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dumping a colpi di orchidea
TERRATERRA
La guerra delle orchidee
Il villaggio è composto di capanne di legno piantate su palafitte, come si
usa in quella remota regione nell'alto fiume Sepik, nella zona centrale di
Papua New Guinea. E' sul fiume, circondato da una fitta foresta tropicale
dove le orchidee crescono endemiche- strane, rare orchidee. Il luogo è
remoto: si raggiunge in canoa sul Sepik, ma sono parecchi giorni di risalita
dalla cittadina di Madang, alla foce; oppure bisogna arrivare con
l'aereoplanino a Green River, villaggio un po' più grande sull'altopiano (il
Fokker vola quando ha clienti, una o due volte alla settimana) e poi
marciare per sei ore giù fino al fiume. Insomma, Sokmayou non è propriamente
nel circuito dei trasporti mondiali, ma ciò non impedisce al capo del
villaggio di progettare in grande: coltiva orchidee e ragiona sul prezzo che
offrono a Singapore o a Bangkok, cosa di cui è informatissimo (neppure il
villaggio più remoto è davvero isolato...). Su una cosa il capovillaggio di
Sokmayou ha ragione: il mercato delle orchidee è una buona scommessa, è in
crescita, ed è un mercato assolutamente globale. "Orchidea" però è una
famiglia che comprende un migliaio di generi, tra 15 e 30mila specie (a
seconda delle fonti) e qualcosa come 60mila ibridi prodotti dagli
orticoltori: nei fiori la varietà di forme, dimensioni e colori è quasi
infinita. Il boom commerciale riguarda un piccolo numero di specie coltivate
su larga scala, e sta cambiando l'immagine di questi fiori: non più un lusso
proibitivo, ormai circolano graziose varietà alla portata di tasche normali
(anche se certo, non sono i fiori rari ricercati dai cultori). Vanno di gran
moda le Phalaenopsis, ad esempio, che si comprano in piantine dai bei fiori
oro, lilla o bianchi. Nel passaggio da lusso a fiore per (quasi) ogni tasca,
le orchidee hanno abbandonato le foreste tropicali per trasferirsi in grandi
serre commerciali. Il mercato mondiale di orchidee oggi è valutato attorno a
2 miliardi di dollari all'anno. E con l'export su larga scala sono nate
guerre commerciali.L'ultima è quella che oppone le Hawaii, ovvero gli Stati
uniti, a Taiwan (ne riferiva il New York Times). L'isola cinese è uno dei
grandi esportatori di Phalaenopsis e in misura minore Oncidium: che un
quarto delle piantine sul mercato mondiale viene da Taiwan. A differenza
della Thailandia, che esporta fiori recisi, Taiwan mette in commercio
piantine in minuscoli vasi: nel paese importatore saranno tenute ancora in
serra il breve tempo necessario a fiorire, prima della vendita al dettaglio.
Le ostilità sono scoppiate quest'estate, quando il Dipartimento
all'agricoltura degli Stati uniti (dopo una procedura durata sei anni) ha
autorizzato l'import negli Usa di Phalaenopsis taiwanesi. I produttori
hawaiani hanno presentato un ricorso a un tribunale federale, chiedendo di
bloccare l'import. Adducono questioni ambientali: i vasetti possono
nascondere pericolosi insetti e parassiti che potrebbero poi attaccare le
coltivazioni americane. E' chiaro però che ad allarmare i coltivatori delle
Hawaii è la concorrenza: già ora le orchidee offerte ai turisti a Honolulu
vengono dalla Thailandia; le orchidee cinesi in piantina abbassano
ulteriormente il prezzo sul mercato americano. Il fatto è che un addetto
alle serre di Taiwan prende un salario di circa 600 dollari, nelle Hawai
prende il triplo. E poi il governo di Taipei riempie di sussidi i suoi
coltivatori.In effetti è vero che il governo taiwanese sta investendo in
modo massiccio su questa nuova derrata da export, in sostituzione della
canna da zucchero (il prezzo dello zucchero sui mercati mondiali è in
crollo). Dunque ha investito 65 milioni di dollari (Usa) per coprire i costi
della riconversione, finanziando tutto meno le serre vere e proprie - per
cui però offre ai coltivatori crediti decennali al tasso del 2%. Per gli
hawaiani questo è dumping, i taiwanesi ribattono che le norme del libero
ammettono investimenti pubblici nelle infrastrutture. Una cosa è certa: ai
villaggi come Sokmayou non resta spazio, salvo forse un mercato di nicchia -
quei bei rami di orchidee rare che si potevano pagare anche 80 o cento
euro...
da "il manifesto" del 26 Agosto 2004
MARINA FORTI
N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com