Re: la decrescita sostenibile



Decrescita conviviale e sviluppo sostenibile: una questione di termini?

Ho letto con attenzione la mail sulla decrescita conviviale, tanto che sono
poi corso a comprarmi il libro "obiettivo decrescita" da cui è tratto l'
articolo di Latouche riportato appunto nella mail.

Una decina di anni fa mi sono laureato con una tesi sullo sviluppo
sostenibile, che non ho potuto  approfondire dentro l'Università, nella sua
prospettiva di economia ecologica, poiché era questa una prospettiva che non
trovava spazio all'epoca nella mia facoltà (né che io sappia in altre in
Italia). Ho proseguito quindi gli approfondimenti sul tema in maniera
hobbistica (nel tempo libero dal lavoro).Da qui il mio interesse per il tema
oggetto della mail.

Vengo al dunque: la mail, riprendendo l'impostazione del testo citato, va
contro il concetto di sviluppo sostenibile, perché in fondo si tratta solo
del solito tipo di sviluppo colorato di un po' di verde.
Forse meriterebbe dedicare qualche minuto in più al termine prima di
liquidarlo. Il termine sviluppo sostenibile fu coniato dalla Commissione
Mondiale Ambiente e Sviluppo nel rapporto "Il futuro di noi tutti" (era il
1987). Da una commissione ONU nessuno può aspettarsi niente di
rivoluzionario: in effetti quando si entra nel dettaglio in quel rapporto si
auspicava un tasso di crescita economica mondiale di almeno il 3% all'anno.
In quel rapporto però si dava anche una definizione, generale ma non
generica, di cosa fosse lo sviluppo sostenibile: "quel tipo di sviluppo che
soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le
capacità delle generazioni future di soddisfare i propri". Per quanto poi
ognuno possa appropriarsi di questa definizione per metterci dentro quello
che ritiene più adatto, dalla definizione in sé escono due principi etici:
eguaglianza nel presente (soddisfare i bisogni di tutte le generazioni
viventi oggi) e eguaglianza verso il futuro (preoccupandosi cioè di lasciare
alle generazioni future una eredità che consenta loro di soddisfare i propri
bisogni). Sono due principi forti, da non dimenticare.

Certo che essendo comunque una definizione generale, a seconda del punto di
vista e dell'interesse specifico, lo sviluppo sostenibile può essere
interpretato come "sentiero di utilità non decrescente nel tempo", oppure
come quello sviluppo che consentirà di "far sopravvivere lo strato di ozono
e l'industria americana", o in molti altri modi ancora.

Se ci limitiamo alla teoria economica, due sono le letture distinte:
1) quella neoclassica tradizionale
2) quella dell'economia ecologica

Nella prima, poiché si crede nella perfetta sostituibilità tra capitale
naturale e capitale creato dall'uomo, non c'è nessun vincolo al processo di
crescita tradizionale: l'importante è che il benessere sia non decrescente
nel tempo,e questo sarà assicurato dalla crescita economica strutturata
sulla perfetta sostituibilità tra risorse naturali e "artificiali", grazie
al progresso tecnologico.

La seconda impostazione è radicalmente diversa, ed è Herman Daly uno dei
suoi principali rappresentanti. Ed anche qui direi che varrebbe la pena
leggerlo con attenzione prima di liquidarne le indicazioni.
Secondo questa impostazione non esiste perfetta sostituibilità tra capitale
naturale e capitale creato dall'uomo, il capitale naturale è finito e
limitato, lo sviluppo sostenibile significa quindi limitare la scala del
sistema economico rispetto a quello del sistema ecologico (esattamente l'
analisi di Geogescu-Roegen in termini di leggi della termodinamica). Dato
che la crescita economica deve essere limitata (crescita intesa come
crescita delle quantità, del flusso materia energia utilizzato nel sistema
economico) e dato che gran parte della popolazione del mondo non riesce oggi
a soddisfare i propri bisogni, lo sviluppo sostenibile richiede
necessariamente redistribuzione delle risorse e controllo della popolazione.
La distinzione tra crescita e sviluppo è centrale: per crescita si intende l
'aumento del flusso materia energia misurato attualmente dal PIL, quindi
crescita delle quantità; per sviluppo si intende invece una dimensione
sostanzialmente qualitativa. Daly fa un chiaro esempio: se io devo
illuminare una stanza posso farlo con l'uso di una lampada tradizionale (che
consuma molta energia e che fa aumentare il PIL di conseguenza) oppure con
una lampada a gas-compatto (che consuma meno energia, dura di più e fa
aumentare meno il PIL): in entrambi i casi raggiungo lo stesso risultato
(stesso livello di lux per la stanza): il primo è il caso della crescita
delle quantità, il secondo quello dello sviluppo delle qualità.
Daly è assolutamente cosciente che con lo sviluppo delle qualità non si
soddisfano i bisogni dei poveri della terra: per loro ci vorrà crescita
quantitativa! Ne segue che dato che la crescita complessiva del sistema
economico mondiale non può aumentare più (sono molti i segnali che abbiamo
già raggiunto il limite dell'ecosfera) l'unica alternativa è che vi sia
redistribuzione tra nord e sud, e se vogliamo potremmo usare la parola
"decrescita" del nord!

Ma allora perché accanirsi tanto su un concetto quando invece sarebbe più
utile interpretarlo correttamente come fa Daly?
E' forse utile trovare ogni 10 anni un termine nuovo per ridestare
attenzione su tematiche che ci trasciniamo dagli anni '60? O non è forse
meglio impegnarsi tutti, economisti e politologi in testa a fare una
battaglia comune?

Se poi prendiamo le indicazioni di Bonaiuti (il curatore del testo) sul
concetto di decrescita troviamo:

Decrescita "non è un programma masochistico-ascetico di riduzione dei
consumi, nell'ambito di un sistema economico-sociale immutato." e ancora
"decrescita, inoltre, non significa condannare i paesi del sud del mondo a
un'ulteriore riduzione dei loro redditi pro-capite" e "Per quanto la
decrescita alluda, sul piano economico, a una riduzione complessiva delle
quantità fisiche prodotte e delle risorse impiegate, essa va intesa
piuttosto come una complessiva trasformazione della struttura
socioeconomica, politica, e dell'immaginario collettivo, verso assetti
sostenibili", " a livello econimoco decrescita significa innanzitutto
riduzione nei flussi materiali di produzione e consumo".

Sinceramente non riesco a trovarci molta differenza dalla indicazioni
operative che Daly dà dello sviluppo sostenibile...

Daniele



----- Original Message -----
From: "Viviana" <vivianavivarelli at aliceposta.it>
To: <Undisclosed-Recipient:;>
Sent: Friday, October 08, 2004 8:28 AM
Subject: la decrescita sostenibile



Questo e' un articolo paradossale da peacelink dell'economista Latouche
(economista di sinistra visto un po' come la pecora nera dagli economisti
globalizzati) della serie "il battito d'ali di una farfalla in occidente
provoca un
tifone in oriente", che con humor rovescia le  magagne del sistema
economico globalizzato, improntato sul concetto della crescita
che crea effetti  di moltiplicatore dei propri vizi e poi li misura con
parametri nocivi e paradossali come il PIL.
Mentre i DS sono approdati faticosamente e senza sforzare troppo il cervello
al concetto di sviluppo sostenibile, di cui non capiscono molto, ma che
ripetono pappagallescamente perche' pensano che faccia 'trend',
i Movimenti sono piu' avanti e sono arrivati al concetto di decrescita
che e' ancora piu' rivoluzionario perche' rovescia la base stessa
del sistema capitalista, ovvero il perverso concetto di sviluppo
che vuol dire solo aumento del profitto di pochi a scapito del
profitto del mondo intero.
Come puo' osservare chiunque non abbia le fette di salame sugli occhi,
il decantato sviluppo neoliberista sta producendo la crescita di pochi
gruppi di potere economico con l'arretramento ovvero la decrescita
dello sviluppo di sei miliardi di abitanti. Questo arretramento imposto
e' una decrescita globale coatta.
La decrescita di cui qui si parla qui  riguarda invece la possibilita'
di modificare le proprie scelte da parte dei consumatori
del ricco Occidente.
La decrescita programmata si coniuga all'altro concetto di 'Vivi sobrio'
di Gesualdi o di  'riduci i consumi' applicato dalla generalita' dei no
global
(vedi l'impronta ecologica che ormai e' un concetto comune).
Le obiezioni  ovvie che si possono apporre a questa impostazione
(e la disoccupazione? e il lavoro?..) non sono affrontabili separate
dal contesto. Lo stile di vita dell'occidente sta portando il mondo a
rovina.
Se buona parte degli occidentali decidesse di cambiare stile di vita,
riducendo i consumi per esempio, le ripercussioni sull'intero sistema
sarebbero rivoluzionarie, ma si deve tenere conto (anche se questo
e' difficile rispetto alla nostra ideologia conformata) che cambierebbe
TUTTO il quadro di vita e non solo alcuni dati di occupazione.


Movimento per la Decrescita Felice

Un documento di riflessione stimolo che Maurizio Pallante ha inviato ai
bilancisti (bilancisti si riferisce ai bilanci di giustizia, ne sapete
qualcosa?)

Un vasetto di yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i
circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da
1.200 a 1.500 chilometri, costa 10 euro al litro, subisce trattamenti di
conservazione che spesso uccidono i batteri.
Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con opportune colonie
batteriche non deve essere trasportato, costa il prezzo del latte, non ha
conservanti ed è ricchissimo di batteri.
Lo yogurt autoprodotto è pertanto di qualità superiore rispetto a quello
prodotto industrialmente, costa molto di meno, non comporta consumi di fonti
fossili e di conseguenza riduce le emissioni di CO2.
Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie,
comporta un decremento del prodotto interno lordo: sia perché lo yogurt
autoprodotto non passa attraverso la mediazione del denaro, quindi fa
diminuire la domanda di merci, sia perché non richiede consumi di
carburante, quindi fa diminuire la domanda di merci.
La sostituzione dello yogurt prodotto industrialmente e acquistato con
yogurt autoprodotto comporta un miglioramento della qualità della vita e un
decremento del prodotto interno lordo. Il decremento del prodotto interno
lordo è la conseguenza del miglioramento della qualità della vita.
Ciò disturba i ministri delle finanze perché riduce il gettito dell'IVA e
delle accise sui carburanti; i ministri dell'ambiente perché di conseguenza
si riducono gli stanziamenti dei loro bilanci e non possono più
sovvenzionare le fonti energetiche alternative nell'ottica dello «sviluppo
sostenibile»; i sindaci, i presidenti di regione e di provincia perché non
possono più distribuire ai loro elettori i contributi statali per le fonti
alternative.

Ma non è tutto.

I fermenti lattici contenuti nello yogurt fresco autoprodotto arricchiscono
la flora batterica intestinale e fanno evacuare meglio. Le persone affette
da stitichezza possono iniziare la loro giornata leggeri come libellule.
Pertanto la qualità della loro vita migliora e il loro reddito ne ha un
ulteriore beneficio, perché non devono più comprare purganti. Ma ciò
comporta una diminuzione della domanda di merci e del prodotto interno
lordo.
Anche i purganti prodotti industrialmente e acquistati attraverso i circuiti
commerciali, per arrivare nelle case dei consumatori percorrono migliaia di
chilometri. La diminuzione della loro domanda comporta dunque una
diminuzione dei consumi di carburante e un ulteriore decremento del prodotto
interno lordo.
Ciò disturba una seconda volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i
sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.
Ma non è tutto.
La diminuzione della domanda di yogurt e di purganti prodotti
industrialmente comporta una riduzione della circolazione degli autotreni
che li trasportano e, quindi, una maggiore fluidità del traffico stradale e
autostradale. Gli altri autoveicoli possono circolare più velocemente e si
riducono gli intasamenti. Di conseguenza migliora la qualità della vita. Ma
diminuiscono anche i consumi di carburante e si riduce il prodotto interno
lordo.
Ciò disturba una terza volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i
sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.
Ma non è tutto.
La diminuzione degli autotreni circolanti su strade e autostrade diminuisce
statisticamente i rischi di incidenti. Questo ulteriore miglioramento della
qualità della vita indotto dalla sostituzione dello yogurt prodotto
industrialmente con yogurt autoprodotto, comporta una ulteriore diminuzione
del prodotto interno lordo, facendo diminuire sia le spese ospedaliere,
farmaceutiche e mortuarie, sia le spese per le riparazioni degli autoveicoli
incidentati e gli acquisti di autoveicoli nuovi in sostituzione di quelli
non più riparabili.
Ciò disturba una quarta volta i ministri delle finanze e dell'ambiente, i
sindaci, i presidenti di regione e di provincia per le ragioni già dette.
Il Movimento per la Decrescita Felice si propone di promuovere la più ampia
sostituzione possibile delle merci prodotte industrialmente ed acquistate
nei circuiti commerciali con l'autoproduzione di beni. In questa scelta, che
comporta una diminuzione del prodotto interno lordo, individua la
possibilità di straordinari miglioramenti della vita individuale e
collettiva, delle condizioni ambientali e delle relazioni tra i popoli, gli
Stati e le culture.
La sua prospettiva è opposta a quella del cosiddetto «sviluppo sostenibile»,
che continua a ritenere positivo il meccanismo della crescita economica come
fattore di benessere, limitandosi a proporre di correggerlo con
l'introduzione di tecnologie meno inquinanti e auspicando una sua
estensione, con queste correzioni, ai popoli che non a caso vengono definiti
«sottosviluppati».
Nel settore cruciale dell'energia, lo «sviluppo sostenibile», a partire
dalla valutazione che le fonti fossili non sono più in grado di sostenere
una crescita durevole e una sua estensione a livello planetario, ne propone
la sostituzione con fonti alternative. Il Movimento per la Decrescita Felice
ritiene invece che questa sostituzione debba avvenire nell'ambito di una
riduzione del prodotto interno lordo mediante una riduzione dei consumi, da
perseguire sia con l'eliminazione di sprechi, inefficienze e usi impropri,
sia con l'eliminazione dei consumi indotti da un'organizzazione economica e
produttiva finalizzata alla sostituzione dell'autoproduzione di beni con la
produzione e la commercializzazione di merci.
Questa prospettiva comporta che nei paesi industrializzati si riscoprano e
si valorizzino stili di vita del passato, irresponsabilmente abbandonati in
nome di una malintesa concezione del progresso, mentre invece hanno ampie
prospettive di futuro non solo nei settori tradizionali dei bisogni primari,
ma anche in alcuni settori tecnologicamente avanzati e cruciali per il
futuro dell'umanità, come quello energetico, dove la maggiore efficienza e
il minor impatto ambientale si ottengono con impianti di autoproduzione
collegati in rete per scambiare le eccedenze.
Nei paesi lasciati in stato di indigenza dalla rapina delle risorse che sono
state necessarie alla crescita economica dei paesi industrializzati, un
reale e duraturo miglioramento della qualità della vita non potrà esserci
riproducendo il modello dei paesi industrializzati, ma solo con una crescita
dei consumi che non comporti una progressiva sostituzione dei beni
autoprodotti con merci prodotte industrialmente e acquistate. Una più equa
redistribuzione delle risorse a livello mondiale non si potrà avere se la
crescita del benessere di questi popoli avverrà sotto la forma crescita del
prodotto interno lordo, nemmeno se fosse temperata dai correttivi ecologici
dello «sviluppo sostenibile». Che del resto è un lusso perseguibile solo da
chi ha già avuto più del necessario da uno sviluppo senza aggettivi.
Per aderire al movimento è sufficiente
- autoprodurre lo yogurt o qualsiasi altro bene primario: la passata di
pomodoro, la marmellata, il pane, il succo di frutta, le torte, l'energia
termica e l'energia elettrica, oggetti e utensili, le manutenzioni
ordinarie;
- fornire i servizi alla persona che in genere vengono delegati a pagamento:
assistenza dei figli nei primi anni d'età, degli anziani e dei disabili, dei
malati e dei morenti.
L'autoproduzione sistematica di un bene o lo svolgimento di un servizio
costituisce il primo grado del primo livello di adesione. I livelli
successivi del primo grado sono commisurati al numero dei beni autoprodotti
e dei servizi alla persona erogati.
L'autoproduzione energetica vale il doppio.
Il secondo grado di adesione è costituito dall'autoproduzione di tutta la
filiera di un bene: dal latte allo yogurt; dal grano al pane, dalla frutta
alla marmellata, dai pomodori alla passata, dalla gestione del bosco al
riscaldamento. Anche nel secondo grado i livelli sono commisurati al numero
dei beni autoprodotti e la filiera energetica vale il doppio.
Approfondimenti [n.d.r.]

Una società della decrescita - traduzione di un articolo di Serge Latouche,
Pour une société de décroissance, "Le Monde Diplomatique", novembre 2003
Latouche lavora anche al "Institut d'études économiques et sociales pour la
décroissance soutenable"

(Il discorso della sopravvivenza sta diventando 'di moda' in Italia anche
presso
i governativi, vedi Costanzo che mi scrive per invitare mio marito al suo
prossimo show che trattera' questo argomento, immagino che il titolo
potrebbe
essere  'cosa mi invento per sopravvivere nello stento', e l'invito
e' abbastanza paradossale, visto che il padrone che paga Costanzo
e' lo stesso che ci costringe a tirare la cinghia per malgoverno. Di qui il
mio no
netto. Del resto per quanto riguarda Costanzo, sarebbe come se gli americani
invitassero a uno show gli iracheni perche' dicano come
sopravvivono felicemente sotto i bombardamenti. Sopravvivere non e' una
moda.
E' una necessita'.
Non dubito che per qualcuno cercare di arrivare a fine mese facendo i salti
mortali possa apparire, per un momento, quasi uno sport felice, tipo
'L'isola dei famosi', ma per la gente comune c'e' poco da
spettacolarizzare.
Presso i cittadini non abbienti tirare la cinghia non e' una moda ne' un
trend
ne' uno sport estremo che fa tanto fino ma la  fatale sfiga di chi si
ritrova
nel governo degli incapaci che stanno  affossando il bilancio perche' tanto
e' il bilancio degli altri.
Qui il battito di ali che provoca un disastro e' tuttaltro che di una
farfalla,
e si chiama berlusconi ma anche opposizione inetta, si chiama Bush e
maledetta
guerra per gli idrocarburi, si chiama  multinazionali e perversa
globalizzazione
economica, organismi economici sovranazionali e cinismo dei signori del
mondo.
Di cosa vado a parlare a  Costanzo? Di questo? O parlo solo dei divertenti
modi
di fare un gruppo di acquisto ecosolidale in quanto moda come fosse il
ritorno
dell'uncinetto o di come arredare la casa coi maccheroni?
Sopravvivere non e' un hobby,  altrimenti dovrei dire con Toto':
"Ho molti hobbies, praticamente un obitorio."
Ma mi facciano il piacere...!)
cordialmente
Viviana

--
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Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html
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http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html


Viviana
vivianavivarelli at aliceposta.it

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