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informazioni parlamentari su agricoltura,...:Entro Luglio le scelte nazionali per l'applicazione della PAC
- Subject: informazioni parlamentari su agricoltura,...:Entro Luglio le scelte nazionali per l'applicazione della PAC
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Mon, 28 Jun 2004 11:07:08 +0200
Vi giriamo un articolo della senatrice De Petris, di prossima pubblicazione, che lancia un allarme per l'assenza di proposte, da parte del governo italiano e delle parti sociali, sulle modalità di applicazione della PAC in Italia. Siamo in piena estate e tutte le attività rallentano ma comunque invitiamo tutti i nostri corrispondenti a contribuire alla definizione di proposte concrete, inviandocene proposta per e-mail, affinché anche l'applicazione di questa PAC non diventi la pietra tombale dell'agricoltura italiana e del delicato equilibrio ambientale del nostro territorio. a cura di AltrAgricoltura Nord Est --------------------------------------- Entro il prossimo mese di luglio l'Italia deve comunicare all'Unione europea le proprie scelte nazionali in merito all'applicazione della riforma della politica agricola. Si tratta di opzioni di grande importanza per il futuro dell'agricoltura del nostro Paese sulle quali si dovrebbe aprire un approfondito dibattito nel comparto agroalimentare. Il Governo ha diffuso in proposito un documento che ritieniamo arretrato e deludente. Su questo tema vi anticipiamo il testo di un articolo a firma della senatrice Loredana De Petris che sarà pubblicato a breve da un quotidiano nazionale. In gioco il futuro dell'agroalimentare italiano. E non soloŠ Entro la fine del prossimo mese di luglio l'Italia è chiamata a compiere, contemporaneamente agli altri Stati membri dell'Unione europea, scelte di rilevanza strategica per il futuro del proprio sistema agroalimentare e per la qualità ambientale e sociale del territorio agricolo che rappresenta tuttora il 70% della superficie del Paese. Si tratta delle modalità di applicazione della recente riforma, a nostro avviso deludente, della politica agricola comunitaria: per la prima volta le scelte di Bruxelles lasciano comunque ampio margine per un recepimento non passivo, con la possibilità di interpretare le politiche e adattarle alle diverse esigenze e alle tipicità dei contesti nazionali, una opportunità alla quale il nostro Paese giunge con una preoccupante assenza di dibattito e consapevolezza. La 'posta' in gioco è altissima e non solo per l'entità delle risorse finanziarie interessate (oltre 5 miliardi di euro all'anno per l'Italia). La recente riforma ha infatti introdotto il cosiddetto 'disaccoppiamento': gli agricoltori potranno ricevere a partire dal 2005 i contributi pubblici indipendentemente dal tipo di attività praticata, una sorta di sostegno al reddito che prescinde dal prodotto e da luogo a 'diritti all'aiuto' che potrebbero essere scambiati anche separatamente dalla terra. Una novità sostanziale che richiede evidentemente la ricerca di una nuova legittimazione sociale per contributi che altrimenti potrebbero configurarsi come una sorta di rendita, legittimazione che deve essere trovata nei servizi che l'agricoltura può svolgere per la collettività in termini di qualità dell'alimentazione, di manutenzione del territorio, di conservazione dell'ambiente. Veniamo alle opzioni nazionali. Il Governo italiano ha diffuso un primo documento nel quale si esprime per l'applicazione del disaccoppiamento totale degli aiuti in quasi tutti i principali settori della produzione agricola, dai seminativi, grano compreso, agli allevamenti da latte e da carne e ai prodotti derivati, all'olio di oliva (nella misura del 90%), mentre la riforma comunitaria consente agli Stati membri di conservare parzialmente legata al mantenimento della produzione (quindi accoppiata) una parte significativa del contributo pubblico. Le conseguenze del disaccoppiamento totale sono in parte già descritte nel documento governativo, in parte facilmente prevedibili: l'abbandono del 30% delle colture a grano per una superficie di oltre 500.000 ettari (equivalente ad una Regione come la Liguria), la chiusura di una quota significativa delle aziende zootecniche estensive di collina e di montagna, il probabile abbandono di una parte degli oliveti a partire dalle zone più svantaggiate, proprio dove svolgono un ruolo insostituibile per la tutela idrogeologica e la conservazione del paesaggio. L'attività agricola tenderebbe a concentrarsi in alcune zone vocate, a cui farebbe fronte il degrado, lo spopolamento e la marginalità economica di vaste zone di grande interesse ambientale per il Paese. La 'rivoluzione' del disaccoppiamento impatta infatti con la concreta situazione strutturale ed economica dell'agricoltura italiana. Ampia prevalenza della piccola azienda familiare, il più alto tasso di invecchiamento dei conduttori nell'Unione (il 36% ha più di 65 anni), una grave crisi della zootecnia, aggravata dalle politiche di questo Governo, che ha già provocato la chiusura del 25% delle aziende da latte nell'ultimo triennio. In questo contesto è comprensibile la tentazione, in primo luogo da parte degli agricoltori che operano nei sistemi territoriali marginali, a farla finita con le tante traversie di una attività non certo redditizia, incassando il contributo disaccoppiato e disattivando la produzione. Conseguenze non certamente trascurabili anche sul nostro modello alimentare e sui prodotti di punta dell'agroalimentare italiano, oggi una sorta di ambasciatori del 'made in Italy' nel mondo. L'industria della pasta perderebbe una parte significativa dell'approvvigionamento di grano duro nazionale con la prevedibile tendenza a delocalizzare gli impianti e il calo di occupazione, i produttori dei 460 formaggi tradizionali italiani, un vanto della nostra cultura alimentare, potrebbero incontrare crescenti difficoltà a reperire localmente il latte fresco, probabile l'incremento delle importazioni di olio d'oliva da parte dei confezionatori nazionali. Ma la qualità e il fascino sui consumatori italiani ed esteri dei nostri migliori prodotti alimentari avrà ancora un senso se la materia prima sarà costituita da grano ucraino, latte polacco o olive tunisine ? Stiamo parlando, è bene chiarirlo, del secondo comparto economico del Paese per entità del valore aggiunto. E' necessario pertanto, a nostro giudizio, mantenere parzialmente accoppiato, nella misura e con le modalità più utili allo sviluppo qualitativo delle produzioni agricole, il contributo comunitario, in particolare per il grano e la zootecnia. Ma il problema non è solo questo. La riforma europea consente infatti per la prima volta di stornare fino al 10% del totale delle risorse (288 milioni di euro/anno) per riservarle "alla tutela e valorizzazione dell'ambiente ovvero per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli". Allora più spazio e risorse all'agricoltura biologica, ai prodotti di qualità, tipici e a denominazione d'origine, al benessere animale negli allevamenti, alla sicurezza del lavoro agricolo, allo sviluppo di quelle attività che conservano e valorizzano il paesaggio agrario, è questo che può pienamente legittimare per i contribuenti il sostegno pubblico al settore. Anche su questo tema le proposte del Governo sono decisamente deludenti. Insomma manca un progetto strategico per il futuro dell'agroalimentare italiano e del territorio da cui ha origine. La riforma agricola è una occasione da non perdere; è bene discuterne prima che sia troppo tardi. Loredana De Petris Senatrice dei Verdi - capogruppo in Commissione Agricoltura -------------------------------------------------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a altragricoltura at italytrading.com
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