al contrario, nove anni dopo, il 52,7% dei cittadini ha approvato la
cosiddetta legge di prescrizione dei reati di stato, che assicurava
un'immunità quasi assoluta ai responsabili di torture e di crimini di vario
genere compiuti durante la dittatura. Era come se volesse chiudere
definitivamente il capitolo riguardante la «guerra sporca» (1); in effetti
con il voto la popolazione, ancora traumatizzata dal clima di terrore di
quegli anni, puntava a evitare una possibile reazione dei militari e
salvaguardare la democrazia. Tuttavia questo episodio è servito a sviluppare
un forte movimento sociale e a consolidare una coscienza politica di
sinistra attorno al Fronte allargato.
In seguito, caso unico in America latina, ogni volta che il patrimonio
nazionale è stato al centro di tentativi di privatizzazione ed è stato
possibile organizzare un referendum raccogliendo le centinaia di migliaia di
firme richieste, gli uruguaiani non hanno esitato.
Così nel 1992 hanno fatto annullare, con una maggioranza del 72% (anche se
la sinistra non metteva insieme più del 30% dei consensi), cinque dei
trentadue articoli della legge di privatizzazione, approvata di misura dai
deputati dopo 16 mesi di dibattito. Nella stessa occasione è stata salvata
l'impresa nazionale di telecomunicazioni Antel, in procinto di essere
venduta al capitale straniero. Oggi questa compagnia è una fra le tre più
importanti dell'America del sud, mentre la maggior parte degli altri paesi
del continente hanno venduto le loro reti a multinazionali europee e
americane, che accumulano, anno dopo anno, ingenti profitti grazie alla loro
posizione di forza.
Senza alcun timore reverenziale, il 28 agosto 1994, il popolo uruguaiano ha
respinto (con il 63% dei voti) una riforma costituzionale proposta dalle
forze politiche di maggioranza - e dallo stesso Fronte allargato! - che
prevedeva fra l'altro la revisione del sistema elettorale e del welfare
state.
In realtà la raccolta delle firme necessarie per organizzare una
consultazione non sempre riesce, anche quando il risultato del referendum
sembra scontato. Così nel febbraio 2001, la privatizzazione delle ferrovie
(lasciate praticamente a se stesse da più di vent'anni), e quella del
terminal dei container del porto di Montevideo, non hanno potuto essere
oggetto di referendum perché si erano raccolte solo poco più di 500.000
firme nei termini previsti.
Tuttavia gli uruguaiani, a riprova dell'affermazione della sinistra, si sono
pronunciati nel dicembre 2003 con una maggioranza del 62,2% contro
l'«associazione», seppur ridotta, dell'impresa nazionale Ancap - società di
produzione, distribuzione e raffinazione di prodotti petroliferi, alcolici e
cementizi - con imprese e capitali esteri.
Pensata per eludere la resistenza alla privatizzazione delle imprese
pubbliche, questa formula di «associazione» aveva ottenuto anche l'appoggio
di alcuni dirigenti del Fronte allargato.
La posta in gioco era consistente: con 2.400 operai e impiegati, l'Ancap è
l'impresa industriale più importante del paese. Per raccogliere nell'arco di
un anno le 620.000 firme richieste (cioè il 25% degli elettori), i 1.200
iscritti del sindacato dell'impresa, ai quali si sono uniti 800 iscritti in
pensione, sono andati di casa in casa, spingendosi anche nelle zone più
isolate: «Abbiamo convinto 685.000 persone che la legge promulgata il 28
dicembre 2001 dal governo comportava, a medio termine, l'impoverimento di
tutto il paese - ricorda Juan Gómez, presidente del sindacato. È stata
un'esperienza formidabile, un movimento di sensibilizzazione nel corso del
quale migliaia di cittadini, uomini e donne, fedeli da generazioni ai
partiti tradizionali hanno firmato e messo la loro impronta digitale sui
formulari richiesti».
A meno di un anno dalle elezioni presidenziali e politiche, questa
mobilitazione del movimento sociale ha accentuato l'isolamento del
presidente Jorge Battle e, assumendo il carattere di un test elettorale, ha
anticipato i risultati dell'ottobre 2004 che avrebbero fatto scendere al
10,36% dei voti il suo partito.
Dalla sua fondazione nel 1971, il Fronte allargato ha continuato a crescere,
fino al successo del 31 ottobre 2004, quando ha vinto le elezioni con il
50,4% dei voti sotto il nome di Raggruppamento progressista-Fronte
allargato-Nuova maggioranza (Ep-Fa-Nm). Forza di centrosinistra, riunisce un
gran numero di correnti politiche, dagli ex rivoluzionari del Movimento di
liberazione nazionale - i tupamaros (2) - fino a personalità di
centrodestra. Tuttavia, come sottolineava il senatore José Pepe Mujica, 70
anni, ex guerrigliero tupamaro e leader del Movimento di partecipazione
popolare (Mpp) (3), «Le differenze fra la tendenza più progressista della
coalizione blancos/colorados fino a oggi al potere e i nostri compagni meno
a sinistra sono più grandi di quelle esistenti fra tutte le forze della
nuova maggioranza». Con il 30% dei voti, l'Mpp è diventata la prima
componente di questa maggioranza di sinistra.
Indubbiamente la gestione municipale di Montevideo, dove vive metà dei
3.339.000 abitanti del paese, ha contribuito dal 1990 a questa affermazione:
rinnovamento e pulizia dei parchi e delle piazze, drenaggio delle acque
reflue, risistemazione della costa per quasi venti chilometri e delle
spiagge accessibili ai 300.000 cittadini che non hanno i mezzi per andare
lontano dalla capitale. «Da dieci anni uno dei miei obiettivi è stato quello
di fare di Montevideo, sede del Mercosur - il mercato comune che riunisce
dal 1990 l'Uruguay e i suoi tre vicini, Brasile, Paraguay e Argentina - una
sorta di Bruxelles del sud e credo che ci stiamo riuscendo», spiega il
sindaco, Mario Arana, rieletto nel 2000 per un secondo mandato di cinque
anni con quasi il 58% dei voti.
L'evoluzione di questa città, ridiventata una bella capitale, nonostante una
riduzione considerevole dei fondi che lo stato avrebbe dovuto versarle, ha
probabilmente convinto molti cittadini a puntare su un cambiamento radicale
nel paese.
Tuttavia il risanamento della città si è svolto in un contesto
particolarmente difficile. Tornando sulla crisi finanziaria che ha devastato
l'Argentina e ha colpito sei mesi dopo l'Uruguay, nell'inverno 2002, Arana
la paragona alla crisi di borsa del 1929. Nei primi quattro mesi del 2002 le
esportazioni uruguaiane verso l'Argentina si sono ridotte del 70% rispetto
allo stesso periodo del 2001, mentre il turismo proveniente dall'Argentina
si era praticamente dimezzato.
Durante quell'inverno sono state organizzate mense popolari in tutto
l'Uruguay, soprattutto a Montevideo. Tra gli aiuti di emergenza ottenuti
dalla comunità internazionale, quello dell'Unione europea è stato
particolarmente importante. Ma è stata soprattutto la solidarietà degli
stessi abitanti, unita all'abitudine di riunirsi in assemblee di quartiere
per decidere le priorità dello sviluppo e delle infrastrutture, che ha
permesso di salvare la quasi totalità delle persone in difficoltà.
«Agli abitanti dei quartieri di Pocitos, Punta Gorda e Carrasco, dove
l'indice di povertà non supera il 2%, ho annunciato degli aumenti delle
imposte in favore dei settori più bisognosi, dove la povertà tocca dei tassi
del 50-60 e in taluni casi raggiunge il 95%», ricorda il sindaco di
Montevideo.
Anche se la regione è scossa da numerose crisi - tentativo di
destabilizzazione in Venezuela, rovesciamento del presidente Sánchez de
Lozada in Bolivia e così via - la crisi finanziaria in Uruguay non ha fatto
vacillare il sistema politico. Temendo un'«argentinizzazione», un caos che
avrebbe favorito la destra, tanto la sinistra politica (il Fronte allargato)
quanto la sinistra sociale (la confederazione sindacale Pit-Cnt, principale
forza sociale organizzata) hanno evitato lo scontro con il governo di Jorge
Battle (4). Tabaré Vázquez ha addirittura chiesto l'unione di tutti i
partiti e di tutti settori sociali, così da evitare al paese di andare a
fondo.
Con la maggioranza assoluta al parlamento - 17 seggi su 31 al senato; 52
seggi su 99 alla camera dei deputati - il nuovo potere presenta un profilo
equilibrato fra le diverse tendenze, a dimostrazione di una stabilità
interna che dovrebbe riflettersi anche nei rapporti con l'opposizione. «Il
nostro dovere consiste nel promuovere il dialogo, nell'interesse generale»,
ci ha dichiarato José Mujica. Il nuovo ministro dell'Economia, Danilo Astori
si mostra convinto sostenitore di una rinegoziazione con il Fondo monetario
internazionale (Fmi) dell'enorme debito di 10,73 miliardi di dollari
ereditato dal governo uscente. Anche se il tasso di disoccupazione è sceso
al 13,3% in una situazione di lenta ripresa, i rappresentanti del nuovo
governo assicurano che il primo compito sarà quello di fornire un aiuto alle
100.000 persone che vivono nell'indigenza.
«Sono ottimista - dice Adriana Marquisio, vicepresidente del sindacato
dell'impresa nazionale di distribuzione e di vendita dell'acqua (Ose).
La sinistra non si venderà. L'Uruguay è molto politicizzato, tutti
partecipano, anche nelle zone rurali, ascoltando le radio alternative e
impegnandosi a sostegno delle nostre iniziative, come quella, vincente, per
preservare le nostre risorse idriche. Il popolo non si lascia manipolare e
non applaude a quello che non gli piace!».
Approvato da due cittadini su tre, il plebiscito contro la privatizzazione
delle acque, ha spinto la direzione dell'impresa Uragua, costituita in
maggioranza da capitali spagnoli e presente dal 2000 nella zona turistica di
Punta del Este, ad annunciare che avrebbe lasciato al più presto l'Uruguay.
Non senza chiedere un indennizzo, che difficilmente però potrà ottenere.
«Questa impresa non solo non ha rispettato i suoi impegni sul piano
sanitario, obbligando gli abitanti a bere acqua in bottiglia per aver
lasciato che un colibacillo infettasse la rete, ma in quattro anni è costata
ai contribuenti più di 100 milioni di dollari», riassume Adriana Marquisio.
Questa esperienza, voluta in seguito alle pressioni dell'Fmi, è fallimentare
anche da un punto di vista economico: entro il 2009 lo stato dovrà
rimborsare 70 milioni di preinvestimenti, ai quali si dovranno aggiungere 20
milioni di interessi, 24 milioni di contributi pagati dallo stato e i circa
10 milioni che si dovranno spendere per rimettere in sesto la rete idrica.
L'elezione di Tabaré Vázquez non avviene solo in un contesto favorevole sul
piano interno. Su scala regionale si rafforza e approfitta del carattere
«progressista» del Brasile del presidente Luiz Inacio da Silva («Lula»),
dell'Argentina di Nestor Kirchner e del Cile di Ricardo Lagos. «Senza
dimenticare il Venezuela di Chávez», sottolinea l'attuale sindaco di
Montevideo. Ma più che il radicalismo venezuelano, il nuovo potere sembra
intenzionato a seguire il modello brasiliano di Lula.

note:
* Giornalista.
(1) Questa legge non ha però impedito l'apertura in questi anni di procedure
giudiziarie contro alcuni responsabili della dittatura.
In particolare va ricordata l'incriminazione dell'ex presidente Juan Maria
Bordaberry, accusato di aver violato la costituzione sottomettendosi al
potere dei militari, durante il loro colpo di stato del 27 giugno 1973.

(2) Il Movimento di liberazione nazionale, nato da gruppi di autodifesa
della sinistra e più noto con il nome di tupamaros, è passato alla lotta
armata urbana alla fine degli anni Sessanta, ritenendo l'Uruguay minacciato
da un colpo di stato fascista. Dopo alcuni successi iniziali, è stato
annientato dall'esercito.

(3) I suoi 28 deputati (7 senatori e 21 deputati) hanno dichiarato l'8
novembre che il loro stipendio mensile sarà bloccato a 20.000 pesos, cioè
appena 600 euro. La parte restante servirà ad alimentare un fondo di
solidarietà.

(4) Si legga Raul Zibechi, «Uruguay, une gauche pour la stabilité», Agenzia
latino-americana di informazione (Alai), America latina en movimiento,
Quito, agosto 2004.
(Traduzione di A. D. R.)
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