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Disuguaglianza e welfare



In un convegno a Roma sulle disuguaglianze Laura Pennacchi ha mostrato come il 
concetto di competivita' che domina l'attuale economia neoliberista distrugga 
ogni giustizia sociale, aumentando le disuguaglianze tra cittadini.  Questo 
governo e' stato un disastro sul problema poverta' ma anche la sinistra sembra 
debole e spesso succube del pensiero diffuso in economia.  Il neoliberismo 
aumenta il dislivello tra cittadini e rende la disuguaglianza il problema 
fondamentale delle democrazie. Il ventennio neoliberista ha dimostrato che lo 
sviluppo economico è incompatibile con lo stato sociale. Il mercato si sente 
limitato dalle tasse per la spesa sociale, i datori di lavoro rifiutano i 
vincoli legislativi di tutela del lavoro e le ingerenze dello stato e tentano 
di eliminare i sindacati e la concertazione. Il mercato neoliberista non solo 
vorrebbe essere svincolato da qualunque peso o norma ma ritiene suo diritto di 
togliersi da qualunque solidarismo e da qualunque piano di giustizia sociale. 
Di qui le politiche dei governi di destra, contro cui la sinistra dovrebbe 
opporre maggior chiarezza e decisione. E' del tutto evidente che se si deprime 
troppo la sfera sociale si hanno danni sulla produzione stessa. Anche evitando 
qualsiasi considerazione morale, la competività perseguita in modo radicale 
(come intendeva D'Amato) estromettendo ogni idea di giustizia sociale, finisce 
per essere un danno per l'economia. Insomma se le cose vanno male per la 
giustizia, possono andare molto male anche per la competività. 
Se aumenta la povertà di un paese, alla fine si hanno danni generalizzati.
Oggi le disuguaglianze sono in aumento; non solo i poveri sono piu' poveri ma 
stanno scomparendo le classi medie. Negli Stati uniti non solo è aumentato il 
dislivello tra poveri e ricchi ma sompare la middle class. Dal '79 al '90 il 
reddito di quell'1% che sta al vertice della ricchezza è cresciuto del 157%, 
quello della classe media solo del 10%, cioè lo 0,5% annuo, restando sotto 
l'inflazione, per di più contro un minore guadagno le ore di lavoro sono 
aumentate, specie delle donne, il che indica una svalorizzazione del salario 
orario reale, un forte indebitamento delle famiglie e un degrado nelle 
condizioni di vita quotidiana. Su 1.400.000 persone che hanno perso il lavoro 
nell'ultimo anno, 400.000 avevano redditi superiori a 75.000 dollari annui. 
Dunque c'è un grave impoverimento delle classi medie con conseguenti danni 
economici globali. Nello stesso tempo la differenza di paga dei supermanager 
che nel '70 era di 30 volte superiore ora è 1000 volte superiore! 
Dice la Pennacchi: "Quando il gap tra premio al lavoro e premio al capitale 
cresce esponenzialmente, quando aumenta il dislivello tra redditi qualificati e 
redditi sottoqualificati al di là del razionalmente spiegabile - e per spiegare 
bisogna fare ricorso a effervescenza delle borse, stock options assurde, 
scandali aziendali, briglie sciolte sui mercati finanziari - non si può pensare 
che tutto ciò sia privo di conseguenze sulla produttività, l'efficienza, la 
competitività e il benessere generale."
"Eguaglianza in termini politici significa attuare:
a) quelle politiche di tassazione progressiva che il duo Berlusconi/Tremonti 
sta distruggendo;
b) le politiche dei redditi e dei differenziali retributivi;
c) le politiche pubbliche di trasferimenti e di servizi."
Il filosofo politico liberaldemocratico Dworkin afferma: "Nel regno degli 
ideali politici l'eguaglianza è la specie in
pericolo. Soltanto qualche decennio fa, un uomo politico che affermasse di 
essere progressista, o anche centrista, coltivava il progetto di una società 
realmente egualitaria almeno come ideale utopico. Oggi, al contrario, anche i 
politici che si autodefiniscono di centrosinistra rifiutano l'eguaglianza, 
persino in quanto ideale".
Per Dworkin il liberalismo deriva valori e diritti non dalla libertà ma 
dall'eguaglianza. L'eguaglianza deve essere l'obiettivo legittimo delle 
comunità democratiche. E la povertà è appunto una forma estrema di
diseguaglianza. Se si guarda alla disuguaglianza ci dobbiamo occupare non solo 
dei più miseri ma di quello che avviene lungo tutta la scala distributiva. 
"Eguaglianza vuol dire eguale considerazione di ciascuno". Per realizzare 'una 
cittadinanza evoluta' non basta dire che si vuole lottare contro la povertà e 
marginalità degli ultimi, non serve dire che ognuno ha le stesse opportunità, 
ma si deve guardare ai risultati concreti, ed è l'evidenza che ci mostra come 
alcuni abbiano tassi di mortalità più alti, scuole peggiori, più malattie, meno 
abilità e conoscenze, meno informazione, meno possibilità di partecipare ecc. e 
che se una generazione va male, la successiva ha probabilità di andare peggio. 
Le opportunità non sono condizioni astratte ma si misurano dai fatti. 
Disuguaglianza significa meno democrazia e meno libertà. La libertà non può 
essere concepita solo come 'facoltà di scelta sul mercato', essa significa 
invece 'autonomia e integrità della persona'.
Per questo un welfare non può essere solo caritatevole, come vuole la destra e 
purtroppo ultimamente anche il centro (rinnegando le sue matrici liberali o 
cristiane), ma deve essere una via per lo sviluppo umano. 
Il governo di centro-destra ha scelto di: disinteressarsi della povertà, 
ridurre i diritti che danno noia alla competitività del mercato, abbassare i 
salari e frammentare i contratti, accantonare gli ammortizzatori sociali, 
redistribuire le tasse a favore dei più ricchi (con la delega fiscale l'80% dei 
benefici andrà al 20% più ricco della popolazione italiana e di quell'80% il 
50% andrà al 2% più ricco).
Le scelte del centrosinistra possono invece stabilire un aumento della spesa 
sociale e una protezione del lavoro, ristabilendo il progresso umano del paese. 
 E' inaccettabile che si parli di ridurre il welfare per favorire 
l'occupazione, o  di ridurre le pensioni per favorire il welfare, scambi simili 
non hanno senso. Tanto piu che la spesa pensionistica è già minore delle 
previsioni e le prestazioni sono già al 50% dell'ultimo reddito per i 
lavoratori dipendenti, al 30% per i lavoratori autonomi.
Quello che si fa sul lavoro ricade sulla povertà e sulle diseguaglianze. Tutela 
del lavoro, welfare, uguaglianza, giustizia, libertà e democrazia sono cose che 
si tengono insieme, e tutte quante partecipano o meno allo sviluppo di un 
paese. Non si può limitarne una senza deprimerle tutte. E un paese non è fatto 
solo di mercato e di gestorid el mercato o si ricade nella lateralizzazione 
spaventosa della destra.






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Viviana 
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