l'agricoltura tra termovalorizzatori e ddt



LA DENUNCIA DELLE ORGANIZZAZIONI AGRICOLE
«Gli inceneritori minacciano l'economia»
GIUSEPPE MIRETTO
Maddaloni. I termovalorizzatori? Quelli di Acerra e Santa Maria La Fossa
sono una proposta tecnicamente arretrata per risolvere il problema rifiuti.
E' questo il convincimento, che su diversi versanti, accomuna gli aderenti
casertani alla «Manifestazione nazionale contro l'incenerimento», che si
terrà domenica ad Acerra. «Le nostre perplessità, tutte tecnicamente
fondate - spiega Lino Martone, responsabile provinciale della Cia
agricoltura- le abbiamo formulate in momenti non sospetti». Cia, Coldiretti,
Confagricoltura, e con loro tutti gli aderenti, sono estranei alla guerra di
religione tra i favorevoli e i contrari. «Le nostre obiezioni sono più
inquietanti - spiega Martone - perché solleviamo il problema della
sopravvivenza di un intero comparto, quello agricolo-zootecnico. Suoli,
fondi, pascoli dovrebbero soccombere o convivere con impianti e strutture,
costruite in tutta fretta per risolvere la crisi ambientale prodotta
dall'esplosione delle aree urbane».
Aagricoltori e allevatori vogliono sapere ufficialmente se «esiste un
progetto regionale di tutela delle aree agricole casertane». «Dai confini
acerrani a Santa Maria La Fossa -precisa Martone- vengono coinvolti terreni
e colture di qualità assoluta. Si pone l'interrogativo se la Campania è
orientata, come la altre regioni, a proteggere la qualità delle produzioni
ubicate in queste zone». Gli agricoltori temono, come è già accaduto per il
caso diossina, che queste aree possano essere retrocesse a ricettacolo dei
rifiuti. Le preoccupazioni degli agricoltori vengono raccolte anche da
Giosuè Bove, segretario provinciale di Rifondazione comunista: «E' vero. I
termovalorizzatori sono una risposta tecnicamente arretrata, che servono
solo a risolvere i problemi della Fibe, una società ormai in grave
difficoltà». Bove entra nel merito. «La verità -spiega- è che la
localizzazione dei mega-inceneritori penalizza fortemente la provincia di
Caserta». Valutando gli impatti ambientali, diretti e indiretti», gli
impianti «travolgeranno l'ambiente e la viabilità della provincia di
Caserta». «Paradossalmente - aggiunge Bove - si scarica gran parte del
carico dei rifiuti regionali su due zone che meriterebbero, invece, una
politica di sostegno ad una tradizione agricola di indiscusso valore». Più
che le convinzioni, valgono ora le controproposte. Comitati e organizzazioni
casertane, aderenti alla manifestazione di domenica mattina, propongono la
«provincializzazione del carichi dei rifiuti e quindi la revisione del piano
Rastrelli». L'alternativa sarebbe la «riduzione a monte della produzione dei
rifiuti mediante la tassazione dell'usa e getta, la politica del vuoto a
rendere e della differenziazione».


Insubria - Le analisi sulle anguille rivelano che la presenza della sostanza
tossica supera di sette volte il limite stabilito dalla legge

Il pesce del Ticino è carico di Ddt

 (25.08.2004 )  Prima ne è stata dichiarata la "non balneabilità", adesso
arriva la batosta sulla commestibilità del suo pesce. Il fiume Ticino naviga
proprio in cattive acque e la conferma arriva dai risultati della campagna
di monitoraggio sulla salute del corso d'acqua svolta dall'ente parco. Le
analisi, condotte dall'Arpa su alcune specie ittiche tra cui: barbi,
cavedani e anguille, rivelano la presenza massiccia di Ddt , un
antiparassitario usato in agricoltura, e Pcb (bifenili policlorurati),
sostanze impiegate in passato nelle vernici, nei condensatori e per
sigillare le giunture delle costruzioni in calcestruzzo.
I campionamenti sono stati eseguiti sia a nord, nel tratto di fiume che va
dalla diga della Miorina a Oleggio, sia a sud, nel tratto che va da Vigevano
a Pavia. I dati chimico-fisici e batteriologici dimostrano che il fiume
subisce un notevole peggioramento della qualità procedendo da nord a sud,
soprattutto nella parte centrale a causa della concentrazione di scarichi
degli impianti di depurazione.
Ad eccezione del cavedano, che rientra nei limiti di legge, nelle carni di
anguilla e barbo la presenza dei due inquinanti è al di sopra dei
quantitativi indicati dalla normativa vigente per il Ddt e del limite
consigliato per il Pcb. Nelle anguille che vivono nella parte a nord del
Ticino la presenza di Ddt supera di sette volte il limite di legge che ne
decreta la commestibilità umana. Nella zona a sud il parametro supera di due
volte e mezzo il limite consentito. Per quanto concerne il Pcb nelle
anguille, nei rilevamenti fatti a nord, è stata rilevata una presenza di
inquinante da 5 a 8 volte oltre al limite consigliato; mentre, nel tratto
sud del fiume, la concentrazione di Pcb si attesta a 2-3 volte sopra tale
limite.  Per il barbo, invece, è stato di poco superato il limite per il Ddt
in un solo campionamento nella zona sud del fiume.

La qualità scadente delle acque del "fiume azzurro" è dovuta anche ai
quattro affluenti principali: il Terdoppio Novarese e la Roggia Cerana per
la parte piemontese, il torrente Strona, il torrente Arno e la roggia
Vernavola per la sponda lombarda, le cui acque sono inquinate da scarichi
industriali e civili.
Nel 1994 era stata condotta un'analoga ricerca su anguille e cavedani del
Ticino. Allora non si era rilevata alcuna presenza di Ddt e Pcb, quindi si
ritiene che l'inquinamento del fiume, per quanto concerne queste sostanze,
sia relativamente recente e probabilmente derivante da quello precedente
rilevato nel Lago Maggiore.
Per poter tenere sotto controllo la popolazione ittica i due Parchi del
Ticino (lombardo e piemontese) hanno chiesto alle Regioni Piemonte e
Lombardia - senza avere ricevuto ancora risposta- un finanziamento di 378
mila euro per un piano di monitoraggio di cinque anni, che consenta di
valutare l'estensione della contaminazione  nell'ecosistema fluviale e la
sua durata nel tempo.

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