consumi, sciopero e guerra



vi invio un articolo apparso sul sole 24 ore venerdì scorso.
penso possa essere illuminante anche per rendersi conto che in italia non ci sono (purtroppo) solo bandiere arcobaleno... e soprattutto c'è anche chi riesce ancora a guardare la guerra solo dal proprio punto di vista economico...

spero vi interessi
patrizio

PS: in tutto questo can can sui boicottaggi o no dei prodotti americani, mi sembra che nessuno citi le sigarette...
dimenticanza o dipendenza? :-))
ciao
patrizio


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Da Il sole 24 ore del 21 marzo 2003

Due ore di sciopero e si «brucia» lo 0,11 % del Pil

DI FABRIZIO GALIMBERTI

Per mettere assieme un po' di Pil bisogna lavorare. E per disfare un po' di Pil basta non lavorare. Da queste lapalissiane affermazioni discendono alcune non-lapalissiane considerazioni sullo sciopero "universale" di due ore proclamato, nel pubblico e nel privato, per protestare contro l'intervento armato in Irak.
In un momento in cui si fa più evidente la debolezza dell'economia - debolezza preesistente ai rumori di guerra ma aggravata dal conflitto - a che cosa serve uno sciopero se non a sottrarre offerta e domanda a un'economia in crisi? Basta chiedere a ristoratori e agenti di viaggio per rendersi conto di quanto l'apertura delle ostilità stia danneggiando la voglia di spesa. E due ore non sono poche, sono ben più di un simbolo. Prese da sole, due ore di lavoro sono lo 0,11 % del Pil, dato che il lavoro è necessario anche per far funzionare il capitale; e si tratta di più di un miliardo di euro. Certamente, bisogna far la cresta a questa perdita di produzione: le produzioni continue, dagli altiforni agli affitti (servizi abitativi) veri o imputati, non sono toccate; e poi lo sciopero tocca solo i lavoratori dipendenti e non quelli indipendenti; e poi non tutti aderiscono allo sciopero; e poi la perdita di prodotto non è mai proporzionale al tempo di sciopero, perché ci può essere un'accresciuta produttività nelle ore residue o perché si possono mettere in opera altri compensi di organizzazione de
 considerazioni si può tuttavia stimare la perdita di produzione in qualche centinaio di milioni di euro, che diventano però altrettanti soldi in meno nelle tasche degli scioperanti, ciò che genera il familiare meccanismo di demoltiplicazione di domanda e di offerta. Insomma, l'iniziativa non è utile all'economia. E tuttavia utile all'espressione di cura e di sdegno della comunità civile? Certo, ma forse c'erano vie meno dannose da una parte e più utili dall'altra per manifestare questo moto dell'animo. Se l'avversione a una guerra ormai purtroppo inevitabile discende dal timore di vittime civili e dalla desolazione di un Paese devastato, che dovrà poi riprendere a camminare sulle macerie, perché non lavorare egualmente e contribuire due ore di stipendio a un fondo per le vittime irachene?