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Re: la decrescita sostenibile
- Subject: Re: la decrescita sostenibile
- From: "G.Scapigliati snc" <info at scapigliati.it>
- Date: Thu, 28 Oct 2004 16:00:12 +0200
Decrescita conviviale e sviluppo sostenibile: una questione di termini? Ho letto con attenzione la mail sulla decrescita conviviale, tanto che sono poi corso a comprarmi il libro "obiettivo decrescita" da cui è tratto l' articolo di Latouche riportato appunto nella mail. Una decina di anni fa mi sono laureato con una tesi sullo sviluppo sostenibile, che non ho potuto approfondire dentro l'Università, nella sua prospettiva di economia ecologica, poiché era questa una prospettiva che non trovava spazio all'epoca nella mia facoltà (né che io sappia in altre in Italia). Ho proseguito quindi gli approfondimenti sul tema in maniera hobbistica (nel tempo libero dal lavoro).Da qui il mio interesse per il tema oggetto della mail. Vengo al dunque: la mail, riprendendo l'impostazione del testo citato, va contro il concetto di sviluppo sostenibile, perché in fondo si tratta solo del solito tipo di sviluppo colorato di un po' di verde. Forse meriterebbe dedicare qualche minuto in più al termine prima di liquidarlo. Il termine sviluppo sostenibile fu coniato dalla Commissione Mondiale Ambiente e Sviluppo nel rapporto "Il futuro di noi tutti" (era il 1987). Da una commissione ONU nessuno può aspettarsi niente di rivoluzionario: in effetti quando si entra nel dettaglio in quel rapporto si auspicava un tasso di crescita economica mondiale di almeno il 3% all'anno. In quel rapporto però si dava anche una definizione, generale ma non generica, di cosa fosse lo sviluppo sostenibile: "quel tipo di sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare i propri". Per quanto poi ognuno possa appropriarsi di questa definizione per metterci dentro quello che ritiene più adatto, dalla definizione in sé escono due principi etici: eguaglianza nel presente (soddisfare i bisogni di tutte le generazioni viventi oggi) e eguaglianza verso il futuro (preoccupandosi cioè di lasciare alle generazioni future una eredità che consenta loro di soddisfare i propri bisogni). Sono due principi forti, da non dimenticare. Certo che essendo comunque una definizione generale, a seconda del punto di vista e dell'interesse specifico, lo sviluppo sostenibile può essere interpretato come "sentiero di utilità non decrescente nel tempo", oppure come quello sviluppo che consentirà di "far sopravvivere lo strato di ozono e l'industria americana", o in molti altri modi ancora. Se ci limitiamo alla teoria economica, due sono le letture distinte: 1) quella neoclassica tradizionale 2) quella dell'economia ecologica Nella prima, poiché si crede nella perfetta sostituibilità tra capitale naturale e capitale creato dall'uomo, non c'è nessun vincolo al processo di crescita tradizionale: l'importante è che il benessere sia non decrescente nel tempo,e questo sarà assicurato dalla crescita economica strutturata sulla perfetta sostituibilità tra risorse naturali e "artificiali", grazie al progresso tecnologico. La seconda impostazione è radicalmente diversa, ed è Herman Daly uno dei suoi principali rappresentanti. Ed anche qui direi che varrebbe la pena leggerlo con attenzione prima di liquidarne le indicazioni. Secondo questa impostazione non esiste perfetta sostituibilità tra capitale naturale e capitale creato dall'uomo, il capitale naturale è finito e limitato, lo sviluppo sostenibile significa quindi limitare la scala del sistema economico rispetto a quello del sistema ecologico (esattamente l' analisi di Geogescu-Roegen in termini di leggi della termodinamica). Dato che la crescita economica deve essere limitata (crescita intesa come crescita delle quantità, del flusso materia energia utilizzato nel sistema economico) e dato che gran parte della popolazione del mondo non riesce oggi a soddisfare i propri bisogni, lo sviluppo sostenibile richiede necessariamente redistribuzione delle risorse e controllo della popolazione. La distinzione tra crescita e sviluppo è centrale: per crescita si intende l 'aumento del flusso materia energia misurato attualmente dal PIL, quindi crescita delle quantità; per sviluppo si intende invece una dimensione sostanzialmente qualitativa. Daly fa un chiaro esempio: se io devo illuminare una stanza posso farlo con l'uso di una lampada tradizionale (che consuma molta energia e che fa aumentare il PIL di conseguenza) oppure con una lampada a gas-compatto (che consuma meno energia, dura di più e fa aumentare meno il PIL): in entrambi i casi raggiungo lo stesso risultato (stesso livello di lux per la stanza): il primo è il caso della crescita delle quantità, il secondo quello dello sviluppo delle qualità. Daly è assolutamente cosciente che con lo sviluppo delle qualità non si soddisfano i bisogni dei poveri della terra: per loro ci vorrà crescita quantitativa! Ne segue che dato che la crescita complessiva del sistema economico mondiale non può aumentare più (sono molti i segnali che abbiamo già raggiunto il limite dell'ecosfera) l'unica alternativa è che vi sia redistribuzione tra nord e sud, e se vogliamo potremmo usare la parola "decrescita" del nord! Ma allora perché accanirsi tanto su un concetto quando invece sarebbe più utile interpretarlo correttamente come fa Daly? E' forse utile trovare ogni 10 anni un termine nuovo per ridestare attenzione su tematiche che ci trasciniamo dagli anni '60? O non è forse meglio impegnarsi tutti, economisti e politologi in testa a fare una battaglia comune? Se poi prendiamo le indicazioni di Bonaiuti (il curatore del testo) sul concetto di decrescita troviamo: Decrescita "non è un programma masochistico-ascetico di riduzione dei consumi, nell'ambito di un sistema economico-sociale immutato." e ancora "decrescita, inoltre, non significa condannare i paesi del sud del mondo a un'ulteriore riduzione dei loro redditi pro-capite" e "Per quanto la decrescita alluda, sul piano economico, a una riduzione complessiva delle quantità fisiche prodotte e delle risorse impiegate, essa va intesa piuttosto come una complessiva trasformazione della struttura socioeconomica, politica, e dell'immaginario collettivo, verso assetti sostenibili", " a livello econimoco decrescita significa innanzitutto riduzione nei flussi materiali di produzione e consumo". Sinceramente non riesco a trovarci molta differenza dalla indicazioni operative che Daly dà dello sviluppo sostenibile... Daniele ----- Original Message ----- From: "Viviana" <vivianavivarelli at aliceposta.it> To: <Undisclosed-Recipient:;> Sent: Friday, October 08, 2004 8:28 AM Subject: la decrescita sostenibile Questo e' un articolo paradossale da peacelink dell'economista Latouche (economista di sinistra visto un po' come la pecora nera dagli economisti globalizzati) della serie "il battito d'ali di una farfalla in occidente provoca un tifone in oriente", che con humor rovescia le magagne del sistema economico globalizzato, improntato sul concetto della crescita che crea effetti di moltiplicatore dei propri vizi e poi li misura con parametri nocivi e paradossali come il PIL. Mentre i DS sono approdati faticosamente e senza sforzare troppo il cervello al concetto di sviluppo sostenibile, di cui non capiscono molto, ma che ripetono pappagallescamente perche' pensano che faccia 'trend', i Movimenti sono piu' avanti e sono arrivati al concetto di decrescita che e' ancora piu' rivoluzionario perche' rovescia la base stessa del sistema capitalista, ovvero il perverso concetto di sviluppo che vuol dire solo aumento del profitto di pochi a scapito del profitto del mondo intero. Come puo' osservare chiunque non abbia le fette di salame sugli occhi, il decantato sviluppo neoliberista sta producendo la crescita di pochi gruppi di potere economico con l'arretramento ovvero la decrescita dello sviluppo di sei miliardi di abitanti. Questo arretramento imposto e' una decrescita globale coatta. La decrescita di cui qui si parla qui riguarda invece la possibilita' di modificare le proprie scelte da parte dei consumatori del ricco Occidente. La decrescita programmata si coniuga all'altro concetto di 'Vivi sobrio' di Gesualdi o di 'riduci i consumi' applicato dalla generalita' dei no global (vedi l'impronta ecologica che ormai e' un concetto comune). Le obiezioni ovvie che si possono apporre a questa impostazione (e la disoccupazione? e il lavoro?..) non sono affrontabili separate dal contesto. Lo stile di vita dell'occidente sta portando il mondo a rovina. Se buona parte degli occidentali decidesse di cambiare stile di vita, riducendo i consumi per esempio, le ripercussioni sull'intero sistema sarebbero rivoluzionarie, ma si deve tenere conto (anche se questo e' difficile rispetto alla nostra ideologia conformata) che cambierebbe TUTTO il quadro di vita e non solo alcuni dati di occupazione. Movimento per la Decrescita Felice Un documento di riflessione stimolo che Maurizio Pallante ha inviato ai bilancisti (bilancisti si riferisce ai bilanci di giustizia, ne sapete qualcosa?) Un vasetto di yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1.200 a 1.500 chilometri, costa 10 euro al litro, subisce trattamenti di conservazione che spesso uccidono i batteri. Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con opportune colonie batteriche non deve essere trasportato, costa il prezzo del latte, non ha conservanti ed è ricchissimo di batteri. Lo yogurt autoprodotto è pertanto di qualità superiore rispetto a quello prodotto industrialmente, costa molto di meno, non comporta consumi di fonti fossili e di conseguenza riduce le emissioni di CO2. Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie, comporta un decremento del prodotto interno lordo: sia perché lo yogurt autoprodotto non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di merci, sia perché non richiede consumi di carburante, quindi fa diminuire la domanda di merci. La sostituzione dello yogurt prodotto industrialmente e acquistato con yogurt autoprodotto comporta un miglioramento della qualità della vita e un decremento del prodotto interno lordo. Il decremento del prodotto interno lordo è la conseguenza del miglioramento della qualità della vita. Ciò disturba i ministri delle finanze perché riduce il gettito dell'IVA e delle accise sui carburanti; i ministri dell'ambiente perché di conseguenza si riducono gli stanziamenti dei loro bilanci e non possono più sovvenzionare le fonti energetiche alternative nell'ottica dello «sviluppo sostenibile»; i sindaci, i presidenti di regione e di provincia perché non possono più distribuire ai loro elettori i contributi statali per le fonti alternative. Ma non è tutto. I fermenti lattici contenuti nello yogurt fresco autoprodotto arricchiscono la flora batterica intestinale e fanno evacuare meglio. Le persone affette da stitichezza possono iniziare la loro giornata leggeri come libellule. Pertanto la qualità della loro vita migliora e il loro reddito ne ha un ulteriore beneficio, perché non devono più comprare purganti. Ma ciò comporta una diminuzione della domanda di merci e del prodotto interno lordo. Anche i purganti prodotti industrialmente e acquistati attraverso i circuiti commerciali, per arrivare nelle case dei consumatori percorrono migliaia di chilometri. La diminuzione della loro domanda comporta dunque una diminuzione dei consumi di carburante e un ulteriore decremento del prodotto interno lordo. Ciò disturba una seconda volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette. Ma non è tutto. La diminuzione della domanda di yogurt e di purganti prodotti industrialmente comporta una riduzione della circolazione degli autotreni che li trasportano e, quindi, una maggiore fluidità del traffico stradale e autostradale. Gli altri autoveicoli possono circolare più velocemente e si riducono gli intasamenti. Di conseguenza migliora la qualità della vita. Ma diminuiscono anche i consumi di carburante e si riduce il prodotto interno lordo. Ciò disturba una terza volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette. Ma non è tutto. La diminuzione degli autotreni circolanti su strade e autostrade diminuisce statisticamente i rischi di incidenti. Questo ulteriore miglioramento della qualità della vita indotto dalla sostituzione dello yogurt prodotto industrialmente con yogurt autoprodotto, comporta una ulteriore diminuzione del prodotto interno lordo, facendo diminuire sia le spese ospedaliere, farmaceutiche e mortuarie, sia le spese per le riparazioni degli autoveicoli incidentati e gli acquisti di autoveicoli nuovi in sostituzione di quelli non più riparabili. Ciò disturba una quarta volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette. Il Movimento per la Decrescita Felice si propone di promuovere la più ampia sostituzione possibile delle merci prodotte industrialmente ed acquistate nei circuiti commerciali con l'autoproduzione di beni. In questa scelta, che comporta una diminuzione del prodotto interno lordo, individua la possibilità di straordinari miglioramenti della vita individuale e collettiva, delle condizioni ambientali e delle relazioni tra i popoli, gli Stati e le culture. La sua prospettiva è opposta a quella del cosiddetto «sviluppo sostenibile», che continua a ritenere positivo il meccanismo della crescita economica come fattore di benessere, limitandosi a proporre di correggerlo con l'introduzione di tecnologie meno inquinanti e auspicando una sua estensione, con queste correzioni, ai popoli che non a caso vengono definiti «sottosviluppati». Nel settore cruciale dell'energia, lo «sviluppo sostenibile», a partire dalla valutazione che le fonti fossili non sono più in grado di sostenere una crescita durevole e una sua estensione a livello planetario, ne propone la sostituzione con fonti alternative. Il Movimento per la Decrescita Felice ritiene invece che questa sostituzione debba avvenire nell'ambito di una riduzione del prodotto interno lordo mediante una riduzione dei consumi, da perseguire sia con l'eliminazione di sprechi, inefficienze e usi impropri, sia con l'eliminazione dei consumi indotti da un'organizzazione economica e produttiva finalizzata alla sostituzione dell'autoproduzione di beni con la produzione e la commercializzazione di merci. Questa prospettiva comporta che nei paesi industrializzati si riscoprano e si valorizzino stili di vita del passato, irresponsabilmente abbandonati in nome di una malintesa concezione del progresso, mentre invece hanno ampie prospettive di futuro non solo nei settori tradizionali dei bisogni primari, ma anche in alcuni settori tecnologicamente avanzati e cruciali per il futuro dell'umanità, come quello energetico, dove la maggiore efficienza e il minor impatto ambientale si ottengono con impianti di autoproduzione collegati in rete per scambiare le eccedenze. Nei paesi lasciati in stato di indigenza dalla rapina delle risorse che sono state necessarie alla crescita economica dei paesi industrializzati, un reale e duraturo miglioramento della qualità della vita non potrà esserci riproducendo il modello dei paesi industrializzati, ma solo con una crescita dei consumi che non comporti una progressiva sostituzione dei beni autoprodotti con merci prodotte industrialmente e acquistate. Una più equa redistribuzione delle risorse a livello mondiale non si potrà avere se la crescita del benessere di questi popoli avverrà sotto la forma crescita del prodotto interno lordo, nemmeno se fosse temperata dai correttivi ecologici dello «sviluppo sostenibile». Che del resto è un lusso perseguibile solo da chi ha già avuto più del necessario da uno sviluppo senza aggettivi. Per aderire al movimento è sufficiente - autoprodurre lo yogurt o qualsiasi altro bene primario: la passata di pomodoro, la marmellata, il pane, il succo di frutta, le torte, l'energia termica e l'energia elettrica, oggetti e utensili, le manutenzioni ordinarie; - fornire i servizi alla persona che in genere vengono delegati a pagamento: assistenza dei figli nei primi anni d'età, degli anziani e dei disabili, dei malati e dei morenti. L'autoproduzione sistematica di un bene o lo svolgimento di un servizio costituisce il primo grado del primo livello di adesione. I livelli successivi del primo grado sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e dei servizi alla persona erogati. L'autoproduzione energetica vale il doppio. Il secondo grado di adesione è costituito dall'autoproduzione di tutta la filiera di un bene: dal latte allo yogurt; dal grano al pane, dalla frutta alla marmellata, dai pomodori alla passata, dalla gestione del bosco al riscaldamento. Anche nel secondo grado i livelli sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e la filiera energetica vale il doppio. Approfondimenti [n.d.r.] Una società della decrescita - traduzione di un articolo di Serge Latouche, Pour une société de décroissance, "Le Monde Diplomatique", novembre 2003 Latouche lavora anche al "Institut d'études économiques et sociales pour la décroissance soutenable" (Il discorso della sopravvivenza sta diventando 'di moda' in Italia anche presso i governativi, vedi Costanzo che mi scrive per invitare mio marito al suo prossimo show che trattera' questo argomento, immagino che il titolo potrebbe essere 'cosa mi invento per sopravvivere nello stento', e l'invito e' abbastanza paradossale, visto che il padrone che paga Costanzo e' lo stesso che ci costringe a tirare la cinghia per malgoverno. Di qui il mio no netto. Del resto per quanto riguarda Costanzo, sarebbe come se gli americani invitassero a uno show gli iracheni perche' dicano come sopravvivono felicemente sotto i bombardamenti. Sopravvivere non e' una moda. E' una necessita'. Non dubito che per qualcuno cercare di arrivare a fine mese facendo i salti mortali possa apparire, per un momento, quasi uno sport felice, tipo 'L'isola dei famosi', ma per la gente comune c'e' poco da spettacolarizzare. Presso i cittadini non abbienti tirare la cinghia non e' una moda ne' un trend ne' uno sport estremo che fa tanto fino ma la fatale sfiga di chi si ritrova nel governo degli incapaci che stanno affossando il bilancio perche' tanto e' il bilancio degli altri. Qui il battito di ali che provoca un disastro e' tuttaltro che di una farfalla, e si chiama berlusconi ma anche opposizione inetta, si chiama Bush e maledetta guerra per gli idrocarburi, si chiama multinazionali e perversa globalizzazione economica, organismi economici sovranazionali e cinismo dei signori del mondo. Di cosa vado a parlare a Costanzo? Di questo? O parlo solo dei divertenti modi di fare un gruppo di acquisto ecosolidale in quanto moda come fosse il ritorno dell'uncinetto o di come arredare la casa coi maccheroni? Sopravvivere non e' un hobby, altrimenti dovrei dire con Toto': "Ho molti hobbies, praticamente un obitorio." Ma mi facciano il piacere...!) cordialmente Viviana -- Mailing list Economia dell'associazione PeaceLink. Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html Archivio messaggi: http://www.peacelink.it/webgate/economia/maillist.html Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html Viviana vivianavivarelli at aliceposta.it Viviana vivianavivarelli at aliceposta.it Viviana vivianavivarelli at aliceposta.it
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